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GIORNALE
DI SCIENZE LETTERE ED ARTI
TOMO LII.
OTTOBRE, NOVEMBRE, E DICEMBRE
1851
ROMA
NELLA STAMPERIA DEL GIORNALE
PRESSO AiVTONlO BOULZALER
1351
SCIENZE
Proposta di un nuovo perimetro per misurare il
bacino muliebre : di Baldassarre Chimenz dottore
in chirurgia.
JL-igli è tempo di ascoltar la voce delV esperienza^
disse il chiarissi ino sig. prof. Asdrubali nel parlare
dei vizi di conformazione del bacino. È tempo di
convenire con questo ostetricante analitico, che mal-
grado gli sforzi degli ostetrici moderni questo oscu-
ro argomento segue ad implorare ancora de' nuovi
lumi per evitare i funesti errori , ne' quali ci conduce
troppo spesso il modo fino ad oggi usato nell' esa-
me del bacino viziato nell' interno.
Difatti , quantunque sia stato riconosciuto dai
tempi più remoti che le difformità del bacino nel-
la donna oppongono alcune volte delle difficolta in-
sormontabili al parto per le vie naturali , la pel-
vimetria , ossia l'arte di misurare il bacino, non ri-
monta pressoché al di Ik di un mezzo secolo.
Avanti Bandelocque e Coutulì., i primi che vi
fecero l'applicazione di uno stromento , la mano era
l'unico pclvimetro di cui i coltivatori della scienza
ostetrica si servirono per riconoscere la natura e
l'estensione dell' ostacolo che molestava o intercet-
tava il proscguimcnLo dell' operazione. GÌ' istromenti
1*
4 Scienze
dei due autori nominati sono stati modificati, o imi-
tati in Germania , in Inghilterra , e nella nostra Ita-
lia. Oltre a questi ne furono immaginati degli al-
tri , che quantunque oftrano in certi casi alcuni van-
taggi , lasciano tutti una qualche incertezza nei ri-
sullamenti , che presenta la loro applicazione.
Quando si considera la forma di tali istromen-
ti , la disposizione delle parti sulle quali si propo-
ne di farli agire, le diverso circostanze , in cui si è
tentato di farne uso , ninno rimarra sorpreso della
dimenticanza in cui meritamente sono caduti.
L'osservazione ha fatto conoscere che il diame-
tro sacro-pubiano e quello che trovasi più di soven-
te alterato nella sua forma , e nelle sue dimensioni ;
eppure su questi due punti opposti del Lacino (l'an-
golo sacro-ventrale , e la simllsi dei puhi) si è fat-
ta l'applicazione di un apparato di misure. Gli uni
si sono contentati di misurare il bacino all' ester-
no , gli altri air interno dalla parte della vagina.
Esaminiamo prima lo stromento di Coutidì , e ne
prenderemo le descrizioni datene dal professore De-
sarmeaiix ^ e vedremo nel medesimo tempo quale sia
l'opinione di cosi buon giudice in silTalta materia.
Il pehimetro di Coutidì, che ha goduto una grande
riputazione, è un' imitazione di uno stromento di cui
si servon i calzolai per misurare la lunghezza del
piede. Tal istromento è destinato ad essere introdot-
to nella vagina : esso vien formato da due spranghet-
te di ferro che sdrucciolano l'una sopra dell' altra,
ed ha ciascuna alla sua estremità una piastrina fis-
sata ad angolo retto. Nel fare scorrere l'una sopra
l'altra queste due piccolo sprasighc, le due piastrine
si allontanano : mentre una di esse deve fissarsi so-
pra l'angolo sacro-vertebrale, nel tempo che l'altra sì
porterà dietro la simlìsi dei pubi. Una scala lineala
Nuovo Pelv^ietro 5
a gradi sopra una delle sprangliette indica il grado
di lontananza delle piastrine , e da in questo modo
la misura del diametro antero-posteriore. Oltre gli
inconvenienti che si attribuiscono a questo stroraen-
to , e che consistono nella difficolta che la sua ap-
plicazione incontra a motivo della sensibilità , e del-
la resistenza delle pareti della vagina , non che nel-
lo spargimento che il collo dell' utero forma nello
stretto superiore ; ve ne ha uno al quale ninno ha
pensato , e che rende questo istromcnto inapplicabi-
le nella più frequente parte dei casi , pei quali esso
è destinato. Tal inconveniente si è , che a motivo
della tortuosità , che fa d'uopo dargli , l'angolo for-
mato dalla riunione della piastrina posteriore coli*
anteriore che la sostiene appoggia contro la parte del
sacro , e la piastrina resta più o meno lontana dall'
angolo sacro-vertebrale.
// gran pehnmetro di Stein, specie di molletta in
anelli a catena di cui le aste sono leggermente in-
curvate a forma di becco , offre i medesimi vizi nel-
la costruzione , e nella applicazione i medesimi in-
convenienti.
Non converrebbe adunque far ricorso a ninno di
questi istroraenti per misurare il bacino all' interno
dalla parte della vagina, specialmente in donna gio-
vane, che avendo qualche vizio , o deformità voles-
se sentire il giudizio di un professore ostetrico per co-
noscere a tempo , se fosse possibile divenir madre
senza esporre la sua vita , e quella della prole. Ma
come potrebbe in questo caso tentarsi l'applicazione
di uno stromento , la cui immissione dee produrre
un forte lialzo di molti pollici nella parete della va-
gina ? E non sarebbe esporre la paziente a indispen-
sabili atroci dolori , che accompagnerebjjero la lace-
razione dell' orificio , e della parte posteriore del con-
6 Scienze
dotto vaginale ? Certamente che in una giovane si po-
trebbe, senza pericolo di alterare l'integrità delle par-
ti, introdurre nella vagina il pelviinetro a catena di
Stein , quello di Aitken che non è se non una ten-
ta di donna divisa in gradi sopra uno dei suoi lati,
o il perimetro digitale del nostro emerito professore
Asdruhali^ specie di ditale, ossia cono, allungato egual-
mente , diviso in gradi sopra uno dei suoi lati. Ma
benché sia ingegnoso l'istromento applicato dalla par-
te della vagina in una donna non gravida, esso in-
contrerà, sempre una barriera insormontabile per giun-
gere alla prominenza sacra-vertebrale : questo è (co-
me si è osservato) la presenza dell' utero , lo spar-
gimento del suo collo, la parete posteriore della va-
gina. Pare che gli inventori degli stromenti da noi
esaminati abbian del tutto scordato l'esistenza e la
disposizione di questi organi nel bacino : si direb-
be che non hanno mai veduto questa zona ossea che
nello scheletro : tanto sono male adatti alle parti gli
stromenti che ci han lasciato per misurare le dimen-
sioni di essa.
Gli stromenti di Stein , di Aitken , di Asdrii-
hali presentano più vantaggi nella donna incinta ,
e nelle doglie del parto. L'introduzione di questi of-
fre , è vero , meno difficolta nella circostanza testò
mentovata, perche allora la vagina è flessibile , più
o meno allungata, ed è suscettibile di prestarsi ad una
estensione meccanica di una certa durata. Pertanto
come la forma degli stromenti conosciuti finora non
è in rapporto colle incurvature e le dimensioni del
bacino , ne colla disposizione delle parti situate in
questa cavita ossea, essi non potrebbero dare dei ri-
sultamenti positivi come l'hanno con molto criterio
osservato i più esperimentati pratici.
Che se i peh'imetri rettilinei degli autori che ab-
Nuovo Pelyimetro 7
Jblamo nominato non possono applicarsi senza incon-
venienti, ne seguirebbe perciò che presentassero più
vantaggi che il dito indicatore bene esercitato ali*
esplorazione di queste parti ? Questa proposizione è
oggidì divenuta oggetto di qualche controversia.
Suppongasi che le doglie del parto siano sta-
bilite da un certo tempo in una donna deforme, che
la testa del feto , o un forte tumore della cute co-
perto di peli siasi introdotto nel distretto superiore,
come si potrebbe giungere all' angolo sacro-vertebrale
con tali pelvimetri in questione ? Il dito , l'introdu-
zione puranco di tutta la mano, non offrirebbe in
queste ultime circostanze che dei risultati o dub-
biosi , o affatto inutili , poiché sarebbe impossibile
questo modo di arrivare all' angolo sacro-vertebrale,
avanti il quale si troverebbe la parte imbarazzata.
Questi r&ezzi non potrebbero neppure esser tentati nel
caso , ove il tronco della creatura occupasse inte-
ramente l'escavazione del bacino ; sia che avesse pre-
sentato le natiche , o i piedi , o fosse stato portato
in tal situazione in seguito dell' estrazione di queste
estremità.
Farò manifestamente conoscere che tutte queste
difficolta potrebbero sparire col pelvimetro che sarò
per proporre. Il dito non è dunque ( come lo assi-
cura la maggior parte dei pratici ) il miglior pel-
vimetro, mentre se secondo essi quello solo sente, e
può reuder conto di ciò che ha incontrato nell'inter-
no del bacino : essi converranno pure che questo
istromento ( il dito ) non può sempre scoprire ciò che
ha luogo nel bacino , e che per conseguenza non
può render conto di ciò che non ha toccato : e tut-
to questo avviene il più delle volte. Per clii si da
cura di riflettere , è cliiarissimo che il dito e un
istromento troppo vario nelle sue dimensioni per cs-
8 Scienze
sere di im egiial vantaggio per tutti quelli che ne
fanno rapplicazione nel caso in cui siamo. Nelle
persone che lianno la mano corta e grassa , l'indi-
ce isolato dalle altre dita piegate della stessa mano
non arriva al più che a due pollici di distanza dall*
ingresso della vagina , o dell' orlo inferiore della sira-
fisi dei pubi. Ma non bisognerebbe che una sola linea
per arrivare alla base del sacro : e ciò varrebbe co-
me trenta, poiché l'occhio non saprebbe qui riempir
l'intervallo per approssimazione, come accade nel mi-
surare l'estensione di un corpo che si vede. Così quelli
che ammettono che lo stretto antero-posteriore del ba-
cino ha le dimensioni richieste ogni volta che non
si può arrivare allo sporgi mento sacro-vertebrale, si
espongono a cadere in questi abbagli , di che sia-
mo stati testimoni . Qualche fatto, che ho avuto l'oc-
casione di osservare su questo oggetto, avrà il suo luo-
go altrove.
Quelli che non vogliono altro pelvimetro che il
dito, o la mano, operano nel modo seguente per mi-
surare l'estensione del diametro antero-posteriore. Il
dito indicatore introdotto nella vagina va a pigiare
la sua estremità sopra l'angolo sacro-vertebrale ; nel
medesimo tempo si rialza la giuntura della mano di
modo che il lato radiale del dito tocca l'orlo infe-
riore della sim/lsi dei pubi ; con un dito dell' altra
mano si segna il luogo in contatto coli' orlo inferio-
re della simfisi. Per aver la lunghezza del diametro si
misura lo spazio tra la punta del dito , e la parte
della giuntura che appoggiava sotto l'orlo inferiore
della simfisi pubiana. Ma come la linea, che si sten-
de dall' angolo sacro-vertebrale all' orlo inferiore del-
la simfisi dei pubi, è più lunga che quella che si
stende dall' istesso punto del sacrum all' orlo supu-
biano della medesima simfisi , bisogna dunque per ot»
Nuovo Pelvimetro 9
leiiere un risultaraento esatto fare una deduzione so-
pra della lunghezza di questa linea inclinata , o in-
curvata. E quanto se ne dedurrebbe ? Baudelocque di-
ce un mezzo jjollice : ^Ij'oiiso Leroy voleva che la
deduzione non fosse che di tre linee. SulFautorita di
quale dei due nominati autori si dovrà fondare uà
esatto giudizio ?
Questi due celebri ostetricanti potevano bene , se-
condo le circostanze, aver ambedue ragione; di fatti l'or-
lo inferiore della simfisi dei pubi di un bacino defor-
me non può forse trovarsi piiì o meno vario, o den-
so in diverse persone ì La misura presa col dito non
essendo segnata sul suo orlo radiale che all' esterno
della simfisi, la differenza di grossezza di questa sim-
fisi deve necessariamente mettere delle differenze nel-
la lunghezza del diametro e nella deduzione che far
se ne deve ! Questa objezione non è la sola che si
possa opporre a questo modo di misura. Le defor-
mità del bacino non consistono solo nell' accostamen-
to tra esse delle sue pareti antero-posteriori : la sim-
fisi del pubi può avere acquistata maggiore lunghez-
za , essere molto più bassa , e dare in conseguenza
al diametro sacro-pubiano una estensione più grande
che non l'ha realmente. La simfisi stessa può essere
più , o meno deviata dalla linea media del corpo,
come l'abbiamo veduto in un caso che necessitava la
simfiseotomia , ove hanno segato uno dei pubi cre-
dendo di trattare una simfisi ossificata , e nella qua-
le non ora incurvata che di dieci linee. L'angolo sa-
cro-vertebrale , più inclinato da un lato del baci-
no, da egualmente una differenza nei risultati dell'
esame manuale ordinario.
Tutti i pratici concederanno dunque che il di-
to, come istromento metrico del bacino, è sovente in-
sufficiente, e che non si deve tentare di introdurre la
10 Scienze
mano intera nella vagina che durante il travaglia
del parto. Il compasso di grossezza di Baudelocque è
il medesimo di quello, di cui si servivano da gran tem-
po nelle fabbriche di oggetti o vasi di forma ro-
tonda. Questo compasso centinaio , ed allacciato al-
le sue due estremità, si applica all' esteriore del ba-
cino. Allorché si vuol conoscere l'estensione dello
stretto addominale, si misura con questo compasso la
distanza che si trova tra una spina anteriore , e su-
periore di ogni osso innominato. Per conoscere poi
le dimensioni dello stretto addominale nel suo dia-
metro sacro-pubiano , si applica un'asta del compas-
so al disotto dell' appofisi spinosa dell' ultima ver-
tebra lombare , e l'altra sopra la regione dei pubi.
Un quadrante a gradi indica l'estensione di que-
sto diametro.
„ Meno imperfetto di tutti quelli che esistono,
,, dice il surriferito professore Desormeaux , questo
,, istromento non presenta il grado di certezza che
,, il suo autore avea promesso. „
Difatti per ottenere il grado di estenzione del
diametro sacro-pubiano ( Tistromento già nominato )
il sig. Baudelocque deduce tre pollici per la gros-
sezza delle ossa , e degli integumenti di questa re-
gione del bacino , due pollici e mezzo per la ba-
se del sacrum , e sei linee per la grossezza dei pubi.
Neir insistere di più sopra queste esperienze Baude-
locque avrebbe riconosciuto che le ossa , e i tessuti
cutanei delle regioni sacro e pubiana presentano nei
diversi individui delle varietà nella loro grossezza, che
non permettono di ammettere tal deduzione rigo-
rosa di tre pollici stabilita da questo esimio prati-
co. Ben si sa ( come molti lo hanno osservato ) che
la grassezza nei rachitici non è mai considerevolis-
sima , ma peraltro il sistema muscolare è spesse voi-
Nuovo Pelvimetro ^I
te più marcato , il tessuto cellulare è più abbon-
dante in una persona , piuttosto che nell' altra. Si
sono vellute delle donne che presentavano delle eso-
stosi in diversi punti della cavità ossea, ove un'af-
fezione di questa natura poteva accompagnarsi con
un certo grado di pinguedine. Ciò sarebbe d'altron-
de un mettersi in opposizione formale coi fatti, so-
stenendo che la rachitide non produce mai sul ba-
cino degli sviluppi al di la di una dimensione data.
Ho avuto occasione di misurare un certo numero di
bacini viziati in diverse maniere e in diversi gra-
di, che presentavano nella grossezza delle pareti in
questione da quattro fino a dodici linee in più o in
meno dei tre pollici assegnati da Baudelocque , ora
su i pubi, ora sulla base del sacrum, ora sopra que-
ste due parti ossee, nel tempo istesso che si riscon-
trava palesemente una marcata differenza nelle gros-
sezze, ora egualmente si vedeva la direzione obliqua
dell'angolo sacro-ventebrale, che avea dato luogo all'er-
rore di diagnostica profferita durante la vita di una
persona. Sopra più di cento bacini ben conformati ,
ricoperti di tutti i loro tessuti che la malattia non
avea avuto tempo di alterare , si è osservato che vi
erano delle differenze non meno considerevoli sul vo-
lume e sulla grossezza delle parti che formano il dia-
metro antero-posteriore dello stretto addominale.
La natura segue un andamento regolare nel mo-
do dello sviluppo dei nostri corpi, e delle parti che
lo compongono : essa però non ha assegnato limiti
precisi alla loro estenzione. Cosi generalmente il ba-
cino è di un volume , di una capacita , e di una
estensione relativamente al volume e all' estenzio-
ne delle ossa delle altre parti del corpo. Come gli
sfaceli , le affezioni morbose che s'impadroniscono di
tutti i nostri tessuti varrebbero a determinare ma-
12 S e I E X Z E
tematicamente il volume , a cui giugner potrebbero,
e lo spazio che debbono occupare ?
La misura col solo mezzo del compasso di gros-
sezza non saprebbe dunque indicare in modo esatto
la grossezza dei tessuti che formano, per mezzo dei
loro respettivi rapporti, il diametro sacro-pubiano ; ed
ancora meno dichiarare lo stato interno della cavita
pelviana. Si vede ancora assai sovente il bacino pre-
sentare all' esterno tutti i caratteri di una perfetta
conformazione, e nel modo stesso nascondere all' in-
terno un esostosi , un tumore steatomatoso che occu-
pano una pai'te più o meno estesa degli stretti o
della escavazione delia zona pelviana: disposizione che
diviene causa di parti lunghi, difficili, e qualche vol-
ta impossìbili, come si è veduto in molti casi, e co-
me se ne riscontrano replicatamente numerosi presso
gli scrittori dei trattati dei parti.
Descrizione delV intropehimetro , e del compasso
di grossezza.
Questo istromento in acciajo forbito viene com-
posto di tre \ ezzi principali : due grandi di dodici
pollici di lunghezza colle loro incurvature , e una
piccola di sette pollici compresovi il suo manubrio.
Con questi tre pezzi formiamo due istromenti distin-
ti e separati , che formano un complesso di misura
del bacino . L' uno ha due pezzi ricurvi verso il
loro terzo inferiore : essi sono eguali per la lunghez-
za e il volume, e non differiscono per la forma che
nelle loro estremità, superiori : rappresentando il pel-
vimetro esterno , o compasso di grossezza diviso in
gradi sopra uno de' suoi lati : e il terzo pezzo ne
compone il pelvimetro interno.
Questo stromcnlu, come abbiamo detto , e coni-
Nuovo Pelvimetro 43^
posto òì due pezzi che sì riuniscono , e si separano
ad arbitrio dulie loro estremità dritte , o superici i.
L'uno porta un vano , o taglio destinato a ricevere
l'estremità dell' altro pezzo : questo vano è sovrap-
posto ad una vite di pressione che serve a mantene-
re nel posto il pezzo che riceve, di modo che i due
piedi del compasso possono esser separati Funo dall'
altro secondo il bisogno. Se ne fa uso come quello
di Baudelocque per misurare il bacino all' esterno.
Descrizione del nuoi'o perimetro.
Del pezzo diviso in gradi sulla sua lunghezza
noi ci serviamo per formare coli' altro piccolo pez-
zo l'istromento che proponiamo per misurare il ba-
cino all' interno. Come è nel rectum che noi intro-
duciamo questo pezzo, così gli diamo il nome di in-
testinale. L'asta a capo movibile, che sostiene il qua-
drante , ha il nome di pezzo del quadrante.
Il terzo pezzo, il piiì corto ricurvo in due lati
opposti, presenta nel mezzo della sua incurvatura un
intaglio destinato a ricevere il pezzo intestinale so-
pra di cui si fa scorrere, secondo il bisogno che si
ha di allontanarlo, o di approssimarlo al centro del pez-
zo. Esso si trova fissato nella sua posizione dal pez-
zo destinato a ricoprire che l'iraane al suo fianco , e
dalla vite di pressione che termina il manico.
Questo piccolo pezzo ha due estremità, l'una fatta
a becco di anitra, l'altru che serve di manico è ter-
minata a forma di trifoglio ; all'estremità a becco di
anitra, essendo quella che debb' essere introdotta nella
vagina , abbiamo dato il nome di pezzo vaginale.
44 Scienze
Maniera d'applicare il perimetro.
Sgombrato totalmente il retto con cristiere leg-
germente purgativo, o col mezzo di una doccia ascen-
dente, si fa giacere la persona da esaminare come se
si dovesse applicare il forcipe.
Essa deve essere appianata sulla sponda di un
letto , le coscie allontanate l'una dall' altra , e le na-
tiche più elevate del petto. Si prende il pezzo in-
testinale dalla manca , s'inclina il manico dalla par-
te dell'inguine diritto della donna, e si presenta all'
ano l'estremità rotonda di questo pezzo. Si introdu-
ce prima all' ingresso dell' ano la punta dell' indice
della mano destra , e si fa sdrucciolare su quel dito
restremita dell' istromento, che deve essere spalmato
di una materia oleosa. Sovente accade che una con-
trazione spasmodica s'impadronisce dell' ano nel mo-
mento in cui si propone di applicare questo pezzo
di stromento ; ma una volta che esso ha oltrepassato
lo sfintere , si abbassa il manico che si riporta dalla
dritta sul davanti della donna nella direzione della
linea media della vulva : allora spingcsi l'istromento
dal basso in alto nella stessa direzione, secondo l'asse
dello stretto inferiore del bacino.
Le pareti molli del retto , l'eccessiva ampiezza
di questo intestino nella maggior parte delle donne,
rendono questa operazione molto facile. Pertanto bi-
sogna sempre aver l'attenzione di dirigere il pezzo
intestinale con lentezza e circospezione, allinc di po-
ter giudicare la natura , l'esten/ione e il luogo dell'
ostacolo che potrebbe nuocere al parto; come le tan-
te volte si è veduto, che l'intestino retto è situato
a dritta nelle persone ben costituite: la quale situazio-
ne polrcbbcsi rincontrare in un bacino dillbrmc ,
Nuovo Pelvimetro 15
e così contribuire per sua natura al cangiamento eli
direzione cleir intestino. Sarebbe dunque prudentissi-
raa cosa, prima di ricorrere ai mezzi di evacuare Tin-
testino retto , di assicurarsi dalla parte della vagina
attraverso la parte posteriore di questo canale se Tin-
testino è situato a destra o a sinistra : perche se
discendesse a dritta dell' angolo sacro-vertebrale bi-
sognerebbe aver l'attenzione di dirigere lo stromen-
to dalla parte ove si trovasse situato questo canale,
cioè dalla sinistra alla destra della donna , in vece di
diritta a sinistra come l'abbiamo raccomandato pei ca-
si ordinar]. Ma torniamo al pezzo dello stromento
lasciato nel rectum.
Si sostiene con una mano il manico del pezzo
intestinale per conservarlo in rapporto coli' angolo sa-
cro-vertebrale col quale deve essere appoggiato , e si
usa l'altra mano per l'introduzione del pezzo vagi-
nale. Questo pezzo s'introduce nella vagina, e a drit-
ta del pezzo rettale, di modo che questo possa esse-
re ricevuto nell' intaglio praticato nel centro del pez-
zo vaginale.
Quando i due pezzi sono introdotti, bisogna as-
sicurarsi di nuovo della situazione ove si trova il
pezzo intestinale collo spinger di basso in alto nel-
la direzione dell'angolo sacro-vertebrale, in cui l'estre-
mità dell' istromento deve ritrovare il suo punto d'ap-
poggio. Si mette il pezzo vaginale dietro il pube , e
vi si mantiene, dandone una stretta della vite di pres-
sione che sovrappone al manico : e con questo ba-
sta di volgere il manico da sinistra a destra. Si ab-
bassa di poi il pezzo che ricopre , il quale concor-
re a mantenere l'apparato nel grado di allungamen-
to ove l'hanno fissato. Si consulta allora la scala a
gradi delineata sulla lunghezza del pezzo rettale : es-
sa da la misura del diametro senza che vi sia biso-
gno di far la minima deduzione.
i6 Scienze
Allorché si vorranno conoscere le dimensioni di
uno de' diametri obliqui , supponiamo l'istromento co-
me h stato detto , s'inclinerà il manico del pezzo in-
testinale verso la coscia diritta della donna; l'incur-
vatura di questo pcizo sarà situata incontro la sim-
fisi sacro-iliaca sinistra , ed il pezzo vaginale dietro
il pube destro.
Ma e importacte di assicusarsi di nuovo se i pez-
zi nascosti hanno un punto d'appoggio sulla parete
del bacino colla quale essi si trovano in rapporto ,
si potrà ciò conoscere con allontansi'e l'un dall' al-
tro questi due pezzi dell' istromcnto tanto che la con-
formazione del bacino potrà permetterlo. Si vuol co-
noscere dopo il diametro coxo-pubiano ? Basta di ri-
tirare l'istromento di modo da rimettere il pezzo in-
testinale nella linea media del sacrum. Quando l'estre-
mità del pezzo intestinale appoggia sul coccige (di
cui è facile assicurarsi col mezzo di un dito messo
air esterno sulla regione coxale del bacino ) si al-
lontanano l'un dall' altro i due pezzi , e dopo aver-
li portati al loro piii alto grado di apertura nella
posizione ove si trovano, si consulta la scala divisa
in gradi per sapere ciò che essa dà di estensione al
diametro coxo-pubiano.
Si è dovuto vedere che queste operazioni sono
più pronte ad eseguirsi che ad esser descritte, e che que-
sto istromento può applicarsi egualmente bene tanto
sopra una zitella quanto in una donna coniugata, in-
cinta , e nel travaglio del parto , poiché il pezzo più
lungo , e più centinato non agisce in tutti i casi che
nel rectum dietro la vagina e l'utero. Il pezzo va-
gino-pubiano , molto corto , sottile , ed assai stretto
per penetrare nell' orificio della vagina allorché sa-
rebbe questa ancora provveduta della membrana ime-
nea, non potrebbe cagionar dolori per la sua intro-
duzione in questo canale.
Nuovo Pelvimetko -17
Ma il nostro pelvimetro saia di una applicazio-
ne mollo facile dalla parte della vagina nei casi di
gravidanza avanzata, ove questo canale è moltissimo
ed assai prolungato ; nel caso in fine ove l'escava-
zione è totalmente libera si ottiene in un modo si-
curo il grado di estensione, non solo del diametro
sacro-pubiano , ma quello degli altri diametri siasi
obliqui , o diretti di questa cavità ossea.
Il punto essenziale, dice l'egregio Capuron, è di
determinare il rapporto del bacino colla testa della
creatura .- ora come si potrebbe valutare la misura di
questi due termini di paragone ?
La questione non e senza dubbio facile a risolver-
si ; pertanto l'istromento che proponiamo, applicato se-
condo il nostro metodo, non potrebbe esso in qual-
che circostanza servire di cefalometro quando il fe-
to presenta la testa ? Suppongasi che la regione che
SI presenta della testa sarebbe stata riconosciuta, co-
me si può far promuovere il pezzo intestinale sulla
meta della cavita sinistra del bacino quando esso è
introdotto nel rectum , si potrà ottenere con qualche
certezza su questa parte della cavità pelviana , sulle
sue dimensioni , sulla estensione dei corpi che i due
pezzi dell' istroraento si possono fra loro abbracciare
facendo alcune modificazioni all' istroraento che si po-
trebbe applicare dalla parte della vagina per servi-
re durante il travaglio del parto per misurare la te-
sta del feto.
Ma tal quale è oggi , ed applicato secondo il me-
todo che ho descritto ( il pezzo intestinale nel rectum)
questo istroraento può esser utilissimo nei casi di af-
fezione di utero , cosicché riavvicinando i due pezzi
dell' istroraento dopo la loro applicazione potrebbe-
si riunire come fra due mollette l'utero , un polipo,
un sarcoma, un tumore qualunque c.licche si trovas-
G.A.T.LII. 2
18 Scienze
re situato nella vagina , o nella grossezza del tes-
suto retto-vaginale.
Simile conoscenza sul volume del corpo delFute-
ro non sarebbe senza importanza nei casi ove il col-
lo di questo viscere è danneggiato, facendo incorag-
gire un operatore a farne l'apertura : perchè un'ope-
razione di tal natura non può promettere un felice
esito stante che il corpo dell'utero , e suoi annessi sono
nello stato normale , ed ognuno azzarda con intre-
pidezza come in questa popolosa capitale sovente si
osserva.
Nel caso di retroversione di utero, l'applicazio-
ne del pezzo intestinale sarebbe di una non lieve ri-
sorsa per aiutare a rimettere il fondo di quel visce-
re nella sua naturale posizione. I mezzi proposti lino
« questo punto per facilitare questa operazione sona
rimasti quasi sempre inefficaci , e nell' oscurità.
Nelle mani dei valenti litotomisti qucst'istromento non
potrebbe egli forse servire a far conoscere il volume
di una pietra esistente nel cavo della vescica .'* Il
pezzo intestinale sarebbe introdotto nel rcctum , si
applicherebbe il pezzo vaginale su i pubi nell'uomo,
facendone la deduzione di quattro linee per la gros-
sezza di questa ragione del bacino : si potrebbe ac-
cordare a quest' ultimo pezzo del vosero istromento
(la vaginale) la forma e il volume che converreb-
be per introdurlo nell' uretra , e per fissarlo al pez-
zo intestinale per ottenerne quindi il desiderato in-
tento.
Ben sappiamo che tal istromento non può para-
gonarsi col lilomctro contenuto nell' ingegnoso ap-
parato per ridurre ia pezzi la pietra nella vescica.
rd
Riflessioni intorno il cholera morbus negli animali
hruti^ ili Niccola De Angelis pubblico professore di
clinica e di chirurgia veterinaria nelf archigin-
nasio romano , perito veterinario della sacra con-
sulta e della grascia , veterinario capo delle scu-
derie pontificie , del corpo delle guardie nobili , e
comprimario dello stabilimento di mattazione.
D
opo i travagli di uomini sorami intorno le malal-'
tie contagiose , messe specialmente in isfolgorante lu-
ce in Italia , dove prima di ogni altra nazione (1 )
fin dal secolo sestodecimo , l'immortal Fracastoro
provò con inconcussi modi la loro esistenza , sarei
io troppo ardimentoso d'intertenerrai in cosillatlo ar-
gomento. SeralDrercLbe eziandio accrescersi l'ardimen-
to mio in considerando l'opera dottissima pubblica-
ta da pochi anni sulle malattie contagiose degli ani-
mali domestici dal chiarissimo signor professor Me-
taxà , celebre ancora per altre produzioni nelle na-
turali scienze. Ne di minor pregio si è il lavoro del
(i) L'Italia, maestra in ogni genere di sapere, anche nel-
la veterinaria fu la prima a dislinguersi con ire famosi vete-
rinari. Essi furono Giordano HitJJo calabrese vissuto nel prin-
cipio del secolo i5.", Lorenzo Elisio l'omano sul fine di dello
secolo, e circa la medesima epoca fiori Pietro Crescenzio bo-
lognese: percioccliè la veterinaria deve a questi tre italiani
interamente la sua conservazione nei tempi di oscurità e di
barbarie. Sletaxà, mulallic conlugiosc degli animali domestici.
2^
20 Scienze
chiarissimo signor dottor Cappello intorno i contagi,
di cui trovasi im limpidissimo sunto nel suo primo
ragionamento della febbre pestilenziale colerica , ad
oggetto d'illuminare le persone , che non fossero , o
non approfondissero l'arte salutare, dimostrando loro,
che tutti appunto racchiudonsi i caratteri di conta-
gio nel cholera indico , che da tre lustri in ragion
composta delle comunicazioni e delle disposizioni me-
na strage di contrada in contrada , in cui talvolta
si rimase sporadico , talvolta tornò novamente a fla-
gellare , conforme ne insegna la storia tracciata ap-
presso officiali relazioni. Perlochè non solo i professo-
ri dell' arte medica , ma i governi , che in sì lut-
tuose emergenze sono i veri medici , non risparmia-
rono , ne risparmiano cure e spese per resistere all'
indomito morbo , che, laddove più infuria , invade
eziandio animali di ogni organizzazione. E appunta
nella lettura de' pubblici fogli , che caddemi più fiate
sott' occhio , che il cholera asiatico non solo attac-
ca la più nobile specie organica, quale si è l'uomo,
ma distende ancora nelle specie de' bruti le micidia-
lissirae sue propagini. Vieppiù adunque non sembra
avverarsi la sentenza di chi scrisse , che i morbi at-
taccaticci da una specie all' altra non osservansi che
in una sola circostanza , quale si è quella dell' an-
trace pestilenziale. Ma fiso il mio pensiero , che la
medicina si umana, come veterinaria discender debba
non da soli principii teoretici ed astratti , ma dall'
osservazione e dai fatti reiterati in più tempi ed
in più luoghi , quindi è , che raoltiplici essendo i fat-
ti che contestano , che il cholera orientale non so-
lo nel luogo nativo , ma fino nel centro di Europa
propagossi negli animali bruii , perciò bisogna con-
chiudere , che alcuni morlji contagiosi , se vi con-
corrino generali e individuali disposizioni , si dillòu-
ChotEftA Morbus 2f
dono dà Una s|iecie all' altra , conforme e «lei clio-
lera asiatico , che passa nelle diverse specie animali.
Per un maggiore schiarimento non dee tralasciarsi an-
fcora , come nel colerico contagio manifestisi in al-
cuni casi l'antrace , che generalmente manca , per la
probabile ragione , che esercente l'attivissima forza
sua il contagio colerico nei doviziosissimi nervi del
sistema gastro-enterico, ne distrugge la vitalità : di mo-
do che non puossi dalla natura reagire per far mo-
stra di un bubouc , o di un' eruzione qualunque. Po-
frebbesi per verità obbiettare , che i casi d'antrace re-
gistrati dagli autori nel cholera orientale potrebbono
formare l'eccezione della regola , perciocché per i po-
chi esempi , che leggonsi negli annali universali di
medicina (1831-32) sul male in quistione, non debba
questo reputarsi dell' indole della peste bubonica. Che
se comunemente non si dimostrano i genuini caratle-
l'i della medesima , vuoisi tuttavia ripetere , che con-
tro i fatti non giova contrasto di sorta. D'altronde ri-
spetto al passaggio da una specie all' altra di mail
contagiosi ammessi da alcuni scrittori , come si è det-
to , per il solo antrace pestilenziale , se ne presenta
un fatto luminosissimo nel benefico contagio vaccini-
co , che per innesto dalla vacca comunicasi all' uo-
mo , e dall' uomo torna a comunicarsi col detto in-
nesto nelle specie brute. Potrebbe inoltre da taluno
mettersi in avanti l'onibile morbo della idrofobia, se
il prclodato signor dottor Coppello con inconcussi espe-
rimenti, convalidati da una serie di osservazioni con-
tinuate insino a questi ultimi d\ , non avesse tolto la
idrofobia dal novero de' contagi , e con molto suo plau-
so collocatala invece in quello dei veleni propriamen-
te detti. Ma tralasciando questa discussione , che po-
trebbe appoggiarsi con altri numerosi fatti , discen-
do io alla slorica narrazione , avvertendo chi legge.
22 Scienze
che non lutti mi si e conceduto di raccogliere i fat-
ti in j)rova dell' assunto mio , ma che pme essi sa-
ranno tali , quali dimostreranno a chiare note , che
il cholera è siffattamente contagioso , che dall' uomo
si trasmette negli animali bruti. Per il che ho io esti-
mato cosa utile di avvertirne il pubblico, affinchè,
se l'infortunio si desse di vedere in questa capitale
importato il cholera morbus , si potessero dal nostro
paterno governo aggiungere , per gli animali dome-
stici , que' provvedimenti che esige una pericolosis-
sima malattia come il cholera , il quale , per la in-
contrastabile ragione , con cui invase successivamente^.
senza causa manifesta ., senza distinzione di luoghi ,
di stagione , di età , di sesso , di condizione , e per
l'argomento nostro , senza distinzione di specie , de-
ve vieppiù sempre risvegliare l'attenzione governativa.
E merce di essa che potranno completarsi que' sani-
tari regolamenti, che ammettano per fondamentale prin-
cipio , che il cholera morbus asiatico per immediato
e mediato contatto è trasmissibile non solo , come si
disse , da uomo ad uomo , ma , dove imperversa, si ^
trasmette ancora nelle specie brute , conforme ne por-
gono luminosa prova i seguenti fatti.
Nei rapporti ufficiali delle Indie leggesi , che il
cliolcra morbus ivi riprodottosi nel 1827 con intensa .
strage umana , ne fece consimile in ogni specie di
animali bruti. Per la qual cosa i superstiziosi indiani
ripetevano questo castigo, non osservato nelle prece-
denti crassazioni della febbre pestilenziale colerica ,
dallo sdegno de' numi per la cessazione d'immolar lo-
ro le umane vittime (1). Quando già nei governi dell'
impero russo serpeggiava questa nuova peste , ed in
(i) Oibliolcque uuivcrsclle, oclobre i83i.
CnOtERA MORBUS 2S
alcitnì Con molta strage , a Taiigarof furono veduti
morire a stormo del dominante contagio gli uccel-
li (1). Era il male parimenti nel suo dominio, quan-
do nella vecchia capitale dell' accennalo impero mo-^
livano di cholera animali di ogni specie ^ inclusive
i gallinacci , perciocché opinavasi da que' medici ,
che i polli d*India per la propria etimologia erano a
preferenza attaccali dal morbo colerico (2). La com-
missione sanitaria di P^enezta^ che per sovrano co-
mando pertossi in Galizia ad effetto di studiare la
colerica peste , riferisce , che nell' infuriare il male
iieir umana specie, attaccava ancora gatti , cani , vac-
che , galline , e simili (3). La commissione sanitaria
lombarda , che inviossi per lo stesso scopo nell' im-
pero austriaco , ha registrato , che presso Leopoli ca-
pitale della Galizia furono affetti di cholera i ca-
valli , i cani , e gli uccelli. In Vienna medesima vi-
dersi morire del morbo in discorso quantità di stor-
ni (4). Nella ricorrenza di questa pestilenza osservos-
si a Berlino grande mortalità di galline e di pie-
cioni ; nei dintorni poi di quella capitale un graa
numero di stagni e di laghi furono per morte coni-»
pletamente orbati di pesce. Nel circolo di Marien^
iverder videsi lo stesso fenomeno; che anzi furono em-
piute quaranta grosse botti di animali aquatici , e po-
scia con cautele opportune sepolti , ad oggetto di ri-
Movere le mofetichc esalazioni , che gik incomincia-
(i) Id. ih. novembre i8di.
(2) Cappello , I. ragionamento della febbre pestilenziale
cliolcrica pag. ^o nòta.
(0) Annali universali di medicina voi. 60 png, aSy.
(4) Id. voi, 61 pag. aa.
24 S e I E N a E
vano a svolgersi (1). Ne' fogli di Francia narrasi che
un morbo simile al cholera asiatico sviluppossi , fa-
cendone molta strage, negli animali domestici, e pre-
cisamente nei cavalli , e nelle bestie da corna nel cir-
condario di Burhon-J^anclea. Nella lingua e nelle
labbra di questi animali rimarcaronsi vescichette ne-
riccie , morendo l'animale quasi immediatamente con
intensa nevrosi (2). Dai fogli suddetti rilevasi anco-
ra , che in una tornata dell' accademia di medicina
di Parigi rendevasi conto di un' epidemia nei volatili
nelle vicinanze di quella capitale, e l'autossia dei me-
desimi aveva manifestate evidenti lesioni del tubo en-
terico, ed un mirabile alteramento nella pelle. A Bour-
get scrivesi di essersi osservato lo stesso micidial fe-
nomeno. A Comicul finalmente si è sviluppato con-
simil morbo nelle galline, dimodoché il maire ha proi-
bito la vendita di ogni sorta di volatili (3).
Si racconta nella biblioteca universale, che l'anda-
mento del cholera nel cavallo eccita negli astanti
grande commiserazione , stante la privazione del vo-
mito per la sua propria organizzazione.
Dopo questi fatti nessuno , se io non m'inganno,
potrà negare il passaggio del dominante morbo in ogni
specie animale. Quindi ragion vuole, che anche i pro-
fessori di 'veterinaria , nel sinistro evento , sieno vi-
gilanti per suggerire quei più convenevoli mezzi, sia
nella profilassi , sia nella cura risguardante gli ani-
mali domestici. Né vuoisi obbliare , come fra le sa-
nitarie cautele debba aversi in somma considerazio-
ne di tenere riguardati i medesimi nei luoghi , ove
(i) Biblioteqiie univ. decernbre i83i pag. ^i6.
(a) Diario di Roma 18 aprile i832.
(3j Noliiie del giorno, Roma io maggio i85a.
Gholera morbus 25
serpeggia il contagioso cholera , non solo per la lo-
ro incolumità , ma soprattutto perchè non divengano
conduttori del contagio , disseminandolo nella razza
umana. A tal' effetto nell'invasione del contagio deb-
bono il più possibilmente ritenersi in luoghi separa-
ti. Diventa indispensabile il sequestro di delti ani-
mali, se si svolgesse fra di loro il contagio. I piccioli
animali domestici in siffatti casi vanno tutti distrutti,
e sepolti con calce viva , persuadendo il sommo pe-
ricolo in insinuanti e convincenti ragioni alla pove-
ra gente , capace , per ignoranza , di mangiarne clan-
destinamente le carni.
I luoghi dunque abitati dagli animali si procu-
reranno ventilati , e ben nettati una e due volte il
giorno dagli escrementi , ed altre sozzure da traspor-
tarsi in siti designati nei sanitarj regolamenti della
sacra Consulta, Inoltre netterassi eziandio colf acqua
pura l'insudiciato suolo : e giova avvertire , che non
vi rimanga di detto liquido , il quale con somma fa-
cilita si saturarebbe di principj eterogenei , d'onde
ne verrebbero le mofetiche esalazioni : congiunte que-
ste coir accresciuta igrometria, darebbero maggior op-
portunità, a contrarre il morbo. Consta da esatte os-
servazioni quanto predispongano alla contrazione del
diolera morbus i luoghi umidi. Nel nostro cielo di-
pende appunto dagli svariati eccessi di temperatura e
di umidita il genio endemico delle febbri di periodo,
come non ha guari confermavalo nella sua dotta me-
moria il chiarissimo signor professor Folcili; teste an-
cora questo dottissimo professore dal caldo umido ri-
peteva principalmente l'influenza epidemica reumati-
ca catarrale dell' anno decorso. Or dunque se coli'
indole del clima vi si congiunga l'artificiale umidita,
maggior ansa darassi al contagio. Per gli stessi prin-
cipj non devesi eccedere nel lavare con acqua le va-
26^ S e i E N Z tì
rie parti del corpo , speclnliiiciilc ciucile delle gatil^
Le dei cavalli , contribuendo ancor questo eccesso ad
arrestare l'insensibil traspiro. I cavalli da lavoro de-
vono bene asciugarsi dal sudore ^ e coprirsi poscia
con drappo di lana. Corrispondente dovrà essere il
regime dietetico , mentre si userà la diligenza , per-
chè il foraggio sia scelto e sano. E qui vuoisi da me
ripetere ciò che reiterate volte ho inculcato , che si
desistesse dal nocevole uso di aderbare in scuderia
i cavalli , prorompendone per questo effetto non pò-»
dii morbi esterni ed interni. Imperocché nei cavalli
specialmente di scuderia debbono per l'aderbamento
ripetersi numerosi e frequenti flogistici morbi , le
intumescenze dei membri locomotori , le ostinate zop-
pie , le coliche , e molte altre malattie che sogliono
manifestarsi ricU' epoca , o saccessivamentc all' accen-
nato aderbamento. Imperocché una matura esperienza
mi ha dimostrato , che gli animali nel libero pasco-
lo scelgono le erbe salubri e tenere , le quali per la
freschezza ancora racchiudono appositi elementi nu-
tritivi. Per contrario l'erba che somministrasi ai ca-
valli di scuderia è afFascinata di buone e di cat-
tive erbe , che per la privazione , in cui i medésimi
èrano delle erbe fresche , divorano cori ingorda avi-
dita. È ben noto che simili specie di erbe, oltre all'
essere più dure , fiorite , e talor anche invecchiate ,
contengono principj mal sani , conforme risulta da
chimiche analisi da uomini insigni replicatamente in-
stituite. Ne taluno creda , che con questo igienico
precetto intenda io porre in disuso nell' opportuna
stagione la gramigna e la indivia , che sono erbe re-
putate giustamente salubri. Ottimo poi sarebbe , che
agli animali tenuti nel pascolo si scegliessero pr&^
terie asciutte , nel qual caso , per la buona qualità,
dell'erbe, vanno preferite le praterie montuose, o'
CuOLERA MORBUS 27
degli alti-piani. Moltissima attenzione meritano i ri-
coveri (Jellc pubbliche vie della campagna romana ,
come sono le osterie, le depositerie, gli alberghi etc.
I medesimi osservansi comunemente non ventilati, col-
mi , per COSI- dire , di letame, e di ogni sozziu'a ;
d'onde divengono fomiti assai favorevoli alla propa-,
gazione del contagio , e talora lo racchiudono per
la dimora di animali malati , o di animali provenien-
ti da luoghi sospetti. Massima perciò debb' essere la
vigilanza sanitaria , perchè quivi si eseguano immau-,
cabilmente le opportune discipline di sanità. La pro-
filassi individuale ne' grandi animali domestici ( ca-
valli , bovi etc.) aggirerassi almeno per 10 giorni,
ed in ogni di , ncU' uso delle cosi dette polveri tem-
peranti e diuretiche, come cremor di tartaro, e nitra-
to di potassa. Mezz' oncia di cremor di tartaro con
due ottave di nitro formerà la profilattica cura del
cavallo , e doppia sarà la dose nei bovi. Ne sarà di-
sutile somministrargli più volte al di le acque chia-
mate bianche dai ycteriuarj , e beverone dal volgo ,
risultante di acqua con farina di grano. Opportune
inoltre saranno le fregagioni secche praticate con pan-
no di lana lungo la spina dorsale. Alle bestie la-
nute , che sono al pascolo , sarà giovevole sommini-
strare per circa 1 0 giorni due once di sale comu-
ne , il quale sarà accresciuto agli altri animali in
ragione della loro mole. Colla piti possibile nettez-
za dovranno finalmente tenersi gli abbeverato] per gli
animali domestici , che sono al pascolo , procurando
ancora , che , immediatamente dopo una pioggia , non
sieno i medesimi abbeverati. Che se sgraziatamente
1 importato cholcra morbus si manifestasse negli ani-
mali domestici , vuoisi rammentare che la cura dcbbe
praticarsi dal complesso di quanto può presentarsi
sotto l'occhio clinico. In mancanza poi di dcllaglialc
2IÈ> Scienze
relazioni si diagnostiche , come terapeutiche intorno
il cholera asiatico degli animali bruti , fa di mestie-
ri aver in vista ciò che venne considerato, ed ado-
perato nella specie umana. Non sarà tuttavia spregie-
vole , che io dica in iscoicio la storia del male , co-
me si manifesta nell' uomo. Ed in primo luogo quanti
furono medici in Europa che osservarono la malat-
tìa, tanti convennero dell' identità della medesima col
cholera delle Indie : e ne convennero inclusive i me-
dici , che cola piiì fiate ebbero largo campo di ve-
derla e di curarla. I suoi sintomi precursori sono do-
lor gravati vo di testa , moti vertiginosi , singolare
sensazione di pienezza nella regione del centro della
vita organica con qualche fremito del nobilissimo
viscere che vi si racchiude, ansieth, sete, dolore nel
sistema digestivo , tensioni alquanto dolenti nell' e-
stremita, e nella spina dorsale. Succedono a questi
sintomi l'ansietà massima , la somma prostrazione del-
le forze con singolare stringimento al petto ed agli
ipocondrj ; vomiti di una materia bianco-bigia , vi-
scida, simile all'acqua di riso, rade volte gialliccia;
di color di cafFè , di verderame, nere, e commiste a
vermi sono le alvine dejezioni con un odore suo pro-
prio. La fisonomia più facile a concepirsi che a de-
scriversi è cholerica , e distinguesi col nome di fac-
cia colerica; languenti, e profondi nell'orbita sono gli
occhi , circolari macchie livide mostransi nelle pal-
pebre ; triste e smunta sempre più diviene la fiso-
nomia , ceruleo (cianosi) è il color della faccia , un
freddo marmoreo invade tutte le estremità, il naso,
e le orecchie; quelle inoltre si fanno livide con forti
spasmodici convellimenti. Talora questi veggonsi an-
cora nei muscoli esteriori di altre parti del corpo.
Le forze universali si deprimono in ragione delle al-
vine e stomatiche evacuazioni ; che se per caso ri-
CnOLERA MORBUS 29
manessero soppresse , maggiori j.Vi verrebbero i cram-
pi , e tutto il corredo di uà' intensa nevrosi si mani-
festerebbe ; le orine ancora sono sempre soppresse :
difficile in questo stato e l'uscita del sangue , e cre-
scendo la narrata sintomatologia , il malato sen muo-
re. Se poi questo stato riesca di superarsi , e succeda
una reazione, sia per la propria naturai costituzione,
sia per opera dell' arte, si può concepire un'aura di
speranza; questa si accresce, se manifestasi movimen-
to ne' polsi, calore, sudore, se fluiscono le orine, e
gialle divengono le intestinali dejezioni. Talora però il
male assume il carattere di tifo, associandovisi sovente
svariate eruzioni , onde il pericolo di morte avviene
spesso dopo questo novello apparato. Poiché varii sono
i metodi di cura , io non terrò discorso sopra i me-
desimi ; ma per l'obbietto che io ho impreso a trat-
tare , puossi a un dipresso desumere , che il meto-
do di cura debbe esser dapprima deprimente e rin-
frescante , poscia calmante , se la patognomonica ne-
vrosi prevalga nel decorso della malattia. Perciò le
cacciate di sangue generali e locali colle bevande
rifrescative sopra descritte saranno conducenti a sal-
vare alcuni dei grossi animali domestici attaccati dal
feroce malore. I narcotici , gli oppiati , il giusquia-
mo , la belladonna , potranno a seconda de' casi più o
meno convenire , onde adempiere le generali terapeu-
tiche prescrizioni di questo morbo (1). Né deve omet-
(i) La clinica osservazioae deve essere per altro la guida
verace per giudicare non esclusivamente , come s'insegna in
alcune scuole , ma dal complesso del tutto insieme, come si
è superiormente accennato. É sopra queste basi inconcusse , che '
non ha guari il chiarissimo Lessona , professore della regia
scuola veterinaria di Torino, istituì l'apposito metodo di cura
so Scienze
tersi l'uso giovevole delle fumigazioni acide , spe^
cialiueute quelle fatle coli' acido muriatico ossigenato
( Cloro ) . Somma poi è la loro utilità per le ne-
cessarie espurgazioni dei luoghi e delle robe in-
fette. Quanto poi si disse sopra sul sotterramento con
calce viva dei piccioli animali domestici , altrettan-
to devesi praticare negli animali grossi. Che se nelle
vedute igieniche si è sopra raccomandato un foraggio
scelto e salubre , maggiormente dovrà praticarsi nella
convalescenza di quegli animali , che fortunatamente
scampassero dalla formidabile malattia. Ognuno poi
apertamente si avvede , che dopo la guai'igione non
breve dev' essere il loro riposo ; non sieno perciò sot-
toposti alle respettive fatiche , finche non abbiano ria-
cquistata la perfetta normalità.
Istituto de sordo-muti di Siena. Terzo rapporto an-
nuale del pio istituto dei sordo-muti stabilito e
mantenuto in Siena da spontanee oblazioni^ dal 1"
luglio 1830 al 30 giugno 4831. Siena 1831, 8".
Jl terzo rapporto annuale di questo pio istituto ci
è stato trasmesso dal benemerito direttore del mede-
simo , prof. Grottanelli de' Santi. Noi gli rendia-
mo grazie , per averci fatto conoscere un documento
prezioso per la storia della filantropia, il quale prova
ia uà epidemico mlcidlal morbo , che serpeggiò in un luogo
del Piemonte nel luglio ed agosto i825. Storia della morli-
fora nuxlcUUache serpeggiò fra le bestie bovine ce. Torino i^-ì"].
Istituto de sordo-muti 8t
ciò che possane ia i»rcve tempo gli sforzi di pochi
iiulivicki animati di vero zelo pel pubblico bene.
Fino al 1S28 il pietoso pensiero d'istruire i sor-
do-muti non viveva in Siena che nell' animo dell' ot-
timo padre Tommaso Pendola delle scuole pie ad-
detto ai nob. collegio Tolomei di quella citta. Egli
aveva appreso dal celebre P, Assarotti suo concitta-
dino e confratello le teorie di quell' insegnamento ,
e per circa tre anni ne aveva fatto privatamente
qualche felice applicazione consecrandovi le poche
ore , le quali sopravanzavano alle sue scolastiche cure.
Nel luglio del medesimo anno , questo religioso
animato dalle istanze di molti personaggi ragguar-
devoli per dignità e per dottrina , e sostenuto prin-
cipalmente dalla operazione del professore Stanislao
GrottancUi , formò il progetto di aprire una scuola
pe' sordo-muti , che venisse sostenuta dalla benefi-
cenza e dall' amor patrio degli abitanti di Siena. Le
oblazioni dovevono essere di due specie. 1" Elemosi-
na annuale pel corso almeno di anni cinque ; tanti
essendo presso a poco necessarj per restituire alla
società, un sordo-muto istruito. 2° Elemosina per una
sola volta onde erigere quel pio istituto. - Il P. T.
Pendola si obbligava di continuare gratuitamente a
dirigere tutto il sistema di ammaestramento ; il sordo-
muto Pandolfo del Guerra, già da qualche tempo istrui-
to, doveva, appresso giusta retribuzione, assumere parte
del pratico insegnamento; e il prof. Grottanelli, ac-
cettando la direzione economica, si ofl'riva di racco-
gliere le oblazioni , promettendo poi di dare annual-
mente conto ai contribuenti dell' introito e delle spe-
se fatte.
Si stabilivano alcune leggi fondamentali ad imi-
tazione di quelle di simili istituti di carità, esistenti
in Inghilterra ed in Francia : e queste leggi essendcì
àS Scienze
state approvate dal sovrano , fu data pubblicità al
progetto.
Non appena ammontavano a 900 lire toscane le
oblazioni annuali ottenute dalla pietà de'sanesi, che
già nel principio di agosto aprivasi l'istituto , e co-
minciava la scuola con quattro sordo-muti. Questi
non potevano gratuitamente godere che la sola istru-
zione ; ma non ancora terminava il mese , quando
Leopoldo II ordinava che dalla sua privata cassa fos-
sero passate lir. 100 al mese nelle mani del diret-
tore, coir obbligo di fondare un posto d'intiero man-
tenimento a favore di un sordo -muto , proposto dal
sovrano medesimo. L'istituto gareggiando in genero-
sita col principe fondava due altri simili posti , e le
sue rendite ascendevano sul finire di quel primo an-
no ad oltre 3000 lire. Nel secondo ar^no la scuola
contò dieci alunni , quattro de' quali vennero inte-
ramente mantenuti , mentre sei ricevettero gratuita-
mente , oltre l'istruzione , anche il vestiario.
Fino a quest' epoca que' sordo-muti , che gode-
vano dell' intero mantenimento, venivano collocati a
dozzina in famiglie diverse; ma quantunque queste fa-
cessero a gara nel ben trattare e custodire quegl' in-
felici , pure sentivasi quanto sarebbe stato desidera-
bile il poterli riunire in convitto. Questo voto è ora
adempito. La società ha acquistato a tenue prezzo, e
pagabile a rate , un locale ove sono non meno di
quarantotto camerette , e che però si può rendere ca-
pace di sopra venti alunni maschi ed altrettante fem-
mine, oltre il comodo per la scuola e per le persone
d'indispensabile assistenza , non che due botteghe ,
una delle quali di sarto , e l'altra di calzolaio , ove
gli alunni imparano questi mestieri. Nel quarto rap-
porto verrà dato il regolamento interno della casa di
convitto 9 ma frattanto il direttore economico annun-
IsTiTiTO de\sordo-muti 33
zia „ clie prenderà a manteaere per interesse di par-
ticolari quei sordo-muti che venissero presentati non
minori di anni 5 e non maggiori di anni 14 per una
lira al giorno^ tutto compreso ^^ . Speriamo che que-
sto annunzio non desterà in chi l'ascolta una steri-
le sorpresa, relativa alla economia dell' istituto , ma
che invece animerà le persone benefiche ad occupar-
si di rintracciare qualche povero sordo-muto , ed af-
fidarlo alla filantropia de' sanesi. Qnanto facile sa-
rebbe alle comunità di provvedere in siuiil guisa alla
sorte di quegli infelici , che così crescono nel loro
seno , di peso a se stessi ed alla società !
,, In un secolo in cui tanto si parla di filantro-
„ pia , non vi è altro modo di distinguere i sedicenti
„ filantropi dagli uomini animati da vero amore del
„ prossimo, che il fatto. In mezzo alla civil società,
„ nella quale gli uomini sono non di rado invitati
„ ad elargire per ostentazione , per onor della clas-
„ se , e d'altronde spesso obbligati dall'insistenza di
„ non pochi postulanti ne bisognosi, ne morali, non
„ vi è altro mezzo per meritare il nome di vero bc-
„ nefattore , fuorché il fare delle carità ragionate. -
•)-> Quegli stabilimenti per i poveri , ove chi dirige ,
„ chi assiste , non solo presta gratuitamente l'opera
„ sua, ma contribuisce del proprio ; ove ciascun e n-
„ tribucnte può entrare successivamente a far parte
„ della amministrazione, ed ha ogni anno un rendi-
„ conto , che la pubblica opinione ha dichiarato pre-
„ ciso ed esatto , saranno tra i primi a dare alla so-
„ cicta una garanzia, che l'elemosina ricevuta fu ra-
„ zionale. ,, - Così termina il rapporto economico che
abbiamo sott' occhio, e noi crediamo queste parole
degne di universale attenzione. - Intorno poi al rap-
porto intellettuale e morale , noi ci contenteremo di
dire esser per ogni modo soddisfacenti i risultali di
(i.A.T.LlI. 3
34 Scienze
«[uesto suo stabilimento , e conispoiidenti allo zelo dell'
indefesso P. T. Pendola. Noi speriamo leggere in bre-
ve neirAntologia un ragguaglio da lui medesimo sci-il-
to di quanta concerne l'opera sua , onde a quello .ri-
correranno que' nostri lettori che volessero averne pie-
na contezza ; ma giacche invoca la testimonianza di
quelle persone che visitarono l'istituto, noi con pia-
cere ne coglieremo l'occasione di dire , che avendolo
veduto ne' suoi principj , ed essendo poi recentemente
tornati a vederlo ne' suoi progressi , siamo rimasti ma-
ravigliati del suo rapido sviluppo. Nel trattenerci in
esso ci tornavano in mente quelle ore che , anni ad-
dietro , avevamo con tanto interesse passate in Genova
neir istituto del padre Assarotti . E se questo per il
numero degli alunni de' due sessi , e per il ben re-
golato convitto presentava l'aspetto d'impresa matu-
rata dal tempo ; quello di Siena dimostrava nel suo
precoce sviluppo un vigore di gioventù fecondo d'ogni
bella speranza ; quello di Genova era già coronato di
pieno successo ; quello di Siena non lasciava dub-
bioso il suo conseguimento. E se alla ricordanza del
primo univasi il mesto pensiero che colla morte del
degno vecchio che vi presiedeva potevano risultarne
per l'istituto stesso le più fatali conseguenze; la vi-
sta di quello di Siena non ispirava per contro che la
piij. ferma fiducia nell' avvenire , appoggiata non solo
alla gioventù del direttore , ma più ancora alla il-
luminata cooperazione d'un ben istituito comitato con-
servatore liberamente scelto noi seno di quella società
di benefici cittadini, la cui unione presenta in se stessa
la più bella e sicura garanzia.
35
Ètudes statistiques sur Rome etc. Studi statistici su
Roma e la parte occidentale degli stati romani ec.
del conte di Tournon prefetto del dipartimento di
Roma negli anni 1810-14. Parigi 1831. Due volumi
in 8° con un terzo di piante.
ARTICOLO I.
JLia prima considerazione che ci cadde in pensiero
nel toglierci in mano l'opera del sig. di Tournon
fu che , sebbene importantissima ella sia una statistica
di Roma e parte si ragguardevole de' dominj romani;
nondimeno debba riuscire di poca utilità, pubblica-
ta diciassette anni dapoichè fu scritta. Il Say nel
discorso preliminare all' economia politica e qual -
che altro economista posero in dubbio l'utilità delle
statistiche, allegando che s'esse sono veraci nel mo-
mento in che si scrivono, non sono però tali allor-
ché leggonsi , variando d'ora in ora gli elementi sta-
tistici. 11 Gioja però toglie sottilmente a considerare
cotesta proposizione, e spende molte pagine del di-
scorso preliminare alla sua filosofia dalla statistica a
confutarla. Egli prova con quell' immensa erudizione
ed ordinato raziocinio che lo segnala : esservi fra gli
clementi statistici, moltissimi di somma importanza,
che sono immutabili :; altri che non cangiano se con
che al volgere di più secoli ; altri , che sebben can-
giano ogni anno , non per tanto son disutili a cono-
scersi ; altri finalmente che variano ogni mese , ogni
di , anzi ogn istante : i quali tutti non si debbono
confondere [e porre cosi a fascio , dichiarandoli as-
solutamente inutili. Cotesto ragionamento del Gioja può
3*
36 Scienze
servire in gran parte di difesa alla tarda pubblica-
zione dello scritto fraaccse : che noi però ci tenghia-
mo carissimo; perchè quasi unico in questo genere di
studi sulle cose nostre. Imperocché sebbene v'abbia
dovizia d'opere sulla città eterna quanto a'suoi mo-
numenti antichi e moderni , musei , statue , pitture ,
ceremonie ecclesiastiche, pratiche della sua curia ed
altrettali cose: nondimeno v' ha gran difetto di iscritti
in ciò che spetta la produzione , l'industria , il com-
mercio, l'amministrazione ed i pubblici stabilimenti. Il
sig. di Tournon si adoperò di riempiere questa la-
guna. Egli, stato prefetto dal dipartimento romano a
tempo dell'impero francese, studiò l'indole de' popoli
che gli erano aflidati , e le sue considerazioni assai
volte profonde faimo conoscere eh' è cosa molto utile
udir lezioni da' filosofi pratici. Nuovo argomento di
stima e di gratitudine è l'aver lui scritto di noi con
verità ed amore : non come pur troppo sogliono molti
stranieri che male istrutti della nostra lingua cor-
rendo in poche settimane dalle Alpi al Lilibeo , gui-
dati per lo più non da altri che da qualche igno-
rante famiglio, tornano in patria , scrivono di noi per
lo più cose false ed assai volto ingiuriose. Il sig. di
Tournon , in quattr' anni che fu tra noi , ebbe agio di
conoscere addentro le nostre cose e ne scrisse con
quella schiettezza che è propria di un saggio osserva-
tore.
Conosciuto lo spirito che animò la penna dal sig. di
Tournon ( cosa importantissima a volere ben giudi-
care d'uno scrittore) diremo ch'egli part\ la sua opera
in cinque libri. Nel primo trattò la topografia , e fece
una descrizione di tutto il territorio che comprendeva
il dipartimento di Roma, noverandove la forza e lu
popolazione. Nel secondo discorse la cultura di que-
sto paese, i prodotti e le spese. Nel terzo tolse a con-
Statìstica di Roma 37
siderare ritiduslria e il commercio. Nel rjnnrlo il gover-
no , rammiiiistrazion della giustizia, la polizia, gl'isti-
tuti pubblici. Nel quinto finalmente disse delle stra-
de , de' ponti , degli acquedotti e di tutti i lavori ese-
guiti e disegnati dall' amniinistiazion francese. IVoi
renderemo brevemente conto delle cose più princi-
pali , che leggonsi in questi studi statistici.
L'antico dipartimento di Roma occupava gran tratto
dell' Italia centrale. Esso avea per limiti la Toscana ,
l'Umbria, il regno di Napoli ed il mare. Abbraccia-
va sei delle attuali provincie dello stato pontificio: cioè
Roma e sua coraarca , la legazion di Velletri ossia la
Marittima, le delegazioni di Prosinone, ossia campagna ,
di Rieti ossia Sabina , di Viterbo e Civitavecchia ossia
il patrimonio di S. Pietro. Questo vasto paese si com-
prende fra i 42" 45' 23" e 4r 18' e U di latitudine
settentrionale: fra i 29° 28' 40" e di 30° 54' 27" di lon ■
gitudine orientale, fissando il primo meridiano all' iso-
la del Ferro. Roma è pressoché nel centro di questa re-
gione che si stende in forma di un quadrilatero allunga-
to cioè sotto il 41'° 53', 54" di latitudine, e 30°, 9', 30"
di longitudine. La maggior lunghezza da S. Lorenzo
a Terracina sono miglia ISOè di 14, 1 a grado, e la
maggior larghezza da Civitavecchia ai confini napo-
letani 69 miglia. La total superficie 6000 miglia qua-
drate, o rubbia 736 , 000 : della quale parte è mon-
tuosa , parte è piana
La montuosa si compone di rocce vulcaniche e
calcaree. Imperocché calcarei sono gli Appennini che
corrono paralleli alla riva del mare, e partiscono lo
stato della chiesa del regno di Napoli: o calcarei sono
1 monti Lepini che si distendono nella medesima di-
rezione: laddove vulcanici sono i monti Cimini che dal
mare si diligono verso gli Appennini, non che i monti
Albani quasi loro paralleli. Quindi l'A. divide il paese
38 Scienze
di clie tratta in tre vasti bacini, ed in altrettanto vallate.
Il primo al nord determinato dalla Toscana , dai monti
Gimini, dal Tevere e dal mare, ed ha per. scolo il lago
di Bolsena ed il fiumicello Marta : il secondo nel centro ,
che ha per limiti j Cimini gli Albani gli Appennini ed
il mare : ov' è per iscolatorc il Tevere : il terzo a
mezzogiorno fra gli Albani i Lepini ed il mare, ove
sono le paludi pontine. Le tre vallate son quelle del
Sacco , dell' Aniene e della Nera.
Il bacino sottentrionale ha il lago di Bolsena,
cir è il più vasto recipiente di questa parte dello stato
pontificio, ed occupa colle sue acque 8620 rubbia d'esten-
sione. Esso ha d' intorno boschi e terreni diligente-
mente coltivati. Dalle sue acque s'alzano due isole abi-
tate , cioè quella di Marta e la Bisentina ove nel 535
fu esiliata e morì, per ordine del secondo suo sposo
Teodato , la regina de' goti Amalasunta figlia del gran
Teodorico e madre di Atalarico- Il lago porge ot-
tima pescagione segnatamente di anguille d'una gros-
sezza singolare e gustosissime. Il fiumicello Marta
ne porta al mare le acque dopo un corso di i3 le-
ghe e mezzo. Bolsena è posta sul lago del suo nome
in luogo forte, già Vulsinio , citta principalissima dell'
Etruria , ricca e popolosa. Il piacere che si ha nella
veduta bellissima del lago e delle pianure e monta-
gne, che s'alternano in variatissima maniera dove bo*
schive , dove coperte d'oliveti e di vigne, viene in-
torbidato dal pensiero che que' luoghi sieno nell' estate
assai malsani segnatamente nelleparti piiì basse- S. Lo-
renzo nuovo, villaggio posto sul confine dello stalo in
luogo elevato , fu costrutto dai fondamenti per opera del
pontefice Pio VI, onde trasportarvi tutti gli abitanti
di S. Lorenzo Vecchio che perivano per la mal' aria
della valle. Il slg. di Tournon dice che l'istoria di
questa borgata onora quel pontefice assai più che qua-
SfATisTicA DI Roma 30
lunqiie arco trionfale : essa è ini monumento eterno
della sua beneficenza, il quale innalzasi sulla soglia rae-
desìna di quegli stati che resse. La via , dopo S. Lo-
renzo, si ricopre d'un ghiaja vulcanica detta rapillo che
assorbe facilmente Tumidita e da scolo alle acque. Essa
abbonda in queste contrade ed è attissima a ben con-
servare le viei
Nel centro del bacino sopra un cono vulcanico
e Montefìascone ^ 1' antico Falisco. La cupola della
Sua catedrale , che torreggia altissima, scernesi per lun-
go tratto. I bevitori di vino vi si fermano assai vo-
lentieri, poiché ne produce di squisitissimo. Sulla som-
ini là di questo monte vedesi attorno attorno l'antica
Etruria. AH' oriente di Montefìascone in piano argillo-
so e locata Bagnorea. Capo di monte è sopra un pro-
montorio assai pittoresco non lungi dal iiumicello Mar-
ta* Valentani è anch' egli posto sopra vnia eminenza
presso la Toscana : all' occidente di Valentano sten^
desi un piano vulcanico arido e petroso. Canino sorge
ove la pianura stendesi verso il mare: e cotesta pia-
nura, tagliata del fiumicello Fiova, è tutta tristissima
per l'aria malvagia. La porzione che si comprende
nella Toscana ha il medesimo aspetto , la medesima
mancanza di abitanti , la medesima cultura : tanto è
vero che le medesime cause producono i medesimi effetti.
Ciò che il sig. di Tournon ha voluto appositamente
notare i perchè non si creda cosi di leggeri ad alcuni
viaggiatori, i quali quanto innalzano l'aniministrazion
toscana , altrettanto deprimono la nostra. Ch' essi per-
corrano le maremme di Grossetto e di Volterra, e ci di-
cano in che mai si deffercnziano delle romane.
Sulla Fiora , che ha circa trentacinque miglia di
corso, è fabbricata Mantalto la quale offerisce alle
greggi ottimi pascoli invernali. Toscanella è sulla Mal-
te nel mezzo di ricco territorio , munita di torri e for-
40 Scienze
tificazioni. Immensi vantaggi essa ritrancbbe dal ren-
der navigabile quel fiume. Corneto di la della Marta
giace nel mezzo di una grande e variata cultura , e
secondo l'A. sarebbe esso il luogo piiì opportuno a
studiar bene la nostra maniera di coltivazione si poco
conosciuta. Fra Corneto e il mare sono le saline, che
forniscono gran parte di tale al consumo delle pro-
vincie che descriviamo. Il sale s'imbarca in un pic-
colo porto chiamato dementino^ difeso da un raolo.
II rimanente dellas piaggia ha tratto tratto alquante torri
ben solide , ove sono uno o due pezzi di cannone ed
alcuni soldati di guarnigione per assicurar la costa dalle
incursioni barbariche. Cotesti luoghi erano abitati da'
Tarquinj , popoli etruschi di cui sono stati scoperti mo-
numenti importantissimi, già descritti negli Annali dell'
istituto di corrispondenza archeologica non ha molto
fondata in Roma. Andando da Corneto verso le monta-
gne havvi Monte romano , villaggio recentemente for-
mato sopra una vasta proprietà di S. Spirito che man-
dò ad abitarlo una piccola colonia di projetti.
A piedi del Cimino è costrutto Viterbo sopra un
terreno rapidamente inclinato verso sottentrione , citta
ne' bassi tempi molto ragguardevole. Vi fiorisce la cnl-
cultura delle vite e degli olivi , non che qualche fab-
brica di panni. Bagna] a è a piccol tratto da Viter-
bo verso la parte orientale del bacino. Soriano, ap-
partenente alle famiglie Albani, è locato sul princi-
pio della pianura attorno un masso di rocce isolate.
Dal pendio del Cimino col Tevere il piano è argil-
loso , poco fertile e coperto di boschi. Fra i molti vil-
laggi di questa contrada è notabile Vitorchiano che
in premio di sua fedeltà col popolo romano ha il pri-
vilegio di dare al senato quc' famigli che chiamansi
fedeli del campidoglio.
lì bacino centrale si suddivide doli' k. in parto
Statistica di Roma 41
occidentale o riva dritta del Tevere , in orientale o
riva sinistra.
Il bacino del lago di Bolsena fin qui descritto è
separato da quello del Tevere per mezzo del monte Ci-
mino. Giunto il viaggiatore sul Cimino , portando il
guardo verso il mezzogiorno, vede attraverso degli al-
beri che coprono la montagna il Lazio la Sabina i
colli Algidi ed Albani , tutto insomma il paese che
per cinque secoli fu insanguinato dalle vittorie ro-
mane. La via percorre i fianchi della montagna. Il
lago di Vico già Cimino è uno de' molti scolatoi di
questa contrada. Un Farnese duca di Castro e Ron-
ciglione aperse un emissario che mena in una valle
le sue acque soprabbondanti, ne mantiene il pelo uguale
e produce una forza motrice assai notabile. I terreni
della valle presentano una cultura floridissima. Non pun-
to dissimile è la cultura del territorio de' Ronciglio-
ne , abbellita dalla potenza di Farnesi suoi duchi. Il
borgo di Caprarola è famosissimo pel gran palazzo pen-
tagono del Vignola. I villaggi di Canapino, Valerano,
Carbognano fino a Vignanello sono in suolo fertile e
coltivato. Ma da Vignanello in poi l'aria malsana spo-
pola e diserta le campagne. In questo piano v' han-
no Bassauo , Bassanello , Gallese , Cerchiano ed Orte
posto la dove il Tevere divien navigabile. Seguitan-
do la riva destra del Tevere godesi il vario aspetto
della valle della Nera che si apre fra i monti dell*
Umbria , e quindi i bei colli ove siedono Otricoli,
Magliano, Calvi. Da ultima è la pianura cui frammezzo
scorre il Tevere. Principal montagna di essa è il Solat-
ie alto dal livello del mare 760 metri, il cui noc-
ciolo è calcareo. Nella pianura a mezzodi del Sjrattc
evvi Sant-Oreste, Rignano, Givitella S. Paolo.- all' orien-
te presso il Tevere , Nazzano , Torrita , Filaciano e
Pongano , all' occidente Calcata e Stabbia. Appresso
U2 Scienza
e Morlupo e Castclnuovo di Porto e più vicino al
fiume il villaggio di Piano. Givitacastellana è ben co^
strutta sopra una rocca vulcanica : ha mura alte da dieci
a dodici metri, ed è naturalmente difesa da una lar-
ga e profonda fossa. Essa fu l'acropoli di Faleria. Ne-
pi, or piccola citta, già importante citta della con-
federazione etrusca , è anch' essa posta sopra un' emi-
nenza. Monterosi è l'estrema fimbria della catena de'
Ciminl. A due leghe è Sutri dove rimane un anfiteatro
cavato nella roccia vulcanica. Al sottentrione di Su-
tri, posti sulla estrema fimbria cimina', sono Viano,
Capranica , Barbcrano e più a basso in bella vallate
Bassan di Sutri. Oriolo della famiglia Alieri è me-
desimamente locato sopra vaga pianura. A piccola di-
stanza da Oriolo è Monte Virginio, termine dei Ciraini.
Quivi finisce la piccola cultura ed incomincia quella
de'lati fondi. Imperocché , coni' è naturale , dove l'aria
malvagia uccide la popolazione non possono prospe-
rare ne le vigne ne gli oliveti.
Il lago di Bracciano, che giace presso il castello
di questo nome , fu dagli antichi detto sabatino- Esso
ha ventidue miglia di circonferenza , una superficie
di 2,T00 rubbia, e le sue rive s'innalzano sul mare
di 145 metri. Ha le acque poco profonde e nutrisce
una numerosa schiera di pesci , fra' quali son repu-
tate assai le anguille. In questo torno è Anguillara.
II fiumicello Arrone, che scorrendo cotesto tratto di
paese va a metter foce nel terreno fra Palo e Mac-
carese , quando si rendesse navigabile ne sviluppe-
rebbe a meraviglia la cultura e l'industria. Dirigendo-
si a mezzodì , scorgousi valloni profondi infra rocce
vulcaniche coperte da rade boscaglie. Un altro Ia-
go era a Baccano , dieciotto miglia da Roma , che
cagionando morti per le sue pestifere esalazioni , fu
da papa Alessandro VII, incanalato nel ruscello della
Statistica di Roma 43
Valca , che glttasi nel Tevere. A Baccano raggiun-
gesi la via Cassia che mena di qui alla Storta. Non
lungi sopra collina naturalmente forte era Vejo, gran
rivale di Roma , la cui positura fu accertata dagli
scavi fatti per i sigg. Giorgi nel ISIO. Seguitando
la via, ove la valle del Tevere più si dilata, sorgesi
Roma da' sette colli. Vedi il monte Mario coronato
di cipressi, e le foreste e i pini delle ville Borghesi
e Parafili : vedi torri , campanili, palagi, cupole fra
le quali spiccasi suhliraissima la vaticana, d'onde trion-
fante innalzasi sulla citta de' Cesari la croce di Ge-
sù Cristo. Alla destra del Tevere è il monte Mario
alto 146 metri di formazione marina ; siccome mani-
festasi dalle molte conchiglie a diversi strati ritro-
vate. Esso determina a settentrione la vallata del Te-
vere. Quella parte di tal vallata che giace a libec-
cio del colle appellasi f^al et Inferno : quivi è che
l'amministrazion francese disegnava un campo santo,
onde purgare i tempj dal fetor de' cadaveri. Traver-
sata la f^al d'Inferno sorgono i colli Vaticano e Gia-
nicolo, e quello spazio che Leon IH nell' anno 848
cinse di mura perchè il sepolcro di S. Pietro fosse
difeso dalle incursioni saracine. Entrasi quinci nell'
Amelia , antica via consolare , che trapassa le più
vaghe e pingui tenute della campagna romana , fra
le quali è notabile l'immenso e fertile castel di Gui-
do , proprietà di S. Spirito , Palidoro che medesima-
mente gli appartiene, e Torrimpietra della famiglia
Falconieri. Abbandonando alquanto l'Aurclia vassi a
Ceri terra degli Odcscalchi, ed a Cerveteri feudo de'Ru-
sj)oli. Da Cerveteri il suolo s'innalza bruscamente a
settentrione, e foggiasi in coni separati da larghe e
profonde vallate. Sopra un di questi coni è il borgo
della Tolfa, e dappoi rAllumiere, ove molte centi-
naja d'uomini travagliano all' escavazion dell' allume,
44 Scienze
noto in commercio col nome di allume romano. Siit
mare è Civitaveccliia piccola ma graziosa e commer-
ciante citta , posta la dove era Centum Cellae de-
lizia dell' imperator Trajano , che vi fé' costruire un
porto. Seguendo la costa del mare evvi S. Marinella,
anticamente Castrum Noviim., S. Severa Pjrgos, Palo,
Alsium., e Maccarese tutti luoghi assai pingui , ma
però insalubri. A Palo vengono meno le colline della
Tolfa ed incomincia un suolo formato dai depositi
del Tevere. Cotesto fiume nato dalle montagne tosca-
ne, dopo aver corso una via di 150 miglia con acque
torbide e lente, compartesi in due branche, che la-
sciano di mezzo un' isola , chiamata sacra. Il brac-
cio destro o boreale sia formato dalla natura , sia dall'
arte , è solo navigabile : imperatori e papi vi trava-
gliarono , poiché egli è un canale importantissimo pel
commercio di Roma. Le rive , ove scaricasi nel ma-
re, vanno continuamente distendendosi, tantoché le tor-
ri, che non ha molto erano sul mare, ora vi sono
discoste di qualche centinajo di metri. Fiumicino ,
villaggio recentemente costrutto, è sulla destra bran-
ca navigabile : Ostia sulla sinistra : Porto h più ad-
dentro dalla parte di Fiumicino.
Descritta la riva destra del Tevere, procede l'A.
alla manca ossia orientale.
Uscendo la porta S. Paolo di Roma percorresi la
via Ostiense, e si giunge appunto all' antica Ostia, do-
ve Anco Marzio fondò un porto , restaurato da Clau-
dio , a])bandonato affatto dopoché Trajano formò l'al-
tro sul braccio destro del fiume. Oggi Ostia si abita
da poche e miserabili famiglie. Vicin d'Ostia è Ca-
stel Fusano de' Chigi : in questo torno furono già Fi-
cana e Tellena soggiogate da Anco Marzio. Appres-
so Pratica e la foresta già sacra ad Enea, terminata
dal Numico or futm£ torto., che separava i Uuloli du'
Statistica, di Rom\ 45
Laureati. Di la dal fiumicello e Ardea, posta su co-
no vulcanico già metropoli de' Rutoli, or piccolo vil-
laggio. Lasciando il mare e dirigendosi ai colli al-
bani torna a godersi il vago aspetto di vigne ed oli-
veti, ed uno suolo ben coltivato che ti rinfranca dalla
monotonia della bassa campagna. Quivi hai TAricia
che alzasi a lato di vaghissima pianura : quivi Gen-
sano che con Nemi coronano il lago di Diana : qui-
vi Albano , castel Gandolfo , Marino attorno all' al-
tro lago , sul quale sovrasta il monte Albano per 930
metri elevato sul mare. Dal monte Albano oltre i
luoghi già detti scorgi dove su colli, dove in pianu-
ra Frascati, Rocca di Papa, i Monti Compatri e Por-
zio , Rocca Priora e tutto quanto quel paese che gli
antichi chiamarono Lazio. Il lago Albano, che s'in-
nalza sul livello del mare 306 metri, è notabile per
Y emissario aperto da' romani attraverso del monte Tan-
no 336 : opera che dopo 23 secoli attesta il poten-
te volere di quel gran popolo. Tutto questo tratto
di paese è vulcanico. Dalla Colonna , che giace suU*
estrema punta di queste rocce, scendesi al piano, ed
incontransi i villaggi di Lugnano e Zagarolo: e quin-
di sopra un suolo, che gradatamente estollesi verso
l'oriente , Palcstrina in luogo sterile di prodotti, ma
ricco d'anticaglie. Presso Palestrina è Poli, Della Ca-
tena e Monte Spaccato notabile per due crepature ,
delle quali una è larga un metro e profonda cento
metri. Procedendo da cotesti luoghi giungesi all' Anie-
ne, che si passa d'aprcsso Tivoli sul ponte Lucano co-
si detto, perchè costrutto da M. Plauzio Lucano un
secolo innanzi Cristo. La riva destra dell' Aniene o
Teverone distendesi in un piano vasto ed arido che
fornisce da molti secoli alle fabbriche romane il tra-
vertino , prodotto di depositi calcarei d'acqua dolce.
Alquanti laghetti solforosi occupano qua e là cotesto
AB Scienze
spazio le loro acque appellate albulae : dagli an-
tichi si tennero per medicinali , ma or non si repu-
tano tali. Di la del canale delle albule la pianura ,
attraversata dalla via romana , è tutt' arida ed infe-
conda. L'Aniene si trapassa piiì presso Roma sopra
im ponte , che tolse il nome da Mammea madre di
Alessandro Severo.
Dopo il ponte Lucano siamo in Sabina. Monti-
celli , S, Angelo , monte Gennaro e la grossa terra
di Palombara si presentano i primi da questo lato.
Ma indarno vi cerchi Curi l'antica metropoli della Sa-
tina , i cni abitanti Virgilio chiama prisci quiritest
il povero borgo di Garrese ne tiene forse il luogo.
La Sabina ha un' indole tutta propria cosi negli abi-
tanti , come nel suolo : vi vedi una singolare atti-
vita , variata cultura , paesi disseminati or su punte
adunche , or su coste allargate , ora in valli profon-
de : ma da per tutto olivo , vite , granaglie. Monte
Rotondo , Poggio Mirteto , Magliano meritano parti-
colar considerazione.
Il bacino meridionale o delle paludi pontine è
limitato a borea dai monti albani , algidi ed arterai-
sii, a levante dai lepini , a ponente e mezzodì dalle
frontiere napoletane e dal mare. Questo paese, abitalo
dai volsci, è nella sua lunghezza tagliato dall'Appia
famosissima via consolare.
Velletri, difesa a nord dal verdeggiante Artemi-
sio, è citta principalissima in questa contrada tutta
piantata di vigne. Civitalavinia, parimenti ferace di
vini, è a piccolo tratto da VcUctri. Dappresso e Ci-
sterna , villaggio malinconico : il cui territorio a mez-
zodì è piano argilloso e soventi volte coperto d'acque.
I due Vasti lenimenti di Campomorto e Conca oc-
cupano un ampio tratto assai fertile , ma intristito
dall' aria malvagia. Di la da una foresta , in suolo
Statistica di Roma , 47
ineguale e di languida vegetazione e Porto d'Anzo con
piccolo molo fabbricato da Innocenzo XII : stazione
che sareJiòe importantissima, perchè la sola che si ab-
bia fra Gaeta e Civitavecchia , dalle quali dista egual-
mente. Nettuno è a due miglia da Porto d'Anzo. Se-
guitando la sponda del mare , dopo Astura trovasi una
catena di laghi , de' quali il primo e più vasto chia-
masi di Fogliano, che ha 12,000 metri di circon-
ferenza. Appresso le paludi innalzasi per 52T metri sul
luare il promontorio Circeo di singoiar formazione con
ampie e profonde caverne. Sul fianco d'un masso vul-
canico è locata Terracina con piccolo porto. Lascian-
do il mare e salendo verso le montagne, trovaiisi nu-
merosi villaggi posti in luoghi eminenti e quindi d'aria
meno impura. Tali sono Maenza , Rocca-gorga , Roc-
CB'Secca, Luoghi ancor più considerevoli son Piperno ,
Prossedi , Sezze , Cori, Sermoneta, coronati d'altri bor-
ghi minori , sventuratamente spesso infestati da'ladroni.
Dopo aver descritto l'A i tre divisati bacini set-
tentrionale , centrale, e meridionale , passa a dire delle
tre grandi vallate del Sacco , dell' Aniene e della Nera.
Noi però avendo forse soverchiamente abusato della
pazienza de* nostri lettori con diffonderci fin qui in
troppo particolari, tralasceremo di leggieri quanto con-
cerne le tre vallate anzidette , contentandoci di nomi-
narne semplicemente le città e borgate principali ,
onde far passaggio ad un altro subietto importan-
tissimo di cotesto primo libro, eh' è la popolazione,
t La valle del Sacco fsi estende da Lugnano fino
a Coprano , e contiene Valmontone , Paliano , Feren-
tino , Frosinone , Veroli , Alatri , Segni ed Anagni.
La valle dell' Aniene corre dalle montagne di Fi-
lettino fino là dove quel fiume tragittasi sul ponte
Lugano : e racchiude Subiaco , Vicovaro, Finalraen-
Ic la vallo della Nera e del Velino ha Rieti , Ter-
ni e Narni.
48 Scienze
Fin qui ha l'A. descritto con isquisita tUligen-
za il paese oggetto de' suoi studj , allargandosi an-
cora in cose isteriche ed antiquarie , le quali a tutto
rigore non apparterrebbero ad una statistica , ma che
pur sempre è bello il rammentare.. Un capitolo con-
sacra quindi alle variazioni ractereologiche , cui vanno
soggette le provincie descritte : ed un altro ad indagare
le cagioni del terribile flagello della mal' aria , che ne
diserta cosi gran tratto. Descritto lo spazio de'produtli
procede egli a considerare la forza che se gii procac-
cia , ossia la popolazione: ed ancora in questa parte
ama l'A. di spingere le sue osservazioni fino ai più
remoti tempi , incominciando dall' indagare qual fosse
la popolazione di queste nostre province innanzi la
fondazion di Roma. Egli sulla scorta del Micali, del
Durcan, de la Malie , e del Niebuhr opina che in-
nanzi la dominazion romana , gli Etruschi , i Sabini
ed i Latini , tre grandi confederazioni che abitava-
no questo tratto dell' Italia centrale , fossero popo-
lose , industriose e felici. Infatti ebbero esse nel me-
desimo tempo ben ccncinquanta citta o luoghi forti-
ficati, come deducesì da' grandi avanzi, che ancor veg-
gonsi , di mura , recinti , necropoli ed opere pubbli-
che di tanta lena da non potersi eseguire se non che
da società popolosissime. Ai monumenti si aggiun-
gono, per provar questo vero, le testimonianze degli
antichi scrittori. Tutto in que' tempi remotissimi fa-
voriva la propagazione : i costumi semplici ; la pò- j
chezza de' Ijisogni ; la cultura de' campi comune a
tutte le classi ; lo stato politico , poiché que' po-
poli reggevansi a comune con proprie leggi ed usi ,
e formavano medesimamente un'alleanza a protezione a
difesa di tutti -
Un pugno di fuorusciti raunatisi sul Palatino ven-
ne per ismania di conquista a turbar tale felicita ed
STATL-jncA DI Roma 49
ìspopolare con accanite guerre queste contrade. Seb-
bene la popolazione scemasse dopo questa calamità ,
nondimeno Cssa rimane a tale da recarne ancor me-
raviglia. Abbiamo un prezioso monumento del 278
di Roma che fa ammontare gli abitanti di essa e delle
sue colonie a 440,000. La potenza di Roma allora
si restringeva fra il Tevere, i primi monti Sabini e gli
Albani. Ora gli Etruschi possedevano un territorio an-
cor più vasto fra il Tevere, il mare, la Fiora e la
Paglia , cui devesi aggiungere lo spazio tenuto dai
Volsci , da' Sabini, dagli Equi , dagli Ernici e dagli
Umbri : popoli tutti che ancor viveano liberi, cosic-
ché le Provincie che c'intertengono contenevano per
lo meno un milion d'anime. Il censo del 296 can-
gia di poco questo stato. Ma quando Roma , debel-
lati i popoli vicini , incominciò ad estendere il suo
impero su tutta Italia e poi sul mondo , il lusso che
si mise nella classe piiì agiata de' cittadini cangiò il
territorio più prossimo colla capitale in pascoli , in
viva] , in boscaglie ; venne meno la minuta cultura e
quindi la popolazione. Seguitarono poi le guerre ci-
vili, e l'Italia che nell' anno 529 contava 750,000 ma-
schi dai diciassette a sessant' anni, nell' anno T08 non
ne contò più che 450,000. Le sanguinose battaglie,
le usure eccessive de' ricchi , il lusso smodato , il di-
sgusto delle nozze , i corrotti costumi contribuirono
a vieppiù diminuir la popolazione. Cotesto scemamente
toccò l'ultimo grado , allorché Costantino recò l'im-
pero a Bisanzio.
Non abbiamo alcun monumento per determinare
la popolazione di Roma e delle sue vicinanze dopo
quest' epoca. Certamente eh' essa non potea prosperare
fra i perpetui combattimenti de' duchi di Benevento
e di Spoleto , degl' imperatori e de' papi , fra le di-
struzioni de' Saraceni e de' Normanni. Dojìo qua' lem-
G.A.T.LII. 4
so Scienze
pi calamitosi il primo documento che leggasi è del 1198
sotto il pontefice Innocenzo III che ci dice Roma po-
polata di sole 35,000 anime. Queste ancora sminuiro-
no a 17,000, allorché la santa Sede fu traslocata in
Avignone. Le citta di provincia eran quasi vuote d'abi-
tatori : Ostia e Porto erano disparse , le mura di Tu-
scolo e di Tivoli rovinale : solo Viterbo scrLavasi iu
qualche fiore, e rivaleggiava con Roma. Dopo il ritor-
no de' Papi nel 377 incominciò Rora^ ad accrescersi
d'abitanti, e il felice progredimento fu solo interrot-
to dalle inquietudini de' baroni e dalla discesa de' fran-
cesi contro Napoli. Quando Leon X teneva il pon-
tificato Roma racchiudeva 60,000 abitanti : ma il sac-
cheggio avvenuto sotto Carlo V ridussela a 33,000.
Dopo questa sciaura la popolazione andò gradatamente
crescendo, massime allorché Sisto V distruggendo i
ladroni che infestavano le campagne , sminuendo il
potere feudale , e rendendo a tutti egual giustizia , in-
coraggiò l'agricoltura, e meritò il nome di restauratore
della pubblica tranquillità. Sul finir del secolo se-
stodecimo Roma accoglieva 138,000 abitatori, ed au-
mentò in popolazione sino al 1 790 , in die se ne no-
verarono 165,000, Ma il cangiamento di governo ,
l'invasion francese e l'esilio di Pio VI ritornarono la
popolazione a 135,000 individui. Nel 1809 , quan-
do Pio VII fu strappato dal suo trono, erasi scemata
a 123,000. Sotto l'amrainistrazion francese la popola-
zione non ebbe alcun movimento : però renduto il
pontefice tornò ad aumentarsi, ed ora conta 150,000
abitanti.
La popolazione di tutto il dipartimento nel 1812
era di 530,000 individui , de' quali 285,009 viventi
ili citta e borghi contenenti sopra i 3,000 abitan-
ti ; 245,000 nelle campagne. L'A. non comparte que-
5ta popolazione secondo l'eia , il sesso , gli stati ci-
Statistica di Roma 51
vili e sociali , ma rapporta invece alcune tavole tol-
te dal saggio statistico di Gabriele Galindri , ove si di-
vidono in classi tutti gli abitanti dello stato papale.
Queste sono le principali cose discorse dal be-
nemerito sig. di Tournan nel primo libro de' suoi
studi statistici. Terremo ragionamento degli altri nel
prossimo fascicolo.
Ab. C. L. MoRiciiiNi
52
LETTERATURA
Commentario della vita di Pio Vili P. M. scritto
in latino da monsignor Gio. Benedetto de conti
Folicaldi. Roma 1832.
A S. E. REVERENDISSIMA.
MONSIGNOR FOLICALDI.
G. I. MONTANARI.
T
anto mi è giunto grato il bel dono che le è pia-
ciuto farmi del commentario latino scritto da lei a
memoria e lode di Pio Vili di santa memoria , che
io non ho parole per ringraziamela degnamente. Solo
per mostrarle che sono riconoscente , le presento la
traduzione che io ne ho fatta, la quale all' E. V. Rma
intitolo e consacro. Se le piacerà accoglierla con quel-
la gentilezza che è da lei , e con cui suole ricevere
tutte le cose mie, io l'avrò per sommo favore. In
frattanto le bacio le mani , e me le raccomando.
Di Sa vignano 25 aprile 1832.
Commentario di Pio Vili 53
COMMENTARIO.
Nemo parum din vixit qui virtutis
perfectae perfecto functus est munere.
Gin.
Penso che i più si ammireranno, che io sfornito
come sono d'ingegno abbia stabilito di porre in lu-
ce , e fare di pubblica ragione un coraentarietto trop-
po lieve in vero , e non acconcio abbastanza alle lo-
di di Pio Vili. Che descrivere i fatti degli uomini som-
mi e solo da chi possiede fior di favella e di eloquen^
za : e ben mi so che nel celebrare que' magnanimi ,
che tutt* altri di gran lunga avanzarono , ed hanno
fama che vive e si stende per l'universo, abbisogna
di tali scritture , nelle quali nulla si abbia a desi-
derare 0 d'arte o d'ingegno.
Ma perchè non tutti sanno porgersi begli scrit-
tori , ne io ci valgo a farla da oratore , piacemi che
questo comentariuccio , qual eh' egli siasi , sebbene
non dipinto de' colori del bel favellare , mostri l'ani-
mo mio tutto devoto alla memoria di quel grandis-
simo pontefice , ed alla santa sedia apostolica.
Correva l'anno della fruttifera incarnazione 1761
fortunatissimo alla divina sposa di Cristo, perchè il 20
di novembre di Carlo Castiglioiii cingolese , e di San-
sia Ghisilieri osimana nasceva Francesco Saverio , cui
la provvidenza superna aveva fatto diseguo di aggiun-
gere alla schiera de' venerabili successori di Pietro in
Vaticano , e quindi aveva fornito di quante virtù con-
venivano a tanta altezza. Ben conoscevano i genitori
di lui, chiari per nobiltà di sangue e per pietà, che
a' figliuoli era d'uopo più che di ricchezze far tcsoio
di onestà , di gentili costumi , e di umana e divina
54 Letteratura
scienza , onde abbiano a crescere , non tanto a pro-
prio bene , quanto di tutta la società : e però niun
conforto mancò alla fanciullezza del figliuolo. E ben
si piacquero essi conoscendolo, fin da' primi anni, tut-
to ingegno e bontà , e più e più adoperarono per col-
tivare questa pianticella della quale bellissimi frutti
s'impromettevano .
Ne a Francesco Saverio sarebbe elogio bastevole
il chiamarlo erede della dignità e delle virtù di
Celestino IV Casti glioni , e di S. Pio V. Ghisilieri
suoi antenati : perocché verrei con questo mostrando
eh' egli scendeva di generosa gente , il che non a
merito , ma a fortuna vuoisi maglio riputare. Se non
abbiasi a dire che Iddio desse lui tali antenati per-
chè si componesse allo specchio delle virtù e digni-
tà loro. Più degno di memoria è quanto segue.
Poiché il Castiglioni fu uscito della puerizia, e
di que* primi studi di che si suol ristaurare l'età pue-
rile , nel fioritissimo collegio d'Osimo diede prova
solenne di quanto ave^^a imparato. Poi levata la men-
te a più sublimi discipline, entrò alunno al collegio
di Montalto , che la splendida munificenza di Sisto V
pose a comodo della gioventù marchigiana , e tanto
di ricchezze e di eruditissimi professori il provide ,
che i cittadini n'ebbero allegrezza e maraviglia.
Bologna, quasi presaga della futura gloria del Ca-
stiglioni, miravalo con lieto viso intendere agli ardui
domrai della filosofia , della morale e della teologia,
poi alla scienza dell' uno o dell' altro diritto , svol-
gere giorno e notte libri di storia sacra e profana.
Nè questo bastargli : ma preso alla dolcezza dell'idio-
ma nativo, non si cessare da fatica per bene appren-
derlo , e desiderare pur anche di gustare alcun po-
co delle favelle straniere. Però e che con tanta di-
ligenza apprese la greca e la romana archeologia , che
Comme;<tario di Pio Vili 55
di ciò gli venne moltissiiua fama. E maraviglia con
nuanta candidezza d'animo si diportasse coi coetanei,
e cominciasse ad avanzarli tutti per lode d'ingegno.
Compiè infatti con tanto successo i piiì nobili stu-
di delle arti e delle scienze lodate , da destare di se
in tutti grande aspettazione. Colti questi primi frut-
ti dalle lettere , prese la laurea dottorale , e recos-
si a Roma , ove glk la fama era precorsa al suo
arrivo.
Le accademie di storia ecclesiastica e de' con-
cilj , che di quo' tempi erano in fiore instituite dal-
la dotta mente di Benedetto XIV , il quale già da
alcuni anni sedeva a capo della cristiana repubbli-
ca, accolsero il Castiglioni, e l'ebbero suo; dal che
venne poi che in opere piene di pericolo avesse egli
a dar prove di quella somma dottrina , della quale
gi'a Roma maestra delle cattoliche verità piii che mol-
to si lodava.
Guerra di sterminio minacciava alla ecclesiasti-
ca disciplina e alla fede il sinodo di Pistoia , il
quale involto in tenebroso velo spargea massime per-
niciosissime alla cristianità. Mettevasi in guardia Pio
VI , che allora teneva in terra lo scettro e le ve-
ci di Cristo , e preparava armi ad allontanare ta-
le peste dalla sua greggia. Chiamava vescovi da tut-
te parti , e sceltissimi teologi , i quali da valorosi
combattessero con lui , e portassero de' nemici me-
moranda vittoria. Infra questi pastori spiccava prin-
cipalmente la somma dottrina di Felice de Paoli che
prima la chiosa di Fossombronc, poi quella di Ana-
gni e di Loreto resse ed illustrò. Uomo perspicacis-
simo. Fissava gli occhi a chi gli veniva innanzi , e
gli leggeva nel cuore. Eg^li pensò che Francesco Sa-
vorio CastiglÌ3ni suo concittadino ed amico sarebbe-
gli conforto ed ajuto a tanta impresa. Ne s'ingan-
56 Letteratura
nò , polche l'opora sua gli valse assai , e a dispor-
re gli argomenti , e a trascegliere le ragioni più for-
ti e più acconcie a squarciare quel denso velo , che
copriva mille errori e mille frodi , cui la bugiar-
da e fulminata scuola di Giansenio aveva dato abi-
to e sembianza di verità. Onde la sapienza di tan-
ti illustri personaggi mostrò poi ignuda la menzogna,
e varcando sicura quest' aspra e difficile via , condus-
se a buon fine l'ardua ed intricata impresa : e fu-
gati e dissipati i nemici, restituì alla chiesa la desia-
ta tranquillità
Il Castiglioni frattanto ogni di più si cresceva
in fama : e però molti vescovi a gara si studiava-
no avere lui, che da tant' anni dimorava in Roma,
a vicario generale: e tra questi quel chiarissimo De-
voti vescovo che fu d'Anagni , al quale egli aveva
dato mano a comporre quelle celebratissirae istitu-
zioni di diritto canonico, le quali poi volle illustrare
ed accrescere colla propria dottrina. Poscia passò a Fa-
no , ove pe* molti suoi meriti se l'ebbe carissimo
quel monsignor Severoli che fu poi cardinale di san-
ta chiesa : finché l'eminentissimo Archetti, che sede-
va sulla cattedra d'Ascoli, con amorevolissime lette-
se lo richiese e l'ebbe a vicario.
Nacque desiderio alla fine del luogo nativo nel
cuore del Castiglioni , e però vi si condusse. Tutfa
la citta fu in festa ad accoglierlo , e principalmente
l'eminentissimo Calcagnlni vescovo , il quale faceva di-
segno di adoprarlo a più gravi negozj. Poscia pe' suoi
meriti sortito al grado di proposto del capitolo cat-
tedrale , viveva nel suolo natale in piena sicurtà di
pace. Quando al mancare del secolo XVIII levossi
d'improviso un turbine , che minacciava duoli e ca-
tene alla misera Italia. Un gelo stringeva il cuore
ai pastori dell' ovile di disto , che già le fiere guer-
Commentario di Pio Vili. 57
re , e tinti in sangue i verdi pascoli , ahi triste vi-
sta ! miravano , e si sentivano in petto l'assetata spada
dello straniero. E già quel Pio VI, che tanta gloria
si aveva acquistata nel suo pontificato , fuor del suo
regno ramingando in amarissirao esilio moriva. In tan-
to turbamento , maraviglia a dirlo , il sacro collegio
de' cardinali innalzava alla cattedra di Pietro Pio VII,
che aveva mente e cuore da principe , ed era pro-
prio uomo da que' tempi. Questi per celeste ispira-
zione elegge il Castiglioni a pastore della chiesa di
Montalto, vedovata per la morte di monsignor Mar-
cucci , in tempo appunto in cui non solo la chie-
sa , ma la civile società per tutta l'Europa in mi-
serabile guisa veniva travagliata.
Nel nuovo ufficio mostrossi egli diligenlissimo a
coltivare la vigna del Signore , e buono e fidato
agricoltore. Ne le durate fatiche , ne gli sparsi su-
dori , ne le vegliate notti posso io narare si che mi
acquisti fede : ne l'innocenza della vita , ne la tem-
peranza , ne r affabilità , ne l'ingegno , ne V uma-
nità , ne infine la fortezza e la reli<»ione è agevole
cosa porre agli occhi altrui con pochi tratti di pen-
na , senza scemar fede al vero. Non si cessò mai dall'
insegnare , non tralasciò cosa the risguardasse il de-
bito di buon pastore. Svegliò l'ingegno de' giovani ,
provvide al bene loro , e cosi soccorse alle bisogne
di tutti , che la beneficenza , la protezione , o le esor-
tazioni e i consigli di lui ninno si ebbe mai invano
a desiderare. Quel tempo che avanzavagli dava tutto
allo studio delle scienze piiì gravi , o delle sante scrit-
ture , o de' sacri canoni , o de' santi padri , nella let-
tura de' quali deliziavasi ed erasi molto e di sovente
esercitato. Ma se ad una dovessi annoverare le cose
operate da lui o a bene della greggia affidatagli , o
ad incremento delle scienze , o conservare in al-
5S Letteratura
tri l'integvìtk della fede e de' costumi, prima mi man-
cherebbero le parole e le forze che la materia. Che
non può darsi tanta ampiezza d'ingegno , o facondia
di parlare , o guisa alcuna di scrivere , che possa non.
dirò io esornare i meriti del Gastiglioni , ma ne an-
che annoverandoli porli alla vista altrui.
Era ornai giunto quel tempo in cui le pietre del
santuario fra gli adirati flutti di mar fortunoso disper-
se sembravano a miserabile naufragio cadute.- pericolava
la navicella di Pietro , i venti la battevano , le on-
de la flagellavano ai fianchi , ne più raggio di spe-
ranza mostravasi. Le truppe straniere invadevano le pon-
tificie Provincie, e a Pio VII minacciavan catene.
Polluti i templi , il freno sciolto alla militare licen-
za. L' angelo di Montalto non temette le empie mi-
nacce , non fuggi , pensando più bello il morire com-
battendo , che nella fuga cercare scampo. Perseguita-
to , ingiuriato , strappato dalla sua diocesi , per isco-
nosciuti paesi vagando , fu costretto a sostenere i di-
sagi e le amarezze dell' esigilo. Esule egregio fra
tanti pericoli vest"i l'usbergo de' forti , e facendosi scu-
do della Fede sfidò i nemici. Che egli ben sapeva non
colle forze del corpo , ma con quelle dell' animo do-
versi sino allo stremo combattere. Quantunque lon-
tano , si affrettò a pascere le pecorelle a cui era stato
tolto della irreprensibile parola del vero , e mostrò loro
con apostolica liberta quali vie avessero a tenere , in
quai luoghi stanziare a sicurtà , a quali fontane dis-
setarsi. Ma dopo varj casi, dopo tanto alternar di
vicende , colui che fa al suo trono scabello delle co-
rone dei re della terra , nella pienezza della sua gloria
girò uno sguardo su gli empi, e gli empi caddero nella
polve. Pio VII , spezzati i ceppi, fra il plauso della
religione , dell' Italia , e del mondo rendevasi al seg-
gio degli apostoli, e cinto il capo di trionfali bende re-
Commentario di Pio Vili. 59
slituiva alla veneranda religione de' padri nostri l'an-
tico decoro , e ricuperava le provincia alla sua do-
minazione sottratte. Il Castiglioni pur egli affretta-
vasi alla chiesa di Montalto , onde di nuovo recarsi
amorosissimo pastore fra le braccia le sue dilette pe-
corelle, colle quali a tempi migliori aveva passato gran
parte della vita famigliarissimamente , in Leila e si-
cura pace attendendo a Dio solo , ed all' alto suo
ufficio. Ma tanta virtù cui ninno elogio adeguareb-
bc , tante belle opere , tante singolari doti dell'ani-
mo , tanti meriti verso la religione non potevano rac-
chiudersi in quel piccolo angolo dell' Italia.
Parlò lo spirito del signore : Pio VII ne intese
la voce : e insignito dell' ostro romano il Castiglio-
ni , e postolo neir alto senato della chiesa, mandol-
lo vescovo a Cesena , perchè conoscendone le virtù,
intendeva farne dono bellissimo alla sua patria. Do-
po breve tempo veggendolo da più alti uffici, lo ri-
chiamò , e fattolo vescovo di Frascati lo mise pre-
fetto della s. congregazione dell' indice, e maggior pe-
nitenziere. In questi gravissimi ministeri si rimase, fin-
che passato di questa vita Leone XII, gli eminen-
tissimi cardinali nel conclave tenuto il 31 di mar-
zo 1829 a gara concorsero a porre le tre corone sul
capo del Castiglioni , avvisando che la religione, l'Ita-
lia , il mondo si allegrerebbero del vedere nell'otta-
vo rivivere Pio settimo. Egli fu invero ferito da gra-
vissimo dolore , e ne pianse a calde amarissime la-
crime , poiché di molte e molte cose vi aveva, che
da SI grave incarico lo distoglievano . Le pi'oprie
spalle a tanto peso ineguali ( sccoadochè a lui pa-
reva ), ma forti a giudizio di Dio, lo facevano stare
in forse ; alla fine però non si rifiutò.
Ho tentato di esporre in breve la vita del Ca-
stiglioni per tante virtù e per tanti pregi chiara ,
60 L E T T E n A T U ft A
confermata da tante prove della sua scienza : ed ora
che sono a dire le cose da lui pontefice massimo ope-
rate , temo non iscemi alcun poco della sua gloria
il mio stile dimesso. E quale maniera di favellare
vi ha che possa degnamente chiudere in parole o le
private o le pubbliche virtiì del Castiglioni ? Che que-
ste non sono già di quelle comuni, come la fatica nei
negozi , la fortezza nelle turbolenze , l'industria nell'
operare , la prestezza nel condurre a fine l'operato ,
l'avvedutezza nel provvedere , le quali virtù furono
tutte in lui al sommo ; ma esse si levano assai più
alto. E questo fia chiaro più della luce del giorno,
per quanto ora imprendo a narrare.
Infatti Pio Vili, benché pochi anni avesse a re-
gnare , pure fé di molte cose , di molte ne stabili,
e trasse felicemente a fine in tempi assai difficili : a
modo che gli venne perciò la gloria e la fama de' chia-
rissimi principi che l'avevano preceduto a quell'al-
tezza di sacerdozio e di regno. E chi non sa che egli
fin dal principio del suo regno seppe sottrarsi ai lac-
ci della carne e del sangue , anzi persuase a que'che
gli erano consanguinei di tenersi in molta umiltà ,
ed all'usata maniera di vita .'' E questo è poco. Ognu-
no conosce quali tempi si volgevano , quali costumi,
quali movimenti nella civile società , quando nelle
piazze e ne' templi il popolo romano si affollava a
salutarlo nuovo pontefice. Egli temporeggiando a mo-
do di quel Fabio , che coli' indugiare vinse Anni-
bale , anziché col piegare a novità alcuna, salva ed
integra mantenne la maestà del sacro impero, e la sal-
vezza de' popoli , e la pace , e la tranquillità dello
stato : di guisa che a ragione si possa dire saggio e
coraggioso nocchiero , perchè la navicella di Pietro
ora qua ora cola da impetuosi flutti, e da fieri aqui-
loni trabalzala, seppe con sapienza governare, e tau-
Commentario di Pio Vili 61
to forte contro quella fortuna si tenne , da riparare
alla fine al desiderato lido.
E chi vi ebbe mai che o per buon desiderio ,
o per isperanza di lucro valesse coni' egli in si bre-
ve tempo a comporre tante e sì difficili cose ? L'Ar-
menia cattolica dalla rabbia d'infestissimi uomini in-
festata , e da novità turbata ed afflitta, veniva a'pie-
di di Pio , pregando mercè a tanti mali. Egli ne
ascolta le suppliche , e colf usata dolcezza ne al-
levia il dolore : scrivere ai potentati d'Europa, pronto
accorre , da mano , solleva , ne si aresta finche non
la veda lieta e sicura. Abbisognano le nazioni della
voce di uomini apostolici ? Pio manda loro uomini
pieni di spirito divino , e cosi piìi abbondante è la
raccolta che ne fa la religione. Ne si da posa mai.
Diminuir le eresie , esporre riparo agli scismi , il-
luminare i miscredenti , richiamare alla severa disci-
plina de' canoni gli uomini di chiesa , difendere la
maestà delle leggi ecclesiastiche , conservare la pu-
rità delle dottrine evangeliche: queste furono sue prin-
cipalissime cure. Arroge che non frappose indugio a
consolare i cristiani di CostantiiwpoH , ponendo ivi
una cattedra apostolica , e facendo vi sedesse un pa-
triarca : sicché la regina dell' Oriente maravigliò veg-
gendo la croce del Nazareno , da tanti e tanti an-
ni a' suoi occhi negata , di nuovo nello splendore
della sua gloria mostrarsi.
Ben aveva egli conosciuto che la prudenza con
saldi nodi ristretta alla sapienza formano il perfetto
principe , e insieme gì' ispirano affetto più di padre
del popolo , che di signore ; quindi è che pei con-
forti della sapienza e della prudenza questo grand'
uomo tenne quell' altezza di signoria con prò de'suoi
sudditi. Spingevalo la sapienza a ridurre a miglior
forma le leggi dello stato , ad usar dolci modi in
62 L K T T E R A T U R A
Terso i soggetti , a tutelare le lettere e le arti Io-»
date , a risvegliare l'ingegno degli artisti e degli
scrittori. Insegnavagli la prudenza a provvedere alle
bisogne de' popoli , alleviandone i pesi, ristorando
la fame de* miseri, il commercio , la pace interna ed
esterna ; a cattivarsi la benevolenza de' principi e
delle genti , sempre al proprio anteponendo il van-
taggio de' sudditi. Profondo giureconsulto com' era ,
poicli' ebbe a mano il pontificato non permise che en-
trassero i sacri limitari di Temide coloro che non
erano dotti dell' una e dell' altra legge , e pieni di
probità : poiché solo con ciò pensava potersi richia-
mare in terra quell' incorrotta giustizia, che un gior-
no offesa dalle umane scelleranze di quaggiìi , aveva
riparato alle stanze del cielo.
Spogliossi della suprema sua autorità , raccoman-
dando air integrità de' giudici l'amministrazione del-
la giustizia , perchè di que' che ricorrono ai tribuna-
li alcuno non prendesse speranza che favorevole giu-
dizio verrebbegli con altrui danno per favore del prin-
cipe. Le quali cose cosi essendo, chi è che non ab-
bia a ricordare a lungo o la diligenza di Pio VII!
nel prendere consigli utili alla repubblica , o il co-
raggio nel respingere i pericoli , o la costanza ne'
travagli , o la premura , la vigilanza, l'attenzione po-
sta a condurre a buon termine le cose intraprese .'' Con-
viene che noi contessiamo, che nel pontificato di lui
nulla si pensò, nulla s'intraprese, nulla si fé che
non fosse ad incremento della religione e delle scien-
ze , o non mirasse a compiere i desiderj delle pro-
viucie , alla retta aministrazione del tesoro pubbli-
co ^ e a diminuire le querele de' popoli. E tanta ,
e quasi divina virtù potè brevissimo tempo spande-
re i suoi raggi per tutto, e far giungere il suo gri-
do per tutte le parti del mondo.
^"^^ Commentario di Pio Vili 63
Rimarrebbemi a dire di molte cose che io stes-
so vidi ed udii : ma a chi fu data tanta dovizia o
prontezza di favellare, che la scienza di quest' uomo
o la perizia nella pubblica azienda , o la virtù dell'
animo , o l'ampiezza della mente, o la liberalità del
cuore , o i benelicii , non già possa fare più belli col-
le parole, ma annoverare? Conciossiacchè più presto
che il principio il fine si possa trovarne.
Mentre il santo pontefice caro a Dio e agli uo-
mini neir alto suo ufficio si teneva , e andava pen-
sando di dar segni veri dell' amor suo a' suoi suddi-
ti, cominciò a venire in mala condizione di salute;
la quale a poco a poco peggiorando, per la violen-
za del male ridotto allo stremo il ventinove di no-
vembre del 1830 passò soavissimamente di questa a
vita migliore. Visse poco a se , non abbastanza al-
lo stato , molto alla gloria. Durerà la sua memoria
ne' secoli, e i posteri se ne piaceranno, e la traman-
deranno chiarissima ai più tardi nepoti. L'inaspettata
morte di Pio Vili fu udita con sommo dolore, spe-
cialmente da tutti coloro che conoscevano le opere di
lui : e lodando la santa sua vita , ben videro aver
essi perduto un principe afFezionatissimo , un ottimo
padre.
Ora però tutti facciamo cuore nel vedere a lui
dato, la Dio mercè, a successore Gregorio XVI, che
in se tutte racchiude le virtù degne di un principe,
€ che della sapienza e bontà sua inamorando il mon-
do, lo tragge ossequioso a venerarlo. Viva
Finché il sol porta e ovunque porta il giorno^
perocché tenendo egli quel seggio , in cui sempre fu
il principato della chiesa , egregiamente si compone
64 Letteratura
all' esempio di que' romani pontefici da cui si ebbe il
nome. Viva : e ninna età tacerà mai le sue lodi.
Apresso la lettura di questo comentarietto credo
non sarà discaro a'nostri leggitori trovare alcune iscri-
zioni latine pubblicate in Savignano per l'esaltazione
al trono di Pio Vili: due delle quali, cioè la secon-
da e la terza, non potevano avere migliore raccoman-
dazione di quella che fa loro il nome degli autori.
DEO . AETERNO . RESPICIENTI
QVOD
FRANGISCVM . XAVERIVM . CASTILIONEVM
PII . VIII . NOMINE
AD . PONTIFICATVM . MIXIMVM . EVEXERIT
ORBEM . QVE . CATHOLICVM
IN . SPEM . FELICISSIMI . AEVI . REDVXERIT
ORDO . POPVLVS . QVE , SABINIANENS
MERITA . VOTA . PERSOLVVNT
G. I. Montanari.
PIO . Vili . PONT . MAX.
PRINCIPI . INDVLGENTISSIMO
QVI . DOCTRINAE . SVAE . CELEBRITATE
SCIENTIIS .LITERIS.Q. DECVS . PRISTINVM . RESTITVIT
AG . VETERIS . BENIGNITATIS . RECORDATIONE
PROVINCIAM . NOSTRAM . DIV . LABEFAGTATAM
IN . SPEM . QVIETIS . ET . FELICITATIS . EREXIT
EAM . Q . AVXIT
[QVOD . JOSEPHVM . ALBANIVM . V . E
PATRON VM . MVNIGIPII
ADIVTOREM . IMPERII . SIBI . ADIVNXERIT
POEMENES . PHILOPATRIDAE . SABINIANENSES
INDEPTAM . DIVINITVS . POTESTATEM
SOLEMNI . CONVENTV . GRATVLANTVR
B. BOBGHESI
Commentario m Pio Vili 65
PIVM . OCTAVVM
PONTIFICEM . MAXIMVM . OPTIMVM . PRINCIPEM
CRISTIANAE.REI.PVBLIGAE.NVPER.COELITVS.DATVIVI
SOLIDAE.DOCTRINAE.CONSVLTISSIMVIM.ET.PATRONYM
POEMENES . ARCHAEOLOGI . PHILOPATRIDAE
SABINIANENSES . AD . RVRICONEM
CARMINIBVS . VOTIS . CELEBRANT
QVISQVIS . DOCTRINAE . CVLTOR . ADITO
CARMINA . VOTA . NOSTRIS . CONIViNGITO
G. Amati.
n
Della casa aurea di Nerone^
e della torre Cartolarla .
'opo la distruzione della torre dei bassi tempi , vol-
garmente detta cartolarla e cancellarla^ alla pendice
del monte Palatino, e presso l'arco di Tito • si è fatta
una rimarchevole scoperta. Si e veduto , che la torre
era fondata sopra una più lunga e larga serie di pie-
tre quadrilunghe, parte peperino, parte travertino, ap-
poggiate ad un grosso muro ; ove si vedono in molta
parte le impronte di altre sanili pietre, tolt(ì.'ie da tem-
po remoto , forse per la distruzione della torre , o
nel suo abbandono. Quasi nel mezzo di queste pie-
tre vi è costruzione massiccia di muro misto di sca-
glie, come dicesi, a sacco, da osservarsi. I pezzi
quadrilunghi sono coloriti nelle commissure d'acqua
di pozzolana paonazza ; quali si sono vedute in quelle
del colosseo ^ potendosi credere contemporanee.
Consideralo il tutto insieme del fabbricato ; e la
direzione che ha v«rso il tempio di Venere e Ronia ,
e l'Esquilino; è Slato facile il capire, che esso an-
G.A.T.LIII. 5
66 Letteratura
^ ticamente apparteneva a qualche edificio grande e
suntuoso, anteriore a questo tempio ; e che formava
parte di uu fabbricato addosso e sopra al monte ,
o sia al palazzo imperiale.
Legg-endo la storia di Roma, e considerandone
le località , specialmente le più classiche e visto-
se ; chi non ha qui subito in mente la famosa do-
mus aurea di Nerone ? Chi non ha parlato di questa
' dopo il risorgimento delle lettere da Flavio Bion-
do (1) , segretario d'Eug^enio IV, nel 1450 in poi ?
Essi ne scrissero coli' autorità degli storici antichi :
noi possiamo ora parlarne colla ispezione materiale per
le scoperte , che ci hanno presentate gli scavi.
Ripetendo meglio le notizie isteriche ; in prima
sappiamo da Svetoiiio , nella vita di Necrone(l), che
questo imperatore tanto grandioso , o piuttosto esa-
gerato nelle sue intraprese , volle unire le due fab-
Lriche imperiali, una sul palatino, l'altra suU' esqui-
lino. Il monte palatino, dove Romolo fondò la cit-
ta , era tutto occupato dai palazzi di Augusto , Ti-
berio , Caligola , e Claudio , di ordinaria loro resi-
denza. Ivi Nerone volle fabbricare un nuovo braccio
ncir ang^olo verso l'esquilino tanto magnifico e ric-
co, che si chiamò la casa aurea, domus aurea. Neil'
esquilino vi era a qualche distanza la casa e i ce-
lebri orti di Mecenate ; i quali legati all' imperatore
Augusto (2) , restarono ai Cesari.
Nerone volle unire quelle due grandi fabbriclic.
Domain a palatio esquiUas usque fecit , dice Sveto-
nio. Nel basso intervallo per la comraunicazionc do-
vette egli costruire un gran punte. Clic questo s'iu-
(i) Roma vìslaur. Uh. 7),
(2j Dioae lib. (5ij e Mcibomio vUa Maui.aiL cap- 5s3.
Casa aurea di Nerone te. G7
nalzasse sopra colonne smisurate , eli otto e più palmi
di diametro , delle quali una sia quella dirizzata da
Paolo V avanti s. Maria Maggiore , già nel tempio
della Pace, come scrive il Nardini (1), non si può
credere ; perchè vi avrebbero dovuto stare tutte le 8,
che erano in quel tempio. Allora sarebbe stato un
portico altissimo, pesantissimo, incompatibile colf atrio
o vestibolo assai vasto secondo Svetonio , e coperto ,
col colosso alto 120 piedi , e colle strade traver-
se , due al pili , non 3 , quante ne vuole il Nar-
dini medesimo. Comunque fosse costruito , per il no-
stro proposito dobbiamo immaginarci , che fosse al-
to molto , se vi si comprendeva almeno quel vesti-
bolo si grandioso : e nel totale altissimo , per ren-
derlo piìi commodo e raagnilico ; da comparire una
comunicazione dei due palazzi sopra i due monti : o
meglio, secondo Svetonio , che comparisse una casa
sola ; la cui porta e vestibolo era in mezzo della
facciata verso il campidoglio. Alti e larghi assai do-
vevano pur essere i portici su le due strade ; per
non offuscarle , e ang-ustiarle in proporzione. Da que-
sto passaggio credo fosse detta nella prima edillca-
zione la casa transitoria; non col Nardini , dal tran-
sito , che avellano per essa quelli^ die dalla via sa-
cra , o da altre convicine , passavano, al Celio , ed
altri luoghi , eh' erano di là. (2)
(ij Lib. 3 cap. i3.
(2^ Foro transitorio in questo senso (u detto veramente
quello di Domiziano nell' ora detto arco di pnnlano; del qua-
le scrissi lungamente contro la opinione di olii io pretende il
Foro d'Augusto, detto di Marte. Ked. il rngioimni. su lo ter-
me Taur. ce. pag. yo e segg. Ivi Irallai anche a lungo dei
tempj di Venere e Roma.
68 Letteratura
Queste osservazioni decidono insieme conlro il
dubbio di Flavio Biondo e del Marliano , rigettalo
dal P. Donati (1) : u4n atrium vergerei ad arcum
Titi ; iblcjue Gum palatio conjungeretur domus : ari
vero ultra Constantinl arcum , vallem inter caelmm
et palatinum occuparet.
Altre fabbriche vi fece Nerone dalla parte verso
il Laterano; come lo stagno e case intorno , che SvC'
tonio pure accenna.
Sopra l'Esquiìino intorno alle delizie di Mece-
nate furono fatte vigne , pascoli , boschetti per ani-
mali domestici e feroci. IXitra insuper ar^^is ^ atque
vinetis , et pnscuis, sytvisque varia cum inultitudine
omiiis generis pacicduHì ac ferarurn. Marziale lo idk
intendere col dire (2) ;
Hic , uhi miramur , velocia munera , thermas ,
postulerai miseris tecta superbus ager.
Tacito dice ancor più chiaramente (3): Domus ejuSy
qua palntium ad (4) Maecenatis hortos continuaverat^
In seguito il fabbricato tutto quasi fu demo-
lito da Vespasiano (5) in otlio dell autore. In vece
dello stagno egli vi alzò l'anfiteatro , designatovi da
Augusto , detto ora il colosseo ; stagno , grande a
(i) De urbe Roma , Ub. 3 cap. 5-
(2) De spect. nuin. 1. v. 8.
(5) Aimal. lib. i5. a'p. 69, Vc^l. Venuti Descii-. lopo'^r,
ìib. I cap. y.
(4) Correggo ad in vece di et; pciolu": ;ui p:Mp, olic k»
richieda il senso < e come lia dcUo colle p.uolc jtcalc pjo";iHi
%i f a palatio esfjuUias usrpic.
(5j Sveloa. in vita, cap. 9.
Casa Aurea di Nerone ec. 09
guisa di un mare , stagnum maris instar ; circonda-
lo da edifizj in aria di citta : circum septam aedi-
ficus ad urbium speciem. Da tale stagno Vespasiano
prese l'idea di fare la naumachia nel centro , della
quale tanto ho parlato altrove (1).
Nella parte verso l'esquilino di fianco vi eresse
il tempio alla Pace^ finita la guerra giudaica, sotto
il suo consolato IV, ossia l'anno 75 dell' era cristia-
na (2). Il gran ponte forse lo distrusse ugualmente
tutto , lasciando il colosso. Fu Adriano , che per
emulazione delle magnificenze di Trajano nel suo fo-i
ro , vi eresse il magnifico tempio unito di Venere e
Roma ; del quale vediamo ancora i grandiosi sterrati
avanzi (3) , e trasportò il colosso (4) ; non Vespa-
siano , come scrive il Nardini ; del quale si è ulti-
mamente scoperta la proporzionata base di muro , all'
angolo del Tempio di Venere } in opposizione alla
(i) Osservai, tiill'aretia e sul potilo dell' anfit. Flavio ec,
Notizie dei^U scavi neW nnf. Flavio, ec.
(2) Ved. la basilica di Costantino, ec. Bagionatnento sopra
ìe lerma tauriane, ec.
(3) La pianta datane incisa nella nuova edizione del Nar-
dini, iSi8, per nulla è giusta. In ispecie, chiude tutto il cir-
condario con un colonnato solamente. II circondario era di
muro , con dentro il colonnato , per ornarlo con sculture ;
aperto nelle due fronti tanto da far trionfare le facciate del
due più alti e maestosi tempj; e internamente con colonne
di cipollino di 8 palmi e più di diametro , corrispondenti a
quelle di due quadri, clie nel mezzo aggettavano, e inter-
rompevano il colonnato nei due punii conispondcoù alla ti-
ijionc dei due tempj.
(4) Sparllanus, in vita, ctip, iS,
70 Letteratura
meta sutlanle ; come avevo preveduto dopo i primi
scavi, che vi feci nel 1818 (1).
L'architetto dell' uno o dell' altro imperatore
lasciò al luogo i solidissimi fondamenti della testa
del gran ponte dalla parte del palatino , che ora ve-
diamo scoperti. Misurandone la lunghezza e la lar-
ghezza , possiamo anche congetturare la solidità , la
larghezza , e la direzione dei portici.
Dalla parte opposta verso l'csquìlino , di fianco
alla via sacra , non si vede il piantato di questi por-
tici ; ma al luogo di essi vi è una grossissiraa so-
struzione , o platea , masso di muro , quasi tutto co-
struito con iscaglie di selci. Io lo suppongo tagliato
da Vespasiano, per il prospetto del tempio della Pa-
ce verso l'anfiteatro ; e sospetterei, che prima di Ne-
rone, e per lui , la via sacra passasse \)m bassa ver-
so il palatino , dove e la chiesa , diritta al tempio
d'Antonino e Faustina. La direzione attuale si deve
all' imperatore Adriano per allargare il suo tempio (2).
Alla parte opposta vi era l'appoggio del monte,
e il fondamento solido. Quella platea occupava gran
parte anche dove è il tempio della Paco ; e dietro
a questo per tutto l'orto oggidi delle Mendicanti , già
(i) Ragion, sopra le terme tauriaite ec. pag. 28.
(2) Se la via sacra fosse passata sotto l'arco di Tito, co-
me opiriauo alcuni , che confutai nel Prodromo , pag. it , a-
vrebbe dovuto salire di più dalla meta sudante, e discendere
verso il tempio della Pace; facendo anche due voltate, all'ar-
co di Costantino, e a quello di Tito; e passare sotto quest'ar-
co , troppo angnsto per un trionfo. Da questo arco andava
dritta una strada verso la via nova, e il tempio di Castore;
della quale notai, che fu scoperto anni indietro im pezzo vi-
cino il portone degli orli farnesiaai colU selciata.
Casa aurea di Nerone ec. 71
del card, di Carpi ; ove ancora si scorgono dei cor-
ridoi sotterranei con varj resti di volte , e muri di-
pinti del fabbricato neroniano (1).
Vespasiano per innalzare quel tempio della Pace,
il più grande di tutti i romani , al dire di Plinio (2),
e come si presenta nelle sue rovine ; il piìi ornato
di stucchi nella volta a cassettoni dorati ; di statue
grandi , e minori , frammenti delle quali furono tro-
vati nello scavo, o spurgo del 184C: colle 8 men-
tovate colonne altissime di un sol pezzo di marmo
bianco nella navata di mezzo , con pavimento di lar-
ghe lastre di varj marmi preziosi ; vi spese , per re-
lazione di Giuseppe Flavio (3) suo segretario , un
fiume d'oro. Per trovare spazio conveniente alla pian-
ta e air isolamento , tagliò ad angolo retto quella
grande platea dal lato orientale ; lasciandovi una in-
tercapedine fra il tempio e il rimanente. Onde rial-
zar questo tempio al paro della nuova via sacra ,
colla facciata , che guardava l'anfiteatro , nella forma,
con portico e 5 porte , che Costantino imitò nelle
basiliche cristiane ; si dovette piantare una profonda
sostruzione dalla parte della tribuna ; dentro la qua-
le ancora si vedono vaste camere, che servivano di
fi) Neil' angolo iiiconlro la facciata del tempio, nello sca-
vo del iSig trovai dei imiri di camere, e pavimenti di qua-
drelli di paste di vetro e di marmi, che furono lasciali al
luogo; riscoperti nel 1829, fattavi la volta, e con chiusino
sopra lasciati visibili. Dovevano appartenere alla fabbrica ne-
roniana , lasciativi da Adriano; perchè non pregiudicavano
alla pianta del suo tempio tanto più alto, e distante alquanto.
(2) Lib. 35 eap. io HI/. 36 cap. 7. Ved. la basilica di Co-
stantino sbandila pag. 10.
(3) De Bello lud. lib. 7. cap. ì\.
T2 Letteratura
magazzini alle merci orientali e ad altri oggetti. Con-
tro una 61 evidente costruzione di fabbrica tutta di
cortina, e separata quale è questa, come potè il Pi-
ranesi immaginarsi , che dessa fosse il Tablinio della
casa aurea ; e formarne un insieme stravagantissimo?
Il figlio Domiziano aggiunse nel detto lato
la curva ancora esistente , visibilmente appoggiata ;
sopprimendo la intercapedine ; per collocarvi una li-
breria pubblica , e tenervi sedute letterarie. Nel lato
opposto vi costruì all' esterno sulla via sacra un por-
tico con 4 colonne di porfido rosso, e scala, la qua-
le servisse all' ingresso nel tempio direttamente verso
la biblioteca. La scala esiste in parte. Delle colonne
se ne travarono due pezzi dall' imo scapo nello scavo
del 1819, che collocai per testimonio nel cortile del
palazzo dei signori conservatori in unione ai pezzi
del colosso, sedente, in marmo, dello stesso Domizia-
no , che ivi parimente furono trovati nel 1487 (1).
Massenzio ristaurò questo tempio , a quello prossimo
di Roma ; il senato però ne volle dar l'onore a Co-
stantino , in odio di quel tiranno ; onde fu detta Ba-
silica di Costantino dai regionarj posteriori ; come
provai ne' due opuscoli.
Tito , forse in vita, e poi dopo la morte del pa-
dre , innalzò le sue terme , che Marziale chiama ve-
locia ninnerà^ sulla parte dell'Esq uilino, o piuttosto
v'incorporò parte delle fabbriche e del terreno delle
suddette delizie neroniane verso l'anfiteatro ; più oltre
unendovi le terme , le prime costruite in Roma ; in
parte riconoscibili negli ora sotterranei (2) e orti di
Mecenate, già occupati da Nerone, secondo Tacito.
(r) Ted. la Basiìica pag. io e segg.
(2) Le pitture attuali dovsvaao essere opera di Mecenate,
aon di Tito.
Casa aurea tu Nerone ec. 73
Il senato in ultimo eresse nel clivo sacro del
palazzo imperiale , il predetto arco trionfale al de-
funto Tito , rappresentatovi sul carro , come lo ave-
va decretato prima ; sebbene esso avesse poi fatto l'in-
gresso in Roma col padre e col fratello a cavallo;
come narra il citato Giuseppe Flavio.
Questa è Tunica maniera di conciliare la con-
traddizione, come proposi altrove (1). L'anno della
erezione non consta. Il titolo di divo^ e Tito stesso
portato dall'aquila in cielo, scolpito nel centro dell'
arco, assicurano che venne eseguito dopo morto. La
iscrizione , che riporta Lucio Fauno (2) , meglio il
Grutero (3), da lui il Marangoni e tanti altri, e nell'
ultima edizione dell' opera del Nardini ; ove questi
ripete , che fosse apposta alla facciata verso il Cam-
pidoglio ; parla di Tito vivente ; ed ho provato (4)
col Marliani (5), che fu trovala nel circo massimo.
Domiziano ridusse , e amplificò , secondo Plutar-
co (G), la pajte dove era la casa aurea sul Palatino,
della quale si sono trovati grandi avanzi negli scavi
del 1724, e seguenti anni; dati da monsig. Bianchi-
ni nel suo palazzo de Cesari ; con tante piante, al-
zati , e spaccati , ove trionfa assai la di lui imma-
ginazione. Nel 1828 il sig. Costantino Thon ne ha trat-
tato nel suo palazzo de' Cesari sul monte palatino
illustrato da Vincenzo Ballanti.
Tuttociò si nota , per conoscere che come Ne-
(i) Nuova descr. de'rnon. ani. pag, 288.
(2) Lib. 2 cap. ig.
(3) Pag. 244 num. 6.
(4) Loc. eit.
(5) Lib. 1 cap. 26.
(6) In Domit.
74 Letteratura
rone occupò tutto quel tratto di terreno per le sue
fabbriche ; onde Marziale (1 ) ebbe a dire :
Unaqu£ jam tota stabat in Urbe clomus ;
COSI Vespasiano ebbe in mira di sostituirvi le sue
principali ; Tito , Domiziano, e il senato seguendone
l'esempio.
Questa unione di ediflzi entrava anche nella pra-
tica generale degli imperatori ; di scegliere un loca-
le , per collocarvene in qualche numero. Così prati-
cò Pompeo col teatro , curia , e basilica : Augusto rie-
dificando , e alzando di nuovo le grandiose fabbriche
intorno al foro romano ; M. Agrippa col Panteon ,
le terme , e il portico degli argonauti , di cui sono
avanzo le colonne di cipollino di 8 palmi e più di
diametro , e i pavimenti di giallo scoperti fra il vi-
colo degli orfanelli e la piazza del Panteon (2); Tra-
jano col suo foro , e quello di Nerva ; Antonino Pio,
e M. Aurelio , nel campo marzo , colle due colonne,
coir arco trionfale , e il tempio da Commodo , o dal
senato , dedicato a M. Aurelio , ora dogana di terra,
di cui parlai altrove (3).
Veniamo alla torre mentovata , la quale ha dato
occasione a queste osservazioni generali sulle case di
Nerone.
(1) liOC. cit. V. 4-
(2) Di tale pavimento se ne vede qualche pezzo nelle can-
tine della casa , a mano sinistra nella strada verso la cliiavi-
ca, dove è il macellaro. Lo feci restare scoperto quando si
rislaurò la casa nel iSao.
(ij fmmmeiiU di Fasti ) p»s- LXXII e segg.
Casa aurka di Nerone ec. 75
Più per congetture probabili , che per vere sto-
rie , bisogna convenire , che dai secoli della maggior
decadenza il palazzo imperiale sul monte palatino fos-
se non solo abbandonato ; ma preda al primo occu-
pante nelle varie sue divisioni abbandonate , e a po-
co a poco andate in precipizio ; divenute proprietà di
chi le spogliava , o se le appropriava stabilmente.
Nella dissertazione sulle rovine di Roma, (1) d'ap-
presso al Marangoni (2) e a tutti i nostri archeolo-
gi , trattai di proposito delle fazioni di tante fami-
glie prepotenti , le quali in guerra civile tra di loro
fino dal secolo decimo , secolo detto dal card. Ba-
ronio di ferro , s'impossessavano delle fabbriche an-
tiche le più vaste e solide, per fortificarvisi ; ag-
giungendo ivi , o nelle adiacenze delle alte torri qua-
drate , per avancorpo. I miseri avanzi del mausoleo
d'Augusto , di quello d'Adriano , del teatro di Pom-
peo , di quello di Marcello , dell' anfiteatro Flavio ,
le chiese stesse , come il Panteon , ne sono testimo-
ni. Delle ìnnumerabili torri ne vediamo frequenti ri-
masugli ; e non poche , di varie epoche , quasi an-
cora intere lungo le strade , o incorporate nelle case.
Può dirsi , che l'aver queste torri , o per uso , o per
vanita , era moda generale in tutta la Italia dal se-
colo X, secondo il Sigonio (3); e in Roma le vedia-
mo imitate altissime , e studiate anche nei campanili
delle chiese.
(i) ?^el tomo 5 del Winkelmann.
(•).) Storia deW anfiteatro I< lauto. Roma 1746.
{5J De regno Hai. Ub. 7. Secondo Gio. Villani Stov. fior,
no. 5 nel secolo XII in Firenze ve ne erano moltissinic alte
più di 100 e 120 braccia.
76 Letteratuiia
Tra le famiglie una delle più potenti e faci-
norose , si conosce la Frangipane co' molti suoi
aderenti. Non è qui luogo a farne la storia genealo-
gica , che gli amatori possono raccogliere dal Zaz-
zera , dalla storia latina scrittane dal Panvinio , il
cui manoscritto si ha nella vaticana , angelica , e
barberina. Altre notizie ne danno il Muratori, il Puc-
ci, il p. ab. Nerini, gli annali camaldolesi, il p. Ca-
simiro , il Marangoni , il card. Garampi ec. Al no-
stro argomento ristringendoci per la torre , premet-
teremo ; che essa famiglia ora fu addetta alla par-
te dei sommi pontefici , e loro sostegno come vassal-
la ; ora contraria.
Per le notizie , che raccolsi dell' anfiteatro Fla-
'vio nella dissertazione , può tenersi , che ella se ne
rese padrona fin dal detto secolo X; e lo ridusse in
qualche porzione a fortezza all' uso di quel tempo.
Ma per avere un posto avanzato , tirò una linea di
fabbriche dalla parte del Palatino sopra la nostra Tor-
re (1); e passando per l'arco di Tito (lasciato que-
(i) II Ficoroni p^esl. di Roma ant. lib. i cap. 4 png- iTì,
e nella Osserv. sopra il diar. ital. del P. Montfaucon, pag. 4/,,
per riprender questo , quasi che dica antica la parte laterizia
sopra l'arco dello di Giaao quadrifonie al Velabro, dice, e
ripete francamente , che questa laterizia è opera moderna de-
gli ultimi secoli, ne' quali chiamavasi Torre de" Francapani; per-
chè Vincenzo detto Cencio de' Francipani fabbricandola , se ne
servì come di fortezza. Il critico , male ripreso dal p. Ricco-
baldi neir apologia, confonde questa, detta torre, colla cnr-
loiiria; e grossolanamente la crede moderna in quella parte
laterizia. Era del tempo del sottoposto arco, di massi grandi
di marmo. Lo prova la scala pure originale ; fatta di raarrai
Casa aurea hx Neroxe te. 77
sto come porta fortificata sopra), andava alla chiesa
di s. Maria Nuova , costruita sulle rovine del tem
pio suddetto di Uoma.
Questa chiesa fu dedicata ai santi apostoli Pel-
tro e Paolo nel 765 (1); riedificata nel 1123 dal card.
Almerico , che la dette col monastero , pur ristaura-
to , ai canonici regolari della congregazione di s. Fre-
diano (2); dedicata alla ssma Vergine ; detta perciò
santa Maria nova ; poi unitavi anche s. Francesca ro-
mana , come notai nel Prodromo (3).
Che i Frangipane avessero delle case qui intor-
no alla torre , tutti gli scrittori più antichi de'has-
si tempi Io accennano. E primo anche si può rica-
vare dalla notizia, che da il Vendettini (4) ne'seguen-
ti termini. „ Neil' archivio di s. Maria nova cap. 1
trovasi un istromento di compra d'una casa fatta por
Oddonem et Cencium Frajapanem, illustres consu-
les germanos fratres^ filios quondam hon. mem. Lea-
nis Frajapani anno 1139. Nell'anno 1 i40. Oddo Fra-
lavorati tolti d^ altre fai) bri eh e ; però da credersi l'arco l;i-
voro del terzo secolo. Lo provava la camera a volta che vi
era sopra, con corridore intorno, di ottima forma, e costru-
zione antica contemporanea , che ho bene esaminata più vol-
te, e fatta ripulire da erbe e piante. Esteriormente ei'a stata
rivestita di marmi, con qualche riparazione de' bassissimi tem-
pi. Pur troppo quella opinione di moderna ha dato motivo
a distruggerla nel i35o.
(i) Anast. ili cita. , cap. 6 edit. Vignoli. Piazza Gerarcjt^
jiag. jiQ), Golt Prose, toni, i, diss. 5.
(2) Pennot. Ilìat. trip. pag. 2^5.
(S) Pag. 22.
(l{) Serie crmwl, de seii. di fwina ; pa^. -j,
78 Letteratura
japanus viene nominato in un islrumento di locazio-
ne di casa presso s. Maria nuova del dì 19 setlcni-
bre „. Il Ciaconio nella vita del papa Gelasio li (1)
dice fatta la di lui elezione in monasterio tutissimo
Palladio , qaod ciiriae propinquiiin inter Fregepanwn
aedes erat. Dove il Viltorelli nota : ,, Infra aedes Leo-
nis , et Cincii Fregepanis , ait Platina ; non autera
inter. Legendum infra. , constat ex actis Pandulfi sub,
diaconi tuuc viventis, „
Pandolfo poi parla di un secondo attentato con»
tro quel papa nella chiesa di s. Maria nova , quia
ecclesia esset in fortiis Frajapauuin. Il Muratori (2)
reca una testimonianza dell' ab. Gofrido Vindocinen-
se, e la di lui lettera 8, in cui scrive, come pare allo
stesso Muratori, intorno al 1094 a papa Pasquale H
in tal guisa : Piae recordationis domnwn papam Ur-
banwn (predecessore) in domo lohannis Frajapanem
latitare^
La prima o casa^ o torre ^ si è resa celebre so-
pra tutto per la storia del lodato papa Gelasio scrit-
ta da Pandolfo Pisano (3) , e illustrata dal p. ab.
Costantino Gaetani , il quale si diceva della stessa
famiglia di lui (4).
(i) Tom. I col. 299.
(if Anliq. med. nevi, diss. XLII col. 793, Bicci iVbf. della
Jam. Boccap. pag. 5.
/i) Rer. Ital.scr.tom.Z co/.38i,poi separatamente nel 1702.
(4) Il p- abate, forse ia ricordo di quel fatto accaduto
in questa chiesa, fece incidere in rame le antiche pitture cJic
vi erano, e sono. Il Mabillon nell' Iter italic. toni, i pag. i5i
dice, che sbaglia nel credere, che rappresentino s. Benedetto
fra gli apostoli Pietro e Paolo. Vuole , che rappresentino la
B. Vergile eoa un vescovo e uii diacono.
Casa aurea di Nerone ec. 79
Neir altura del monte assai prima tlel secolo X.
come prova il medesimo p. ab., si era fabbricato un
monastero ; dato poscia ai monaci cassinensi da Atss-
Sandro II. Indi, reso abbadia di tale celebrità, ne par-
lano Pietro Mallio, Giovanni diacono, il Panvinio,
riuniti dal p. Mabillon (1), ed dal p. Casimiro nelle
sue memorie istoriche della chiesa e convento di
Araceli (2). Ne dice abbastanza in compendio l'erudi-
tissimo ab. Cancellieri (3).
La torre e la casa , rispetto al monastero e
chiesa , slavano al basso, e in alto. In vicinanza di
questa chiesa al tempo di Giulio II, sul principio del
secolo XVI, esistevano ancora insigni rovine del pa-
lazzo imperiale con porte di marmo dirute, come nar-
ra l'Albertino allo stesso Giulio (4): In parte pala-
ta versus septemtrionem fuit locus Palladii^ ciijus in-
signes existimt ruinae cuin marmar eis portis dirutis:
quem lociim nunc Pallahriam , prò Palladium corrn-
pte appellant ; in quo loco est ecclesia s. Mariae in
P aliarla.
Nella chiesa l'anno 1118 Gelasio fu eletto papa.
Ma appena se ne sparse la voce, (riferiremo la rela-
zione di Pandolfo Pisano (5) adottata dal Platina, tra-
dotta dal Muratori negli annali a qucU' anno ) , che
Cencio Frangipane, uno dei fazionarj dell' imperato-
re Arrigo V, adirato da quella scelta ; perchè avreb-
(i) Mas. Hai. toni, a pag. i6x.
N P«^. 9 e segg.
fZj Le sette cose fat. di Roma ani. mini. 7 /)<zg. 53.
C^J De mirab. iirb. pag. ip Lugd. i52 0.
(i>) Rer. Hai. sa: toni. 5 col. 38 1. Cmlilis Cuinmcnt. de
sen. roni. pag. 227.
80 Letteratura
be volalo uno della sua famiglia (1); con una mano di
masnadieri ruppe le porte della chiesa , prese per la
gola il pontefice eletto, e con calci lo percosse; e
a guisa di un ladrone lo trasse alla sua casa conti- |
gua , e quivi lo imprigionò. All' avviso di questo ese- ^
crabile attentato furono in armi Pietro prefetto di Ro-
ma , Pietro di Leone con altri nobili , e dodici rio-
ni della citta , coi trasteverini : e saliti in campido-
glio , spedirono tosto istanza e minacce ai Frangipa-
ni , perchè mettessero in liberta il papa. Fu egli in
fatti rilasciato ; e trionfalmente condotto al palazzo
del Laterano (2).
In pena di questo sacrilego attentato Calisto II
nel 1120, come riferisce lo stesso Pandolfo (3), co-
mandò, che le torri dei Frangipane fossero demolite;
e vietato di mai piìi ripararle : Hic prò pace servan-
da turres Centii Fraiapanis , et inatrls ejas domine
Bonae ( come legge il Zazzera (4), o domus tjranni-
dis , et iniquitatis , (come il Papebrochio) , dirui^ et
reparari non ibidem praecepit. Ma il decreto non fu
eseguito. (5) Anzi in seguito vari pontefici non ebbe-
ro altro asilo. E convien credere , che le abitazioni.
(i) Bonincontrì H'ist. sicul. ia Lamli Delie, erud. par. 6.
pag. J28.
(a) Noterò , che Pandolfo soggiunge : per viam sacrarti gra-
diens Lateranum ascendit. Cosi intende per via sacra, la stra-
da attuale, perchè più vicina; e perchè per la fabbrica e
monastero di s Maria nova le vera era chiusa.
(5) Pag. 419.
(4) Star, della fam. Frang. pag. 88.
(5) Il Vendettini del seti. rom. lib. i cap. 6 pag. ilo tra-
duct male atterrò per praecepit.
Casa aurea di Nerone ec. 81
forse compresovi il colosseo , fossero o in tutto, o in
parte ampie , veramente sopra e sotto al monastero
e chiesa ; giacche vi stavano eziandio i cardinali coi
loro familiari ; e vi si tenevano concistori. D'Innocen-
zo II, il quale nel 1130 vi si rifugiò contro l'anti-
papa Anacleto II, e vi ebbe combattimento ; il card.
d'Aiagona scrive (1): Petrus aiitem P etri Leoni s cum
sectatorihus suis humilitatem, Innocentii parvi pendens
non posidt Deum adjutorem sibi-^ sed sperans in mul-
titudine divitiarum , in potentia parentum , et fortitu-
dine munitionum , hostiliter fecit aggredi domos Fra-
gepanum^ in quibus se Innocentius cum fratribus suis
receperat, Sed cantra spem sibi accidit^ quia et In-
nocentii partem modicum laesit\ et ejus satellites non
sine gravi damno sunt ad eum reversi . . . Vulgus
etiam ita sibi adstrinxit ; ut praeter Frangepanum ,
et cursorum munitiones papa Innocentius nullum in
urbe subsidium haberet. Di nuovo nel 1133 (2): Ad tu-
tas domus Fragepanum, de Laterano descendit^ et apud
s. Mariani novanta et Cartulariam ^ atque colosseum.
E pili chiaramente Fr. Tolomeo vescovo di Torcello,
contemporaneo, uell' istoria del suo tempo (3): se re-
collegit in domibus Fragepanensium , quae erant in-
fra colizeum , quia dieta munitio fuit tota eorum.
Del papa Alessandro IH all' anno 1167 ei dice
anche di più lo stesso cardinale (4) : Haec igitur et
alia imminentia mala cum beatus pontifex conside-
ratione sollicita praevideret , post illud excidium po-
(i) Pag. 434. Cronica di Pisa, tom. i5 col. 974.
(1) Pag. 458.
(3) Stampato dal Lfibaizio in Hcumov. 1698 pa^. £75.
(4) P'ig. 458.
G.A.T.LIII. 6
82 Letteratura
putì, quod exigentibus peccatis , acciderat \ dimisso
lateranensi palatio cum fratrlbus suis , et eorum fa^
miliis ad tutcìs domos Frangepanum descendit-^ et apiid
sanctam Mariam Tiovam , atque cartidariam , atqiie
colosseum se cum eis in tato recepii • ibiqu,e prò in-'
cumbente malitia imperatoris (Federico I) quotidianis
episcopornm et cardincdium fìebant conventiis , tra^^
ctabantdr causae , et responsa dabantur.
Della torre si fa menzione in altre carte. Come
per esempio, w^ ordine romano XII di Cencio Ca-
merario scritto sotto Celestino III (1), prima del 1192,
si registra , che la famiglia Frangipane per censo della
casa pagava al papa VII soldi di denari provisioni :
In domo familiae Frangipanorum de Cartidaria VII
solid. den, provis. Cencio , fatto poi papa col nome
di Onorio III, nel 1217 confermò alla chiesa di s. Tom-
maso in formis , e di s. Michele Arcangelo , criptas
in coliseo duas camminatas cum. horto , et aliis per"
tinentiis suis sub Cartularia (2),
Nel 12^0 Federico H s'irapadrom della torre; la
quale, mentre i di lui partigiani v'insultavano il pon-
tefice Gregorio IX, precipitò colla morte loro : /?o-
mae Petri Frangipani turrim tenuit ; hac vero spon"
te corruente , isto gradu dejectus est Caesar (3); e
Alberico monaco delle tre Fontane (4): lìomae quae^
dam turris cecidit mirabiliter Frangipanorum , in ca-^
thedra s. Petri , qaam imperator contra papam cu'
stodiri faciebat ^ anno 1240, Egli la rifaLhricò me-
(i) Presso il Mabilloa Mus. Hai. toni, 2 pag. igo,
(1) Ballar, vatic. toni. 1 pag. loi,
(3j Curtius pag. 02 1.
(il Ad himc ann.
Casa aurka di Nerone ec. 83
glio a sue spese , per favorire i Fiangipane suoi par-
tifanti ; non già , che la rimettesse il padrone Pietro,
come scrive il Marangoni senza darne prova. Adhuc
aiUeni spirans minarum , scrive il lodato cardinale ,
et caedis , turrim Petri Frangipanis , cujus potentia
divi Petri credebat humiliare priniatum , sumptibus
propriis refici procuravit (1).
Ma poco ne godè la famiglia: perocché irritato
da sempre nuovi insulti il papa Gregorio, coli' ajuto
de' buoni e fedeli sudditi della santa sede con ar-
mi e con macchine ne fugò i difensori ; e la mu-
tilò , e ridusse nello stato , in cui l'abbiamo veduta
fino al 1 830. Ne racconta l'avvenimento il card, d'Ara-
gona nei termini seguenti (2), che meritano esser intesi
benché alquanto prolissi : Caesar aiitem tumentis pe-
ctoris praerumpentes insidias diutiiis cohibere non va-
lens , Petrwn Frajapanem romanum civem genere no-
hiletn , sed nobilitate degenererà , qitem praedecesso-
rwn suorum vestigio vassallum ecclesiae notio public
ca manifestata blanditiis et mercede corrumpens^ man-
miliario sibi cum pecuniae loculis de regni Siciliae
spoliis patenter adjiincto^ gravem absenti pontifici se-
ditionem excitavit in urbe ; ac qiiorumdam nobilium
conflsus obseqido , qui jam fere consumptis propriis
animam venalem exponunt , in Petri sede nefarium
ponere titulum Caesaris cogitabat. Ne vero putredo ne-
glecti vulneris latius crescerei in reliquum corpus ef-
fusa , provisit pater doctissimus remedium festinatum\
subitos languoris twnultus forti medicamento prae-
scindens : et fidelium ecclesiae in armis , et muchi-
(i) Card. d'Aragona pag. 586.
(2) Pag. 58 1.
84 Letteratura
nis ade ordinata , cancellariam turrim illum Bahel
niello priori fatigatam impulsa comminuit , et poteri-
ter evertit , ac Caesaris maie state depressa. Degen-
tibiLS ibidem erat sola fuga praesidium , et abdita re^
ceptacula in tutelam.
Vi si vedevano in parte levati i quflchi di tra-
vertino , i quali servivano di fondamenta ad essa , e
già al ponte neroniano. Sembra ^ che con tal guasto
i romani volessero farla precipitare. Ma come era di
materiali fortissimi , che oggidì si sono fatti saltare
colle mine; cosi avrà, resistito immobile; quantunque
mal concia nei fondamenti , nella sonvraita , e nell*
interno, ridotta a circa 80 palmi. Ne levarono alcuni
travertini , perchè servibili ad altri usi. E in questo
stato la mentovarono semplicemente i tanti scrittori
dei secoli appresso; che se ne formerebbe un volume.
Resta a dire qualche cosa della doppia denomi-
nazione, di torre cancellaria., e cartularia. Il Pauvi-
nio scrive^ che sì chiamò cancellaria^ da Pietro Fran-
gipani , che era cancelliere di Roma. In un breve di
Giulio III, riportato da me altrove (1), leggo di Ma-
rio Fraigane , incaricato delle antichità , che viene
detto Civis romanus , et dictae urbis cancellarius (2),
Abbiamo veduto, che al tempo di Gregorio IX nel 124i
così era chiamata appunto da quel Pietro cancelliere..
(\) Relaz. di un viaggio ad Ostia, pag. gy.
(a) Si chiama anche torre dal cancelliere la bella e nobile^
che la casa Orsini possedeva sotto il campidoglio , la quale
nel di 20 marzo iSaS fu disfatta dai romani a ^wTorej per-
chè il padrone si era collegalo col re Roberto, cedendo Astu-
ri, Stura, alla di lui gente; acciocché facessero guerra ai
romani , come narra Gio. Villani slor. fior. lib. io cap. 6S.
C\sA kvntk DI NsaosE se. S5
Ma per altre autorità sembra, che l'altra clenominazìoae
sia la più antica , se non è la più ragionata. Al-
cuni critici moderni la creilono chiamata chartularia^
ò cartularia , perchè vi si contenessero carte , come
in una spe; ie d'archivio ; o vi si lavorasse carta. Ma
provato colla storia, che unicamente servisse di for-
tezza dal principio della sua costruzione, non è pos-
sibile , "che fosse ^destinata a quegli altri usi : tanto
più , se rovinata, e riedificata militarmente quadrata,
nella forma solita delle altre torri , senza finestre ,
« colia Scala interna , fotse di legno da cima a fon-
do in giro ; e servi per cosi poco tempo.
Sembra poi noft credibile , che il sì valente cri-
tico monsig. Gaetano Marini , in un' opera precisa-
mente di archivi, di diplomi , ed altre carte (1), ab*
bia potuto adottare quella seconda opinione ; e seri-
"vere , che probabilmente ne secoli di mezzo si lavo-
rava tal carta (dei papiri) presso l'arco di Tito, nel
luogo denominato <la ciò ahartaria , o turris char-
tidaria ; citandone in documento il Mabillon per ii
iletto ordine romano^ scritto, come si disse, prima
del 119^2. Nel secolo X, epoca d^lla prima lorre^ e
molto meno nel secolo XIII non era più in uso ii
papiro ; e la Carta moderna di stracci , inventata po^
co dopo , non avrebbe mai potuto lavorarvisi.
Il Marangoni aggiunge », che la torre era volgar-
mente anche detta di f^irgilio. Resti per lui la no**
tizia , quando non se ne dia documento.
Avv. D. Carlo Fka.-
T
(:r) l papii-i diplom. pag. Xltt.
S6
// convito di Dante Allighieri (*) con note critiche
e dichiarative di Fortunato Cavazzoni Pederzini
modenese e d'altri. Modena dalla tipografia carne-'
vale 1831. {Un voi. in 8 di pag. XFl - 388.)
N.
el tomo XXXIX a pag, 305 e segg. di questo
giornale ebbero per me buona parte di degne lodi
que' chiari spiriti del marchese Giangiacorao Trivul-
aio , del cavaliere Vincenzo Monti , del signor Gian-
antonio Maggi per le cure poste da essi a purgare il
Convito di Dante dai tanti errori, ond* erano brutte
Je antiche edizioni. Ne furono per me dimenticati que*
generosi , quanti mai sono , che al tempo nostro si
studiano di far sempre più bella , secondo il merito,
la più grave e nobile prosa , che ci abbiamo , del
beato trecento. Parlando allora dell' edizione di Pa-
dova 1827 doveva io sì ricordare espressamente il no-
me del signor Angelo Sicca , direttore della tipogra-
fia della Minerva , per cura del quale quella edizio-
ne non cedette di pregio alla milanese rarissima. Ma
non sia già quel silenzio interpretato sinistramente ;
intendasi invece che raccomandando l'opera , come si
fece , si venisse tacitamente a lodare l'accuratissimo ,
che ne diresse quella ristampa. La quale si fa più
gloriosa ; dacché il nuovo editore ne ha dato il te-
sto a quella affatto conforme , o poco meno : e gio-
vandosi prudentemente delle fatiche di quanti suda-
(**) AUlghierl : cosi legge collo Scolari l'editore modenese.
Convito di Dan^eì 87
font) sulle auree cute ileirAligliieri, ha espresso riii-^
teiidimeutO suo nella dedicatoria al signor marchese
Trivulzio , il cui nome accresce pregio alla novella
(edizione : della quale dedicatoria , che e in data di
Modena 15 febbraio 1831, parmi che siano da rife-
rire al proposito le seguenti parole :,j Io intendo da-
^, re il testo fedelissimamenfe come l'avemmo di Pa-
^, dova nel 1827, al tutto secondo la intenzione de'
,^ sigg. editori milanesi , dall' accuratissimo sig. An-
t, gelo Sicca. Ìl corpo delle note ^ nelle quali eglino
i, ragionarono le loro emendazioni alla lettera del tc-
^^ sto , con esso rappendice del eh. al). Pietro Maz-
^, zuCcliclli, nella quale reruditissimo letterato addus-
si se i propri luoghi degli autori citati per tutta l'o-
), pera, in conferma di quelle stesse; io l'ho lascia-
ci to indietro , siccome cose le quali indubitamente
,, vinsero la loro prova , e già furono coronate di
iy lode universale , ed ora pare che non farebbero più
,, altra utilità. Salvo che la correzione d'assai luo-
ii ghi , o Col ragionamento solo o Colla autorità di
i, varie lezioni , fu pe' S'gg. editori milanesi propo-
li sta, noli affermati vamente» ma per modo di dubbio ;
j, e quiv sempre ho pensato di volere portare le no-
), te i per non invidiare io ai leggitori il piacere di
<n giudicare e fermare da se la elezione del miglio-
j, re* E perocché tra la enorme multitudine o va-
ji rieta de' passi guasti potè qualcuno rimanerne tut-
44 tavia nascosto e inosservato ; ed anche per la u-^
4, mana condizione , poterono qUe' meritissirai cdilo^
4, ri , nel rimondare il campo troppo insalvatichito,
4, a dirlo colle parole di loro stessi , offendere col
4, sarchio àlciin rampollo di pianta gentile : ed io so-
,4 no andato via via accompagnando quelle note dette
4, con assai delle altre , portanti le considerazioni d'al-
„ cuni savi ed amorevoli scrittori prima e dopo qiiol*
88 Letteratura
„ la edizione padovana , e molte pvire di me stesso ;
,, le quali tendono tutte a mettere un compenso ri-
„ spettoso a que' pochi accidenti , se veramente bi-
,, sognava. „ Egli poi , l'editore modenese , lia tratto
le note e dichiarazioni non solo da quelle dovute ali*
ingegno del Tasso , del Biscioni , del Perticarl , de-
gli editori milanesi, dello Scolari; ma si da quelle,
che nel sovraccitato articolo di questo giornale io
venni sponendo senz' alcuna pretensione : delle quali
ha tenuto pur qualche conto , com' e a vedere alla
pag. 22-42-249-251-293-300-355-367-378-387, del-
la ristampa di Modena. Di che vo' rendergli molte gra-
zie , quando ha creduto apprezzare sì nobilmente il
grande amore , che si pone per me alle carte dell*
Alighieri : di quel padre dell' italiana eloquenza , che
strinse d'un nodo solo tutte le anime oneste, che ora
vivono nel bel paese , come quelle che già ci visse-
ro o che vivranno. E quando ancora ha mostrato di
non essere sempre riguardo a quelle note in una sen-
tenza con me , deggio sapergli grado , che invece di
porsi a contraddire aspramente, come sogliono i piiì,
se n'è passato con un modesto silenzio : il che è in-
dizio di gentilezza , tutta propria di letterato, E quan-
do pure si è incontrato a dovere per forza di ragio-
ne opporsi ai milanesi editori , lo ha fatto per si one-
sto modo , che essi stessi que' generosi potrebbero te-
nersi più lieti di esser vinti , che di vincere nella con-
tesa. E dico potrebbero ; quanto la morte ne ha mie-
tuto due vite preziose alle lettere, lasciandoci in de-
siderio del Monti e del Trivulzio : alla memoria de*
quali già demmo tributo di lagrime in queste carte:
ed ora ci è dolce di rinnovarlo , e sempre ci sarà ,
dacché i loro nomi già si congiunsero per dotte fa -
tiche a quello dell'Alighieri , per cui si fa eterna e
gloriosa l'italiana letteratura. A quanti sono studiosi di
Convito ni Dante 89
quel divino vogliamo intanto raccomandato di nuovo
il Convito , che per le cure del Cavazzoni Pederzi-
ni è fatto ancora , se non più perfetto , almeno più
agevole e piano : che è gran benefìcio , massime pe'
giovani , i quali tutti vorremo vedere gir speculan-
do dietro le traccie di tale, che nell'amore della vir-
tù e della rettitudine ;_accese il freddo suo secolo, ed
i futuri.
Domenico Vaccolini.
// Parnaso Mariano compilato , e dedicato alla Ver^
giìie Madre di Dio da T^incenzo Tranquilli. Ro-
ma , nella tipografia Perego-Salvioniy i 832. Tre
f^olwni in 8.
jLì ab. Vincenzo Tranquilli e già benemerito della giu-
risprudenza per aver pubblicata un' opera sulle ipo-
teche : ora lo si è reso ancora delle buone lettere colla
stampa del presente Parnaso mariano , che forma una
raccolta de' migliori versi , che dal secolo del Petrar»-
ca fin qui siano stati scritti in lode di Nostra Donna :
e bastano a raccomandare quest' opera i soli nomi
dell'Alighieri, dell'Alamanni, dell'Arici, del Ben-
ho , del Costa , del Cotta , del Filicaja , del Lemc-
ne , del Manfredi , del Mazza , del Minzoni , del Mon-
ti , del Petrarca , del Varano , dei fratelli Zannotti,
del Zappi , e di molti altri , che tralasciamo per
amore di brevità. Il più lungo componimento della
raccolta è il poemetto di Ang<5lo Masza sui dolori di
Maria , diviso in quattro brevissimi canti in ottave
sdrucciole : e poiché su queste ottave noi conservia-
90 Letteratura.
mo una lettera critica , sciua però sapere ne da chi
scrìtta , n^ a chi diretta , ma dettata a nostro avvi-»
so con molto giudizio, cosi non dubitiamo di offerirla ai
nostri leggitori , cui importerà meno di sapere il no-
me dello scrittore , che di vedere in essa qilanto si
Contiene. Potremo dire peto che avendo mandata es-
sa lettera all' illustre nostro amico sig. Angelo Pez-
zana, ducale Libliotecario di Parma^ egli cosi ci ri-
spondeva: ,^ E* probabile, che quel C. D. della lettera
sulle ottave scrucciole del Ma^za , significhi un Ca*
millo Dei-Bono parmigiano ^ filippino , che dimoi" à
lungamente costL ,,
C. E. M.
LETTERA
Stdte ottave sdrucciole ad onore di M. V".
addolorata , di Angelo Mazza.
Ho ricevuta la copia da voi Speditami della re-*
centissima edizione delle ottave sdrucciole sui dolori
di M. V. del nostro concittadino Angelo Mazza. Ve
ne rìngrezio di buon cuore , e vi assicuro , che la \
mia riconoscenza è proporzionata alla preziosità del
dono , che mi avete fattoi
Nella lettera ^ onde avete accompagnato il vo-
stro dono , voi mi richiedete il mio parere : ed io
ve lo espongo subito , e in modo conciso quale ap-
punto convicnsi a lettera.
Sulla concatenazione dei canti del poema io os-
servo 4 che il canto IV, aggiunto dall' editore a que-
sta edizione, non si addice al tutto simmetrizzato, a
cui l'autore in una edizion precedente volle ordina-
re i tre canti, ond' egli formò il suo poema. L'au-
tore medesimo , il quale per quanto appare in queste
cose, vede assai meglio dell' editore , sembra che cort-
Parnaso Mariamo 9\
validi il mio sentimento coU' avere affatto tralasciato
il canto IV, nella precedente edizione , e coli' aver
premesso all' edizione medesima un avviso ai leggi-
tori, in cui adduce la ragione del tralasciamento» Ora
poi ciré piaciuto air editore inserire in questa edizione
anche lo stesso avviso » dovea sopporvi una nota :
imperocché quell* avviso ed il canto IV si escludono
vicendevolmente.
Ciò premesso sulla concatenazione dei canti , vi
espongo le mie osservazioni sulle ottave- Se le con-
sidero nel loro complesso , vi dirò che basterebbero
esse sole per rendere immortale l'altissimo poeta , che
ne e l'autore. Tanto risplendono pei lumi delle molte
loro bellezze poetiche ! Tanto sono dotte I
Se poi non nel loro complesso, ma singolarmen-»
te io considero le stesse ottave , le reputo bellissi-
me dalla prima fino all' ultima , dal primo fino ali*
ultimo verso , in quanto al loro pregio poetico : ma
a mio giudizio difettano in qualche concetto.
Tralascio , che il consigliare attribuito dal no-
stro autore all' Amore divino nel canto I. ott. IL v. 6.
non si può a lui attribuire per rapporto alle altre due
persone della SS. Trinità , ne inteso il termine con-
sigliare nel suo senso proprio , ne inteso in senso di
muovere o di spingere , che veramente l'amor divi-
no e lo spirito del consiglio , ma si alle creature ,
ed anche a G. G. come uomo ; che l'amor divino con-
siglia il padre ed il verbo in questo solo , che la
Comunicazione di lui è ad ambedue la prima ragio-
ne di quello , che conseguita ad essa comunicazio-
ne ; e che questo propriamente non è consigliare. Tra-
lascio, dissi , queste cose, siccome troppo astratte, e
passo ad altre osservazioni.
Nella medesima ott. IL del canto I. V. 7. e 8
l'autore dice , che il Verbo passò in seno a M. V.
quasi in cristal limpido raggio.
fa L « t !• K K A T U ft, 1
Per qual fine qui la similitudine del raggia, SJ*
non per dimostrare , che il Verbo incarnò in M. V,
illesa la verginità di lei , come illeso il cristallo , per
entro vi passa il raggio ? Qnesto è sicuramente , e
nessun' altro può esser l'oggetto. Ma chi non vede
che il Verbo non abbisognava certo, siccome spirito,
di passar qual raggio in M. V. per incarnarvisi sal-
va la verginità di lei , come fuor d'ogni dubbio ne
abbisognava per uscirne incarnato , restando lei ver-
gine ? Dunque la similitudine del raggio applicata al
Verbo dee ritenersi alla sua natività , non alla sua
incarnazione : e l'applicarla alla sua incarnazione , è
un errore contrario non solamente ai principj della re-
ligione , ma a quelli eziandio della ragione.
L'insigne nostro poeta non potrebbe in questo luo-
go schernirsi con quel passo che egli ha tratto dall*
Apologetico di Tertulliano, ed ha allegato nella notaSl:
nel qual passo il Verbo è detto radius dei delapsus
in f^irgiiiem. Egli stesso si toglie questo schermo nel
canto li. ott. XXV. v. 1. (al quale verso corrispon-
de la citata nota 31 ) , e nel canto IV. ott. V. v. L
dove simboleggiando il Verbo , sotto il nome di rag"
gio nel primo luogo , e sotto il nome di candore nel
secondo, riferisce ad imitazione di Tertulliano questa
similitudine alla natività eterna così bene , come alla
temporale , quantunque in un modo totalmente divei-so;
Vero è, che Tertulliano nell' addotto passo esprime
la incarnazione del Verbo, al radius Dei aggiungen-
do delapsus in Virginem, Ma dicendo delapsus ha
voluto continuar la metafora del radius^ non indi-
care che il Verbo sia passato in M. V. , come raggiov]
Finalmente Tertulliano non dice Verhwn Dei da-
lapsum in F'irginem^ ut radius , ma radius Dei de
lapsus in F'irginem. La prima proposizione è del no-
stro autore , e ( sia detto con sua buona pace ) r
falsa. La seconda è di Tertidliano , ed è vera.
Parnaso iMariamo 93
II nostro poeta termina l'ottava XIV del citato
canto I coi seguenti versi :
H nuovo fato di mirar s^ invogliano^
E la disciolta umanità rinterrano
L'ombre che del perduto aer s'indonnano.
Mentre i protervi nel delitto assonnano.
Il poeta qui si oppone a quel passo dell' evan-
gelio di S. Matteo dove si legge ( XXVII. 53 ) che
que' giusti risuscitarono dopo che fu risorto G. C.
In fatti la risurrezione di G. C. è tutta spirante al-
legrezza e consolazione , laddove il nuovo fato , che
gli stessi giusti s'invogliano di mirare , è tutto pie-
no di cordoglio e di ambascia. Inoltre il risorgimento
dei mentovati giusti è riferito dall' autore nella te-
ste citata ottava , come uno dei prodigi accaduti im-
mediate dopo la morte di G. C. L'autore adunque è
caduto in un vero inescusabile anacronismo.
Nel canto H ott. XIX v. 3, non mi piace quel
dire mutde le membra di G. G. crocifìsso ; perchè egli
è un dire contrario a quel passo del vangelo di S. Gio-
vanni (XIX, 33 36) da cui risulla chiaramente, che
a Gesù crocifisso non fu rotto neppur un osso. E que-
sto è un certo punto di storia sacra , che pare non
ammetta alcuna locuzion tropica neppur in un com-
ponimento poetico. Forse m'inganno. Comunque sia ,
si condoni il mutile al nostro poeta , e il confractoS"
que artus a Benedetto Del Bene ricorrendo alla cata-
cresi , e in qualche altro modo se si può.
Eccovi gittato sulla carta il mio parere sulle da voi
speditemi ottave sdrucciole. Se non eravate voi, io mi
sarei ben guardato di scrivere osservazioni censorie
sulle stesse ottave , che da tanto tempo meritamente
-voliUint docta per ora virum. Non avvi cosa tanto
94 Letteratura
aliena dal mio carattere , quanto lo scrivere di tali
osservazioni. Ma vinto dalle vostre preghiere, ho do-»
vuto cedere, ed operare contro il mio genio ed il mio
costume. Risguardate ciò , come una prova indubitata
della sincera amicizia , che ho con voi.
Sono immutabilmente vostro vero amico
C. D,
^s
Memorie storiche di monsignor Bartolomeo Pacca ,
ora cardinale di santa chiesa , sul di lai soggior^
no in Germania, dall' anno MDCCLXXXf^I al
MDCCXCIF' in qualità di nunzio apostolico al
tratto del Reno dimorante in Colonia. Con un ap-
pendice su i 7iunzi. Dedicate all' Emo e Rmo sig.
cardinale Fabrizio Sceberas Testaferrata 'vescovo e
conte di Senigallia. 8. Roma J832 presso France~
SCO Bourliè. (Un voi. di pag. XV e 302.)
v_ihi non conosce le Memorie che l'eminentissimo
Pacca due anni fa rese pubbliche sul suo ministero del
sommo pontefice Pio VII.'* Memorie veramente pre-
ziose per l'istoria ecclesiastica e civile di un tempo,
che ninno fra noi ricorda senza sdegno e commise-
razione. Sì certo: sdegno pel gran calice di amarez-
za , onde fu abbeverata da una soldatesca felicità ed
arroganza quell' anima mansuetissima del Ghiaramon-
ti : commiserazione per lo stato di abbiettezza in cui
l'augusto e venerando gerarca fu gittato a gemere lon-
tano da' suoi fedeli , lontano da questa Roma inde-
gnamente ridotta alla condizione di una francese prò-
Memorie del card. Pacca 95
vincia : da questa Roma , che madre universale rac"
colse due volte , come ben dice il visconte di Cha-
teaubriand , la successione del mondo ; qual' erede
cioè di Saturno e di Giacobbe (1). Oh quanto Ita-
lia tutta ne sospirò I Quanto ne sospirò questo popol
romano, nemico per carattere di ogni prepotenza e di
ogni oppressione , virtuoso avanzo delle virtù de suoi
maggiori (2) ! E quanto pure se ne angustiarono quegli
spiriti cortesi , che da tutte le parti del mondo qua
vengono ad onorare la maestà della donna delle na-
zioni, e gì' illustri avanzi di una gloria immortale!
Certo quelle Memorie saranno famose quanto quel pon-
tefice , quel soldato conquistatore, quelle colpe , quel
tempo : ne istorico parlei'k quind' innanzi delle cose
nostre , senza aver prima profondamente disaminato
ciò che ne riferì un cardinale, un ministro , incor-
ruttibile dispensatore di gloria e d'infamia , il quale
potè ben dire j Pars magna fui.
Or ecco altro libro, che l'inclito porporato of-
fre , pilli che a quel lume del sacro collegio sig.
cardinale Sceberas Testaferrata , alla chiesa romana
ed alla sua storia. Vi si narrano i fatti più memo-
rabili della sua nunziatura al tratto del Reno dall'
anno 1736, in cui vi andò successore del card. Bel-
lisomi , fino all'anno 1 794 in cui promosso da Pio VI
all' altra regia di Portogallo, cede il grado in Colo-
(i) La moUitude des souvenirs , l'abondance des sentiments
vous oppressene , et votre ame est bouleversèe a l'aspect de
celle Rome , qui a recueilU deux fois la succession du monde,
come heritière de Saturile et de Jacob. Chateautriand, Lettre
sur Rome.
[i] Parole dell' eniincntissimo Pacca nelle Memorie del SU9
minislero, p. 83. edizione di Civitavecchia.
d6 LBTTBKAXUai.
ixia ad Annibale della Genga , che poi fu papa Leo-
ne XII. Niun' opera al pari di questa , per ciò che
a me pare , ci fa chiaramente conoscere la verità del-
lo stato , in che trovavasi la chiesa germanica do-
po la meta del secolo XVIII: ninna ci pària più aper-
to delle varie sette che in que' d\ congiurarono contra
la potestà legittima de' pontefici: ninna dell'audace con-
gresso d'iims e degl' inganni che avvilirono il consiglio
dell'impero; finalmente delia deplorabile cecità degli
arcivescovi elettori di Treveri, di Colonia e di Ma-
gonza , i quali nelle loro temerità e presunzioni con-
tra la santa sede non avvisarono (imbecilli ! ) il precipi-
zio che già era per subissarli. „ Essi non videro (dice il
„ porporato a carte 176) che gittando a terra l'auto-
„ rifc'a pontificia , eh' è l'unico baluardo di tutte le
,, altre potestà inferiori , preparavano la loro ruina»
„ e la caduta de' principi ecclesiastici. „ E tale av-
venne : imperocché guardati sempre biecamente que-
gli arcivescovi dagli' altri principi secolari dell' im •
pero, caddero in fine nel 1803: ne più ebbero for-
za, abbandonati a se stessi, di rialzarsi : essendo man-
cata loro quella ginsta protezione , che avendoli re-
si grandi , tali pure li manteneva.
Il card. Pacca tratta di queste cose con quella
fina sagacita, con che trattate le avrebbero un Goramen-
done, un Polo, un Bentivoglio. Le narrazioni sue,
dettate sempre con ischietta facilita, bene ci rendon
fede dell' amenità di quegli studi , eh' egli non ha
mai cessato di aver carissimi. E veramente noi non
sappiamo chi più dell' eminentissimo Pacca ami i leg-
giadri poeti ed i bc* prosatori ; chi più ne faccia la
sua delizia in quelle ore, che lìbere gli rimangono da'
negozi gravissimi della chiesa e dello stato. Nel che
certo si è egli proposto l'esempio di grandi uomini ,
che illustrarono non meno la porpora , che la tiara
Memorie del card. Pacca 97
e la santa sede : uomini che le austere dottrine bel-
lamente congiunsero con le più gentili venusta delle
lettere. Chi piti di queste vaghezze conobbesi di un
Bessarione , di un Bembo , di un Bibiena , di un Sa-
dolcto , di un Bentivoglio , di un Pallavicino , di un
Quirini , di un Polignac , di un Bernis , di un Pian-
gi ni ? Chi pii!i di un Pio II, di un Leone X, di un
Urbano Vili, di un Benedetto XIV ? Chi piiì di un
s. Gregorio Nazianzeno , di un s. Giovanni Crisosto-
mo , di un s. Girolamo, di un s. Agostino.'* E Io stes-
so s. Carlo Borromeo non gradì che il celebre amico
suo Pier Vettori gì' intitolasse le commedie di Teren-
zio ? D'onde si b fatto, che tutti gli scritti del cardi-
nal Pacca abbiano una tale immagine di sempli-
cità , e mostrino un brio s\ vivace , da innamora-
re chiunque legge. Ed io gli ho letti con quel gran
desiderio e con quell' avidità , con che rare volte
mi accade leggere molte opere de' moderni : e talo-
ra ho detto : ,, Ecco materie gravi , e spesso aride e
ingrate ! Vedi come ha saputo renderle e piane e gen-
tili il sapientissimo porporato ! Certo non è egli quelT
irto Senocrate , a cui debba Platone raccomandare di
far sagrificio alle grazie. „
Nella nunziatura che il card. Pacca tenne per ot-
to anni al tratto del Reno accaddero in Europa gran-
dissimi fatti. Primieramente la morte di Federico II
di Prussia e dell' imperadore Giuseppe , poi il breve
imporo di Leopoldo ed i principii della rivoluzione
francese. Intorno alla prima mi. par curioso ciò che
diccsi a carte 32: „ Neil' agosto dell' anno 1786 mo-
,, ri il gran re di Prussia Federico II, e la notizia
,, mi fu subito comunicata con biglietto di officio
,, dal sig. Dohm ministro della corte di Berlino al cir-
,, colo di Wcstfalia residente in Colonia. Io gli ri-
,, sposi parimente con un cortese biglietto di officio,
G.A.T.LIL 7
98 Letteratura
„ ma dovetti astenermi ^i dare al defoato monarca
„ il titolo regio : poiché non si volle giammai dalla
,, santa sede riconoscere la regia dignità negli elet-
,, tori di Brandeburgo dopo la solenne protesta fatta
„ per breve dal pontefice Clemente XI, quando Fe-
„ derico elettore di Brandeburgo nel principio dello
„ scorso secolo assunse quella dignità ed il titolo re-
„ gio, e fu per re dall* Europa intera riconosciuto.
,, Il ministro prussiano capi il motivo della mia re-
,, licenza , e non se ne oflese : ma alcuni giorni do-
„ pò venne in mia casa e mi disse , che si farebbe
„ in Roma cosa grata al nuovo sovrano Federico Gu-
,, glielmo II se nell' almanacco romano detto Cracas
,, gli si fosse dato il titolo di re. Io comunicai il di-
,, scorso fattomi alla segreteria di stato , e nelfanno
„ seguente fu nominato nell' almanacco quel raonar-
,, ca col titolo regio. „
Intorno all' elezione di Leopoldo II all' impero,
parmi da considerarsi assai questo passo a cart. 130,
in cui appare di qual grave momento Pio VI credeva
essere i consigli del suo nunzio in Colonia, ,, A'
,, di 20 febbrajo dell' anno 1790 morì l'imperadore
,, Giuseppe II, e gli successe negli stati ereditari il
,5 fratello Leopoldo gran duca di Toscana, e di poi an-
„ che neir imperiale dignità. Poco tempo dopo si ra-
„ dunarono , secondo la costituzione dell'impero, alla
, dieta di Francfort gli ambasciadori e i ministri del-
,, le corti elettorali per distendere la così detta ca-
„ pitolazione imperiale , o sia quell'istromento di pat-
,, ti e di condizioni , che l'eletto imperadore promel-
,, leva e giurava prima di prendere possesso della nuo-
,, va dignità. A richiesta , come allora mi fu scritto,
,, di Leopoldo fu nominato nunzio straordinario a quel-
,, la dieta monsignor Caprara allora nunzio a Vienna:
,, prelato che non godeva il favore e la fiducia di
Memorie del card. Pacca 99
„ Pio VI? il quale s'indusse a sceglierlo per quella
„ legazione , onde non dar materia di disgusto a quel
„ principe eh' era per montare sul trono imperiale.
,, Mi fu allora insinuato da Roma di recarmi a Franc-
„ fort come privato , che andava per sola curiosità.
„ di vedere le funzioni e le feste di quella elczio-
,, ne , ma coli' istruzione d'informare il santo padre
,, dello stato degli affari e delle negoziazioni, che si
,, sarebbero allora fatte. Io vi andai in vero, e fui ac-
„ colto in casa , e trattato con distinzione ed amo-
„ revolezza del nunzio monsignor Caprara. Nel mio
„ carteggio con Roma mi astenni di parlare del nun-
„ zio e delle sue operazioni, perchè altrimenti facen-
,, do avrei credulo di tradire i diritti dell'ospitalità:
,, ma per ubbidire agli ordini pontificii mi restrinsi
„ a raccogliere quante notizie poteva da' buoni cat-
„ tolici di mia conoscenza sulle intenzioni ed i pro-
„ getti degli avversarli della san*a sede , e comuni-
„ cai tutto con sincerità alla segreteria di stato. Die-
,, di avviso , che tra i progetti era quello di aprire
„ negoziazione di accomodamento con Roma , e di
„ proporre un nuovo concordato; ma che sotto no-
,, me di concordato intendevano una spontanea con-
„ cessione del papa di ciò , eh' era allora in contro-
„ versia. Feci osservare che in Germania , dove gli
„ arcivescovi e i vescovi erano elettivi , astenendosi
„ il papa dal fare concessioni, potevano ai prelati
,, d'allora succedere altri di diverse massime , e de-
,, voti alla santa sede , i quali avrebbero rispettata
„ l'autorità pontificia , ed osservati i sacri canoni ;
„ ma che facendosi nuove concessioni , i diritti ce-
,, duti anche sotto buoni vescovi non si sarebbero mai
„ pili riacquistati. Aggiunsi finalmente quelle altre
„ osservazioni , che se si fossero sempre fatte da'mi-
„ nistri pontificii , Roma non avrebbe ora motivo di
7*
100 Lettkratua
,, essere malcontenta degli antichi e dei recenti con-
,, cordati. Seppi che Pio VI trovò giuste" le mie os-
,, servazioni : e quando gli si fece motto di nuovo
„ concordato , non volle prestarvi orecchio. „
Quanto poi alla rivoluzione francese non è a di-
re se importanti sieno per l'istoria le cose sì candi-
damente narrate dal nobile autore , il cpiale si tro-
vò quasi alle frontiere del regno di Francia. Egli an-
zi dal consiglio e dalla benevolenza del suo Pio VI
fu eletto nunzio straordinario a Luigi XVI, quando
si ebbe notizia che quei virtuoso ed infelice princi-
pe si era sottratto alle catene che lo tenevano oppres-
so. Vana notizia : perciocché quelle catene non fu-
rono da Luigi cambiate che con la mannaia, la qua-
le gli mozzò il capo dopo aver veduto distruggere
una monarchia splendidissima di quattordici secoli , e
gridarsi da un commediante Callot d'Herbois quella
sanguinosa repubblica, che tuttavia per orrore ci fa
rizzar le chiome sulla fronte, e induce a fremere tut-
ta Europa. Popolo veramente non so s'io dica se più
atroce o piìi forsennato ('J): che sì alta corona stra-
scinò pel fango , e bruttò di un sangue sacro , e per-
chè .'' Forse per esser libero ? Non già : ma per por-
gere il collo al ferro di un Marat , di Saint-Just,
di un Danton, di un Robespierre e di tali altri mo-
stri, i quali tripudiando quasi della terra e del cie-
lo sdegnati , piiì dolce vista non ebl)ero fra le osce-
nìù. e le crapule che di vedere alzala la mano del
carnefice : mostri che fecero della Francia il disono-
re dell' uraan genere. Il card. Pacca però , alle por-
te di quel grande spettacolo di scelleratezza, così giu-
(i) Le genie loujours legcr et quclquejois tres-cruel de la
natìon francaise . dice Voltaire Essai dcs mocurs toni. Vl.cap. i38.
AlK.IUKlt: DET, CAUD. PacCA 10 J
dica imparzialmente anche coloro che si dissero emigra-
ti. „ Nello sfesso anno 1 791 (sono sue parole a cart. 1 43)
,, e ne' due seguenti io fui spettatore della grande cmi-
„ grazione del clero e della nobiltà di Francia rifu-
„ giatisi nelle citta situate sulle sponde del Reno ,
)> ed a poca distanza da quel gran fiume. I primi clic
,, vi comparvero furono gli ecclesiastici delle pro-
„ vincie della Francia limitrofe della Germania e
,, de' Paesi-Bassi , i quali per aver rifiutato di prc-
,, stare lo scismatico giuramento prescritto dall' as-
„ serablca nazionale , spogliati de' loro heneficj , ed
„ esposti giornalmente ad una fiera persecuzione , cer-
,, carono un asilo ne' paesi esteri più vicini alle lo-
„ ro chiese ed alle proprie patrie. Debbo rendere giu-
„ stizia alla verità dicendo che la maggior parte di
„ quegli ecclesiastici, specialmente delia venerabile
,, classe de' parrochi , tennero una condotta religiosa
„ ed edificante , e non decaddero giammai da quella
„ stima e riputazione , che gli aveva preceduti nel
,, Belgio e nella Germania. Debbo però confessare con
„ grave rammarico , che mentre la grande pluralità
„ dei prelati francesi mostrò in quella circostanza tan-
„ to zelo per edificare la chiesa , e diede vera edl-
„ ficazione a tutti i popoli dell'Europa, la presen-
„ za di alcuni e la condotta che tennero uon cor-
,, rispose all' alta opinione , che si era di essi con-
„ cepita. Varie pie religiose dame mi avevano pre-
M gaio di avvertirle subito cha fossero giunti in Co-
,, Ionia cotesti confessori della fede : il che io non.
„ mancai di eseguire. Ma quelle divote dame , che
„ reputavano que' vescovi quali altrettanti liarii ed
t, Euscbi de' nostri tempi, rimasero sorprese in ve-
„ derc la foggia di vestire ed il loro conversare in
„ mezzo al gran mondo con leggerezza e con seco-
,7 laresca disinvoltura. I)opo rcmigraziojic del cloro
102 Letteratura
„ accadde quella della nobiltà francese , chiamata al
„ Reno dai due principi reali, il conte di Proven-
,, za ed il conte d'Artois ^ per tentare colle armi l'in-
„ gresso in Francia , e la liberazione dell' infelice
„ monarca loro fratello. Si videro allora venire a tor-
„ me da tutte le parti di quel regno e i principali
,, signori di Parigi e i nobili delle provinci e , che
,, da me famigliarraente trattati, mi fecero quasi per-
„ dere la speranza di vedere il fine de'tanti mali che
,, tormentarono allora l'infelice regno di Francia. La
,, maggior parte di cotesti nobili emigrati , ma spe-
„ cialmente i grandi signori della corte , non con-
,, tenti di non esercitare alcun atto di religione , non
,, dissimulavano ne tacevano i loro sentimenti di una
„ decisa indifferenza per ogni principio religioso, con
„ grave scandalo de' buoni tedeschi e con grave de-
„ trimento della religione cattolica in Germania. ,,
Il voler qui recare tutto ciò che di sagace e di
veramente degno di un ministro , il cui spirito era
anche più grande della sua dignità , sarebbe cosa piut-
tosto impossibile che scabrosa. Converrebbe trascri-
vere tutto il libro. Non posso nondimeno tenermi dal
riferire il passo seguente , nel quale narrasi l'ospita-
lità eh' egli ebbe da* monaci di Benedictbevern : e si
fa elogio dell'ordine benedettino in un tempo, in che
ne abbiamo adorate e tuttavia ne adoriamo le virtiì
ne' due immortali pontefici Pio VII e Gregorio XVI.
„ Partito da Monaco (così a cart. 172) giunsi la pri-
„ ma sera ad una grande badia di monaci benedet-
„ tini detta Benedictbevern , eh' era allora compresa
>, nel territorio dell' elettore di Baviera. Fui accolto
„ da queir ottimo abate e da' suoi degni religiosi col-
„ le maggiori dimostrazioni non pur di venerazione
„ e di rispetto , ma anche di affezione e di cordia-
„ lita , che mi richiamarono alla memoria i be' tem-
Mii:;vtonitì DEL CARD. Pacca 103
» pi dell antica amabile ospitalità. M'indussero que*
» buoni monaci a trattenermi con essi anche il gior-
, no dopo per Vedefe il monastero : e vi restai con
, mia grande soddisfazione» Vidi quando i contadi-
, ni , che lavoravan le terre del monastero , ed al-
, tri impiegati ^al loro servigio vennero nel luogo
, destinalo a desinare colle loro famiglie : e notai la
, differenza che v*era tra quelli ed i contadini e le
, altre persone di campagna di altri paesi ^ nella fac-
, eia de quali è la misera e straziata loro vita : e
, quegli addetti al servizio dell* abbadia erano ben ve-
, stiti , ben pasciuti ^ di bel colore ^ e con un* aria
, di giovialità, e di contento che provava la loro co-
, moda esistenza. Se tutte le nazioni debbono esse-
, re grate e riconoscenti al monachismo , dal quale
, feisse riconoscono in gran parte la conservazione del-
, le scienze e delle arti, ed il ritorno della buona
, coltura nelle campagne , gratissiraa dovrebbe es-
, ser loro la Germania é, perchè si può quasi dire
, che i monaci la crearono. Dove ora si veggono fìo-
, renti e popolose le citta con tutte le arti di uu*
, avanzata civilizzazione, ed amene e ridenti campa-
, gne ridotte a perfetta cultura , furono un giorno
, orridi deserti , foltissimi boschi lasciati in abban-
, dono a bestie indomite e feroci , lagune pestifere
ed ammorbanti paludi. I monaci per incantesimo
furono gli autori di questa così giovevole meta-
morfosi : ed anche adesso varie citta e terre indi-
cano col loro nome , eh* ebbero la prima loro ori-
gine da una badia o da un monastero. Ora nello
scrivere tali memorie mi amareggia e mi attri-
sta il pensiero , che poco dopo la mia partenza
di Germania i successori ed eredi dì quegli insi-
gni benefattori della loro nazione si sentirono suona-
re air orecchio Tintimo funesto : Veteres mlgrafe
104 Letteratura
„ coloni; e si videro cacciati dalle pacifiche loro Se-
,, di, e spogliati degli averi, frutti degli stenti e del
„ sudore de' loro primi fondatori ! ,,
Nel fine del libro, prima dell' /appendice dei do^
cumenti , è una istruzione pe' nunzi : cosa piena di
sottilissimi avvertimenti , tratti dalla più fina ragione
e prudenza ; e perciò giovevole assai a chi dal pon-
tefice sarà quind' innanzi eletto al dilicato ufficio del-
le ambascerie nelle varie corti di Europa. Per essa
massimamente conoscesi con qual senno l'eminentissi-
mo Pacca entra a consigliar sulle cose della santa
sede , e per qual via di dottrina e di pratica sia egli
pervenuto a quell' altezza di universal riverenza , che
rende si autorevoli le sue parole in tutti i negozi della
chiesa. „ Prima di chiudere questa mia relazione o
,, sia memorie isteriche (dice a cart. 187 ) , mosso
,, da quella naturale inclinazione di animo e da quell'
„ affetto , eh' io sento anticipatamente per tutti colo-
„ ro che intraprenderanno un giorno il corso delle
„ nunziature da me già fatte , non so dispensarmi
,, dal dar loro que' consigli e suggerimenti , che mi
,, somministra la passata esperienza : imitando quo'
„ canuti piloti , che a' loro giovani successori ncU'
„ impiego , prima che sciolgano le vele , indicano la
,, direzione che debbono prendere per giungere al por-
,, to destinato , e gli avvertono dove sono scogli ,
„ e pericolosi banchi di arena sotto le acque nasco-
„ sti onde evitarli , e quali sono i venti favorevoli
,, alla loro navigazione. ,,
In tredici articoli è compresa questa istruzione,
dove l'onorando porporato ha posto così gran parte
della sua mente : dove ha soprattutto inculcato una
sentenza , che pur Euripide con quel suo gran ma-
gistero inculcò nelle Supplici :
Memorie del card. Pacca IOS
Mal fida cosa
Duce o nocchiero audacemente ardito :
Chi sa ne U' uopo esser pacato , è saggio :
E verace fortezza è la prudenza (1).
Sentenza d'oro , la quale io stimo avere avuto non
piccola parte a far pronunciare dall' oracolo di A-
pollo in Delfo , che saggio era Sofocle , ma più sag-
gio era Euripide (2). Ed il card. Pacca cosi di-
ce a cart. 218 : ,, I ministri delle grandi potenze,
„ le quali hanno a loro disposizione potenti eserci-
„ ti , flotte numerose ed importanti alleanze politi-
,, che , possono nelle negoziazioni e trattative alzare
„ la voce , perchè le loro parole hanno l'eloquenza
,, di Ercole, che parlando teneva imbrandita ed in.
„ alto la clava : ma al ministro della santa sede non
„ rimane ora che la sola arma ed il solo mezzo del-
„ la persuasione. „
Io fo voti sinceri affinchè s'abbiano molte altre
opere che a questa si rassomiglino sia per la gravi-
tà delle cose , sia per l'utilità : opere che ci con-
solino e ristorino in parte di quella grande farragine
di scritti , o perniciosi o stolti , sotto il cui peso
Tristior Enee ludo bibliopola gemit.
Né l'eminentissimo Pacca potrebbe coronar meglio le
sue letterarie fatiche , che aggiungendoci le memo-
rie della sua nunziatura di Portogallo.
Prof. Salvatore Betti.
(i) Traduzione di Felice BelloUi.
(2) V. Suida alla voce a-o<po5.
106
ARTI
ELLE-ARTI.
Cenotafìo eseguito dal sig. Giuseppe Sarti
architetto e plasticatore (1).
A,
.ncorchè iri questo cenotafìo non intervenga grandez-»
za di dimensioni e preziosità di materia, pure per lo
bello stile sansovittiano che mostra , a questa no-
stra età rinnovato , non vogliamo di esso tacere t e
chiunque schifiltoso vuol dire, dica, e cicali contro a
suo beir agio : che per sicuro egli s'avrà da noi per
guiderdone meno che un marcio soldo.
Nella chiesa de' SS. Lorenzo e Damaso , di fron-
te l'ultimo pie-dritto a sinistra di chi entra in essa
basilica , elevasi in basso-rilievo uno zoccolo ricinto
all' imo di una fascia , e su detto zoccolo due pi-
lastrini corinti surreggenti una cornicetta architravata,
orlo , e coperchio a foggia di cassa sepolcrale , il
qusle girando convesso nella sommità , s'incartoccia
di poi agli estremi , e fa due volutine a piombo i
mezzi de' pilastrini suddetti , distanti fra loro tre gros-
(i) Furono fin negli antichissimi tempi questi artefici f
fra' (juali veaaero molto Igdaii Pemofil» e Goi'gaso<
Belle-Arti 107
Sczze e due terzi : delle quali grossezze o teste, quat-
tro e mezzo ne ha lo zoccolo , sette i pilastrini , e
due la cornicetta architravata , l'orlo , e il coperchio
insieme uniti*
Sotto il vivo della medesima cornicetta architra-
vata pende tantosto da un nastro svolazzante, nel cam-
po dell' inter-pilastro , un medaglione porgente il vol-
to di colei a cui il cenotafio e innalzato (1). Ap-
presso è la inscrizione in caratteri romani di rilievo,
che cosi dice:
ANNAE . BONTADOSTAE
PAVLI . SILVESTRI . VXORI
FILIAE . DVLCISSIMAE
MATER . INFELICISSIMA
FAG . CVR (2)
Finalmente eccl un mazzo o gruppo dì arnesi con
assai bel garbo acconci : i quali posano sullo zoc-
colo. Essi ne avvisano che la morta giovane eserci-
tavasi nella musica, nella pittura, e nelle scienze:
esempio certamente a qualunque età ammirabile , a
questa nostra quasi incredibile.
Ora porremo sott' occhio le parti minute del ce-
notafio , e in prima la base de' pilastrini sunnomina-
ti , la quale si compone di plinto , bastone, filetto,
gola-diritta , e listello sopra , a cui si unisce per mez-
zo di un cavetto il fusto. Questo fusto o scapo ha
il dintorno con un poco di scorniciatura , ed il suo
(i) Quel volto fa modellato dal sig. professor Cincinnato
Baruzzì.
(2) Il dottissimo abate sig. Girolamo Amati compose que-
sta inscrizione.
108 B E L L É - A U T 1
fondo è rabescato di una cosi detta candelìera a fo-
glie di acanto , che è leggerissima senz' esser secca,
pulita, e scartata a finimento quanto si possa il più 3
e sonovi nel vero alcuni avvolgimenti di steli , e di
viticchi in specie , che tu gli diresti proprio fatti col-
la punta del pennello. II solito cavetto lega quindi
il sumrao-fusto al collarino : ed eccoci al capitello.
Siffatto capitello ha di altezza un tantin meno clìe
un diametro , ne è invenzioue del Sarti , ma è tolto
di pianta da un capitello antico, sono or ora dieci
anni rinvenutosi in uno scavo operato appo il circo
di Sallustio (1). Consiste la particolarità di detto ca-
pitello corintio nell' avere l'abaco retto , e fogliami
promiscui , vale a dire d'acanto a d'acqua con di mol-
to bella osservanza e misure dell' arte collocati. La
cornice che gli posa sopra è semplice : in fatto non
(i) Questo capitello di marmo bianco è alto pai. rom. 2
onc. 3, ed è largo, al suo nascimento, pai. a ouc. 8, e al suo
cimacio pai. 3 onc. 9. Fu trovato precisamente nell'orto de'
frati carm. scalzi alla chiesa della Vittoria , e perciò rimase
proprietà loro. Essi frati venderonlo quindi al sig. Cantala-
messa architetto ascolano, dalle cui mani passò in quelle del
sig. ingeguere Gabriele Gabrielli , egli pure ascolano , ma
però dimorante in Roma. Tutto questo si è detto, stante che
essendo un tal cnpltello di vaglie forme, e ben conservato,
il vorremmo vedere allogato in sito di pubblica ragione ,
cioè m un museo , onde non corresse più rischio di perder-
si. Diremo pure, ora che ne cade in acconcio, che il signor
Antonio Sarti, architettore accademico, lo disegnò alla litogra-
fia , un terzo meno del vero, con assai valentia, insieme ad
altre ottime cose antiche di ornato architettonico , facenti parte
di un' opera , che il medesimo avea intrapreso, e che, con
grave danno degli studiosi dell'arte, non fu mandata a com-
pimento.
Belle-Arti 109
e altro che una fascia o architrave , che vogliam chia-
mare , un listello , un uovolo intaglialo di una fil-
za di foglie , un gocciolatore o cimasa coronata di
un pialletto, iliceve , come notammo , questa corni-
ce architravata un coperchio , a modo di sarcofao'o ,
nel cui liscio avvi lavorato un caspo di acanto, dal
quale nascendo alcuni steli , e vilucchi , e fogliami
in varie guise , fa quel coperchio nell' opera un ono-
rato finimento. Vi sono ancora alcune fave che escon
fuori sotto le volutine di esso coperchio , e che gi-
rano su per le medesime in un certo modo svelto e
leggiadro , che danno bellissima accordanza.
L'altezza totale del cenotafio misura pai. rom. 15,
e la larghezza maggiore 6. Tutta l'opera è di terra
cotta tinta a marmo bianco.
Dopo tutto ciò noi ci rallegriamo col signor Giu-
seppe Sarti , perchè con questo suo lavoro ne ha mo-
stro , quanto amore egli professi a' nostri maggiori
che operarono ne' buoni secoli. E certo il seguire' An-
drea Contucci da San-Savino , che in questo genere
di lavori fu sommo , sarà sempre cosa lodata : sic-
come sarà quella non meno di aver egli ritornato ,
pel primo , in uso le terre-cotte , che nell' antichità
furono cotanto gradite , e che oggi noi , noi moder-
ni , gonfi di fasto e di ricchezze abborriamo , pre-
ferendo più presto di condurre ogni ornamento nelle
fabbriche nostre di solidissima e preziosissima malta.
F. G,
ìiO
VARIETÀ'
Delle lodi del sommo pontefice Gregorio XFI. Orazione scrilia
da Giacinto Cantalamessa Carboni e recitata in Ascoli ec,
Ascoli tip. di Luigi Cardi MDCCCXXXIL (difac. i5 in ^J
J-/ifficile impresa parlar degnamente della virtù , che regna!
E pure ha vinto con onore siffatta prova quello squisito giu-
dizio di Giacinto Cantalamessa Carboni, parlando prima de'
benefici fatti dal regnante pontefice allo stato; poi di quelli
fatti ad Ascoli in particolare. Occasione al ragionare si fu la
festa di quella città pel primo anniversario della coronazio-
ne , quando convennero il terzo giorno nel palazzo del co-
mune generosi spiriti a rinnovare tra' cantici e suoni la sin-
cera esultanza. Alla quale porgevan motivo i novelli ordina-
menti, cui la sapienza del principe in mezzo a tante pertur-
bazioni dava principio: ordinamenti tanto più degni, in quan-
to racchiudono il germe di quelle istituzioni , che l'esperien-
za ed il voto de' savj a bene de' popoli dimanderà (") : or-
dinamenti^, che sono in singoiar mo<lo proficui agli ascolani,
(*) L'oratore ha tolto dal nostro giornale tom. L pag. agS
queste parole , che ci è bello qui riferire , com' egli stesso le
riferiva.,, Quando le generazioni venture, disse uno degl'illu-
stri letterati, di cui a' dì nostri Italia fiorisce, colle colpe
della età presente vedranno la grandezza di animo e la cle-
menza impareggiabile di questo sommo universale pastore ,
converranno tutti d'accordo eh' egli ne fu dato da Dio per
mostrare al mondo sulla sedia augusta di Pietro la vera ima-
giuc della bontà supcrua. „
Varietà' 111
i quali ottennero cosi il sospirato riprìstinamento della loro
delegazione. II libro è ornato di una stampa litografica , che
offre l'idea di un munumento già eretto nella piazza del po-
polo all' occasione , che dicemmo , per cura e studio del sig.
Ignazio Cantalamessa. Vedi sorgere in disegno la statua colos-
sale del sovrano pontefice, a' cui piedi una Fama ed un'altra
pongono ghirlande: ai lati su due piedestalli di minore altez-
za vedi l'Europa e l'America con simboli appropriati: non ve-
di le altre due parti del mondo cattolico , che pure in quel
festeggiare vi figuravano (*). Leggi bensì tre iscrizioni: la pri-
ma sotto il pontefice, la seconda di fronte al monumento, la
terza dalla parte opposta. Riferiremo quest' ultima che a noi
risparmia molte parole, ai leggitori procaccia nuovo diletto.
IVRA , LEGESQVE . DARE . GENTIBVS
IMPERIO . VIM . VRBIBVS . DIGNITATEM
CIVIBVS . CONCORDIAM . OPPIDIS . MONVMENTA
MILITIBVS . ARMA . DVCIBVS . ANIMVM
RELIGIONI , REVERENTIAM
VNO , TANTVM . ANNO . RESTITVERE
DIVINVM EST.
Ma non vogliamo finire senza molte Iodi all' autore delle me-
morie de' letterati ed artisti ascolani già dedicate al N. IJ. sig.
conte Giuseppe Rosati Sacconi , degno fautore de' buoni studi:
delle quali parlava il nostro giornale tom. XLVII pag. '2^o ,
rallegrandoci col Cantalamessa-Carboni , che nelle patrie isto-
rie, delle quali è peritissimo, ha trovato di che infiorare bel-
lamente la sua orazione.
D. V.
l*) Vedi Diario romano del 22 febbraio i832.
412 Varietà'
Poesìe italiane di vari autori. Firenze, tipografia Magheri i83i.
X nomi degli autori compresi in questa nuova raccolta di poe-
sie sono i seguenti: Monti, Filicaja , Petrarca, Ugo Foscolo,
Pindemonte , Leopardi, Berchet , Manzoni, Borghi. Pare , che
l'editore di questi versi siasi proposto di raccogliere quanto
di più bello in poesia si riferisce all'Italia, o alle vicende di
questi ultimi tempi , tanto fecondi di avvenimenti, e di gran-
di delitti, siccome di grandi virtù: e con ciò spezialmente
intendiamo parlare de' versi del Monti quivi inseriti , cioè
la Baswilliana , ed i tre primi canti della Mascheroniana ; che
forse dall' editore non si conoscevano i due ultimi , con che
dal poeta si è dato compimento a quel suo nobilissimo la-
voro, e che sono stati stampati questo slesso anno con bel-
le ed erudite annotazioni a Gapolago.
Nulla diremo del Monti , con che si dà principio a que-
sto volumetto, e degli altri nobilissimi ingegni, che gli fanno
corona, e da' quali riceve, e dà nuovo splendore: diremo sol-
tanto poche parole intorno le due romanze di Giovanni Ber-
chet , cioè i| Profughi di Parga , divisa in tre parti , e l'al-
tra il Trovatore. Chi ha lette tutte le poesie del Bcichet,
non potrà negare a questo letterato italiano molta spontanei-
tà e felicità di verso, ed una certa novità d'immagini, e ciò
si riferisce all' invenzione poetica ; ma quando siamo al colo-
rire que' pensieri , le sue tinte non sono già quelle del Raf-
faello della poesia Lodovico Ariosto , ma quelle più presto del
più infelice ed inesperto coloritore.
Perchè poi alle nostre parole si presti piena ed indubi-
tata fede, trascriviamo alcuni versi del Berchet, e chiediamo
ai nostri leggitori , se sieuo essi poi classici o romantici , se il
seguente sia il vero linguaggio ritmico della più bella , ar-
moniosa e poetica delle lingue viventi.
Il Berchet parla di un greco , che vinto dalla dispera-
zione, è sul punto di gettarsi nel mare :
,, Ecco ei sorge. -Per l'erto cammino
,, Che pensier , che furor l'ha so?piulo ?
Varietà' 1 13
,, Ecco ei stassi , che pare un tapino ,
,, Cui non tocchi più cosa mortai. -
E nella terza strofa al verso 4-
„ Il suo sguardo sui flutti piombò.
Strofa quarta, verso i e 2.
,, Remiganti , la voga batteste ,
„ Affrettate : - salvate il furente.
Strofa quinta, verso 4> 5, 6,
„ Fra i tacenti una voce sali :
,, Che t'importa , o vilissimo inglese ,
j, Se un ramingo di Parga mori .'
Strofa decima , verso i, 1.
,, I nocchieri a quel corpo grondante
„ Tutti avvolgono a gara i lor panni.
Strofa dodicesima, verso i, e 2.
,, A quel prego, su i banchi - giuliva
„ Del riscatto , la ciurma s'arranca.
Dopo la lettura dì questi pochi versi, tratti dalla prima parte
della prima romanza, noi chiediamo ai letterati italiani , se
questa potrà mai essere bella, vera, ed imitabile poesia.
Ogni lingua ha la sua indole particolare, ed in ognuna
v' ha modi , che si devono o no usare , appresso 1* auto-
rità di que' sommi che ne precedettero , e furono dall' uni-
versale per classici salutati. Ma siccome uno solo è il uero ed il
bello, cosi ciò che fu dichiarato da un'intera nazione, rap- .
presentata dai granili che ne conservano il sapere , e ne au-
(i.A.T.LII. 8
H 4- Varietà'
inenlano le glorie o ignobile o da uoa usarsi , non potrà
di lei^gieri acquistar fedo , ed antorità dall' uso fattone da'
novelli letterati. E noi per quanto siuceraineute onoriamo l'in-
gegno del Manzoni , non crederemo mai , che possa divenire
una parola nobile , e veramente poetica , quella di ta-
pino da lui usata nel suo inno di sublime argomento la Pas-
sione, che poi si legge adoperata anche dal Berchet nella se-
conda strofa al 3 verso. Finalmente per dir tutto in poco noi
crediamo, anche coli' autorità del Monti, che molte parole ben-
ché dir vogliano (e ciò non è certo in questo caso) cose alte
e dignitose, non saranno mai tali se i più dotti in fatto di
lingua altrimenti pensarono. E siccome non vi è che una via,
che conduca alla virtù , cosi in fatto ancora di letteratura una
sola ve n'ha, a nostro avviso, che sia vera e retta, onde ot-
tenere un nome immortale , ed una corona risplendente tutta
di luce sua propria.
Solenne distribuzione de' premj ed esposizione dell'anno i83i
dell' accademia provinciale di belle arti in Ravenna. Ra-
venna presso A. Roveri e figli 1 832 ( in 8. di pag. 36)
KJ n bel discorso viene innanzi: è del segretario dell'acca-
deniia conte Alessandro Cappi. E' tutto nelle lodi di Luca
Longhi pittore tanto modesto , che non usci mai finché visse
di Ravenna sua patria ; al quale il Vasari contemporaneo, ed
il Lanzi più tardi, furono forse meno giusti o meno sinceri
estimatori. Qui e detto singolarmente di una adorazione di
Gesù Bambino, dipinto di Luca , che il comune di Revenna
depositò alla pinacoteca, jin quello segui il pittore la sua pri-
ma maniera; accennandosene un' altra, che egli stesso segui
dopo aver veduto Raffaello , od almeno qualche stampa dì
Marcantonio Raimondi. ,, Ma il confesso , ( soggiunge l'elo-
,, gista ) nella sua prima e più raccolta maniera sobrio nel
,, comporre , semplice e naturale del disegno , e delicato e
Varietà* 1^5
,, gustoso nel tuono delle tinto, veggo più la dolce anima sua
„ e mi riesce più originale. ,, (i)
Segna un cenno si dei lavori degli alunni , si delle ope-
re degU artefici concorsi al premio: ed è in fine l'elenco delle
opere , che furono esposte : tra le quali riluce un£| bella in-
venzione d'architettura del sig. professore direttore Ignazio Sar-
ti : piante spaccati e facciate di grandioso edifìzio che, a te-
nore di un programma, fu già progettato per l'ateneo di Forlì (2).
Allievi ed artisti non meno della città , che della provincia
vengono ogni anno in Ravenna a nobile gara : la quale colla
guida prudente e col favore universale non potrà non ren-
dere frutti copiosi nelle arti, dalle quali ogni comodità ogni
giocondezza del vivere viene derivando , e si conserva feli-
cemente.
D. V.
(i) Una illustrazione delle opero sì ad olio e sì a fresco
del Longhi è lavoro , che il conte Cappi, tenero della pa-
tria gloria , promette condurre in qualche anno. Desideriamo
lo compia, com'è da lui , per provvedere si ad un vuoto , che
è nella storia dell'arte, come alia fama di un degno pittore
di cui può gloriarsi la nostra Romagna che ne vanta buon nu-
mero del tempo migliore ; benché pur troppo mal conosciuti
o dimentichi dagli scrittori. A questo proposito non mi par
da tacere ciò , che a questi giorni mi scriveva un mio dotto
amico : che il sig. Gaetano Giordani, custode della pinacoteca
di Bologna, riunisce da qualche tempo le memorie degli ar-
tisti di Romagna per darne opportunamente una storia in
appendice al Lanzi.
(a) Questo progetto del Sarti meritò a preferenza di molti
altri il premio della medaglia d'oro dall'accademia dei fiier-
giti di Forlì appresso il voto in iscritto dell' accademia di bel-
le arti di Venezia l'anno i83o. Sei disegni acquerellati a in-
chiostro della china in sei fogli, alti m. 0,68, e larghi m. 1,00.
8*
116 Varietà'
Poesie giovanili di F. G. Modena , per Gemirùano Vincenti
e compagno i83i.
Xxbbiamo parlato altra volta colla dovuta lode' di 28 sonet-
ti dell' autore di queste poesie giovanili , che sebbea cerchi
di nascondersi colle iniziali F. G. non è però raen vero esse-
re il facile ed elegante poeta modanese, sig. Francesco Galvani.
Noi fra i molti elogi , che gli potremo tributare per que-
sti suoi versi , uno solo vogliamo , che ne conosca , ed è di
avei" ben tenuto a memoria qual precetto del Venosino
Sumite materiam vestris qui scribitis aequam
Viribus ....
Il perchè cantando il Galvani della donna del suo cuore ha
potuto toccare il segno : né sarà mai altrimenti dove chi scri-
ve non senta esso prima le cose che altrui vuol far sentire .
A confortare sempre più il giovane autore a seguire in ogni
suo lavoro non altri, che il proprio cuore, trascriviamo una
brevissima lettera , che possediamo inedita di quel gran lette-
rato j che fu Ippolito Pindemonle, che nel dettare i suoi ele-
gantissimi versi non tenne mai altro modo. La lettera è diret-
ta a Giovanni de Bizzarro di Ragusa , che gli chiedeva alcun
verso in morte della sua amatissima sposa Marietta Tarma , che
fu pianta da vari poeti con alcune rime impresse in Pisa nel 1806.
„ Con molto mio rincrescimento son costretto a rispon-
„ derle, che io far non posso ciò ch'ella desidera da me. Non
,, dubito , che la sua amante ornata non fosse delle doti più
„ belle; ma egli è impossibile a me il compor versi per un
„ soggetto da me non conosciuto. Se i versi , che io scrivo ,
,, non sono affatto spregevoli , io credo doverlo appunto at-
„ tribuire all' uso mio costante di parlar solamente di quel
,, che ho veduto , di quel che ho provato ; di quel che diret-
,, taraente mi toccò , mi commosse l'animo. La gentilezza dell'
„ animo suo, che traspira nella sua lettera, mi fa sperare, eh'
,, ella prenderà ciò in buona parte, e che non lascerà per quc-
Varietà* IH
,, sto dì credermi quale con molta stima io mi fo un pregio
,f di dirmi.
Ora non ci resta , che fare un voto , ed è, che il sig. Gal-
vani voglia finalmente render di pubblico diritto le sue erudi-
te note a 53 Novelle del Boccaccio , le quali possono , cosi
ridotte , esser lette senza pericolo della gioventù. È tanto più
fervido e sincero questo nostro voto, in quanto che sappia-
mo averne ottenuto i conforti del più grande de' poeti mo-
derni Vincenzo Monti , dopo il giudizio del quale ogni nostra
lode diverrebbe inutile , o almeno soverchia.
C. E. M.
Ristretto della storia dalla letteratura italiana di Franco Sai'
fi già professore in molte università. d'Italia. Lugano ; coi
tipi di G. Raggia e comp. i83i. Due volumi in 8.°
A ranco Salfi benché lontano dall' Italia , che il vide nasce-
re , non cessa però di occuparsi sempre di quegli studi , che
hlla letteratura della penisola si riferiscono: e noi già parlam*
tuo con elogio di questo scrittore.
Benché l'Italia vanti ia questo secolo vari ristretti della
sua letteratura , ed anche a questi ultimi giorni il eh. cav.
Giuseppe Maffei abbia pubblicato il suo col seguente titolo
Storia della letteratura italiana, dall' origine della lingua fino
al secolo XIX. Milano, dalla società tipografica de' classici ita-
liani^ i8a4 tf"^ volumi in 8.°, non è però men vero, che anche i
nuovi ristretti possono essere di molta utilità si per i giovani,
sì percolerò anche più tnaturì, che non volendo darsi particolar-
mente allo studio universale delle patrie cose, si contentano di
conoscere in compendio i nomi, la patria , e le opere di quegli
scrittori, che più Vennero in grido d'illustri in ogni maniera di
gravi sludi o gentili. Diremo poi con tutta libertà , che il sig.
Salfi ha talora trascurato qualche nome più conosciuto > per
notarne alcuno più oscuro , né sempre è stato esatto nell' as-
segnare agli autori da lui citati nell' indice universale la loro
118 Varietà'
vera patria. E ben si doveva distinguere il luogo di nascila,
il che spesso si deve al caso, da quello del padre, ch'è il ve-
ro da assegnarsi agli autori: e simili inavvertenze ora tanto-
meno si soffrono, dopo le grandi opere piene di critica del Ti-
raboschi , del Denina, del Bettinelli, e le biografie particolari
dei dueBarotti, del Baruffaldi giuniore , dell'Affò, del Pog-
giali, del Vermiglioli , e di molti altri distinti letterati, che
con molta cura ed amore posero mente alla illustrazione del-
le patrie glorie, ed all' incremento degli studi in questa no-
bilissima Italia.
Elogio storico del come Giuseppe Angelo Saluzzo di Meniisi-
glio scritto da Giuseppe Grassi. Torino, per Giacinto Ma-
rietti tipografo libraio i83i.
VTiuseppe Grassi torinese fu a questi ultimi tempi uno dei
più belli ornamenti della italiana letteratura , di che fanno
ampia fede e le varie opere da lui publicate , e le lodi spon-
tanee di uomini lodatissimi , quali furono il Lamberti , il Fo-
scolo, il Monti.
Il presente elogio è uno de' più perfetti fra i molti lavo-
ri del Grassi : e ripetiamo con piacere , che ciò pensava egli
slesso nelle brevi notizie biograflche da lui cortesemente det-
tate a nostra istanza. Dopo aver detto la pessima condizione,
in che era venuto il Piemonte per l'invasione francese, così
si esprime: ,, Non abbandonai tuttavia le lettere italiane, ed
il mio primo saggio in esse fu VElogio storico del conte Sa-
luzzo, pubblicato nel i8i2, del quale anche adesso arrossi-
sco meno degli altri lavori fatti in età più matura , per una
certa sua indole, che sotto straniera dominazione ritrae un
non so che di generoso e di franco. ,,
Crediamo di non poter chiuder meglio questo breve ar-
tìcolo , che trascrivendo per intero un brano di lettera del
Tacito allobrogo indiritta al nostro autore , e premessa dall'
editore con savio accorgimento alla ristampa di questo elogio.
Varietà* 119
,, Parigi 12 aprile 1812 .... Resta, che io mi congra-
„ tuli teco di questo pensiero , che t'à venuto in mente, dì
„ voler celebrare la meraoria d'un uomo , per le fatiche del
,, quale il Piemonte salì in tanto grido di paese dotto e ci-
,> vile. Certo i piemontesi debbono maggiormente tenersi ob-
,, bllgati a quelle ossa, e vieppiù onorare quelle ceneri san-
„ te , che i francesi alle ossa ed alle ceneri del Lavoisier lo-
„ ro debbono essere, e sono obbligati ad onorarle. Che di-
,, rò di me, e dell' osservanza e della venerazione, in cui
„ le tengo ? Conciossiachè quell' uomo grande amasse me , co-
„ me se figliuolo stato gli fossi, ed io in luogo di padre lo
„ avessi ed amassilo. Né mai , finché avrò vita , me lo ricor-
,, derò non solo senza desiderio , ma senza lagrime. Erami al-
„ lora ogni vento contrario, ed ei mi sostenne, acciò non ca-
,, dessi e non andassi del tutto in precipizio. Di qua e di
„ là vedevami ad ogni ora crescere le cagioni di rammarico
,) e di dolore, ed ei mi consolava. Volle sollevare la mia nmi-
„ le fortuna , e indirizzare verso il porto la mia povera na-
), vicella sbattuta , e quasi sommersa , e fecene opera , e non
„ potè: In fine l'ultimo ufficio suo verso di me fu un ufficio d'a-
„ more e di pietà j e se stato non fosse che deruruo l'uno
„ e l'altro in gente crudele ed inesorabile, gli veniva fatto
„ il pensiero di dar ricovero a questa mia travagliosa vita.
,, Or non fia mai che io non ti lodi , e non t'esorti a segui-
,, re il tuo proposito di spargere nembi di gigli e di pur-
,, purel fiori per onorar l'ombra di un tanto nostro concit-
„ ladino. Fallo , che già di là ti sorridono le muse , e di qua
„ ti fa plauso ogni anima gentile e generosa : e tu ne acqui'
), sterai nome non solamente di giovane dotto , ma ancora
„ di ben costumato, e dabbene. Porocchè nissun maggior se*
„ gno v'ha di cuor ben nato , e di mente ammaestrata d'ot-
,, time discipline, che il far onore ai morti, che han lasciato di
,, qua una memoria degna d'onoranza. Mi ti raccomando , e ti
„ abbraccio con ogni affetto. ,,
C.vnto Botta.
Ì20 Varietà'
Poesie di Niccola Cirino socio di varie accademie. Napoli
pe' tipi della Minervn.
i.VJLai non mancarono nella patria di Teocrito e del Meli uo-
mini per ogni maniera di nostrale letteratura lodatissimi : se
non che forse si è talvolta desiderato nelle poesie di queg'li
scrittori una maggiore lindura nella lingua , ed una imma-
ginazione meno fervida sì, ma più vera; poiché è indubitato,
che il vero bello poetico non già consiste nel troppi orna-
menti , e nella pompa di strani pensieri , e di antiquati vo-
caboli, ma si nella semplice eleganza dello stile, nella spon-
taneità del verso, nella evidenza delle immagini, e finalmen-
te nella proprietà delle frasi e delle parole. Le poesie del
Cirino non mancano né di una certa facilità, né di qualche
bel pensiero : e di questi pregi ne vogliamo lodato l'autore.
Vorremmo però ciò che or ora accennavamo, cioè più lingua^
più stile , più eleganza finalmente.
La Corilliade> poemetto in quattro canti, in cui l'autore
descrìve la morte della sua donna , è composto di versi sciol-
ti e di terzine, e preceduto da una breve epistola a Delia Se-
bezia in terza rima , alcune odi di vario metro , più altri com-
ponimenti in verso sciolto, due in ottava rima, due in terzi-
ne, un sonetto posto a pie di una nota, del genere descritti-
vo su Zisa, celebre castello discosto non un miglio da Pa-
lermo, sono i vari ritmi, in che si é esercitato l'autore. Ab-
biamo poi veduto con piacere come abbia tolto ad argomen-
to de' suoi versi o nomi chiarissimi per bella fama d'ingegno,
o lodati per opere di pietà, od augusti per dignità, siccome
sono quelle di Francesco I e di Ferdinando II sovrani delle due
Sicilie , del sommo pontefice che fu Pio VII, di Francesco
Testa, di Vincenzo Zuccaro, e di altri tali, che furono, o
sono tuttora bella' e ben fondata speranza di gloria , e di no-
vello ornamento della loro terra natale.
Varietà' 421
Ero e Leandro carme dì Museo il grammatico, che tradotto
dal greco in rime italiane alla sig. Ottavia Corsi ed al sig.
Donato Grassi nel giorno del loro sponsali Alessandro Cor-
si fratello e cognato amantissimo O. D. C. Firenze coi
tipi Calasanziani i832.
i-loi parlammo altra volta con elogio del traduttore di questo
poemetto, il quale sebbene abbia taciuto il suo nome in fron-
te del presente volgarizzamento , non è però meno da noi
conosciuto , come l'autore di una grammatica greca , cioè il
eh. Stanislao Gatteschi delle scuole pie.
Molti furono i traduttori di questo poemetto , e primo
di tutto il padre del gran Torquato , Bernardo Tasso. Meri-
tando dopo lui di essere nominati non senza lode, almeno per
la parte dalla fedeltà, il Baldi , il Salvini , e da ultimo il
felicissimo traduttore di Plutarco, il veronese Girolamo Pompei.
Se il Gatteschi abbia o no superato , oltre i riferiti , gli
altri moltissimi volgarizzatori, che lo hanno preceduto, è ciò
che non osiamo assicui'are. Diremo soltanto j ch'egli è il pri-
mo che abbia corso l'aringo , voltando quel carme in ter-
zine: e che questa sua versione non manca da cima a fondo
né di facilità, né di una certa classica eleganza , il qual pre-
gio è forse il principale di questo lodatissimo lavoro.
Vita del B. Giovanni Colombini da Siena fondatore de' poveri
gesuati composta per Feo Belcari - Imola
per Ignazio Celiati i85i
-Ljodevole impresa si è questa del sig. Galeati che si fa a ri-
produrre aurei scritti de' nostri buoni antichi a vantaggio della
gioventù, che intende allo studio della bellissima delle hngue -•
e quante volte ci presenterà di somiglianti opere noi gliene
sapremo sempre grado. Per primo saggio del suo lavoro ci
porge la vita del B. Colombini scritta da Feo Belcari , che
122 V A R 1 E T A*
a detta del Cesari ha 11 pregio ,, che fu scritta nel quattro-
,, cento colla lingua medesima del trecento , cioè conservò il
,, medesimo natio candore e purità di lingua in quel tem-
,, pò medesimo che essa cominciava a perderlo, e a guastar-
,, si : il che è qualche cosa simile ad un prodigio. ,, Ora
poi il Galeati è per porre in luce. Le vite d'alcuni primi coni'
pagai del B. Colombini scritte anch'esse dal Belcari : il che
pure ci piace, ma ci piacerebbe assai più, che in luogo di
razzolare nelle scritture del quattrocento, si facesse a ripubbli-
care le prose di quel signore dell' altissimo cauto , nelle quali
sole è più filosofìa che in tutti gli scrittori del sec. XIVò E
cosi correndo quelle con facilità per le mani de' giovani, ap-
prenderebbero essi e i veri modi dell' italico scrivere, e quan-
to l'Alighieri valesse anche nello sciolto sermone.
GiAwrKAMCESCo Rambelu.
Prospetto, Il progresso delle scienze delle lettere e delle arti.
i5i farà parola in quest' opera di tutto quanto è rivolto a
promovere la civiltà e l'umano sapere, segnatamente in Italia.
Opera di molte persone , e di non breve lavoro , sic-
come quella che di più parti e le più svariate è composta,
darassi alle stampe nella guisa dichiarata qui sotto.
Condizioni deW opera, s modo di farne l'acquisto.
L'opera si comporrà di 3 volumi in ottavo , da uscire
in luce nel vegnente anno i832 , iu sei fascicoli, de' quali
ciascuno sarà non minore di fogli io di stampa.
Due fascicoli formeranno un volume.
Sarà pubblicato un fascicolo in ogni bimestre.
Il prezzo di un fascicolo sarà di carlini 5.
Gli esemplari saranno inviati nelle provincic del Regno,
franchi di porto.
Varietà 123
Pel rimanente d'Italia e pe' paesi oltremontì, le spese di
porto saranno a carico degli associati.
I danari dovran pagarsi in Napoli , sia nell' alto della
consegua dell' esemplare , sia nell' atto della soscrizione.
Le soscrizioni e i danari ricevonsi nella libreria di Ca-
millo Settembre , Toledo n. ago, e nella libreria di R. Ma-
rotta e Vaspandoch , largo della Trinità Maggiore.
Né lettere , nò danari saran ricevuti , se non franchi di
porto.
Coloro i quali procureranno io associati , ovvero la ven-
dita di IO copie, avranno l'undecima gratis.
Le antiche iscrizioni perugine raccolte, contentate, e pubblicate
da Gio. Battista yermiglioli. Edizione seconda corretta, ed
accresciuta di oltre a CCLX monumenti etruschi ed ina-
diti per la maggior parte.
XJa. che lo studio delle antiche lingue d'Italia, e degli etru»
schi monumeuti, erasi con felice successo divulgato per tutta
la colta Europa, ampia testinxanianza ne' paesi stranieri all'
Italia rendendone le recentissime opere di MuUer , Niebuhr,
Creuzer , Guiguiaut, Dorow , Steimbuchel, Raoul-Rochette, e
di altri , le Iscrizioni Perugine già pubblicate in due volumi
in 4 negli anni i8o4-i8o5 venivano anche di là da' monti
sollecitamente ed avidamente ricercate ; ma io stesso , mio
malgrado, doveva rifiutarmi ad ogni dimanda, poiché n'era
d'ogni esemplare sfornito. Né ciò poteva essere di manco ,
imperciocché dopo la rinomatissima opera dell'ab. Lanzi, uiua
libro fino ad ora erasi visto , che ampio tesoro di etru-
sca paleografia contenesse, quanto l'opera delle Perugine Iscri-
zioni. Voglio anzi aggiugnere , che mentre il Lanzi , ragunan-
do per l'opera sua monumenti da tutta l'Etruria nostra , dagli
esteri musei, da opere stampate e manoscritte, non pubbli-
r.ò che 56o iscrizioni etrusche all' incirca, questa nuova edizione,
di una sola città ne contiene oltre a 4^0 ed olire a aoo o
^24 Varietà'
inedite , o dal medesimo autore pubblicale in diversi detta»
gli , e cosi l'opera intiera unitamente alle iscrizioni romane
aumeutate anche esse , novererà oltre a 85o monumenti scritti.
Tesori cosi preziosi del perduto linguaggio d'un gran popolo,
già divenuto un giorno di tutta l'Italia padrone e signore ,
onde i suoi monumenti hanno sempre relazione con i più gran-
di oggetti della storia, per se medesimi raccomandandosi, non
hanno bisogno per avventura che da me venga implorato a
prò di essi il favore e la generosità dei dotti d'Italia , e del-
la patria in modo speciale ; e particolarmeate in un tempo ,
in cui gli scienziati stranieri vorrebbero in questi importan-
tissimi studii contrastarci la palma.
L'edizione verrà eseguita in 4 grande coÌ| caratteri di
questo programma , con le tavole occorrenti , e con caratte-
ri nuovi etruschi. Se ne incomincierà la stampa tostochè sarà
raccolto un sufficiente numero di firme. L'opera si pubbliche-
rà in due parti, ed in due sole difstribuzioni si dispenserà agli
associati, che pagheranno per ciascun foglio di stampa bajoc-
chi 4 2 P^" * centesimi 25 tli franco , e per ciascuna tavola
bajocchi 5 2 pari e centesimi 3o.
Le associazioni si riceveranno in Perugia dall' editore in.
via del Corso N. no e da' principali librai d'Italia.
NIHIL OBSTAT
Ab. D. Paulus Delsignore Ceus. Theol.
NIHIL OBSTAT
Petrus Lupi Med. Colleg.
NIHIL OBSTAT
Petrus Odescalchi Gens. Philolog.
IMPRIMATUR
Fr. Dom. Buttaonl Mag. S. P. A. Socius.
IMPRIMATUR
Jos, Della Porla Patr. Constant. Viccsg.
Os
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SCIENZE
Saggio d'una distribuzione metodica degli Animali
f^ertebrati a sangue freddo^ di Carlo Luciano Bo-
naparte principe di Musignano.
Ciotto il titolo eli Saggio d'una distribuzione metodica
degli Animali Vertebrati pubblicai recentemente un qua-
dro in cui vengono classificati secondo le mie vedute tut-
ti gli Animali Vertebrati a sangue caldo , e degli al-
tri a sangue freddo , la Classe dei Rettili. Il difetto
d'alcune indispensabili notizie mi trattenne dal presen-
tare allo stesso tratto la Glasse dei Pesci, che avrebbe
compito l'intiero quadro; e mi fece trascurare relativa-
■mente ai Rettili stessi l'indicazione dei luoghi natali
:e del numero approssimativo delle specie conosciute.
Ora, che ho procurato i materiali opportuni, mi av-
venturo ad esporre sullo stesso piano delle precedenti
la Classe dei Pesci restata indietro : ed , acciò tutto il
lavoro riesca d'una esecuzione uniforme, lo riprendo
dalla già accennata Classe dei Rettili ; tanto più
volentieri , perchè nella distribuzione di quella Classe
mi sembra espediente l'introdurre non pochi cambia-
menti, che m' ha suggeriti un nuovo esame di questo
argomento.
G.A.T.LII. 0
130
PROSPETTO
vJIi Amfibj sono Animali vertebrati, a sangue fred-
do , ovipari (o ovivipari), forniti di polmoni.
Costituiscono la quarta Classe della prima Pro-
vincia del Regno Animale.
SOTTOGLASSE 1. REPTILIA
Respirazione per mezzo di soli polmoni : cuore
biloculare , bi- (o tri-) aurito : pene : accoppiamento
con coito : uova dure o coriacee : niuna metamorfosi.
Corpo racchiuso in una teca consistente in due
gusci formati dalle costole saldate insieme e dallo
sterno : pene semplice : lingua adnata : niun dente :
quattro piedi : osso del timpano connato col cianio.
ORDINE 1. CHELOmi
FAMIGLIA 1. TESTUDIIVID.^. Piedi digitati : gusci
ossei : timpano manifesto. Terrestri o d'acqua dolce.
§ TESTUDiNiNA. Labbra cornee.
§§ ciiELiNA. Labbra carnose.
FAMIGLIA 2. TRIOIVYCIDJ3. Piedi digitati : gusci
coriacei : timpano latente : labbra carnose. Fluviatdi.
Animali vertebrati 131
FAMIGLIA 3. CHELOisiD^. Piedi piimiformi : lab-
bra cornee : timpano latente. Marine.
§ sPHARQiDiNA. Gusci Coriacei.
§§ CHELONtNA. GuSCi OSScl.
Corpo catafratto : costole separate : pene sempli-
ce : lingua ad nata : denti conficcati nelle mascelle :
quattro piedi t osso del timpano connato col cranio.
Cuore triaurito ! polmoni non estesi all' addome ! ster-
no lungo : ninna clavicola : orecchie clausibili con
valvole : ano longitudinale.
(hatì) ORDINE a. EWAMOSAURII
Piedi corti , pìnniformi. Marini. Fossili.
FAMIGLIA 4. ICHTHYOSAURID^. Denti inseriti in
un solco comune.
FAMIGLIA 5. PLESloSAURiDiE. Denti inseriti in di-
stinti alveoli.
ORDINE 5. EMIDOSAURII
Piedi digitati. Fluviatili.
FAMIGLIA 6. CROCODii.iD^. Più Serie traSverse di
piastre ossee che formano uno scudo superiore : denti
inseriti in distinti alveoli.
Corpo coperto di squame : costole separate ac-
cerchianti almeno gran parte della circonferenza del
tronco : pene duplice : lingua libera : denti non con-
ficcati nelle mascelle : ano trasversale.
132 Scienze
ORDINE 4. SAUAII
Mandibola di un sol pezzo (tornii connati all' a-
pice) : osso del timpano libero : occhi cospicui : quat-
tro piedi o almeno i rudimenti di essi : sterno corto :
clavicole. Terrestri.
FAMIGLIA. 7. GEKKOIVTD^E. Lingua carnosa, piana,
non estensibile, libera all'estremità: una palpebra so-
la! corpo depresso, tozzo: squame piccole: gola non
dilatabile : dita libere , quasi uguali : denti applicati
al lato interno dei tornii. Lenti. Notturni.
FAMIGLIA 8. 8TELLiOJ\iD7E. Lingua grossa , non
estensibile , quasi adnata , appena intaccata : gola di-
latabile : dita libere , disuguali.
§ STELUONiNA. Corpo depresso : denti innati
sul culmine dei tornii.
§§ AGAMiNA. Corpo deprcsso : denti applicati
al lato interno dei tornii.
§§§ iGUANiNA. Corpo compresso : denti appli-
cati al lato interno dei tornii.
§§§§ DRACONINA. Corpo comprcsso : denti in-
nati sul culmine dei tomii.
FAMIGLIA 9. cham.«:lE0]VID.^. Lingua lunga , car-
nosa , indivisa , vibratile , inguainata alla base : gola
dilatabile : timpano latente : denti innati sul culmi-
ne dei tomii : osso frontale semplice: corpo molto com-
presso : squaraette graniformi ; coda preensile : dita
coadunate due-tre.
FAMIGLIA 1 0. VARANID^. Lingua lunga , biparti-
ta , vibratile , inguainata alla base : gola non dila-
tabile : timpano manifesto : denti applicati al lato in-
terno dei tomii : osso frontale duplice : corpo svelto,
non compresso: dita libere , disuguali.
FAMIGLIA 11. LACERTID/E. Lingua sottile, vibra-
tile , forcuta , non niguairiata : gola non dilatabile :
Animali vertebrati 133
tìmpano manifesto : corpo svelto : squame cliversifor-
mi : dita libere , disuguali.
§ AMEiriNA. Denti innati sul culmine dei to-
rnii : lingua lunga.
§§ LACERTiNA, Denti applicati al lato interno
dei tornii : lingua breve.
FAMIGLIA 12. OPniOSAURiDTR. Lingua poco esten-
sibile, non inguainata : gola non dilatabile : timpano
manifesto : denti applicati al lato interno dei tornii :
corpo allungato , verticillato ! squame in distinte se-
rie trasverse.
§ coRDYLiNA. Lingua semplicemente intaccata*
§§ TACHYDROMiNA. Lingua bifida , lunga.
§§§ oPHiosAURiNA. Lingua . bifida , breve.
Privi talvolta di due o di tutt' i piedi.
FAMIGLIA 13. AlVGUiDiE. Lingua carnosa , poco
estensibile , semplicemente intaccata , non inguainata :
corpo terete : squame uniformi , imbricate , lucenti*
Privi talvolta di due o di tutt' i piedi.
ORDINE 6. SAtlROPHIDII
Mandibola di un sol pezzo (tomii connati all'a-
pice) : ne l'osso temporale ne l'osso del timpano li-
beri : occhi latenti : almeno i rudimenti di piedi sot-
to la cute : un sol polmone , o il secondo semplice-
mente rudimentale.
FAMIGLIA 14. AMPHISB/ENID^. Lingua lanceolata,
depressa , bifida , appena estensibile , non inguainata :
Xorpo verticillato : squame uniformi : timpano latente.
ORBIINE 6. OPHIDII {Serpenfes.)
Mandibola di due pezzi (tomii congiunti all'api-
ce[^per mezzo di un ligamento) : almeno l'osso del tini-
''SA Scienze
pano mobile : ne piedi , ah omo piate , ne sterno , n^
bacino, ne terza palpebra, uè tirapa'no: un sol pol-
mone , o il secondo semplicemente rudimentale : lin-
gua sottilissima , bipartita , vibratile , inguainata alla
base : corpo lunghissimo , terete.
FAMIGLIA 15. BOID./E. Niun dente velenifero : ap-
pendici sporgenti dai lati dell' ano.
§ TYPiiLOPODiNA. Occlii latenti.
§§ ERYciNA. Corpo cilindrico : capo non di-
stinto dal tronco : bocca piccola.
§§§ BOiNA. Occhi cospicui i capo distinto dal
tronco.
FAMIGLIA 16. COLUBRID^. Niuu dente velenifero:
ano senza appendici.
§ COLUBRINA. Ventre scutato.
§§ ACROCHORDINA, Piccole squame sopra e sot-
to : coda terete.
*■ FAMIGLIA IT. HYDRID^. Denti Veleniferi accompa-
gnati da denti solidi nella mascella t coda per lo piiì
compressa : narici quasi sempre supere. Marini.
FAMIGLIA 18. V1PERID.E. Denti veleniferi soli nel-
la mascella. Ovivipari.
§ VIPERINA. Senza fovee capitali.
§§ CROTALiNA. Duc fovec Capitali.
Corpo nudo : costole separate , non accerchiantl
il tronco ! brevissime : lingua adnata : osso del tim-
pano connato col cranio : condilo occipitale duplice :
ano rotondato terminale.
ORDINE 7. BATRACHOPHIDII
Ecaudati ! apodi .- occhi latenti j secondo polmo-
ne rudimentale.
FAittiGLiA 19. C^CIUD.^. Cranio non suturato.
Animali vertebrati 135
SOTTOGLASSE 3. BATRAGHIA.
Respirazione per mezzo di polmoni e di bran-
cliie , almeno per un periodo della vita : cuore uni-
loculare , uniaurito : niun pene : accoppiamento senza
coito : uova aggruppate , membranacee : pelle nuda :
due polmoni uguali : costole imperfette : lingua car-
nosa , adnata : metamorfosi in alcuni.
I.
Metamorfosi : branchie decidue.
ORDINE 8. GADUGIBRANGHIA
Branchie nelle sole larve , operculate : quattro
piedi.
FAMIGLIA. 20. RANIDAE-. Ecaudati : corpo corto e
largo : arti anteriori più corti : sterno e clavicole com-
piute : costole nulle : ano rotondato. Larva apoda ,
fornita di coda e di un becco corneo. Erbivora !
§ piPiNA. Senza lingua,
§§ RANiNA. Lingua.
FAMIGLIA 21. SALAMANDRIDAE. Caudati: corpo al-
lungato , quasi terete : arti di lunghezza uniforme : ne
sterno , ne clavicole : costole brevissime : ano longi-
tudinale. Larva tetrapoda.
^J^JlIi^Jg Z, ^m|)mi|)WJeM^m {Immutabilia.)
Ninna metamorfosi : branchie persistenti : ano lon-
'itudinale.
136 Scienze
ORDI]\B 9. CRYPTOBRANCHU
Branchie obsolete nel fondo di due spiracoli.
FAMIGLIA 22. AMPHIUMIDAE. Cranio non suturato:
corpo quasi tcrete : coda compressa : piedi quattro.
ORDINE IO PERENIVIBRANCHIA (Phanerobranchia)
Branchie cospicue , libere.
FAWir.nA 23. siREiviDAE. Cranio suturato : corpo
compresso : piedi quattro o due.
137
TAVOLA METODICA
CIIjASSE I¥. AMFIIIBIA
SOTTOCLASSE 1, REPTILIA
co ORDINE 1. CHELONH g-
P co
J» °| FAMIGLIA 1. TESTUDINIDAE. *n ^
"^^ ^' § TESTUDININA. "^
1. Testuclo, L. {Chersine^ Merr.)
1. Testudo ^ Bell. Cosm. 20.
2. Chersus , Wagler. Afr. i.
3. P)^xis , Bell. I.
4- Kinixys , Bell. i.
2. Emy.s, Nob, et Wagl. nec Auct.(7>rra-
pene^ Bell. Cistuda., Fieni.)
1. Cistuda,Nob. Ara. S. i.
2. Emys, Aristot. Eur. As. Afr. 2.
3. Terrapene,Nob. necAuct. (Emjs^Bell.)
1. Clemmys, Wagl. (Vedi la Nola in fine.) Cosm. (") aS.
2. Pelomedusa, Wagl. Afr. 1.
3. Phrynops , Wagl. Am. m. i.
4- Platemys, Wagl. Ain. ni. r.
5. Platysternon , Gray. As. or. i.
6. Podocnemys , Wagl. Am. m. 3.
7. Hydromedusa , Wagl. [Chelodina,Fitz. pp.) Ain. m. i.
8. Rhinemys , Wagl Am. m. 4-
4. KÌnosternum,Nob. {Kin.etStei-nothcsrus,BeU.)
1. Staurotypus, Wagl. Ani. i.
2. Pelusios, Wagl. Am. 2.
3. Cinostcrnon , Wagl. Aiu. 4-
9^
138 S e I E N Z K
5. lìy(\vaHpìs,Be\\. (Chelodina, Fifz. p.p.)Oc. 1.
6. Cliclyilia, Schweig. {Chelonurn^ Ftein.
RaparaiGray.Saurocheljs^Latr.)Km. S. 1.
§§ CHELINA.
7. Chelys, Dumer. {Matamata^ Merr.) Am. ra. 2.
FA]>iiGHA 2. tujoixycidae,
8. Trionyx , GeofFr. As. or. Oc. 1.
9. Aspidouectes , Wagl, Ara.AiS.Afr.6.
FAMIGLIA 3. CQELOIVIDAE.
§ SPIIARGIDINA,
10. Spliargis, Merr. {Coriiulo^ Flem. Der-
matocheljs, Blcdìw,) M.caldi e temp.-;!,
§§ CIIELONINA.
\\. Chelonia,Brongn. (Care«rt, /¥err.) Tutt'i mari. io.
ORBINE 2» ENALIOSAURII
FAMIGLIA h. ICUTHIOSAURID/E.
12. Ichtyosaurus, Kòuig. {Profeosaurus ^
Home. Gr/phus, TVagl,) Foss. Eur. 4.
FAMIGLIA 5. PLESI0SAURIDJ5.
13. Saurotlon,Hays.(5'rt«roc<?Mrt//^5'?//rtrr/.)Foss.Am.S.2.
14. PlesJosaurus,GonyL. (//«//f/racon, /^^.)Foss.Eur. 2.
ANf>i4T.! v-r:n'r£EitiTi -139
ORDINE 5. EiUlDOSAtJRII
FAMIGLIA 6. CROCODII,lDJ2.
15. Teleosaurus , Gooflr. Foss. Eur. 1,
16. Stoiieosaurus , Geoilh Foss. Eur. 1.
il. CrocoJilus , Laui\
1. Alligator j Cuv. {Champsa, ìFagl.) Am. 4'
2. Crocodilus, Cuv. [Champse, Merr.) Afr.Ara.As.Oc. 7.
S. Gaviaiis , Oppel. {Rantphosloma, tVagt.) As. m. 3j
ORDINE 4. SAURII
Famiglia T. gekronid.**
1 8.Caudlverbera,Laur. (ZJroptatus^Dwner.)
I. Ptychozoon , KuhI. (Pieropleura, Gray.y As. m. i!'
2 Caudiverbera, Gfay. [Crossurus, Wagl.) As :ii. i-
3? Sarruba, Fitz. Madagastì. i'
4. Uroplatus, Fitz. (Rhacoessa, TFagl.) As. ni. i.
^9.Ascalabotes,Licht.Cuv.(6'if(?///OiS'c/^/^e•^V/.)
1. Platydactyhis , Filz. As-ra-Aff. 5.
2. Ascalabotes , Plin.F'itz.(Iare«to/ajG/'<y.) ÈUr.riì.As. Af. 5.
0. Vhc\s\xtiVA,QMi-aj Inaiti. {Anoploj)usJFagl.part.)^h\ i-
4- Anoplopus, W. part. {Platydaclylug,Gr.part.]h.Ìi'. t.
5. Thecodactyliis, Cuv. Am. ni. 1*
20. Hemidactylus, Cuv. E.m.o.As.Am. n-
21. Gekko, Laur.part. (Gec«.y,/?rt/Z«.jOrt/'^.)
1. Ptyodactylus , Cuv. Ari*. 3.
2. Phyllodactylus , Gray. As. of. !•
3. Sphserodactylus , Cuv. As. Afr. 2-
4. Stenodactylus,Fitz.(^5Crt/aio/e5,?f'.Mecy^«c<.)Ai'r. As. 5.
5. Eublepharis , Gray. As. m. «
^AO Scienze
6. Gonyodactylus, Kuhl. {Cyrtadactylus,Graf.] Oc. Afr. i.
7. Gymnodactylus , Spix. Am. ni. 9.
8. Phyllurus , Cuv. Oc. t.
FAMIGLIA 8. STELLIONI»^ .
§ STELLIONINA.
22. Plirynoceplialn.s , Kaup. As.cenlr. 4.
23. Stellìo, lj?i\x\\( Agama, OppeL) Af.As.O.Am.m.7.
I. Trapelus,Cuv.(u^g-rtm« et Tapaya,Fitz.) Afr. 4-
2 ? Aniphibolurus,WagI. [Gemmatophora,Kaup .) Oc. 2.
3. Leiolepis , Cuv. As. or. ni. i.
4. Stellio , Wagl. Afr. i.
5. Uromastix , MeiT. Afr. As. 5.
§§ AGAMINA.
Ih. Agama, Dauci. Afr.As.Oc. 8.
1. Urocenlron, Kaup. [Doryphorus, Cuv.) Am. m. t.
2. Phrynosonia, Wiegm. {Tapayaì Gray del.) Am. 4*
3. Platynotus , Wagl. Am. t.
4. Tropidurus , Neuwied. Am. 7.
i.Tro^'xàoXeT^'iSjCvLy.iSceloporus, Wiegm.)
i.TroT^\Aur\xs,'ìioh.[Ecphymotes,Cui'.)
3.0plurus, Cuv.
§§§ IGUANINA.
25. Iguana , Laur.
1. Ctenosaura, Wiegm. {Cyclura, Ilari.) Am. i.
2. Hypsilophus , Wagl. {Iguana , Daud.) Am. 3.
3. Metopoceros , Wagl. Am. i.
4. Amblyrhynchus , Bell. Am. i.
20. Basiliscus , Laur.
t. Basiliscus, Kaup. Ani. m. i.
2. Corythaolus, Kaup. Am. m. i.
2T. Anolius , Cuv.
I. Oedicoriphus , Wiegm. Am. m. t.
Animali vertebrati Uti
■2. Dactyloa , Wagl. [Anolis, Bum.)
I. Dactyloa.
I. Xipliosurus, Fitz.
S. Draconiua , Wagl.
4. Norops , Wagl.
5. Polychrus, Guy. {Pneustesì Merr. del.)
1. Polychrus , Fitz. part.
2. Ecphymotes , Fitz. part.
6. Ophryoessaj H. Boie [Loph'yrus,Spix part.) Am. m.
7. Enyalius , Wagl.
8. HypsibatusjWagl. nec Auct? [Pneustes,Kaup.
nec Auct. Leiocephalusì Gray. Ecphy-
motes, Fitz. part.)
28. Otocryptis , Wiegm.
§§§§ DRACONINA.
29. Lophyrus , Diimer. part.
i.LyrocephaluSjM. [Lophyrus,0. Uranoscodon.K. )A.S.
2. Gonyoceplialus , Kaup. As-
3 ? Corylliophanes , Boie. Oc.
4? Lophyrus , Fitz. As. Oc.
5. Brachylophus , Cuv. As.
6. Physignathus , Cuv. As. m.
7. LoTphurai,Gv.{Isliurus,C.Hydrosaurus,Kaup.) Oc.
Am. m.
4.
Am. m.
5.
Am m.
I.
Am. m.
T-
i\m. m.
4.
Am. m.
0.
Am. m.
7-
Am. m.
2.
Am.
3.
Am. m.
i.
8. Chlamydosaurus, Gray.
Oc.
I.
30. Calotes , Cuv.
I. Branchocela, Kaup.
As. m. Oc.
2.
2. Calotes , Kaup.
As. m. Oc.
7-
3. Chamaeleopsls , Wiegm,
Messico
T.
31. Draco , L.
I. Sitana , Cuv. (Semiophorus, Wagl.)
As. ra.
I.
■2. Draco , Cuv.
As. or. Oc.
5.
' 32. Ornithoceplialus , Wagl.
I. Ornithocephalus, Sommer.
Foss.
2.
a. Pterodactylus , Cuv.
Foss,
6.
44^ S e I E N 2 li
FAMIGLIA 9. CHAItt/ELEOIVID.^.
33. Chamaeleon , Laur. Eur.m.As.Afr. 7,
FAMIGLIA 10. VARAIXID^.
34-. Varanus , Merr.
1. Heloderma , Wiegm. Am. m. ti
2. T upìnavahis, Fkz. {Hjdrosaurus,ì'Vagl.j Afr.As.Oc. 9.
5. Polypticus, Wagl. Afr. Oc. 3,
4. Varanus , Fitz. {Poljdcedalus, Wagl.) Afr. 4.
5. Psammosaurus , Fitz. Afr. t.
35. Geosaurus , Cuv. Foss. \.
3G. Megalosauius , Buckland. Foss. 1.
37. Mosasaurus , ConyLeare. Foss. 1-
38.? Iguauodoii , ManLell. Foss. 1.
39.? Mostoclonsaurus , lager. Foss. 1.
FAMIGLIA 11. LACERTIDyE.
§ AMEIVINA.
40. Ameiva , Licht. {Tejus, Merr.)
1. Ada,Gr. (Dractsna? Merr.fiec L.Thorictis, U^.) Am. m. t.
2. Crocodilurus, Spix. Am. ra. t.
5. Monitor , Fitz. (Podìnema, Wagl.) Am. ni. i-
4- Ameiva, Fitz. {Ctenodon, Wagl.) Am. m. lo.
5. Cnemidophorus, Wagl. {Aineiva,Fitz.part.] Am. 2.
41
6. Tejus, Fitz. (Acranlus, Wagl.
Am. m.
I
7. Trachygaster, Wagl.
I. Cenlropix , Spix.
Am. m.
2
2. Pseudoanieiva, Fitz.
Am. m.
I
8? Exypnesies , Kaup.
Oc?
I
§§ LACERTTNA.
Laccrta , L. [Si'ps , Laur.)
I. Lacerta, Wagl.
Cosm.
2»
Animali vertebrati 143
Q. Zootoca , Wagl Eur. i.
3. Podarcis , Wagl. Eur.As.Afr. 8.
4. ^otopholis,WHg].{J[spìstis,PFagl.nec Hoffm.) Eur. i.
5. Algyra , Cuv. [P sammuros , Wagl.) Eur. m. i.
6. Tropidosaura , Boie. [Fitz. pari.) Eur. m. i.
7? Psammodromus, Fitz. Eui". in. i.
FAMIGLIA 12. OPniOSAURIDvE.
§ CORDYLINA.
42. Gordylus, Gronov. {Zonurus, Merr.) kix, 5,
§§ TACHYDROMINA.
43. Tacliydroraus , Dauci. As.Oc. 2.
44. Cicigna , Nub.
1. Cercosaura, Wagl. As. i.
1. Gerrhonotus , Wiegm. Am. 6.
3. Cicigna , Gray [Gerrhosaurus, Wiegm.) Afr, I.
§§§ OPHIOSAURINA.
45. Heteroclactylus , Noli.
1. Cbamoesaura, Fitz. [Monodactylus? Merr.) Afr. a.
2. Chirocolus , Wagl. [Heteroclactylus, Spix.) Am. ra. i.
3. Lepidosoma , Spix. Ara. ra. i.
4.. Trachysaurus , Gray. Oc. i.
46. 'ài\\\xQ^\\9,.^'\\x.{TetradactYlHs?Merr^ ? 1.
47. PseudopuSjMerr. {Sheltopusik,Lat.Bipes,Op.)lE<\iT. or. A.S. 1.
48. Ophwsam-us,D[imer.{Njalinus,Merr.)Am.S. i.
FAMIGLIA 13. ANGUID^. (*).
49. Gymnophtlialmus , Merr.
1. Gyrnnopluhalmus , Fitz. Am. m. T.
1. Ablepharus, Fitz. Eur. i.
{•) Qutita i'niiiiglia piuUostocliù far seguilo alla precedente dovreWie
correre parallclla ad essa : l'ultimo genere di quella (Opìiioiaunis) ai con-
nslte natuialraente coli' ultimo genero di «jucsta (Ariguis) .
IH Scienze
50. Scincus, Laur.
1. Tiliqua, Gray. [Cyclodus, Wagl.) As. Oc. 5.
2. Mabuya, Fitz. part. [GoTigjIus,ìVagl.) Eur.m.Af.Am.io.
3? Heteropiis, Fitz. Arabia. i.
4? Spondylurus , Fitz. [Euprepis IVagl. part.) ? i.
5. Euprepis, Wagl. (Mabuja, Fitz. part.) As.Afr.Am. i8.
6. Scincus , Filz. Afr. i.
7. Splicenops , Wagl. Afr. i.
51. Seps , Dauci, nec Laur.
1. Lygosoma , Gray. Afr. i.
2. }ìemicrg\s,W. {Seps, Fitz.Tridactj!us,Peron.) As. in. i.
3? FevomeVis,Wag\.{Seps,Fitz.Telradacljliis,P.)Oc. i.
4. Seps,Merr. {Chalcides,Laiir.Zfgnis,F.necU-^.)Eav.m.Aù\As. 4-
5. Sce\oles,Vaz.{Bip(;s,Merr.Zjgms,}F. nec F.) Afr. X.
6. Pygopus, Merr. [Bipes, Lacep.) Oc. i.
7. Pygodaclylus, Fitz. {nec Merr. quod. del.) Ani. ra. i.
8. 0'^\\.ioàes,y^d.^\. [Pygopus, Auct. part.) Am. m. i.
52. Anguis , L.
I? Otophis? Dalmazia. i.
a. Anguis, Eur- As. Afr. 3.
ORDINE 5. SAUHOPHIDII
FAMIGLIA 14. AMPHISB/ENID/E.
53. Acontias , Cuv. Afr. 3.
54. Chalcis , Wagler.
1. Chalcis, Nob. {Chalcides, Fitz. nec Laur.) i.
2. Brachypus, Fitz. i-
1. Co-gh'idiS^GvaL-^. YìlL.{Colohus, Merr. neclll. Chal-
cis, Merr. Chaniaesaura,Sc/ui.) i.
55. CUìroteS^Cuv. {Bipes, Latr. Biinanus,Opp.) Am. 1.
56. Ainpliisbaeua , L.
1. Lepidosternon , Wagl. Am. m. i.
2. Amphisbacna, Wagl. Am. ni. 5.
3. Blanus, Wagl. (*) Eur.m.occ. i.
(*) Si connette naturalmenlu col gcuLie {Cacilici).
As.
2
As.
I
Am.
3.
As.
3
Animali vertebrati 14;"»
ORDINE 6* OPHIDII
FAMIGLIA 15. BOID^.
§ TYPHLOPODINA.
57. Typhlops , Hempr.
1. Typhlina , Wagl.
2. Rhinophis, Hempr.
3. Tj'phlops , Wagl. (Stenostoma , Spix.)
4 Cylindrophis , Wagl. {Iljsia, Fitz.part)
§§ ERYCINA.
58. Ilysia,Hempr.(Zbr^r/x,0^/?.wec i^rtZr.
Torquatrix^ Gray-Anilius^ Oken.)
1. Xenopeltis, Reinw. As. Oc. 2
2. Elapoidis , Boie. As. Oc. i
3. GeoTp]ì'is,yVa§\.{Catostoma,TVagl.necLesueur.)Am. i
4. Uropeltis, Cuv. As.m. Oc. 2
5. Ilysia , Wagl. Am. 5
59. Eryx , Dauci.
1. Gongylophis , Wagl. As. i,
2. Eryx, Merr. {kuc Clothonia, Daud.) Eur.or.As.Afr. 2.
3. Calamaria , Boie. {Duberria, Fitz. pari.) As. 4'
^? Analchf'Wagì. [Anodon,Sntith,necjiuct.) Afr. i.
5. Oligodon , Boie. Oc. 2.
6. Cercaspis , Wagl. {Hurria, Daud. pari.) As. i.
7. Aspidura , Wagl. As. i.
8? Duberria, Fitz. part. As. Afr. 8.
9. Homalosoma , Wagl. (Duberria^ Fitz. part.) Afr. 2.
10. Brachyorrhos , Kuhl. (Atractus, Wagl.) (*). As. 7.
§§§ BOINA.
60. Boa , L,
1. Enygrus , Wagl. As. 2.
2. Eunectes , Wagl. As. 2.
(•) Si connctle col genere Zticìwìiis, ullìmo del gruppo Colubrina.
G.A.T.Lll. IO
K
l'iG S e I E N a E
3, Boa , Wagl. Ani. m. g.
4. Epicrates , Wagl. Atri, lu, i.
61. Xipliosoma, Y\iz.{Corallus,Daud.cìeL
Cenchris, Grcif^ nec Auct.) Am. m, 8,
62. Constrictoi', Laur. {Python^ DaiuL)
1. Python , Wagl. Oc. 3.
2. Conatrictor , Wagl. As. Oc. 4-
FAMIGLIA 16. COLUBRID/E.
§ COLUBRINA, Cosra, 200,
63. Herpeton,Lacep,(/?/i/720yy7r?^.?,il/err.)
1. Herpeton , Fitz. As. i.
2. Homalopsis, Kuhl. (Cerberus , Cuu.) As. 3.
3. Hypsirhina , Wagl. As. 2,
4. Hydrops , Wagl. Am. m. 2.
5. Helicops , Wagl. Am. m. 5-
6. Pseudechis, Wagl, [Quid Pseiidoerjx, Fitz p) Oc. i.
64. Heterodon , Latr. (*).
1. Heterodon, Wagl. Am. s. 2,
2. 'Rh'\nostoìm,Filz.{^mbljcephalusPKuhl,necS.}A,tn. m, 2,
3. Xenodon , Boie. As. i,
4. Oph'is , Wagl {Cerasles, Laur. pari.) Aro. 6.
65. Natrìx, Nob. (N.Cerastes,Coronella,Laur.p,)
1. Dasypeltis , Wagl. Afr, l.
2. NatriXjNob. iTropidonotus,Kuìd.part.) Cosm, 20.
5. YXa^\%j'^o\ì. [Tropìdonolus, Kuhl. p art.) Cosm, io,
4. Spiloles , Wagl. Am, i,
5. Pseudoelaps, Filz. ]^art. (Coìuber, Wagì.) As. Am. 4-
66. Dipsas, Laur. (Bmgarus Opp. nec Auct,)
1. HerpelodrySjBoìc {Chironius? Fitz.) Am. 6.
2. Dipsas , Boie, As. Am. 5-
3. Bucephalus, Smith. Afr. 5.
(') Si connette col gruppo Viperina,
Am.
I.
Afr.
i.
As. Oc. Am.
2.
As. Oc. Ara.
3.
As.
5.
Eur.or.As.Afr
7-
Ani.
I.
Am.
1.
.)Am.
ii
Afi%
I.
As.
3.
AKlMÀti VERTEBRATI 14-7
4. Vnt6aS,Wag\.{j4mblicephalus?Kuhl,?ìec Boie.)As. i.
5. Dryophilax , Wagl. Am. 1.
6. Thamtlodynastes , Wagl. Am. l.
67. Coronella , Nob.
i, Macrops , Wagl.
2. Telescopus , Wagl.
3 ? Boiga , Fitz.
4? Sibon, Fhz.
5. Dendropiiis, Bo'ie {Jhreiulla , Gray.]
6. Tyrìa , Fitz. part.
7. Leptophis, Bell.
8. Oxybeli's , Wagl.
9. 'DrjoT^hìs,T)aìì\mSin.{Drj-iniis,3t.PasseHta,Gr'.)Am.
10. Langaha > Brug. [AmpliislratefGoldf. Xiplio
rhjnchus, JVagl.nec S^-v.)
il. Tragops , Wagl. [Drjinus > Mer*r. part.)
12. Gonyosoma, Wagl. As. 1.
i5. Chlorosoma, Wagl. (Coronella, Fitz. part.) Am. ì.
14. Philodryas, Wagl. Am. i.
i5. Oxyrhopus, Wagl. (Sibon, Fitz. part.) Am. 2.
i6. Lycodon , Boie (Nympha? Fitz, del.) As. 6.
ij. Rhinobolhryum , Wagl. Am. ni. i.
18. Opliìtes, Wagl. As. I.
G8. ColuLer, L, {Natrix ^ Merr. part?)
1. EryllirolampruSjFr.Boie. [Pseudoelaps et Du-
berria,Filz.part. Cerastes,Laur.part.)A.m. *j
2. Gisella, F. p. {Duberrid, F. p. Cerastes,L.p.) Aiv. Am. 3
5. ScylA\e,Gvon.Merr.'Wag\.{Pseu(lo-boa,Schn.) Am. 2
4? LiophJs, Wagl. (Nonne ad sequent?) Am. 6
5. Coluber, J^oh. (Zamcnis, ff'agl.) Euf.Am.s. (*) 8
6? AiluropSjMicliaelles, nec Wagl. (Col. vivax.) Dalm. i
7. Chrysopelea , Boie. (Tjria, Fitz. part.) As. 3
8. Psammophis, Boie. (Macrosoma, Leach.) Afr. 4
(') Cohiher Constriclor, Kiw. S Coluhct Leoparclinii.'i. Dalmali.T.
Coiiibcr Riccioli. Italiac.
148 Scienze
9. Caelopeltìs, Wagl. (Malpolon, Fitz. pari.) As.Af.Eu.m.CjS.
IO? Malpolon , Fitz. part. Am. m. i.
II. Periops, Wagl. {Hcemorrhois ? Boie, part.) Env.Ah: 2.
12? Haemorrliois , Boie,part. As. i.
i3. ZacholuSiW. (Coronella,L.p. Coluber,F.p.)EurAm.s. [**) 5.
§§ ACROCHORDINA.
69. Acrochordus , Hornstedt. Oc. 1 .
FAMIGLIA IT; HYDRID^. As. 10.
70. Chersydrus, Cuv. {Jcrocordus^Shaw.) As. 1 .
1\. Hydius , Schn. {Hydrophis^ Opp.)
X. PelamySjDaud.nec lc\\\\\.[Hydrophis,Latr.p.) As. i.
2. V\a\.ur\JiS, ^air. [Aipjsuriis? Lacep.) As. 2.
3. Enliydris, Daud. nec Fiera. As. i.
4. Hydrus, Daud. As. 3.
5? Leioselama , Lacep. As. i.
6. ^yàvoi^h\s,hd,i'c.[Disteira,Lac.Latìcauda?L.)ks. 4.
72. Trimeresuius, Lacep. {Alecto^ Wagl^Oc. \ .
73. Bungarus, Da\iA.{Jspidoclonion, PFagl.
Pseudoboa^ Oppel.) As. or. Oc. 4.
FAMIGLIA 18. VIPERID^E.
§ VIPERINA.
74. Elaps, Schn. {**'). As.Af.Am.12.
I- Elaps. As. Afr.
2. Micrurus, Spix. Ara.
75. Naja , Laur.
^- '^»]!i,tÌQh.{Aspis, Wagl. nec Auct.) As. Oc. 6.
2. Uraeus , Wagl. Afr. i.
76. Scpedon , Merr.
1. Sepedon , Wagl. Afr. 2.
(•) Coluher Neumayeri.TiiAmaùx. (*•) Coluber Ainoenus A.m.S.i:lc.
(•**) Àfiìnc al gruppo Erycina.
Animali vertebrati 149
1. Causus , Wagl. Afr. i.
3. Acanrhophis, Daud. [Ophryas, Merr. Hoplo-
cephalus ? Cuu.J Oc. 2.
T7. ^\r>eYa^Y)ai\d.{Coluber,f^ip.Cobra,y4spis,Lau.)^Bt.cont. i5.
1. Echìs , Merv. {Scjtale, Daud. jiec Juct.) As.Afr. 2.
2. C6hrdi,Lz\\Y.[Echidna,Merr.p.,Cobra,FUz.p.)Mr. 2.
3. Vipera , Laur. Merr. [Vip. Cobra, Aspis, F.) As. Eur.
1. Ammodytes, Nob. [Cobra, Fitz.part.) i.
2. Vipera , Nob. [Vipera, Aspis, Fitz.) 2.
4. VeViiiS,Merr.[Coluber,Laur.Vipera,Fitz.part.) Eur. A.S.S. !•
5. Aspis,Laur.uec yVa§^\.[Cerastes,fV.Aspis,F.p.)A.[r. 3.
§§ CROTALINA.
78. Cenclms , Dauci, nec Gray.
1. Trigonocephalus,Op.(Co/j/u'«^,i'i'.L«cAe«J,Z'.)As.Oc. 4*
2. Megaera , Wagl. As. i.
3.CraspedocepbaIus,K.(2Jo/Aro/?.y,5yo.Co/>Aja*,i>/.)As. Oc. Am. io.
4. Alropos , Wagl. As. i.
5. Tropidolaemus, Wagl. [Cophias, Boie,part.) Oc. i.
6. Lachesis , Fitz. Am. m. i.
7. Cenchris, Daud. [Tisiphone,Fitz.Ancistrodonf
Beauv- Scytale? Rafin.) Am. s. 3.
79. Crotalus , L. (^Caudisona^ Laur.)
1. Caudisona, Fitz. [Crotalophorus, Gray.) Am. s. 2.
2. Uropsophus, Wagl. Am. x,
3. Crotalus, Fitz. Am. s. 5.
ORDINE 7. BATRAGHOPHIDII
FAMIGLIA 19. C^CILID^.
80. Siplionops, Wagl. (*). Ara. "4-.
81. Coscilia , L, Am. m. 2.
82. Epicriura, Wagl. {Ichthyophis.Fitz.) As. Oc. 2.
(*) Si connette naluraluuiile con Blanus delle Amp^^ishxnidoe .
ioO S e I È N 5? E
SOTTOCLASSE 2. BATRACHIA,
ORDmE 8- CADUCIIÌRANCHIA (lìcmce.)
FAMIGLIA 20. RANIDAE.
§ PIPINE.
S3. Pipa, Laur. {Asterodactjlus, fVagl.) Am. m. 2.
§§ P.ANINA.
84. Xenopus, Wagl. {Dactjlethra^ Cuv.) Afr. 3-
85. Microps , Wagl. Am. m? 1.
86. Hyla, Laur. {Calamita^ Schneid.)
1. Calamites, Fitz< Oc. f.
2. Hypsiboas , Wagl. As. Am. 6.
3 ? Rhacopliorus , Kuhl. As. Am. 3.
4. Auletn's, Wagl. (^owfirtjGrrtj.) As. Am. It.
5.Hyla,Nol).(i?e«tZro/iya5j.^F'./rya.?,7^F.neci^ac/!.)Eur.As.Afr. 4-
6. Pliyllomedusa ^ Wagl. Am. 2.
7. Scinax, Wagl. Am. 3.
8. Dendrobates , Wagl. Am. 1.
9. Eubaphus , Wob. Am. m. 2.
10. Hylaplesia , Boie. Oc. 2.
11. Phyllodytes, Wagl. Am. m. t,
l'i. Hylodes , Fitz. {Enjdrobius, JFagl.) Am. 2.
87. Rana , L.
I. Leptodactylus,Fitz.part.(Cjjr</g-rt«//«<s,?Frtg'/.)Am. io.
9.. Rana, Filz. [Raiiaria, Ra/ìn.) Cosm. 16.
5. Pseudis , Wagl. Ara. m. i.
88. CeratO[jliry.s,Wiccl. {SLonibus?Gravenhorsl.)
1. Ccratophrys , Wagl. Am. m. 2.
2. Megalophrys, Kuhl. Oc. I.
89. Hcmipliractus , Wagl- Am. ni. 1-
90. Physalsemus , Fitz. Ara. m. 1.
Air. As. m.
3.
Am. m.
I
Am. m.
I
Eur.
2
Eur.
I.
Eur. As.
2.
Cosm.
12.
Am. m.
1.
Anim.\li vertebrati 151
91. Breviceps , Merr.
1. Systoraa , Wagl. [Engystoma , Fitz.)
2. Chaunus, Wagl.
92. Bombi nator , Merr.
1. Paludicola, Wagl.
2. Pelobates, Wagl.
3. Alytes , Wagl.
4. Bombltator , Wagl,
93. Bufo , Laur.
1. Bufo , Cuv,
2. Otilophus, Cuv,
3. V>.\i\n&\\3i,'Pìiz.{0xyrhynchus,Spix,nec Orti.) Am. m. 8.
94. Brachyceplialus , Fitz. Am. m. 1 .
FAMIGLIA 21. SAtAMANDRIDAE.
95. Salamandra , Laur,
1. Salamandra , Fitz. Eur.As.Afr. 6,
2. Salamandrina , Fitz. Italia. i.
96. Triton , Nob. nec L,
1. Geotriton.Nob. [Salamandra, Recent.sp.) Am.s.Eur.It. i5,
2. 'Tr'\ì.on,\jAViv. {Triturus,Rafiii.Moìge, Merr.) Cosm. 20.
97 ? Pleurodeles , Michaelles, Spagna. 1 .
^i0jlw^ 2, S^Wpiip^jem^tjJ ilchtjoda)
ORDINE 9. CRYPTOBRàNCHIA
FAMIGLIA 22. AMPniUMID^.
98. Protonop.sis,Barton, {Crjptohranchus.,
Leuck.AhrancJius.,deìnMonopoma,
Harlaii. Salamandrops., TFagl.) Am, s, 1.
99. km\A\'mmdi.,GiXxà, [Chrisodonla, Mitch.) Ani. s. 2.
152 Scienze
ORDIJXE IO. PERENIVIBRANGHU
FAMIGLIA 23. SIRENID^.
100. Siredon, Wagl. {Jxolotl, Cuv.) Messico. 1.
101. Hypochton,Merr.(Proto«,La«r,/?. nec L.)Eur. 1
1 02. Necturus,Rafinesque.(/ì/eno&r<:mc/zz^j',
Harlan. Phanerobranchus^Fitz.) Ara. s. 1.
103. Siren , L.
I. Siren, Gray. Atri. s. i
a. Pseudobranchus , Gray. Am. s. 2
Numero totale delle specie. 1370.
Animali vertebrati 153
Nota sulla Testucìo Caspica di Gmclin , per servire
di Supplemento alla Monografia delle Testudinine
inserita nelle Osservazioni sulla Seconda Edizione
del Regno Animale del B. Cuvier.
Ho avuto campo di accertarmi che la Testudo
caspica lungi dall' essere identica colla nostra comu-
ne Emys lutarla non appartiene neppure allo stesso
genere , ma bensì al mio Terrapene finora da me cre-
duto esclusivamente Americano. Eccone la diagnosi ;
TERRAPENE CASPICA.
T. testa depressiuscula , ovata, carinata, margine
integro replicato; scutello marginali impari quadrato ;
scutorum sulcis concentricis subobsoletis: sterno nigri-
cante , postice bifido , antice leviter emarginato : collo,
pedibus, cauda ac capite gracillimo flavo-lineatis.
Testudo caspica^ Gmel, Sjst. ^.pAOUì. sp. 24.-
Schneid. Schildkr. p. 344. - Daud. Rept. II. p. 124. -
Shaw^ Gen. Zool. III. p. 63.
Emys caspica^ Schweigger, Konigsb. Arch. 1812.
p, 306. et 430.
Clemmys caspica^ Tfagler^ Icon.Amph. IL tab. 24. -
Michaelles^ Isis p. 1295,
La TortueCaspienne., Bosc,Nouv.Dict.XXILp.261 .
Die Kaspische Schildkrote^ Gmel. Reis. Russi. III.
y3. 59. ^. 10. 11, Extat in Museo nostro.
Abita in Dalmazia e presso il Mar Caspio sem-
pre nelle vicinanze di paludi ove l'acqua salsa si mi-
schia con la dolce : comune presso Ragusi. Lunghez-
za del guscio anche due piedi , e al dir di Gmelin
giunge ncir Ircania ad una mole tale da sopportare
il peso di tre uomini : gli esemplari maggiori eh' io
abbia osservati son lunghi otto lìollici.
10^
154 Scienze
Il Signor Dottor Michaclles di Norimberga ha pub-
blicato sotto il nome di Cleinmjs Sìgri2 una Terra-
pene di Spagna molto simile alla precedente : io non
rho veduta , ma dalle stesse notizie che ce ne da l'au-
tore ne desumo la diagnosi :
TERRAPENE SI6RIZ.
T. testa depressiuscula , ovata , ca rinata , margi-
ne integro non replicato ; scutello marginali impari
quadrato ; scutorum sulcis concentricis subobsoletis ;
sterno postico bifido , antice non emarginato ; collo ,
pedibus caudaque aurantiaco-liueatis ; capite robusto,
supra unicolore.
Clemmjs Sigriz^ Michaelles^ Isis. p. 1296.
Abita le paludi della Spagna meridionale : si ven-
de nei mercati di quelle citta. Lunghezza del guscio
6 pollici , ma probabilmente anche molto maggiore.
Oltre la Terrapene caspica e una bella varietà
dell' Enijs lutarla ( var. radiolis nwnerosisshnis sul-
phureis , Michaelles che ho ricevuta anche dall' Un-
gheria , sotto il nome di Einys pannonica)^ vengo as-
.sicurato che vive in Dalmazia un' altra vera Emjs af-
fatto diversa e singolarissima po' suoi costumi molto
selvatici. Sarebbe mai quella stessa di Grecia annun-
ziata dal Signor Bory de S.' Vincent come specie nuo-
va , ma della quale non so che abbia ancora dato ne il
nome ne la descrizione ?
Osservo finalmente che nel Catalogo dei Rettili del
Museo di Vienna l'acutissimo Signor Fitzinger registra
anche XEinjs europaea come diversa dalla lutarla.
155
PROSPETTO
Pesci sono Animali vertebrati a sangue freddo ,
ovìpari (o ovivipnri), formati pel nuoto , privi di pol-
moni : respirano dentro l'acqua per mezzo di Lran-
cliie situate ai lati posteriori del capo ; hanno nn
cnore uniloculare , uniaurito ; il corpo squamoso o
nudo , fornito di pinne invece di piedi ; niun coUow
Costituiscono la quinta ed ultima Classe della
prima Provincia del Regno Animale.
SOTTOGLASSE 1. OSSEI.
Scheletro fibroso : cranio suturato.
Scheletro fibroso-osseo : mascelle complete, liberei
branchie lamellari, pcttiuiformi, libere; da ambedue i
lati del capo un' apertura branchiale munita d'operculo.
ORDINE 1* ACANTHOPTERYGII
Più raggi spinosi alla pinna dorsale , almeno uno
all' anale , e quasi sempre , alle ventrali.
TAMIGLiA 1. rEP.CiDyE. Pezzi operculari col mar-
gine denticolato o spinoso : gote non loricate : denti
alle mascelle , al vomere e quasi sempre alle ossa pa-
lali ne : bacino sospeso alle ossa della f;pr>lla.
15G Scienze
§ PERCiNi. Pinne ventrali sotto le pettorali.
§§ TRACHiNiNi. Pinne ventrali avanti le pet-
torali : gote liscie.
§§§ uRANOscopiNi. Pinne ventrali avanti le pet-
torali : gote falsamente loricate ( i pezzi sotto-orbi-
tali larghissimi , attaccati posteriormente alle ossa tim-
paniche , non già al preoperculo.)
§§§§ POLYNEuiNi. Pinne ventrali dietro le pet-
torali : muso rigonfio : pinne verticali squamose : pa-
recchi raggi delle pettorali liberi , filiformi.
FAMIGLIA 2. sPHVRiEiviD/E. Pezzi operculari col
margine integro: gote non loricate : denti solo alle
mascelle e alle ossa palatine ; molti canini acutissi-
mi : bacino indipendente dalle ossa della spalla: cor-
po allungato : due dorsali remote.
FAMIGLIA 3. MULLiDiE. Preoperculo col margine
integro : gote non loricate : bocca piccola , debol-
mente armala : due cirri sotto la mandibola , retrat-
tibili : squame grandi, poco aderenti, tanto sul capo
quanto sul tronco : due dorsali separate.
FAMIGLIA h. TRIGLID^ . Gote loricate ( i pezzi
sotto-orbitali che ricuoprono una porzione della gota ,
articolati col preoperculo.)
§ TRiGLiNi. Due dorsali : capo parallelepipede.
§§ coTTiNi. Due dorsali : capo rotondato ov-
vero depresso.
§§§ sconpAENiNt. Una dorsale soltanto.
§§§§ GASTEROSTEiNi, Alcuni aculci liberi in-
vece della prima dorsale.
FAMIGLIA 5. sci^NiDyE. Pezzi operculari col mar-
gine denticolato o spinoso: gote non loricate: bocca
protrattile ; niun dente al vomere ne alle ossa pala-
tine. Pinne verticali spesso squamose.
§ sciAENiNi. Cranio rigonfio con ossa caver-
nose : linea laterale continua.
Animali vertebrati -157
§§ poMACENTRiNi. Cranio non rigonfio , ossa
uoii cavernose : linea laterale interrotta sotto la fine
della dorsale.
FAMIGLIA 6. SPARiDiE. Pezzi operculari integri,
senza spine : bocca non protrattile : palato edentulo:
squame grandi : dorsale senza squame.
§ SPARiNi. Molari emisferici t gote squamose.
§§ DENTiciNi. Denti tutti conici , alcuni in-
curvi , prominenti : gote squamose.
§§§ LETHRiNiNi. Gote senza squame : talvolta
molari emisferici , ma disposti in una serie sola.
§§§§ cANTHARiNi. Denti numerosi , conferii ,
tutti tenuissimi.
§§§§§ OBLADiNi. Una serie di denti taglienti;
niun molare emisferico.
FAMIGLIA T. M/ENIDjE. Bocca cccessivamente pro-
trattile : talvolta denti al palato, o il preoperculo col
margine denticolato.
§ MAENiNi. Dorsale senza squame.
55 CAESiONiNi. Dorsale squamosa.
FAMIGLIA 8. cn./ETODOiVTiDiE. Corpo compresso ,
squamoso : pinne dorsale e anale fortemente coperte
di squame conformi a quelle del corpo.
§ CHAETOtoONTiNi. Palato edentulo : denti se-
tiformi conferii in arabo le mascelle. Colori vivissimi,
§§ PiMELEPTERiNi. Palato edentulo : denti ta-
glienti.
§§§ BRAMINI. Palato dentato-
FAMIGLIA 9. SCOMBRID^E. Pezzi operculari integri .-
corpo liscio ; squame piccole e liscie : pinne verti-
cali generalmente non inviluppate da squame : coda
e pinna caudale robuste.
§ scoMBRiNi. Prima dorsale continua , secon-
da e parie corrispondente dell' anale decomposte ia
più pinnule spurie : corpo fusiforme.
158 Scienze
§§ TRiCHiunTNi. Una sola dorsale continua ;
almeno gran parte dei raggi dell' anale ridotti a pic-
cole spine: corpo lunghissimo, molto compresso : mu-
so allungato : bocca profondamente fessa.
§§§ xiPHiADiNi. Una sola dorsale continua :
muso ensiforme.
§§§§ CENT RONOT INI. Alcuni aculei liberi in-
vece della prima dorsale.
§§§§§ CARANciNi. Linea laterale loricata !
§§§§§§ FOMERiNi. Corpo molto compresso, ap-
pena squamoso ; capo col vertice tagliente : due pin-
ne dorsali continue.
§§§§§§§ ZETNi. Corpo molto compresso , appe-
na squamoso : bocca molto protrattile : una sola pin-
na dorsale.
§§§§§§§§ coRYPijAENiNi. Corpo comprcsso, più
o meno allungato ; capo col vertice tagliente : una
sola dorsale che corre lungo tutto il dorso. Raggi
spinosi talvolta molli.
FAMIGLIA 10. CEPOLIDAE. Corpo lunghissimo , mol-
to compresso : squame piccolissime : muso corto : boc-
ca piccola , poco o obliquamente fessa.
FAMIGLIA \ \ . THEUTHiDAE. Corpo compresso ,
oblongo ; bocca piccola , non protrattile : denti ta-
glienti disposti in arabo le mascelle in una serie so-
la ; palato e lingua lisci : una dorsale.
FAMIGLIA 12. OpniCEPHAUDAE. Porzione delle os-
sa faringee divisa in picciolo sfoglie irregolari.
Possono vivere a lungo fuori deW acqua.
§ ANABATiNi. Molti raggi spinosi.
§§ opiucEPHALiNi. Niun raggio spinoso meno
la spina delle pinne ventrali !
FAMIGLIA 13. MUGIUDAE. Operculi lisci : squa-
me grandi : capo depresso , coperto di grandi squa-
me o piastre poligone : labbri membranosi , Tinferio-
Animali vertebrati 159
re carenato interiormente : denti sottilissimi : due dor-
sali , l'anteriore formata di soli quattro raggi spinosi.
§ MUGiUNi. Coda liscia : pinne ventrali situa-
te poco dietro le pettorali.
§§ TETRAGONURiNi. Coda fornita di creste^.
§§§ ATHERiNiNi. Coda liscia : pinne ventrali
molto dietro le pettorali : Locca molto protrattile.
FAMIGLIA 14. GOBIDAE. Raggi Spinosi della pinna
dorsale gracili e flessibili : aperture branchiali piccole.
§ GOBI NI, Pinne ventrali sotto le pettorali ,
riunite almeno alla base in un disco incavato.
§§ BLENNiNi. Pinne ventrali avanti le petto-
rali, separate, didattili.
§§§ CALLioNYMiNi. Pinne ventrali situate sot-
to la gola , remotissime , piiì larghe delle pettorali :
aperture delle branchie consistenti in un foro ai lati
della nuca.
FAMIGLIA 15, lophid;e. Pinne pettorali stipitate :
aperture delle branchie consistenti in un foro die-
tro di quelle.
FAMIGLIA 16. LABRID^. Labbra (carnose) dupli-
cate : corpo oblongo , squamoso.- dorsale unica, coi
raggi forniti per lo più d'un appendice membranoso.
§ se ARI NI. Denti squamiformi.
§§ LABRiNi. Denti mascellari robusti , conici ,
ineguali.
§§§ CHROMiDiNi. Denti mascellari e faringei te-
nuissimi , conforti : bocca protrattile.
FAMIGLIA 17. FisTULARiD/E. Bocca situata all' e-
stremita d'un muso tubuliforme.
§ FisTULARiNi. Corpo cìlindiìco.
§§ CENTRisciNi. Corpo Ovale , compresso.
160 Scienze
ORDINE 2. MALACOPTERYGII
Niiin raggio spinoso o uno soltanto alla pinna
dorsale e alle pettorali: ninno all'anale e alle ventrali.
tJl::.itii 1 . yJLvdOiVlllUxLeó , {GasteropterygU.)
Pinne ventrali situate dietro le pettorali , non
attaccate alle ossa della spalla,
FAMIGLIA. 18. CYPRIIVIDJ5. Corpo squamoso : ne
pinna adiposa, ne intestini ciechi: margine della ma-
scella formato dagl' intermascellari : bocca poco fes-
sa : niun dente mascellare , o denti mascellari tutti
o quasi tutti tenuissimi : raggi branchiali poco nume-
rosi. Sono i meno Carnivori di tutti i Pesci.
§ ANABLEPTiNi, Duc pupille I (la comea e l'iri-
de divise in due parti da una fascia trasversa) : un'
apertura all' estremità della pinna anale ! Vivipari !
§§ PAEciLiNi. Pinna anale imperforata : ma-
scelle con denti.
§§§ crpRiNiNi, Pinna anale imperforata r ma-
scelle edentule.
FAMIGLIA 19. ESOCiDiE. Corpo poco squamoso ;
niuna pinna adiposa : niun intestino cicco , o due sol-
tanto : denti in ambo le mascelle ; alcuni acuti : mar-
gine della mascella formato dagl* intermascellari , o
almeno ì mascellari privi di denti e nascosti nella
spessezza delle labbra. Sono voracissimi^
§ ESociNi. Aperture branchiali di forma e gran-
dezza ordinaria : pinne pettorali mediocri : niun' intesti-
no cieco.
§§ EXOCETiNi. Aperture branchiali di forma e
grandezza ordinaria : pinne pettorali eccessivamente
grandi ! niun intestino cieco.
§§§ MORMYRiNr. Aperture branchiali consistenti
in una piccola fessura verticale : duc intestini ciechi.
Animali vertebrati 161
FAMIGLIA 20. siLURiDAE Niuna squama: polle nu-
da o con piastre ossee : margine della mascella for-
mato dagl' intermascellari ; i mascellari rudimentali ,
o convertiti in cirri : per lo piìi una pinna adiposa.
Quasi sempre la dorsale e le pettorali col primo rag-
gio consistente in una robusta spina articolata.
§ SiLURJNi. Operculi branchiali mobili.
§§ LORiCARiNi. Operculi branchiali immobili!
FAlttlGLiA 21 . SALMONIDAE. Corpo Squamoso : pri-
ma dorsale con tutt' i raggi molli, seconda piccola,
adiposa (formata semplicemente da una pelle piena di
grasso e non sostenuta da raggi) : intestini ciechi nu-
merosi. Comprende i pia completamente dentati fra
tutti i Pesci.
§ SJLMONiNi. Margine della mascella formato
in gran parte dai mascellari.
§§ scoPELiNT. Margine della mascella formato
dagl* intermascellari.
FAMIGLIA 22. CLUPEIDAE. Corpo squamoso : niuna
pinna adiposa : intestini ciechi numerosi : margine del-
la mascella formato nel mezzo dagl' intermascellari ,
e sui lati dai mascellari.
§ AMiNi. Capo loricato.
§§ cLapEiNi. Capo non loricato.
OÙtll SI. OlltbtaCCmaiH. (StemopterjgH.)
Pinne ventrali situate sotto le pettorali ; bacino
immediatamente sospeso alle ossa della spalla.
FAMIGLIA 23. GADiDyE. Pinne ventrali situate sot-
to la gola , acuminate.
§ GADiNi. Pinne ventrali evidentemente iugu-
lari : squame liscie e molli.
§§ MACROURINT. Pinne ventrali quasi toraci-
che : squame ruvide e durc-
G.A.T.LII. \\
162 Scienze
FA3lTGtlA 24. PLEUUOIVECTIDAE. Corpo eccesslva-
mente compresso : capo non simmetrico ! ambedue gli
ocelli dal medesmo lato.
FAMIGLIA 25. CYCi OPTERIDAE. Pinne ventrali riu-
nite in un circolo.
FAMIGLIA 26. ECnE!VEiDlDJ2. Capo superiormente
appianato in un disco ovale formato da lamine car-
tilaginee trasversc.
Oabil 3. OCvodeó. {Peropterygil.)
Ninna pinna ventrale.
FAMIGLIA 27. OPIIIDIDAE. Corpo ensiforme: oper-
culi manifesti : aperture branchiali grandissime.
FAMIGLIA 28. MURAEIVIDAE- Corpo lunghissimo ,
cilindrico : operculi piccoli , nascosti sotto la cute :
aperture branchiali piccolissime.
§ GYMMOTiNi. Aperture branchiali avanti le
pettorali , chiuse in parte da una membrana.
§§ MVRAENiNi. Aperture branchiali poste mol-
to alPindietro, tubuliformi.
§§§ APTERicHTìiiNi. Apertura branchiale con-
sistente in uno o due piccoli fori approssimati sotto
la gola.
Animali vertebrats 163
^^jiipWJC 2, HiOpiaW^JinJCmW {SpignatkL)
Scheletro fibroso-osseo : mascelle complete , libe-
re : branchie divise in fiocchi disposti per paja lun-
go gli archi branchiali ; un grande operculo comune
chiuso tutt' intorno da una membrana con un solo
piccolo foro verso la nuca.
ORDINE 3. OSTEODERMI {Heteropteri.)
Corpo loricato , angoloso. ^
FAMIGLIA 29. SYIVGNAXniDAE.
§ svNGNATHiNi. Bocca situata air estremità
del muso.
§§ PEGASiNt. Bocca situata inferiormente alla
base del muso.
Scheletro fibroso-cartilagineo ( che s'innossa tar-
di ) : mascelle incomplete , non libere : operculi na-
scosti sotto la cute ; una piccola fessura branchiale
da ambedue i lati.
ORDINE 4. GYMNODONTES {PelvopterL)
Denti riuniti in un becco corneo ( diviso inter-
namente in lamine.)
FAMIGLIA 30. TETRAODONTIDAE.
ORDINE S. SCLERODERMI {Acanthopteri.)
Denti distinti.
FAMIGLIA 31. BAHST10AE. Muso conico o pira-
midale.
\
164 Scienze
SOTTOCLASSE 2. CARTILAGINEI. (Chondropterjgii.)
Sclieletro cartilagineo, granuloso: cranio non su-
turato : ossa mascellari e interraascellari mancanti o
rudimentali.
MtU0U!è ìt ^hi^M^fUtl {Branchiati.)
Branchie libere almeno in parte; una sola aper-
tura esterna da ciascun Iato , operculata.
ORDINE 6. ELEUTHEROPOMI {Sturiones.)
Branchie libere : operculo manifesto: mascella for-
mata dal palatino saldato coi raascellari-
F AMIGLI A 32. ACiPEJXSERiDJJ. Corpo e capo lori-
cati : bocca sotto il capo , retraibile : cirri sotto il
muso.
ORDINE 7. AGANTHORRHINI
Branchie aderenti per la maggior parte dei loro
margini , con cinque fori interni al fondo dell' aper-
tura comune : operculo rudimentale nascosto sotto la
cute : mascella consistente nel solo vomere.
FAMIGLIA 33. CBiiM.EUiDyE. Piastre dure e indivi-
sibili invece di denli , quattro sopra e due sotto.
Animali vertebrati 165
«Sj^^WJ^C 2» ^ttMUiWWi {Spiraculati.)
Branchie fisse ; due serie di spiragli non operculati.
ORDINE 8 PLAGIOSTOMI (SelaciL)
Branchie pettini formi : mascelle non saldate insie-
me ; bocca larga trasversa. Si accoppiano ! Sono i pia
perfetti fra i Pesci, e forse fra gli Animali a san-
gue freddo !
FAMIGLIA 34.|SQUALIDAE. Corpo allungato , sub-
teretc ; pinne mediocri : spiragli ai lati del capo.
FAMIGLIA 35. RAJID>£. Corpo molto depresso, di-
sciforme , marginato da pinne pettorali larghissime :
spiragli sotto il capo.
ORBOE 9. CYCLOSTOMI
Branchie bursiformi : mascelle saldate insieme ;
bocca annulare. Sono i pia imperfetti di tut€ i Ver-
tebrati.
FAMIGLIA 36. PETROMYZOIVID^. Corpo allungato,
cilindrico : pinne privi di raggi.
§ GASTROBRANcniNi. Due sole aperture ester-
ne sotto la gola.
§§ PETROMYZONiNi. Scttc foii branchiali da
ciascun lato.
J66
TAVOLA METODICA
SOTTOCLASSE 1 . OSSEI
ORDINE 1. ACAIXTHOPTERYGII
FAMIGLIA 1. TEIICID^. ^
§ PEIÌCINl'
1 . Perca , L.
1. Perca, Cuv.
2. Labrax , Cuv. nec Palla,';,
3. Lates , Cuv.
4. Centiopomus , Lacep.
2. Lucioperca , Cu\r.
3. Huro , Cuv.
U. Etelis , Cuv.
5. Niphon , Cuv.
6. Eiioplosus , Lacep.
7. Diploprion , KuliI,
8. Apogon , Lacep.
9. Clieilodipterus , Lacep.
10. Pomatomus, Ris.so, nec Lacep.
11. Arabassis , Commers.
12. Priopis, Kuhl.
13. Aspro , Cuv.
14. Gramraiste,s, Cuv. nec Bloch.
15. Anlhias, Nob. {Jjiopon^ Rd/in.)
16. Serranus , Cuv.
I. Serranus , Cuv.
Fiumi temperati, ii.
Mari temperati. 7.
M.afr.as.Nilo.F.ind.O.
M. dell'Ara, merld. i.
M.ncro,Fium.s.4.
Lago Huron. 1 .
Arc.d.SeichelL 1.
M.delGiappone 1 .
M.d.N.Olaada. 1,
M. di Giava. 1.
Med.All.afr.Pac. 27.
M. rosso, Iiid. Pac. 3.
Mediterraneo. 1 .
Stagni As. m. Oc. 12.
M. di Giava. 1 .
P'iun i cur. 2.
M.Iad.Pac.m. 2.
M.am.Mcd.M.Iiul. 7.
Tulli mari. 22.
Animali vertebrati 16T
•2. Meroii , Cnv. [nolocentrum , Bodianus ,
Liilj'anus, Epineplicìus, Anlhias, Ce-
pliaìoplìoUs, Gymnocepliahis , lìl.) Tiitt' i mari. 98.
3. Plectropoma , Cuv. M. Ind. Pac. am. 14.
4. Diacope, Cuv.
5. Mesoprion , Cuv.
1 7. Acerina , Cuv.
18. Polyprion , Cuv.
19. Pentaceros , Cuv.
M. Indico.
M. tropicali.
F. eur. as. s.
Med. Ali. afr. am.
M. d.Afr. m.
20. Centropristis, Nob. {Àìphestes.Bldel)
1. Centropristis, Cuv. Ali. am. Pac.
38.
48.
3.
1,
1.
TO.
2. Grystes , Cuv. (Mici'opterus,Lacep.del.}F. d. Am. s. N. 01. a.
3. Aprion , Cuv.
4. Rypticus, Cuv.
5. Apsilus , Cuv.
21 . Cirrliitcs , Commers.
22. Chironemus , Cuv.
23. Poraotis, Nob.
1. Centrarchus, Cuv.
2. Bryttus, Cuv. et Val.
3. Pomotis, Cuv.
24. Priacanthus, Cuv.
25. Dulichtliy.s. Nob. (Dules, Cuv.)
26. Therapon , Nob.
1. Therapon, Cuv.
2. Datnia, Cuv. {Coiiis, Buchan, part.)
3. Pelates , Cuv.
4. Helotes, Cuv.
5. Nandus, Cuv.
27. Trichodon , Cuv.
28. Sillago , Cuv.
29. Rliyncliichtliys , Cuv.
30. Holocentrum , Artedi.
1. Myripristis , Cuv.
2. Holocentrum , Cuv.
Are. d. Seichelle. i.
M. d. Am. m. 2.
Atlantico afr. i.
M. Indico. 6.
M. d. N. 01. 1 .
Acq.dolced.Am.
Fiumi eL. Am. s. 7.
F. e L. Am. s. 3.
F. eLaghiAm. 8.
Atl. am. Pac. 15.
M.Iiid.Atl.ara.11.
M. rosso, Ind. io.
M. Indico. 5.
M. Ind. Pacifico. 3.
M. d. N. Olanda, i.
Fiumi del Bengala, r.
Kamtschatka. 1 .
M. Indico. 7.
M. Indico. 1.
Tutt'i M.caldi.
M. Ind. Ali. Pac. it.
M.Ind.All.am.Pac. 19.
1G8 Scienze
3. Beryx , Cuv.
4. Trachìchlhys , Shaw.
§§ TRACIIININI.
31. Tradì inus , L.
32. Percis , Bloch.
33. Aphritis , Cuv.
34. Pinguipes , Cuv.
35. Percophis , Cuv.
36. Bovichthus, Cuv.
37. Uranoscopus , L.
§§§ POLrKKMINti
38. PolynemuS,Gron. {Pentanemus,jir ted.
?39. Aplodactylus , Cuv.
M. d. N. Olanda. 2:
M. d. N. Olanda, x.
Med. Atl. eur. A.
M rosso,Ind. Pac. la.
Atlantico, 1.
M. ti. Brasile. 1.
M. d. Brasile. 1.
M.d. Chili. 1.
Tutt* i mari. 13.
jM.Ind.Atl.afr. am.i5.
M. d. Chili. 1.
FAMIGLIA 2. SPHYRiEIfID.E.
40. Sphyraena , Lacep.
41. Paralepis , Risso.
Tutt'i mari. 11.
Mediterraneo. 4.
FAHIIGLIA o. MULI.ID.E.
42. Mullus , L.
X. Mullus, Cuv.
a. Upeneus , Cuv.
Med. Atl. europeo. 2.
Tutt'i mari caldi, ^o.
FAMIGLIA 4. TRIGLIDAE.
§ THIGLINI.
43. Trigla, L.
1. Trigla , Cuv.
2. Prionotcs , Cuv.
44. Peristedion , Lacep.
45. Dactylopterus, Lacep.
46. Cephalacanlhus , Lacep.
Tutt'i mari. i5.
Atl. americano. 4-
Medit. 1.
M.Tnd.Med.Atl.am.2.
Atl. am. m. 1.
A M.IIALI VF,!;TK!:R.VT1
169
§§ coir/y/.
47
48,
49
50
51
52,
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
60.
61.
62.
63.
64.
65.
. Cottus , L.
1. Cotlus , Cuv-
1. Chabot , Cuv.
2. Chaboisseau, Cuv.
2. Aspidophorus , Cuv.
Platycephalus , Bl. pait.
Hopliclitliy.s , Cuv.
Bembras , Cuv.
Hemilripterus , Cuv.
Fium.d. Eur. As.s. 2.
Atl. Pac. selt. 17
Atl. Pac.sett. g.
M. rossojlad. Pac. 21.
M.d. Giappone. 1 .
M.d. Giappone. I.
Ali. ara. s. 1.
§§§ SCORPJENINl.
Herailepidotus , Cuv. Atl. Pac. sctt. 1 .
Scorpaena , L.
1. Scorpaena , Cuv.
2. Sebastes , Cuv.
Pterois , Cuv.
Taenianotus , Lacep.
Blepsias , Cuv.
Agriopus , Cuv.
Apistus , Cuv.
Minous , Cuv.
Pelor , Cuv.
Synanceia , Bl.
Tutt' i mari. 19.
M.deU'Aat. coni. io.
Mar rosso, lad.Pac. 7.
,\
Pac. selt. 2.
M.d.Afr. in. Ara. lu. 3.
M. rosso, Ind. 15.
M. Indico. 2.
M. Ind. Pac. 4.
M. Ind. Pac. 6.
§§§§ G^STEROSTLIM.
Monocculris , Cuv. M.d. Giappone. 1.
HoploStetllUS,CuV. [ad TradUclhym P ) Mcdit. 1 .
GasterosteUS , L. Acq.d.Eiuisf.art. 16.
Oreosoraa , Cuv. Atlantico. 1.
II
ITO Scienze
FAMIGLIA 5. SCijErVID^.
§ SCIAENINI.
66. Sciaena , L.
1. Sciaena 4 Cuv. Med.Atl. Fiumi iad.5.
'2. Otolithus, Cuv. M.Ind.Afr.m.Am. i3.
3. Ancylodon , Cuv. M. d.Am. m. 2.
67. Corvina , Cuv.
I. (ìorvina, Cuv. Tutt'i lu. L.Am.s. 17.
3. Johnius,Bl. . M.Ind.Atl.afr.am. 16.
3. Leiostomus, Lacep. Atl. am. ti-
68. Lariraus , Cuv. Atl. am. in. 2.
69. JNcLiis , Cuv. Atl. am. ra. 1.
70. Lepipterus , Cuv. Atl.am.m.nelF.1.
71. Boritila, Cuv. Atl. am. m. 1,
72. Conodori , Cuv. Atl. am. m. ^ .
73. Eleginus , Cuv. Arc.d.Maluiue. 1.
74. Eques , Bloch. Atl. am. m. 3.
75. Urabrina , Nob.
X. Uiubiiiia, Cuv. M.Ind. Med.Atl. 9.
1. Lonchurus , BI. part. 2.
3. ^o^oìXik\.\\\xi,'^.(Pogonias,Pogoiiath.Lac.)Pi.l\. am. 2.
76. Micropogouias,N. {Micropogon,Cuv.) Atl. am. 3.
77. Iia3mulou , Cuv. Atl. am. 12.
78. Pristipoma , Cuv. M.Ind.Pac.Ail.afr. 3o.
79. Diagramma , Cuv. M.Ind.AtI.aru.Pac.20.
80. Lobotes , Cuv. M.Ind. Atl.Ardnd. 4.
81. Scolopsides, Cuv. M.Ind.. 19.
82. Cheilodactylus , Cuv. M. lud. Pac. 5.
83. Latilus , Cuv. M. lud. 2.
84. Macquaria, Cuv. F.d.N.Olauda. 1.
5§ POi\lACENTRINl.
85. Amphi[)riou , Bl. part.
1. Amphipiion , Cuv. M.Iud.Arcip.ind. 12.
3. Piemaas , Guy. M.lud.Aic.iudiaao. 5.
Animali vertebrati ITI
86. Pomaor<ntru.s, Cuv. vi\ Lacep.
I. Pomacentrus , Cuv. M.Ind.P.Atl.am.m. 17.
■2. Dascyllus , Cuv. M.Ind.M. rosso. !ì.
3. Glyphisodon , Lacep. M.Ind.Atl.Pac. 5o.
4. Etroplus , Cuv. M. Indico. 3.
5. Heliases , Cuv. Atl.am.Arc. indiati. 6.
FAMIGLIA G. SPARID/E.
§ SPy4RINI.
87. SargUS , Klein. M. afr. e am.Med. 14.
88. Charax, Ri.sso. Mediterraneo. 1.
89. ^^a\m^N.[Au>'ataJUss.Chrysophrys,C.) Mecì.Atl.PaC. 22.
90. Pagrus , Cuv. M.Ind.Med.Atl.P. xi.
9i. Pagellus, Cuv. Mecl.Allant. 11.
§§ DENTICINI.
92. Dentex , Cuv. M.Iud.Med.Atl.P. ay.
93. Pentapus , Cuv. M. Ind. Pac. 8.
§§§ LETÌIRININI.
94. Lcthrinus , Cuv. M.Iud.Pac.Ail.afr.44.
§§§§ C^NTIIARINI.
95. Cantliarus , Cuv. ^^- ln<l- Med. Ail. n.
§§§§;^ OBLADINI.
90. Box , Cuv. {Boops , Riss) M.Ind.Med.All.afr. 4-
I. Box, Nob.
1. Sarpa, ]Nob.
97. Obla(la,Cuv. Med.M.d.N.01.2.
98. Scalharu.s , Cuv. Mod. oricnlalc. 1 .
99. Cieniden.s , Cuv. Mar rosso. \,
1^2 S e I E N
Z E
FAMIGLIA 7. M/ElVIDi*:.
§ MAENINI.
100. Msena , Ciiv. Mediterraneo. 4.
101. Sraaris , Cuv. {Gerres, Antiqii.) M.Ind. Med. Atl. io.
§§ CAESIONINI.
102. Coesio, Commers. M. Incì. Pac. 9.
103. Gerres, Cuv. nec Antlffu. Mlnd.Pac.Ail.ani.i8.
104. Aphareus , Cuv. M. Indico. 2.
FAMIGLIA 8. CnETODONTID/E.
§ CHAETODONTINI.
105. Chaetodon , L.
1. QAv^XoàQXi ,Q^\xy .\)iuc Selene, Lacep. del.) Tiitt'i mari loiTÌdi.6i.
2. Chelmon , Cuv. M. Indico. 2.
106. Heniochus , Cuv.
1. Heniochus , Cuv. M. Indico. 5.
2. Zanclus , Commers. M. Indico. 2.
1 07. Epbippus , Cuv.
1. Ephippus , Cuv. M. ara. Ind. 4-
2. DrepanichthySjN. (Z'/'e/7fl7z/5,(7.wecOrn.) M. Indico. 2.
3. Scalophagus , Cuv. M. Indico. 5.
108. Taurichthys , Cuv. M. Indico. 2.
109. Holacanthus , Lacep.
1. Holacantlius , Cuv. M. am. Ind. 23.
2. Pomacantlius, Cuv. nec Lacep. M.d. America. 6.
110. Platax , Cuv. M. Ind. Pac. 14.
111. Psettus,Commc^s.(^c«7^^7^o/)or/«.s•.''
et Monodacfjlus? Lacep. del.) M. Indico. 3.
§§ PiniELEPTEniNI.
1 12. V\mù\e^iexx\s^'L^c.(Xjsterus^Dor-
simrius? Kjphosus, Lncep.d.) Atl. Pacifico. 10.
1 13. Diptcrodon, Cuv. ncc Lacep. M.d.C. B.Spcr. 1.
Animali veutebrati ^1^3
§§§ lìHAMlNI.
\\h. Scorpis , Cuv. M.tì.N.OlandaJ.
1t5. Brama, Bl. M. Incì. Med. 3.
H6. Pcmplieris, Cnv. Pacifico. 8.
il 7. Toxotes , Cuv. Arcip.incliano. 1.
FAMIGLIA 9. SCOMBRID'E.
§ SCOMBRINI.
118. ScomLer , L. Tutt'i mari. 12.
119. Thynnus, Nob. Tutt'i mari.
1. Auxis, Ciiv. Tutt'i mari. 3.
2. Thynniis, Cuv. {Orcjrìus, Cui>. del.) Tutt'i maii. ii.
3. 'PA\a,miXA,'^oh.(Pelamis,Cin>.necDaud.) T.i M.caldi e temp. 5.
4. Cybium , Cuv. ]\I.Ind.Pac.Atl.am.i6.
120. Tliyrsitcs , Cuv. M. afr. am. m. 3.
121. Gerapylus, Cnv. M.Ind.Atl.Pac.4-
§§ TiìicinvntNi.
122. Lepidopus , Gonan. Med.Atl.merid. 1.
123. Trichiurus, L. (Lcptunis^ Arted.
Gjmnogaster^ GrOìlOV.) M.Ind.Atl. afr. am. 3.
§§§ XIPIIIADINI.
124. Xiphias, Cuv. Med.Atl.eur. afr. i.
125. Histiophorus , Lacep.
I. Tetrapturus, Lacep. M. Ind. Med. 2.
2? Makaira, Lacep. Atlantico. 1.
3. Histiophorus, Lacep. [Notistium,Herm.) M.Ind.All.afr.am. 5.
§§§§ CENTRONOTJNl.
126. Naucrates,Rafin. (Ce«<roHofwj,i?mo.) T.I M.caldi e temp.4.
127. Elacates , Cuv. M.Ind.All.am. 5.
128. Ccntvonotus, Lacep, part.
I. Lichia , Cuv. Med. Ali. afr. 4-
174 Scienze
1. Chonnemi\s,Cav.{Scomberoides,Lacep.)Ai\.Pac.fi-a i Trop.i6.
3. Tracliinolus, Ciiv. [Trachinotus , Acanthi-
nion, Ccesiomorus, Lncep.J M.Ind.Atl.m.Pac. 25.
4- Apolecliis, Cuv. M. Indico. i.
129. Mastaccm])clus, Gtonov . [Rhyn-
chohdella^ Bl.Macrognathus^L.)
1. Rhynchobdella , Cuv. Arq.dolc.d.As.m. t.
2. Mastacembeliis, Cuv. Acq.d.d.As.m. Oc. 8.
130. Notacanthus,Guv.(Canj;7/ZcJo/i,i?aZ>r.)Atlant.sett. 1-
§§§§§ CylRANClNI.
131. Coranx, Lacop.
I. Caranx,Cuv. Tnlt'i mari. i6.
1. Carangns, Cuv. M. Ind. Ali Pac. -20.
3. Gilula, Cuv. Med. Atl. Pac. 4,
§§^§§§ VOM BRINI.
132. Seriola , Cuv. Tutt' i mari. 7.
133. Nomeus , Cuv. Ali. americano. 1.
134. Tomnodo?! , Cuv. A ti. Pacifico. 2.
135. OlisUis, Cuv. M. Indico. 1.
136. Scyris , Cuv. M.d.Egitto. 2.
137. Blepharis, Cuv. {Zens^Lac.pnrt.) Ali. americano. 4.
138. AleCtriSjRalin. [Gallus,Lacep.necOrn.)M.\n(.\.A\\. am. 4.
139. Argyieiosus , Lacep. Ali. am. G.
140. Vonicr, Cuv. Ali. am. 10.
§§§§§§§ ZEINl.
141. Zeus, L. Med. Atl. eur. 2.
142. Cajjros , Lacep. Mediterraneo. 1.
143. Lainpris,Retz.(C/i/^'j'Ofó«^j',Zrtc.)Med. Atl.eur. 1.
144. Efpiula , Cuv. M. ludico. 15.
145. Mene, Lacep. M. Indico. 1-
§§§§§§§§ C0P.YP1IAF.NINI.
14G. Stromateus, L. {Fiotola ., lì isso
Chr/sostroma , Lacep. del.) Med. Atl. Pac. 12;.
Animali vertebrati 175
1 'i7. Pepiilus , Cuv. All.americ. 5.
148. Luvarus, Rafin. (ausonia? liiss.
Proctoste^ns\ Nardo.) Med.AlIautico. 1.
149. Seseiiiius , Cuv. Mcditcnauco. 1.
150. Kurtus , Bloch. M. ludico. 'ò.
151. Corypiiaeua ^ L.
1. Coryphaeaa , Cuv. Med. Ali. Pacifico, io.
a. Caranxomorus , Lacep. Med. Ali. Pacifico. 5.
3. Cealrolophus,Lacep./jwciVoi'ac«/a,i?/.jj.]Med.All. europeo. 4-
152. Astrodermus, Bonell. (^'«"«>-^'*^o) Mediteiraiieo. 1.
153. Pteraclis , Grouov. {Pteridium .,
Scopali. Oligopodus., Lacep.) A ti. americano. 1 .
FAMIGLIA 10. CEPOLIDAE.
154. GymnetrUS,BL {Trachjptems, Bonell-
Gjmnogaster, Brunn. Bogmarus, Auct.
Argjrctius, Scarcina, Rafin. Epidennus,
Ram.Regalecui, Nardo.) M.Ilul.Mcd.ALl.9.
155. Stylephorus , Shaw. M. d. Messico. 1.
156. Cepola, L. Med. Atl.Pac. 3.
157. Lophotes, Gionia. Mediterraneo. 1.
FAMIGLIA 11. TEUTHIDID.E.
158. Siganus, Forsk. [Euro, Comm. Centro-
gaster, Houtt. Amphacanthus, Bl.) M. Indico. ~0.
159. Teuthis, L.[Acanthurus,Lacep.Harpu.
rus.Forst.Aspisurus, Lacep. del.) All.Pac.fra iTrop. 25.
1. Teuthis, Kob.
2. Acaulhurus, Nob.
5. Scopas, Nob.
4- Cteaodon, Nob.
160. Prionurus , Lacep. Atl. Pac. fra iTrop. x
161. Naseus,Commcrs.(il/owoce/-oi-,-5/.)Atl.Pac.fra iTrop.n.
162. Axinurus, Cuv. M.d.N. Guinea 1.
1 63. PrÌodontÌclllys,Nob. {Pnodon,Cuv.) M. d. li. d. Timor. I .
* '" Scie n z e
FAMIGLIA 12. OPniOCEPUALIDAE.
§ ANADATINI.
<C4. Anabas, Cuv. Acq..i.cl. As.m. Oc. t.
-165. Helostoma, Kiihl et V. Hass. Acei.d.d.As.iu.Oc. i.
\^Q. Polyacantlius , Kulil et V. Hass.
I. Polyacantlius, Cuv. Acq. d. d. As.m.Oc. 3.
a. Colisa, Cuv. Gange. 9.
3. Macropodus , Lacep. Fiumi della Cina. -2.
1 G7. Osphromenus , Comm.
1. Osphromenus, Cuv. Acq.dolc. d. As.Oc. 3.
2. Trichopus, Lacep. {Trichogaster,Bl.) Acq. dolc.d. Oceanici.
168. Spirobranchus , Cuv. Rivi e!. Afr. ni. 1.
§§ OPirrOCEPHALlNI.
169. Ophiocephalus , Bl. Acq.d.d. As.m.Oc. ao,
FAMIGLIA 13. MUGILIDiE.
§ MVGIUNI.
170. Mugil, L. Tutt'iM.Fium.30.
§§ TETRAGONURtNI.
ITI. Tetragonuriis , Riss. Mediterraneo 1.
§§§ ATIIERININI.
172. Atlierina , L. Tutt'iM.L.d'Iial. 20.
173. Aphia , Riss. Mediterraneo. 1.
FAMIGLIA 14. GOniD^.
§ DIENNINI.
174. Blennius, L. Tutt'iM.Fium.25.
1. Blennius, Arted.
2. Pholis, Arted.
3. Tripterygion , Riss. Mcdllenaueo. i.
Animali vertebrati 177
175. Myxofìes , Cuv. M. Indico. 5.
17T). SaLirias , Cuv. M. ludico. 9.
177. Clinus, Cuv. xMed. Ali. 16.
1 78. Cirrhibarbus , Cuv. M. Indico. 1 .
179. Muraenoides, ljacACciUro/wius,Schn.)M\iìniìco. 3.
ISO. Opistogiìalhus , Cuv. M. Indico. I.'
181. Zoaices, Cuv. Med.Atl.am. 5.
182. Anairhicas , L. All.eur.selt. 3.
§§ GoniNi.
183. Gobius, L.
1. Gobins , Lacep. " Tutt'i M. Fium. 5o.
2. Gobioides , Lacep. M. caldi extra eiir. 6.
184. Tasnioidcs , Lacop. M. Indico. 1.
185. Periophllialmus , Schn. Arc.d.Molucche.5.
186. Eleotris, Gron. (^''-ot/ii/M^.O^i'. rZe/.jMed. St.am.afr.as. io.
§§§ CALLlOXY'MlNr.
187. Callionymus, Cuv. Med.Atl.am. 18
188. Triclionolus, Schn. M. Indico. 4
•189. Comephorus , Lacep. Lago Baikal. 1
190. Plaiypterus , Kiihl. Arcip. indiano. 2
191. Q,ViìXW's,^^Ì(A\<ì\:[Labrax, Pali ai, lice C) M. d. Kamtchatka. 7
FAMIGLIA 15. LOPIIiDAir.
192. Lophius, L. Mcd. Atlantico. '/.
193. Aiitcnnarius, Cumni. {Chirone-
Ctes^ Cuv.ncc Auct.) M. cald.extr. eur. i6.
194. Malthe, Cuv. iM.caldi cxtr.cur.8.
195. Batrachus, Bl. A ti. Pacifico. 12.
FAMIGLIA 10. I,AP>aiDJi:.
§ L.inniM.
J96. Labms, L.
G.A.T.LIII. 12
178 Scienze
1. Labrus, Nob. {Hiatula, BLdel?)
1. Labrus, Cuv. Tutt'i mari. 4o-
2. Crenilabrus, Cuv. Med. tutt'i M.cald.go.
2. Cheilinus, Lacep. M. Indico. 12.
5. Lachuolaimus , Cuv. Ali. americano. 4'
197. Julis, Nob. ( Com et Hologjmno~
sus, Lacep. del?)
ì. Julis, Cuv. Med. tutt'i M. cald. 4o.
2. Anampses, Cuv. M. Indico. 2.
198. Coricus, Cuv. Mediterraneo. 3.
199. Epibolus , Cuv. M. ladico. 1.
200. Clepticus , Cuv. M. d. Antille. 1.
201. Kìops,Commers.iGomphosus,Lacep.)M. Ind. Pac. 5.
202. Xirichthys, Cuv. Med.M. caldi. 12,
§§ CNROMIDINI.
203. Malacanthus , Cuv. M.Ind.M.d.Ant.3.
204. Chrorais Cuv. M. Ind. Med. Nilo. io.
205. Cychla, Bl. pari. M. d. Am. Indico. i6.
206. Plcsiops, Cuv. M.Indico, 4,
§§§ SCARINI.
207. Scarus , Cuv. Arcgreco.M.cald. 29.
ivlOS. Calliodon , Cuv, M. Indico. 7.
209. Odax, Cuv. M. Indico. 4.
FAMIGLIA 17. FISTULARIDAE.
§ FISTULARINI.
210. Fistularia, L. M. caldi. 5.
211. Aulostoraus , Lacep. M. Indico. 1 .
§§ CENTRtSCINI.
212. Centriscus,L.(ij/rtcrorArtw/jAoiw,y,rfe/.)Mediterraneo. 1.
213. Araphisile, Klein. M. Indico. 8,
Animali vertebrati 179
ORDINE 2. MALACOPTERYGII
OÙim 1 . OC'bdomUiCCieó {GasteropterygH.)
FAMIGLIA 18. CYPRIIXIDAE.
...J
214.
I.
1.
3.
4.
5.
6.
7-
8.
9-
TO
215.
210.
217.
218.
219.
220.
221.
222.
§ CrPRìNlNt.
Cyprinus , L.
Cyprinus , Cuv.
Barbiis, Cuv.
Gobio, Cuv.
Tinca, Cuv.
Cirrhinus, Cuv.
Abramis , Cuv.
Labeo , Cuv.
Catostomus, Lesueur.
Leuciscus , Kleìu.
. Cbela , Buchanan.
Gonorhynchus , Gronov.
GobltlS, L. (MisgurnuSy Lacep. dei.)
§§ ANABLEPTINl.
AnaLleps , Bl.
§§§ PAECILINI.
Paecilia, Sclin.
Le])ias , Cuv.
Fuiidulus , Laccp.
Moline.sia, Lesucnr.
Cyprinodoa , Laccp.
Acque dolci.
Eur.As.Af.Am.Oc. i3.
Eur.As. Afr. Ani. i^.
Europa, Asia. 6.
Eur.As. Africa. 4-
Asia meridionale. 4-
Europa, Asia. io.
Afr.Am.As. Oceanie. 7.
America selt. 20.
Eu.As.Af.Am.0c.i3o.
As.meridionale. 3.
Africa m. 1,
Acq. d.d. Eur.As. 16.
Fium.d.Am.m. 1.
Acq.dolc.d.Ara.6.
Med. M. d. Afr. Am. 6.
America. 5.
America. 3.
L. d. Eur.or. Am. s. f\.
FAMIGLIA 19. ESOCID^.
§ ESOCINI.
223. Esox , L.
224. Galaxias, Cuv.
Acq.d.d.Eur Am. s. 4-
America. 2.
ISO Scienze
225. Aleporcplialu'ì , Risso. Mctlltcrraneo. 1,
226. Microstoma, Cnv. Mocliterraueo. '1.
227. Stomias, Cuv. Mediterraneo. ^.
228. Chauliodus , Schii. Mediterraneo. 1.
229. Salanx , Cuv. Atlantico. -J.
230. Belone, Cuv. { RaphLiinma, Hafln.) Ti\ti"i mari. 1.').
231. Sayris, Rafiu. {Scombrcso.i, Lacep.) Mediterraneo. 3.
232. Hcmiramphus , Cuv. Tutt'i m.cald. 1 '^.
§§ EXOCETINf.
233. Exocetus , L. M.caldiclcinp.!2.
§§§ MonnirRiNi.
234. Murmyrus , L. Fiumi d. Air. 1G.
FAMIGLIA 20. SILURID.^.
§ SILURJNI.
235. Silurus , L. Tutt'i F. caldi
1. Silurus, Artedi. Fiumi calci. Daiuih. 9.
2. Schilbe, Cnv. Nilo F. d. Am. 5.
236. Mystus, Artedi, p. (Z?07'tì'j^,Zr/c.) F.d. America. 7.
237. Pimelodu.s , Lacep.
1. Bagrus , Cuv. Nilo, Gange, F. am. "J/J.
2. Sarubiin, Spix. Fiumi d. Am. m. r.
5, Hypophthalmus, Spix. Fiumi d. Am. m. ?..
4. Pimelodus , Cuv. Fium.d.Am.Afr.As.4o.
5. Synodonlis , Cuv. Nilo, Senegal. 3.
6. Ageneiosus , Lacep. Gange,Nilo,Seneg. 3.
238. Heterobranchus , GeoflTr.
1. Macropteronotus, Lacep. (C/rt/vV7.9,GroH. )Fiumi d. As. Afr. 5 ^
2. Heterobranchus, Cuv. ' Fiumi d. As. Air. 2.
239. Plotosus , Lacep. A.'^ia m. Occaii. 2.
1. Platystacus, HI. part. Asia m. Oceanica, 2.
2. Plotosus, Huchan. Asia m. (ìceanira. 2.
Animali vertebrati ,181
240. Calliclifliys, L. [Cainphrnctns^Lac) Flnni.d.Asla m.2.
241. Malapterurus, Laccp. Nilo. Senegal. 1.
§§ LORlCARlNr.
242. Aspreclo, L. [Pintjstacus, B. pai-t.) Flum.tl.Americ. 5.
243. Loricaria , L.
I. Hypostomtis, Larep. Fiumi d. Am. m. o..
•?.. Lorìcana,hi\c.{Rinelej)is,Jcanthicits,Si}.) Fiumi d. Am. m. 4-
FAMIGLIA 21. SALMONIDAE.
§ S.iLMONlNI.
244. Salmo , L. T.iF.Rivi.All.50.
245. Osmems, Avted. Atl.F. d.Em-.occ. i.
246. Mallotus , Cuv. Atl. settcntr. '1.
247. Thyraallus , Ciiv. Atl.s.eur. am. 3.
248. Coi'C"'OnuS,C. {Tr!;>Lcronolus,Lac.deì.)Kc({A.à.^\M\h.m.s i5.
240. Argentina , L. Mctlitcrraiioo. 1 .
250. Curiniatus,Cuv.{P«c/i,^HOfZ«5,5yy(.r.) F.tl.Amrr.m. 10.
251. Anostomus, Cuv. F.d.AuK-iica m. 1 .
252. Gasteropelecns , Bl. F.d.Asia ni. 1.
253. Characinus, Art. p. {Piabucus^Cuv.) Am. m. 10.
254. Senasalmo , Lacep. Am. m. 5.
255. Tetjagonoptems , Arted. Oceanica. Am. 3.
256. Clialceos , Cuv. Am. m. 3.
257. iMyletes, Cuv. F.d.Am.Nilo
§§ AULOPODINI.
(>.
258. Hydroryon, Cnv. {Cjnodon, Xi-
phostoma^ Spix.) F.tVa i Trop. 0.
259. Citlsarinus , Cuv. Nilo. 3.
260. Sauvus,Ci\v.{Harpor/onJ.cs.deL) iM.In.Med.L.Mcss ^o.
261. Scopolns, Cuv. (^er/;e, /?m.) Mcd. Ali. 3.
262. Anlopus , Cnv. Ricdilcnv.nco. 1.
263. Stcrnoj)lyx , llciin. Ali. fra i rivp. 2.
182 SciErTzE
FAMIGLIA 22. CLUPEIDVE.
§ CLUPEINI.
264. Clupea , L.
1. C\u^eai,Cuv.{Clup. etClupanodon,Auct.)W..lnAMeA.M\.V. 12.
2. Aiosa, Cuv. M.Ind.Med.Atl.F. io.
3. Chatoessiis , Cuv. M. Ind. Atl.am. 8.
4? Pomolobus, Rafin. F.Ohio. 2.
5?Doro3oma, Rafin. F. Ohio. x.
6? Nolemlgomis, Rafin. F.Ohio. 1.
265. Odontognathus, Lacep. {Gnatho-
bolus^ Schii,)
266.
Pri.stigastcr , Cuv.
AtL Pacifico.
4.
267.
Notopterus , Lacep.
Stagni d.As.m.
L
268.
Engraulis , Cuv.
I.
Engraulis , Cuv.
M.Iad.Mpd.Atl.am
.12.
1.
Thryssa, Cuv.
M. Indico.
4-
3? Alpisiuaris , Risso.
Mediterraneo.
269.
Mcgalops , Lacep.
Am. As. in.
2.
270.
Elops , L.
M. Ind. Atl. Pac.
^■
271.
Butirinus , Comraers.
M. Ind. Atl. Pac.
5.
272.
Chiroccutrus , Cuv.
M. Indico.
1.
275.
Hyodon , Lesueur.
§§ AMINI.
Ac(].d.d.x\m.s.
2.
274. ErytlirÌchthyS,Nob.(J?r)'f/tn>i«i,G7\) Acq.d.d.paesi cald. 6.
275. Amia, L. Fiumi d.Ani.s. 4.
276. Sudis , Cuv. F.d.Am.m.Nilo.Sen.3.
277.0steoglossura,Vand.(/jc/ic>/Joxoma,iS/».)F.d.Bra.siIe. I .
278. Lepisosten.s , Lacep. Acq.d.d.Am.ra.7.
279. Polypterus , Geoflr. Nilo.SenegaL 2.
Animali vertebrati
183
UÙml n, óub^zaccmccni. iStemopteijgU.)
FAMIGLIA 23. GADIDAE.
§
GADINl.
280.
Gadus , L.
I.
Morrhua , Cuv.
Atlantico. Med.
12.
2
Merlangus , Cuv.
Atl. Mediterraneo
• 4.
3.
Merluccius, Cuv.
Atl. Med. Pacifico.
3.
281.
Lota, Cuv. {Lotta^
jRisso.)
Atl.Med.Fium
5.
282.
Motella, Cuv. {Otios, Hisso.)
Atl. Med.Pac.
5.
283.
Brosmius , Cuv.
Atl.settentrion
2.
284.
Brotula , Cuv.
M.d.Antille.
1.
285.
Mora , Risso.
Mediterraneo.
1.
286.
Pliycis , Artedi.
Med.Atl.am.s.
'I.
287.
Raniceps , Cuv.
Atlantico.
2.
§§ MACROURINI.
288.
MacrourUS, Bl. [Lepidoleprus, Risso
•jMed.Atl.Pac.
3.
FAMIGLIA 24. PLECRONECTIDAE.
289. Pleuronectes , L.
1. Platessa , Cuv.
2. Hippoglossus, Cuv.
290. Rhombus, Cuv. {Bothus,Rafin.)
i. Rhombus , Nob.
1. Bothus, Nob.
291. Solca, Nob.
1. Solca, Cuv.
2. Monochir, Cuv.
3. Achirus , Lacep.
4- Plagubia , Brown.
Atl.eur.araepcano. i o.
M.Ind.Med.All. io.
M.Ind. Med.AlI. Jo.
M.Ind.Med.All.
Mediterraneo. Ali.
M.Ind.Med.All. 20.
M.Ind.Med.Atl. 7.
M. ani. Ind. 4-
M. am. lud. 6.
■$^4 Scienze
FAMIGLIA 25. CYCLOPTEUIDE.
292. Lcpatìogaster , Gouau.
1. Lepadogaster , Liicep. Mcd. Alla ii lieo. 6i.
•X. Gobiesox , Laccp. Medit. Ali. 4-
293. Gycloptcrus , L.
1. Cyclopterus , Ciiv. [Luntpus, Ari.) Ali. eur. am. 8.
2. Liparis, Arted. Ali. eur. a m. 4-
FAMIGLIA 20. ECÌIE3JEIDID/E.
29-4. Echeaeis, L. Mcd.AlI.Pac. 4.
iJUmi Ó. CXpO?C(5. {Peropterra,ii.)
FAMIGLIA 27. OrUIDIDAE
295. Ophidium , L. Mcd. Ali. Pac. 5.
296. Fierasfcr , Cuv. Mediterraneo. 2.
29T. Aramodytes , L. Med. Atlantico. 3.
298. Leptoceplialus, Pennanl. M.cald.Med.Atl.O.
FAMIGLIA 28. MUllEIVIDAE.
§ ariìiNoriNi.
?299. Ercmophilus , Humboldt. Fium.d.Am. m.l.
300. Gymuaiclm.s , Guv. Nilo. 1 -
301. Gymnolus , L.
1. Gymnotus, Lacep. Fiuini d.x\m. ni. 2.
2. Carapus , Cuv. Fiumi d. Airi. ni. 5.
3. Apteronotus, Lacep. {S(cr/iai-cr'ius,Schn.) Fiiiiui d.Ani. m, '!■
§ MUnJENlNI.
302. Saccopharynx, Mitcliill. {Ophio-
gnathus\, Hanvood.) Allanl.am.sclt. 2,
Animali vertebrati 185
303. Muraena, Tliunbcrg. [Gjmnoihorax,
Bl. Murcenophis, Gymnomurcena, Lac.)ì.\Xt\, 1 mari. 20.
304. Anguilla, Thunberg. {Murena, Bl.)
1. Anguilla, Guy. {Murcena,Lacep.p.} F.Riv.Med.All.Pac. 6.
2. Conger, Cuv. [Murcena, Lacep p.) Tult' i mari. io.
3. Ophisurus , Lacep. Tutt' i mari. 12.
§§§ APTERICIITHINI,
305. Sphagebranchus, Bl. M.Indico. Med. 6.
306. Apterichtbys, Dum. {CcBcilia,Lac.) Mediterraneo. 2.
307i Monopterus , Comraers. M.d.Giava. 1.
308. Synbrancbus, Bl. {Unibrancha-
perturus^ Lacep.) M. Indico. 5.
309. Alabes , Cuv. M. Indico. 1 .
j^^nt 2, %$fkAx^mku {Syngnathi.)
ORDINE 5. OSTEODERMI
FAMIGLIA 29. SYNGNATHIDAE.
§ SVNGNATHINI.
310. Syngnatbus, L.
1. Typhle, Rafin.
2. £ipliostoma, Rafin.
3. Syngnalhus, Rafin.
4. Nerophis, Raf. [Scjphius , Risso.)
311. Hippocampus , Cuv*
312. Solonostomus , Lacep.
§§ PEGASINI.
313. Pegasus , L,
Tutt' i mari. 25,
Tutt' i mari.
Tutt' i mari.
Tutt' i mari.
Tuli' i mari.
T.i M.cald.e terap.12.
M. Indico. 1 .
M. Indico.
12^
186 Scienze
ORDINE 4. GYMNODOÌVTES
FAMIGLIA 30. TETIlAODO]\TIDAE.
314. Diodon , L. Tutt'i M.caldi. 20.
315. Tetraodon, L. (Orbis,Ooi>idus,Lac.) TaiCiM.caìàì.'ÒO.
316. Orthagoriscus, Schxì.{Cepfialus,Sh.
Mola, Riss. Orthragus, Raf.) Med.Atl.Pac. cald. 7.
31 T; Triodon, Cuv. M. Indico. 1.
ORDINE 5. SCLERODERMI
FAMIGLIA 31. BALISTIDAE.
318. Balistes, L.
1. Balistes, Cuv. M. cald. Med. 36.
2. Balistopus, Tilesius. M.cald.exlra-eur. i.
3. Monacanthus, Cuv. M.cald.extra-eur. 20.
4. Aluterus, Cuv. M.cald.exlra-eur. 10.
319. Triacantlms, Cuv. M. Indico. 1.
320. Ostracion, L. M.tropic.Med.25.
Animali vertebrati 18T
SOTTOGLASSE 2. CARTILAGINEI. {ChondropterygU.)
i^^mnt t» @febmJSi|IWJel {Branchiatl.)
ORDINE 6» ELEUTHER0P03II
FAMIGLIA 32. ACIPE?fSERID/E.
321. Acipenser, L. Med.All.F.eur.am. 12.
322. Polyodon, L.(5)D«^^^/rt/7rt,67^aTV.)Mississipi. 1.
ORDINE 7. ACANTHORRHINI
FAMIGLIA 33. CniMiERIDE.
323. Chimojra , L. Med..\tI.artìco. I.
324. Callorliynchus , Gronov. Pac. antartico. 1.
^^Ì%^nt 2, ^tmXUUfnU {Spìraculati.)
ORDINE 8. PLAGIOSTOMI
FAMIGLIA 34. SQUALIDAE.
325. Scylliuru, Cuv. {Scylliorhinus,Blaìiw.)
1. Scyllium, ]Nob. M. Iiid. Med. Atl. i5.
2. Prisliurus , Nob. T Meditenaueo. »•
32G. Squalus , Nob. [Carcharias , Risso. )
1. Carcharias , Cuv. M. cald. e temp. 20.
2. Alopias, Rafiu. Mediterraneo. i.
5 Rhincodon , Smith. Atlantico afr. i.
4. Somniosus, Lesuenr. Atl. d. Ara. seti. i.
5. \-'Ami\a,C\i\.{Lmiia,Riss.huclsunts?Raf.)MfiA. Atlantico. 3.
ù. Galeiis , Cuv. Med. Atl. Pacifico. 4-
^gS SciEItZE
327. Mustelus , Cuv. Med.Atlantico. 3.
328. Notidanus, Cuv. M. Ind. Med. Atl. 4.
I. Hexanchus , Rafin. Mediterraneo.
1. Heptranchias , Rafin. Mediterraneo.
329. Selache , Cuv. Atl.sett.araer. 2.
330. Cestracion, Cuv. M.d.N.Oland. 1.
331. Spinax, Cuv. {Jcanthias,Risso.) Med. Atlantico. 5.
332. Centnna,Ci\v.{Oxjnotus,Rafin.)Meà.At\anlico. 3.
333. Scymnus.Cuv. fDalatias, Raf. part.) Tutt'i Mari. 7.
334. Sphyrna,Raf.{Zj^^n«,CMi'.«ecFaèr.) M.Ind.Med.Atl.4.
335. Squatiiia,Dumer. {Rhina^Rafin.) Med.Atlantico. 6.
FAMIGLIA 35. RAJIDiE.
33G. Pristis, Latli. (Pristobatus, Blaim.) T.iM.cald.Med.7.
337. Rhinobatus , Schn.
1. Rhinobatus , Scliru M.Tnd.Med.Atl.P. 11.
2. Rhina, Schn. M. Ind. Pac. 4.
338. Torpedo , Duraer. lNarcobatus,Bl) T.iM.cald.etemp.n.
339. Raja , Cuv. Tutt'i Mari. 25.
1. Leiobatus , Blainv.
2. Dasybatus /Blainv.
340. Trygon, Adams. {Trjgonobatus,
Blaiìw. Dasjatis, Rafin.) T. 1 M.cald.Med. 20.
341 . Anacanthus, Ehrenb. M. rosso. Ind. 3.
342. Myliobatis , Duraer. {Mtohatus, Bl.)
1. Myliobatis, Cuv. T.iM.cald.Mcd.Atl.ir.
2. Rhinoptera , Kuhl. M.Ind.Atl.am. 4-
343. Ceplialoptera, Duraer. {Diceroha-
tusj BL Aoclon^ Lacep. del.) M.Ind.Med.Ailam. 3.
Animali vertebrati 489
ORDIINE 9. CYCLOSTOMI
FAMIGLIA 36. PETROMYZONID^.
§ GASTROBRAN CHINI.
344. Gastrobranclius , Bl. Atlant.sett. 2.
§§ PETROMYZONINI.
345. Petromyzoa , L. Med.Atl.F.d.ant.C. 6.
346. Myxine , L. {Heptatremus, Dumer.) M. Indico. 1 .
347. Aramocoetus (^) , Dumer. Rivi europei. 2.
Numero totale delle specie. 3586.
(*) Costituisce il passaggio immediato verso gì' InveiteLrati.
490
AGGIUNTE E CORREZIONI
- '^•' • RELATIVE
AGLI ANIMALI VERTEBRATI A SANGUE CALDO-
Prospetto della Classe I. Mammalia.
Nella Sottoclasse 1. quadrupedia credo oppor-
tuno suddividere là Famiglia 3. Lemuridce in
due Sottofamiglie , che saranno
§ LEMURiNA. Arti liberi : mascellari tuberco-
lati o cristati. Omnivorl.
§§ GALEOPiTHECiNA. Arti di ciascuu lato riu-
niti per mezzo d'una membrana pelosa : quattro ma-
scellari a più punte aguzze. Insettivori.
Il solo genere Galeopithecus.
L'Ordine 2. chiroptera dovrà suddividersi
in due Famiglie elevando a questo rango il gruppo
detto Pteropina. Esso si chiamerà Pteropodidce -.
la Famiglia p^espertilionida^ poi comprenderà sotto
di se le altre quattro Sottofamiglie. I caratteri
eh' erano stati riferiti sotto la Famiglia Vesper-
tiliones vanno riuniti a quelli dell'Ordine : quelli
delle nuove Famiglie saranno espressi come segue:
FAMIGLIA 4. PTEROPODID/E. Mascellari ottusamen-
te tubercolati o lisci. Capo couico, allungato : canini
robusti ; incisivi piccoli , stretti fra i canini , inutili.
Frugivori. Gregarie.
FAMIGLIA 5. VESPERTiLiONlDyE. Mascellari a più
punte aguzze. Insettivori.
s
La Famiglia 5. Insectivora deverà elevarsi al
rango d'Ordine, meritando d'essere separata dai
Animali vertebrati 191
Carnivori molto più che il giuppo Pinnipedia.
Applicherò al nuovo Ordine il nome di bestiae,
che si trova , benché con altri limiti , nelle pri-
me edizioni delle opere di Linneo. Le suddivi-
sioni poi verranno elevate al rango di Famiglie
sotto i nomi 6. Talpidos. 7. Soricidce. 8. Erina-
ceidce. Quindi il gruppo Carnivora costituirà da
se solo l'Ordine 4. ferae. Credo benfatto sud-
dividerlo in tre Famiglie , elevando a questo
rango il gruppo Ursina , che contiene le meno
Carnivore delle Fiere, sotto il nome 10. Ursida;^
e limitando agli altri quattro la Famiglia 11. Fe-
lidce. A queste due Famiglie, che vanno modificate
alquanto , se ne preponga una nuova Cercolepti-
dce per quell' essere singolare il Cercoleptes cau-
divohidas , che sembra intermedio fra i Quadru-
mani^ le Fiere e le Bestie-, questa si esporrà co-
me segue :
FAMIGLIA 9. CERCOLEPTiDiE. Due sole mammelle,
inguinali : lingua lunghissima, estensibile : coda preen-
sile , totalmente pelosa.
Siccome nell' Ordine 5. pinnipedia converrà
dar luogo al genere Latax smembrandolo dalle
Lontre , alle quali è tuttavia vicinissimo, si co-
stituirà con esso una Sottofamiglia da compren-
dersi nella
FAMIGLIA 12. PHOCID^. Canini inclusi nella bocca.
§ LATAci NA. Piedi posteriori piiì lunghi , di-
slanti un dall' altro.
§§ PHociNA. Piedi posteriori rivolti all' indie-
tro , vicini fra se.
Nell'Ordine 6. marsupialia la presenza dei Ca-
nini non è il carattere opportuno a rappresentare
193 Scienze
■ iy^- le naturali divisioni : converrà rinunziarvi, e sud-
dividere l'Ordine secondo le condizioni dei denti
da Carnivori, da Insettivori , e da Frugivori. Stan-
do a questi principii dovrà staccarsi dalla Fami-
glia Didelphidce il genere Thjlacinus , che ri-
spetto alla dentatura è anche più carnivoro di
qualunque Fiera ; e se ne costituirà una nuova Fa-
miglia. Anche i generi Petaurus e Hypsiprjmnus
dovranno rimuoversi dalle Didelpliidce e ceder-
si alla Famiglia seguente, che si chiamerà tutta-
via Halmaturidce . Ecco il prospetto delle tre Fa-
miglie :
FAMIGLIA 14. thylaci]\id;k. Dentatura da Ferce -.
pili denti ferini sopra e sotto!
FAMIGLIA 15. DiDELPniD/E. Dentatura da Bestice -,
niun ferino; tre o quattro mascellari a più punte aguz-
ze da ciascun Iato.
FAMIGLIA 16. HALMATURID./E. Dentatura da frugi-
vori ; niun ferino ; mascellari tubercolosi.
Quest' ultima potrà suddividersi come appresso :
§ PETAURiNA. Arti di lunghezza uguale : coda
lunga.
§§ HALMATVRiNA. Arti anteriori brevissimi y
posteriori lunghissimi ; coda che fa l'uffizio d'un ter-
zo arto posteriore !
§§§ PHAscoLOMiNA. Arti di lunghezza uguale :
coda subnulla.
E stato sempre uno scoglio pei naturalisti il
suddividere l'Ordine 7. glires , e specialmente
la sua prima tribù , in Famiglie e Sottofamiglie.
Ecco una distribuzione se non perfetta almeno
migliore di quella già presentata .-
AiNlMALl VERTEBRATI 193
FAMIGLIA 17. MURIDAE. Mascellari semplici.
§ scivRiNA. Coda lunga, pelosa: pelame uni-
formemente molle.
1 generi Sciuius, Pteromys, Myoxus, Meriones.
§§ ARCTQMiNA. Cocla breve o niuna : pelame
quasi uniformemente molle.
I generi Arctorays, Spermophilus, Aspalax, Cricetus.
§§§ MURiNA. Coda squamosa : pelame misto di
setole o di pungiglioni.
I generi Mus , Hydrorays, Otomis, Bathyergus, Neo-
toma , Sigmodon.
FAMIGLIA 18- CASTORIDAE. Mascellari composti ,
o semicomposti.
§ CASTOB.INA. Mascellari semicomposti, forniti
di radici.
I generi Castor , Fiber , Myopotamus , Caprorays ,
Ecliymys , Jaculus , Dipus , Saccomys.
§§ ARvicoLiNA. Mascellari composti , privi di
radici. Erbivori !
I generi Arvicola, Lemnus, Pseudostoma, Pedestes.
Nei caratteri della Famiglia 14 (ora 21) Ca-
videe invece della parola setole si deve leggere
peli (che è piìi generica.) Questa famiglia si po-
trà suddividere nei due gruppi qui appresso :
§ CAFINA. Mascellari composti , privi di radici.
I generi Hydrochaerus , Cavia.
§§ DASYPROCTiNA. Mascellari semicomposti.
I generi Dasyprocta , Cselogenus.
Si avverta che nella Famiglia 12 (ora 19)
Hystricidce i mascellari sono semicomposti e nel-
la seguente (20) Leporidce sono composti e privi
di radici.
G.A.T.LIII. 43
194 Scienze
La Famiglia 15 (ora 22) Chiromidce appar-
tiene alla prima tribù dalle clavicole compiute ,
e non già air altra, quantunque formi convenien-
temente l'anello di congiunzione coli' ordine bruta.
L'Ordine bruta, va suddiviso come appresso :
FAMIGLIA 23. BRADYPODiD^. Denti : niun incisi-
vo ; al pili dieciotto molari : muso corto : arti ante-
riori più lunghi-
FAMiGLiA 24. DASYPODID^. Denti : niun canino;
molari da ventisei fino a novant'otto: muso allungato.
§ DASYPoniNA. Corpo catafratto : denti consi-
stenti in cilindri , oppure semplici lamine , privi di
radici.
§§ ORYCTEROPODiNA. Corpo pcIoso : molari fl-
trosi , cilindrici , privi di radici.
FAMIGLIA 25. MIRMECOPHAGIDyE. Senza denti :
bocca piccolissima : lingua stretta , emissile.
§ MiRUEcoPHAGiNA, Corpo peloso : Unghie an-
teriori robuste e taglienti.
§§ MANINA. Corpo squamato.
Neir Ordine 9. belluae si distragga dalla
Famiglia delle Snidai il gruppo Hjracina , così
singolare per la sua analogia coi Rosicanti, e se
ne faccia una Famiglia da situarsi fra Eqaidce e
Suidce come segue?
FAMIGLIA 31. HYRACIDAE. Dita anteriori quattro,
posteriori tre : un' unghia ricurva al dito interno dei
posteriori ! Pelle abbondantemente vestita di peli : due
incisivi soltanto di sopra.
Animali vertebrati 195
La Sottoclasse 2 dovrà esporsi cosi :
SOTTOCLASSE 2. CETE.
Arti posteriori mancanti ( indicati semplicemente
da ossa); gli anteriori consistenti in pinne : collo non
distinto dal tronco : corpo pisciforme terminato in una
coda cartilaginea, orizontale, pinniforme. Vivono nell'
acqua esclusivamente : privi di orecchiette : senza pelo.
ORDINE li. SIRENIA
Mammelle pettorali ; narici situate anteriormente ,
inette a spruzzar acqua : arti posteriori connati colla
coda. Fitofagi.
FAMIGLIA 34. MANATiDiE. Mascellari composti o
seraicomposti a corona piana o solcata.
ORDL^E 12« HYDRAULA
Mammelle inguinali : narici situate superiormente,
atte a spruzzar acqua : arti posteriori nulli. Zoofagi.
FAMIGLIA 35. DELPniiviD^. Testa piccola o me-
diocre.
§ DELPJUNiNA. Denti conici per lo pili nume-
rosi e in ambo le mascelle.
§§ MONODONTiNA. Duc lungliissime zanne dritte
ed aguzze impiantate suU* osso interraascellare (una
delle due per lo più rudimentale) ; niun altro dente.
FAMIGLIA 36. BALAEiviDyE. Testa enormemente
grossa.
§ PHYSETERiNA. Denti persistenti inferiormen-
te soltanto , i quali entrano in cavita corrispondenti
della mascella superiore.
§§ BALAENiNA. Niun dente inferiormente : due
lamine cornee fesse irregolarmente verso l'orlo a gui-
sa di pettine , attaccate alla mascella superiore , le
quali chiudono lateralmente la bocca.
13^
196 Scienze
Tavola Metodica della Classe I. Mammalia.
E inutile avvertire che in questa si debbono in-
trodurre i cambiamenti corrispondenti a quelli indicati
pel Prospetto , e gli altri che ne sono conseguenze.
Nella famiglia delle Lemuridce dopo il genere 20
Stenops dovrà prender posto
20. b. Perodicticus , Bennett Afr. 1 .
Dopo il genere 47. Hylogale della famiglia So-
ricìdce s'introducano i seguenti (uno dei quali era sta-
to inserito con dubbio sotto il gen. 61. Viverra.)
47. b. Macroscelis , Smith. Afr. 2.
47. e. Gymnura , Horsf, Oc. 1 .
S'aggiunga un genere affine al 53. Arctictis.
53. b. Paguma , Gray. As. m. i.
Il soltogenere Mellivora del genere 59. Gulo do-
vrà essere separato, e riguardalo come genere da se,
e le sue suddivisioni diverranno sottogeneri : esso si
accosta molto al gruppo Felina.
Dopo il genere 58 Mydaus s'inserisca
58. b. Helictis , Gray. As.or.Oc.2.
Sotto il genere 62. Herpestes s'aggiunga un nuo-
vo sottogenere, che dovrà figurare come il secondo, ed è
2. Atilax , Fr. Cuv. As. m. i.
Nel genere 64. Canis si elevi al grado di sot-
togenere il gruppo Lycaon che ha per tipo il Canis pi'
ctus eminentemente distinto dall' aver quattro dita per
piede, e si esponga cos'i ;
2. Lycaon, Brooks,nec Wagl (Cj-nhjKna, Br occhi ■)Mx.i'
I
Animali vertebrati 197
Gli altri Ire giuppctli si caniprendcranno sotto
il soltogencre 1 Canis.
Nel genere 67. Felis s'inserisca per primo un nuo-
vo sottogenere, che è il seguente , e il cui tipo è la
Felis juhata dalle unghie non retrattili.
I. Cynailurus, Wagl. Oc. i.
Neir ordine pinnipedia avanti a tutti gli altri ge-
neri si dark posto al seguente, che come è stato detto,
conviene smembrare dalle Lontre.
70. b. \ja\A\fì\oQ<òx.{Enhydra^Flem^ As.s.Am.s.i.
La patria del genere 91. AulacoduJs è l'Africa.
Fra i gen. 98. Leranus e 99. Aspalax s'introducano
98. b. Ctenodactylus , Gray. Afr. \.
98. e. Rhizomys , Gray. As.or.Oc.2.
Dopo il genere 100. Bathyergus, IH. si aggiunga
100. b. Ctenomys , Blainv. Am. m. 1.
Fra 104. Di pus e 105. Meriones si ponga il ge-
nere che segue, di cui è tipo il Gerbillus canadensis.
•104.b.Jaculus,Wagl,(/)/er/one,y,Fr.Cwp-)Ara.s.1.
Fra i Rosicanti piiì affini a Mus si aggiunga
112. b. Dendromys , Smith. Afr. 1.
Si aggiunga al genere 1 1 4. Hystrix, il Sottogenere
3. Atherurus, Cuv. Oc. i.
Si divida in due il genere 118. Lagostomus, cioè r
LagOStomus, Br. [Viscaccia, Sch. DoUchotis? Desm.)
Eriomys, Vender Haven. {Chinchilla , Grnj.)
Si noti poi che questi animali hanno le clavicole
198 Scienze
compiute ed appartengono alla famiglia Castoridce^
invece di spettare a quella delle Cavidce.
Il genere 126. Dasypus dovrà suddividersi cosi :
1. Tolypeutes , IH.
2. Dasjpus , Fr. Cuv.
3. Tatusia , Fr. Cuv. (Euphractus , Wagl.)
4. Xenurus, Wagl.
5. Priodon , Fr. Cuv. (Cheloniscus ^ Wagt.)
Il genere 129. Myrmecopliaga essendo stato ripar-
tito dal Wagler nei tre generi
I. Myrmìdon. {Didactylis , Fr. Cuv.)
1. Uroleptes. (Tamandua, Fr. Cuv.)
3. Myrmecopliaga.
questi potranno considerarsi come sottogeneri, e ver-
ranno sostituiti alle divisioni incerte del signor Gray.
Si esponga come appresso il genere 1 63. Delplii-
nus , ora Sottofamiglia
§ DELPHININA.
163. Delpliinus , L.
1, Platanista , Wagl. [Susu, Less.)
2. Delphinus, Cuv.
1. Delphinorhyuchus, Blainv.
2. Delphinus , Bl.
3?0xyplerus, Rafia.
4- Pliocaena , Cuv.
5. Grampus , Gvaj .{Globìcephala , Less. Cetus, TVagl) 3.
6. Beluga, Gray. [Delphis, Wagl. Delphinapterus,Lac.) 3.
7. Tursio, Wagl. (Delphinapterus , Lacep. pari.] 1.
8. Orca, Wagl. [Diodon? Less. nec Auct.) 2.
164. Hyperoodon, Lacep. (Nodiis , TVagl.
jtodon^Less. nec Auct.Heterodon.,BlaiìW.
Uranodon.,111. Epiodon? Rafin.) {^). 2.
?165. Ziphius, Cuv. Foss. 3.
(•) Anarnacus, Lac. [An cylodon , III.) è piultojlo sinonimo di Monoilon.
Tutt'
i
mari.
M. d.
As
. m. I.
(I
Foss.)5.
IO.
2.
IO.
Il
Animali vertebrati 199
Classe 2. Monotremata.
Sotto questa al genere Echidna si debbono
assegnare due specie non una.
Prospetto della Classe 3. Àves.
Le Famiglie 15. Sjhida; e 19. Fringillida*
sono divise in buone Sottofamiglie, ma nel defi-
nirle convien rinunziare ai caratteri presi dalle
remiganti, che sono insufficienti, e solo atti a di-
stìnguere fra loro i gruppi più subalterni. Secon-
do la bellissima osservazione dello Swainson, questi
caratteri corrispondono piuttosto ad una condizio-
ne geografica , incontrandosi la remigante esteriore
corta negli Uccelli dell' antico Continente , e la
lunga in quelli del nuovo.
Neir ordine h. grallae fra le Charadridos
e le Psophidce s'introduca una Famigia già stabi-
lita dal Vieillot, il cui tipo è il Chionis da me
considerato precedentemente qual genere aberran-
te della Famiglia delle Laridce : a questa Fami-
glia debbono riferirsi due nuovi generi, come indi-
chiamo qui appresso :
rA]>iiGLiA 26. bis. coLEORAMPni. {Cìiionìdce.) Bec-
co corto , valido , quasi fatto a volta : narici ri-
coperte da una lamina convoluta! quattro dita; le
anteriori separate, saldate alla base da una piega mem-
branacea; il posteriore rudimentale : ali lunghe , acute.
I generi che qui spettano sono i seguenti:
1 . Chionis , Forster. ( Coleoramphus ,
Dum. P^aginalls^ Lath.) Antart. 1.
2. Attagls, Is. Geoffr. et Less. Ani. m. 1.
3. Thinocorys, Eschscholtz. Am. m. 2;
200 Scienze
Tavola Metodica della Classe 3. Aves.
Al Percnopterus (Neophron) sottogenere subor-
dinato al genere 1. Vultur si assegnino tre specie
in luogo di due : e così al gruppo Butaetes del gene-
re 5. Falco se ne assegnino due non una.
Il sottogenere 4. Strix, Savign. del genero 6. si po-
trà suddividere in
1. Strix.
2. Phodilns, Geoffr. Oc. i.
Il sottog. 2. Sturnella del gen. 30. Sturnus si
consideri come genere , essendo più affine ad Jcte-
rus e agli altri gruppi americani che ai veri Stor-
ni dell' antico Continente.
li gen. 40. Myophonus va tolto dalla famiglia
delle Corvidae , e va collocato fra le Turdinae vi-
cino al gen. 89. Pitta.
Il genere Plionygama , Less. non è sinonimo del
genere 58. Irena , Horsf. che deve essere avvicinato
al gen. 35. Oriolus , ma del 41. Chalybaeus, Cuv. del
quale si conoscono ora tre specie: dell' Irena poi se
ne conoscono due.
Il gen. 69. Muscicapa potrà dividersi in due ge-
neri , il primo de' quali comprenderà tntt' i gruppi
americani , e si cliiamera
69. Tyrannus , Briss.
l'altro 69. b. Muscicapa, L. fra gli altri suoi gruppi
comprenderà anche la Seisura , Vigors che, avevamo
posta fra le Myotherag.
Dopo il sottog. Muscipeta appartenente a Tyran-
nus s'inserisca
3. Pitangui, JSwaios. Am. m.
Animali vertebrati 201
È ben inteso che il Platyrliynclms Desm. e la Mu-
sei pela, Cuv. sono artifiziali , e quelle denominazioni
vanno applicate a gruppetti naturali diversamente cir-
coscritti.
Sinonimo del mio Sottogenere Taenioptera è il
Nengetus , Sw. secondo gruppo del genere 70. FIu-
vicola. La Muscicapa poljglotta., Licht. tipo di que-
sto sottogenere Taenioptera , secondo il Signoi'e Swain-
son corrisponde al Laniits Nengeta di Linneo. Biso-
gna guardarsi poi dal confondere la indicata specie
colla Muscicapa Nengeta di Lictlienstein, che guest'
autore crede pure identica col Laniics Nengeta , L.
Il fatto stk che sotto la specie Linneana si trovano
allegate indicazioni, parte delle quali spetta alla Mu"
sicapa Nengeta^ parte alla Musicapa poliglotta del
Lichtenstein.
Al Sottogenere 6. Tyrannina ( nome complessivo
scritto per innavertenza) si sostituirà
6. Gubernetes , Such. [Milvulus , Si>v.) Ara. 6.
e si sopprimerà il genere 79. ammesso fin da princi-
pio con dubbio.
Sinonimo del sottog. 9. Muscicapa , è 8. Butalis
Boia , e non già distinto da esso. Si potrebbero con-
servare però ambedue queste denominazioni destinando-
le a due gruppetti, uno de' quali avrebbe per tipo la
Muse, grisola^ l'altro la Muse, atricapilla.
Il gruppo 14. Gulicivora, Sw. {Hjpothymis^ Baie
pari.) e proprio anche dell' Am. sett. anzi ha per ti-
po la S/li'ia carulea. Converrebbe forse concedergli
dignità di genere. In ogni caso il suo posto & mal
certo , non potendosi decidere bene se sia una Afu-
scicapina , ovvero una Syhina. Le stesse riflessioni
sono applicabili al gruppo 7. Setophaga.
Il Sottog. 17. si esponga cosi :
17. Hypotliymis, Boie part. nec Licht. As Oc.
202 Scienze
^ L^Hypothymis, Licbt. (Messico. 1) sembra che sia
vicino al genere 62. Phibalura, e nulla abbia che fare
colle Muscicapce.
Il gruppo 18. Pacliycephala costituisce un buon
genere da mettersi fra le Anipelidce^ quantunque s'ac-
costi a Vireo , che nulla ha che fare colle dette Am-
pelidce.
Il sottogenere 12. Phoenicornis non appartiene cer-
tamente alle Muscicapce-. esso s'accosta molto più al TJ.
Ceblepyris, al quale potrebbe soltoporsi. Anche il nostro
gen. 75. Graucalus s'accosta moltissimo a Ceblepyris.
S'aggiunga un nuovo genere affine a questi che
va distratto dalle Mjotherce.
TI. b. Ptiliogonys, Sw. Messico. 3.
Il gen. 72. Icteria si rimuova dalla Sottofamiglia
delle Muscicapince^ e si ponga fra le Turdince : per
conseguenza si farà lo stesso traslocaraento rispetto al
genere 73. Vireo.
Fra i gruppi delle Lanince affini a Edolius do-
vrà prendere posto
Hypsipetes , Vig. As. centr. 1*
Sotto il genere 85 sì noti che l'Enneoctonus ,
Boie non è già suddivisione ma sinonimo del Sotto-
genere Lanius. Potrebbero essere conservati questi due
nomi, e corrisponderebbero ai due generi recenti La-
nius e Collurio del Signor Vigors.
Il Cyclaris , Swains. che fu posto con dubbio co-
me gen. 83 dovrà considerarsi invece come sottoge-
nere di Lanius Am. mer. 2.
L'ultimo dei sotlogeneri di Lanius , perchè costi-
tuisce il passaggio verso Tamnophilus, sarà poi
NJlaus Sw. Afr. 4-
I gruppi 4 e 6 dello stesso Lanius , cioè Lania-
Animali vertebrati 203
rius € Colluricincla militeranno piuttosto sotto ilTamno-
philus , vicino al quale converrà porre il gen. 76.
Prionops.
Il Pelicinius, Boie, notato con dubbio come sot-
tog. 9 del genere 87 Myiothera, dev'essere cancellato
e messo come sinonimo del teste mentovato Laniarius,
Vieill. {Malaconotus , Sw.)
Al Drioscopus , Boie suddivisione dello stesso ge-
nere Myiothera si aggiunga l'indicazione della patria,
eh' è l'Africa.
Il genere Eupetes recentemente stabilito dal Tcm-
minck per Uccelli dell' Oceanica non mi è cognito,
ma dovrà sicuramente prender luogo nella Sottofami-
glia Turdince.
Il Cinclosoma , Vig, sottog. del gen. 90. Tiraa-
lia oltre all' essere dell' Oceanica è anche dell' Asia
centrale, ove conta 4 specie certe, e forse altre.
Al genere 94. Cinclus converrà aggiungere una
specie , quella cioè d'Asia ( Cinclus Pallasii , Temra.
nec Nob. Am. Orn.), ch'è stata riconosciuta dal Si-
gnor Vigors come distinta dall' Americana ( Cinclus
unicolor , Nob. C. mexicanus, Sw.)
Il gruppo 5. Ixos del gen. 95. Turdus ristretto
nei limiti naturali dev' esser considerato come gene-
re da se , anzi è suscettibile d'esser ripartito in varii
buoni sottogeneri : due di questi saranno
Brachypus , Swains. As. Afr.
Jora , Horsf. Oc. i.
Quest' ultimo fu posto à torto nella Famiglia Pa-
ridce sotto il nura. 142.
204 Scienze
La suddivisione 3 Mimus del soltog. Turdus po-
trà prender il posto lasciato vuoto dal gruppo pre-
cedente (Ixos.)
Sotto il gen. 99. Saxicola s'inserisca il gruppo
6. Campicela, Sw. Afr.
Il gen. 100. Sylvia potrà divìdersi in due veri
generi , che avranno per carattere differenziale appun-
to la prima remigante corta o lunga. Il genere ame-
ricano si chiamerà 100 b. Sylvicola, Swains. e com-
prenderà come sottogeneri anche Vermivora e Zoste-
rops , oltre Seiurus , Trichas , Sylvicola , etc.
Il gruppo 8. Phyllopneuste Meyer del genere 1 00
Sylvia è gruppo artifiziale , e ridotto ne' suoi limiti
naturali, come e stata mia intenzione di fare, diviene
sinonimo di 9. Phylloscopus, Boie; e perciò dev' esser
cancellato , o piuttosto prendere il luogo di quest'
ultimo.
Al genere 103 Malurus si debbono fare parec-
chie modificazioni. Il gruppo 2. Megalurus va sotto-
posto al genere 90, Timalia della famiglia Turdince.
Subentreranno in sua vece
2. Drymoica Sw. Afr.
4- Hyliota, Sw. Afr.As.m.
5. Prinia, Horsf. Ocean.
Ad esempio del Signor Lesso n si potrà suddivi-
dere il genere 108. Tichodroma in
X. Petrodroma, Vieill. part. Oc. i.
2. Tichodroma, IH. Eur.Afr.As.2.
Sotto il genere 114. Dendrocolaptes s'aggiungano
i sottogeneri
I. J^fasica , Less. Am. m. i.
Animali vertebrati 205
a, Dendrocolaptes , Sw. nec Less.
5. Picolaptes, Less. fSittasomus, SwaiitS. part.)
Il genere 112. Oxyurus, Sw. deve forse subor-
dinarsi anch' esso a Dendrocolaptes.
I generi l37 e 138 Mimeta e Sericulus turbava-
no sicuramente la naturalezza della Famiglia Trochi-
lidce. Essi non sono Anthomjzi come si supponeva;
ma vanno riferiti al genere 35 Oriolus, di cui me-
ritano appena di formare suddivisioni.
II gruppo 1. Pomatorrbinus da noi riferito con
dubbio sotto il genere 133 Mellipbaga non ha nulla
elle fare col medesimo , e va collocato piuttosto fra
le Tiirdince sotto il gen. 90 Timalia , con Megalu-
rus , Dasiornis ed anche Psophodes da noi posto con
dubbio sotto Myothera.
Il gruppo 2. Prinia dev' essere sottoposto al ge-
nere 103. Malurus.
Al genere 144. Alauda manca il gruppetto chia-
mato propriamente Alauda.
Pel Ramphopis , Vieìllot , inserito sotto il gene-
re 148. Pyranga, sarà meglio adottare il nome Rampho-
celus, ed elevaxlo alla dignità generica : le specie note
sono cinque, non due, compresa una mia nuova specie
deir Isola di Cuba.
Ecco in qual modo intendo rettificare, dopo mi-
nuta analisi, e deposto ogni pregiudizio sull'importan-
za della grossezza del becco, il gran genere Fringil-
la, cui riunisco di nuovo il 155. Pyrrhula.
1. Tardivola, Swaìns. Am. m. 4*
2. Ammodramus, Sw. Am. 6.
3. Spizella, Nob. (typ. Fr. pusilla, fVils.) Am.
206 Scienze
4. Zonitrichia, Svr(typ. Fr. pensylvanica , Lath.J Am.
5. Euspiza, Nob. ftjp. Fr. americana, Nob.) Am.Eur.or.
6. Chondestes,SwainsY'S)32s« Emberizoides,Nob.f Am.s. i.
7. Megalolis , Swalns. As. m. Oc.
8. Spiza , Nob. (Spizce Tanagroideee , JVob.J Ara. 3.
g. Arreiaon, Vieill. Am. m.
io» Carduelis, Briss. Cosm.
1. Carduelis , Boie.
2. Chrysomytris, Boie.
3?Sicab's, Boie.
ir. LÌDota , Nob.; {Linaria et Fringillay Vieill.) Eur.As.Am.s.
12. VJdua, Cuv- Afr.
i3. FrÌDgilla, Nob. (Struthus, Bàie.) Cosm.
14. Pyigita , Cuv. [Passer , Auct.) Aat. Coni.
i5. Tiaris , Swains. Am.in,
16. Serinus, Nob. [typ. Fringilla serinus , L.) Eur.rn.Afr.
17. Cblorosplza, Nob. (tj-p. Loxia chloris , L.) Ant.Cont.
18. Pyromelana , Nob. (typ.Loxia orjx , h.) Afr.
jg. Paroaria,Nob.(^^;>.Fràg-j7/a cucuUata,Vieill.\ Am. m.
20. Amadlaa, Swains. Afr.
21. Critbagra, Sw. Afr.
22. EstrJlda , Sw. Afr. Oc.
23. Loxigilla, Less. pari. Afr.As.m.Oc.
24. Coccolhraustes- Nob. Eur.As.Am.s.
25. Cardinalis, Nob. Am.
26. Guiraca , Sw. Am.
27. Erythrospiza , Nob. Artico. 8.
28. Spermophila , Sw. Am. m. 3.
29. Pyrrhula , Cuv. Cosm. 24.
30. CoryÌhus,C\iv.{PinicolayhincStrobilophaga,F'ieill.)Artìco. 2.
Si. Pitylus, Cuv. Afr.Am.m. io.
Nel genere 161. si noti che il Ptilinopus è dell'
Oceanica , la Peristera dell' America , e l'Ectopistes
dell' Ara. meridionale egualmente che della setten-
trionale.
Animali vEnTEBRAxi 207
Vicino al genere 163. Megapodius, o come sot-
togenere di esso si aggiunga
Hylactes , Vig. Ara. m. 1 .
Neil' Ordine 3. gallinae il genere 170 Ourax po-
trà suddividersi ne' due sottogeneri
1. Ourax , Cuv. i«
2. Miui , Marcgr. o piuttosto Less. i.
Il genere 173.Lophopliorus potrà suddividersi così:
1. Lophophorus , Temm. x.
2. Impeyaaus , Less. i.
Il genere 175. Gallus, Briss. andrà ripartito nel
seguente modo :
I. Euplocomus , Temm.
Q. Tragopan, Cuv. (Satyra, Less.) 2.
3. Macartn€ya, Less. {Houppifères , Temm.) Oc. i.
4. Gallus, Cuv.
Il genere 1 76. Polyplectron conta oramai 4 specie.
Il genere 178. Talegalla , Less. dev* esser rimos-
so dalle GALLINAE, e convien che vada ad arricchire fra
le GRALLAE la mia Famiglia Psophidce, e per l'appunto
quella suddivisione Palaniedeina ch'era costituita fino-
ra dal solo genere 198. Palamedea.
Il genere 182. Cryptonyx conta ora tre specie.
Neir Ordine 4. grallae alle due suddivisioni del
genere 189. Otis se ne potrà aggiungere una terza
che sarà :
5. Houbara, Nob.
Il genere 190. GEdicnemus potrà suddividersi in
tre sottogeDeù, che saranno ;
20S Scienze
i> OEdicuemus. i^,
1. Burhinus, IH. (nostro genere dubbio f9i.) a,
3. Esacus, Less. i.
i
S'inserisca fra i Sottogeneri del 195, Vanellus
I, Pluvianus, Vieill. Afr. a.
che ora considero come distinto dai miei Hoplopteri.
Ai sottogeneri del 201 . Grus se ne potrà aggiun-
gere un terzo di becco anche più corto che non è
(juello deìV ^nthropoides e sarà
3. Balearica, Briss.
Le suddivisioni del genere 202. Giconia subiran-
no i cambiamenti che seguono :
1. Ciconia , Brìss. Cosm. 5.
3. Mycteria , L.
1. Yrais Jabirus, Less. Afr. ant. a.
2. Touyouyous, Less. Am. m. i.
3. Leploptilos , Less. Afr. As. Oc. 3.
Sotto il genere 215, Totanus converrà introdurre,
e porre come secondo, un nuovo sottogenere costitui-
to dal Totanus Bartramius. Cioè
2. Actidurus, Nob. {Bariramia, Less.) Am.s. i.
Neir Ordine 5. anseres al genere 231. Sterna man-
ca una delle suddivisioni del Sottogenere Stexna ed èi
2. Thalasseus, Boie.
Il nome Oxyura , Nob. del terzo sottogenere del
genere 244. Fuligula , Nob. essendo troppo simile ali*
Oxjurus del Signor Swainson dovrà cangiarsi in
3. Erismatura, Nob.
Le due specie del genere 252. Heliornis possono
ripartirsi in due sottogeoeri :
Animali vertebrati 209
ì. Podoa, 111. Am. x.
2. Heliornis, Bonat. part. Afi-. i.
Il genere 253. Podiceps può suddivìdersi in due
sotlogeneri già indicati nella mia Sjnopsis degli Uc-
celli Americani e sono ;
J. Podiceps , Kob.
2. Sylbeocyclus, Nob. {typ. Pod. caroUnensis.)
Il Sottog. Cephus del genere 255. Uria si elevi
pure al rango di genere, e se gli attribuiscano 2 specie.
Il genere Uria, ristretto al sottogenere di quel
nome, potrà tuttavia suddividersi in due gruppi :
I. Uria , Leach. a.
a. Grylie, Leach. 2.
XI genere 258. Alca dovrà restringersi al sotto-
genere di questo nome, le cui suddivisioni saliranno
d'un grado. Non fu benfatto il sottoporre Plialeris ad
Alca. Sarebbe anche più vicina a Mormon , ma se ne
distingue per la forma del becco : insomma è un ot-
timo genere da se. Fu registrato il numero 3 per quel-
io delle specie di Plialeris : ma anche esclusane V Al-
ea antiqua le conosciute ascendono a cinque o sci.
G.A.T.LIII.
210
«Mwmwii
Del grano carbone, analisi fatta dal professore
Pietro Peretti.
Ri
.ilevasì dal dizionario dì agricoltura italiano, tom.I
pag. 215, che il grano carbone è un granello non
fertilizzato : che la mancanza della fecondazione è
la sola cagione della sua mostruosa figura : che i soli
mezzi da efficacemente imi>iegarsi per prevenire que-
sta malattia sono di aver la precauzione di seminar
presto ed in buona stagione, di arare profondamen-
te il terreno , stritolandolo bene , e smovendolo prima
di seminarlo , con dare buoni governi a quello che
fosse magro. Ritrova giovevoli le preparazioni da far-
si al seme , già annunciate per la malattia che sof-
fre il grano, malattia chiamata volpe (1). Dice che il
sig. Tillet propone di lavare il grano, che contiene il
carbone, con la lisciva caustica prima di seminarlo.
Aggiunge il medesimo che il grano carbone, ol-
tre allo spiacevole odore che da al pane, è anche dan-
noso.
Avendo avuto l'incarico di esaminare alcuni pa-
ni , per riconoscere se in questi vi fossero sostanze no-
cive alla salute , e se racchiudevano le quantità do-
vute dei principii nutrienti, nel farne esame chimico,
riconobbi che oltre che detti pani erano mancanti del-
la parte nutritiva , erano stati preparati con frumento
contenente il grano carbone. Fui perciò interrogato se
questo grano carbone fosse nocivo alla salute. Non
(i) Vedi diuuaairlo di agriaoltura italiana tom. i- pi>g 212»
Grano carbone 211
conoscendo in sul momento se fosse già stata fatta
analisi di questo grano , e non essendo a mia notizia
l'opinione emessa dal sig. Tillet , non seppi rispon-
dere all' interrogazione fattami: ma ben tosto mi sono
procurato del detto grano, per sottometterlo all'analisi,
come in appresso si può rilevare, (1)
Ho preso del grano carbone, l'ho fatto polveriz-
zare , e passare per setaccio di seta : la quali ope-
razioni sono riuscite con qualche difficolta per non
dividersi facilmente la sostanza. La sua polvere ave-
va un color biuno nero , un odore nauseoso ; esposta
all' aria atmosferica diveniva alquanto umida.
Una porzione di detta polvere fu messa in in-
fusione a caldo con dell' alcool a 34*'; fu filtrata la
tintura, la quale aveva un color giallo di paglia, fu
messa in un lambicco , e fu distillata la più gran
parte dell' alcool. Il residuo alquanto torbido cam-
biava in rosso una carta tinta di tornasole : fu mes-
so in istufa a disseccare. Il residuo aveva un color
giallognolo, era friabile , lucido : esposto all'aria, di-
veniva alquanto umido.
Una porzione fu lavata coli' acqua stillata , nella
quale si mostrò insolubile ; il liquido acqueo però era
acido , non formava precipitato coli' acetato di piom-
(t) è dopo scritta , e data già allo stampatore la presen-
te memoria, che ebbi contezza essere il grano carbone un fun-
go, chiamato da DecandoUe Vredo Garbo, da Person Uredo
Segetum, da BuUiard Reticularia Segetum , e che da analisi
fatta risulta contenere piesso che i medesimi prodotti del gra-
no buono, ma con differenti proporzioni. Vedi, Dictionnairc rai-
sounè et uaiveisel d'agricolture. Articolo charbon.
44*
Wì Scienze
bo. Fii messo in una sloita e distillato : il liqiilcld
aveva un debole odore d'acido acetico. (1)
L'altra porzione fu disciolta nell'alcool; la soluzione
Versata nell'acqua la rendeva lattiginosa (carattere di una
resina ) ; fu fatto svaporare l'alcool , ed il residuo fu
messo dentro una picciola storta al calore di una lam-
pada a spirito ; esso si fuse , si rigonfiò , quindi si
Carbonizzò e lasciò svolgere vapori bianchi empireu-
matici , i quali condensati si sono in un olio. Que-
sti vapori hanno cambiato in rosso una carta tinta
di curcuma : lo che addimostra la presenza dell' ara-
moniacai
Il residuo del grano carbone, già infuso Uell'al-
cool , fu messo in infusione a freddo coli' acqua stil-
lata ; fu filtrato il liquido e fatto concentrare; il me-
desimo tingeva in rosso la carta tinta di tornasole :
lia dato precipitati coli' ossalato d'ammoniaca , e coli'
acetato di piombo. Detto liquido al calor di una stu-
fa fu ridotto alla consistenza di estratto, il quale
estratto fu trattato coli' alcool a 35.^ Si formò
un precipitato a fiocchi che fu separato dall' alcool,
e fu disciolto neir acqua stillata. La soluzione tinge-
va alquanto la carta di tornasole in rosso , ed ha som-
ministrato precipitati coi reagenti sopranomlnati , dai
quali si è rilevato essere del malato di calce. Una
porzione della soluzione acquea fu fatta svaporare sino
jEi siccità , e quindi fu messa in un crogiuolo al fuo-
co : essa si anneri , si carbonizzò e lasciò sviluppare
una quantità di vapori bianchi, i quali cambiavano
in rosso una carta tinta di tornasole. Questo residuo,
toltre il malato di calce > conteneva della gomma^
{i) Si tiede che l'acido acetico possa provenire dall'alcool
Grano carbone 213
Il liquido alcoolico fu anch' esso fatto svapora-:
re : il residuo aveva un odore quasi analogo all'osma-r
zoma. D'esso era acido, ed ha dato precipitati coli'
acetato di piombo , colla tintura di galla , e col ni-
trato d'argento. Coli' acido ossalico il liquido non sì
è intorbidato , coli' ammoniaca acquistò un colore più
cupo senza intorbidarsi. Fu posto detto residuo in stu-r
fa , e prima del disseccamento , il suo odore era quel-
lo del pane inacidito. Tale cambiamento di odore mi
ha posto in sospetto essersi formato dell' acido aceti-
co ; presi perciò una porzione del residuo, lo disoiol-
si nelF acqua stillata , e messa la soluzione in una pic-
cola storta ne distillai circa una meta. Il liquido stil-
lato non cambiava in rosso una carta tinta di torna-
sole , aveva acquistato un piacevole odore di funghi
porcini alessati (Boletus edulis L.). Versate alcune
goccie di nitrato d'argento in detto liquido , diven-
ne opalino : ciò che indica contenere un olio essen-
ziale. Volendomi assicurare se questa sostanza esistes-
se naturalmente nel grano carbone , o veramente si
fosse formata nell' andamento delle operazioni fatte ,
Ilo messo del grano carbone polverizzato con dell'acqua
comune in un lambicco , quindi ho distillato circa
una libbra di liquido, Questo liquido aveva precisa-
dente lo stesso odore dejl' antecedente descritto. A
contatto del medesimo ho messo una piccola quantità
d'oiio di mandorle dolci : ho dibattuto bene il mi-
scuglio , e lasciandolo in riposo, l'olio è montato alla
superfìcie del liquido , e seco aveva trascinato tutto
l'aroma esistente nell' acqua stillata. (1)
(i) Siccome il liquido stillato aveva un odore di funghi
alessati, ho voluto sperimentare se distillando un' inlusioiic
acquosa di funghi , l'acqua distillata avesse avuto lo stesso odij-
214 Scienze
L'altra porzione del residuo non totalmente dis-
seccato fu mischiata con del vetro polverizzato: ed
introdotta dentro una piccola storta al fuoco , al col-
lo della medesima furono poste due carte, Tuna tinta
col tornasole , l'altra colla curcuma. Nella prima azio-
ne del fuoco si svilupparono dei vapori che cambia-
rono in rosso la carta tinta di tornasole : coU' azio-
ne continuata del medesimo si svolsero dei vapori bian-
chi , i quali fecero rossa la carta di curcuma , e ri-
stabilirono la carta tinta di tornasole in blu. Questi
vapori si sono condensati in carbonato d'ammoniaca
cristallizzato , misto ad olio empireumatico. (1)
Le sopradescritte sperienze dimostrano bastante-
mente, che il grano carbone contiene un olio essen-
ziale , ed una sostanza vegeto-animale solubile nell'
acqua e nell' alcool , oltre a quella non solubile in
questi due mestrui , già riconosciuta nel buon grano,
come si vedrà, in appresso. Il grano carbone, già as-
soggettato air azione dell' alcool e dell' acqua fred-
da , fu fatto bollire coli' acqua stillata. Il liquido
filtrato aveva un color bianco g-iallastro , ed un odore
analogo ad una lisciva : la carta tinta di tornasole
non mostrò cambiarsi in rosso : coli' ossalato d'ammo-
niaca un debole intorbidamento, coU'acetato di piom-
bo UQ mediocre precipitato , coli' ammoniaca un de-
re , e gli stessi caratteri di quella stillata del grano carbone.
Ottenni dall' infusione dei funghi un' analoga acqu;t aromatica
Stillata: più dal residuo trattato coli' alcool ebbi molto zueca-
ro cristallizzato, il quale zuccaro ha alcuni caratteri della man-
nite , oltre quella stessa sostanza di odor analogo all' osmazo-
ma , come appunto si è detto del grano carbone.
(i) Anche quella ottenuta dai funghi ha somministralo i
medesimi prodotti trattata a secco iu «uà storta.
Grano carbone 215
Loie annebbiamento al liquido, colla tintura di iotlo un
debole canihiaracnto in rosso violaceo. Questa spcrien-
za indica che l'acqua bollente non ha disciolto che
piccole quantità di fecula.
Il residuo non disciolto dall'acqua bollente con-
tinuava ad avere un colore nero bruno. Una porzione del
medesimo fu posta in una capsula di porcellana al
fuoco con una certa quantità d'acido nitrico concen-
trato: appena cominciò l'ebullizione, si svolse una quan-
tità di vapori di gas nitroso , e la sostanza prendeva
un color giallognolo : continuata l'azione del fuoco
essa si scolorava, disciogliendosi per la più gran par-
te neir acido. Il liquido acido fu fatto svaporare sino
quasi a siccità. , quindi fu allungato con acqua stil-
lata, dalla quale si separò un precipitato bianco gial-
lastro : la soluzione fu saturata coU'ammoniaca: per la
quale saturazione si separarono alcuni fiocchi leggeri
di sostanza colorante gialla , e sopra il liquido filtra-
to fu versata dell' acqua di calce ; essa produsse un
abbondante precipitato di ossalato di calce. Il pre-
cipitato, separato coli' addizione dell* acqua sopra no-
minata , fu trattato coli' acido acetico : esso si disciol-
se per quasi una meta in quest' acido , e indisciolto
è rimasto dell' ossalato di calce. Sopra la soluzione
acetica si e versato dell' ammoniaca sino a saturare
l'acido : questa produsse un precipitalo bianco che nel
liquido appariva opalino, il quale dopo di essere sta-
to separato fu riconosciuto essere fosfato di calce.
Sembra pe' risultamenti avuti dal trattamento fat-
to al residuo del grano carbone ( già stato all' azione
dell' alcool , e dell' acqua fredda e calda , coli' acido
nitrico), che racchiuda grandi quantità delle sostanze
coloranti , gialla falsa e solida , riconosciute da me
in molti altri vegetabili ; le quali sostanze passano per
l'azione dell' acido nitrico in acido ossalico : il qua-
216 Scienze
le acido ossalico in questa nostra circostanza, avendo
ritrovato un sale a base di calce , si h precipitato in
ossalato di calce , rimanendo libera quell' altra por-
zione non combinata colla medesima.
Che questo residuo sia un miscuglio delle due par-
ti coloranti, lo vedremo in appresso trattando il me-
desimo col cloro.
Facendo attraversare dell'acqua che teneva in so-
spensione una certa quantità dell' anzi detto residuo
da una corrente di cloro , quando l'acqua si mostrò
satura , il residuo depose il nero bruno che aveva, e
passò in giallo perfetto. Dal che vedesi che la parte
colorante non solida è stata distrutta dal cloro , e
quella gialla solida ha resistito all' azione del mede-
simo: come egualmente e accaduto avendo trattato col
cloro molti altri vegetali clie racchiudevano queste stes-
se parti coloranti , e l'ulmina compresa.
Rimane ora a vedere se la polvere del grano car-
tone, non racchiudendo che pochissima fecula, fosse
anche privo del glutine.
Fu presa della polvere del grano carbone nel suo
stato naturale , e fu impastata con dell' acqua calda;
essa non si e riunita in massa , ma è rimasta sciol-
ta. Dal quale portamento sembra essere la medesima
mancante del glutine. Alla soluzione fu aggiunto
dell' acido acetico , e si è fatto bollire il miscuglio.
Fu filtrato il liquido , e sopra questo si è versa-
to dell' ammoniaca per saturare l'acido acetico : il
liquido s' intorbidò alquanto , ma non lasciò sepa-
rare verun precipitato in sul momento : lasciato pe-
rò in riposo per ventiquattr' ore si ritrovò al fondo
del vase un precipitato bianco , il quale dopo es-
sere stalo lavato , fu mischiato con del vetro pesto ,
e fu posto dentro una picciola storta al fuoco.- il mi-
scuglio s'anneri e tramandò vapori cmpireumatici ani-
Grano carbone 217
moniacall. Il residuo trattato coli' acido idroclovlco ,
poi coir ammoniaca, ha somministrato un debole pre-
cipitato di fosfato di calce ; ciò che può indurre a
credere essere stato l'antecedente precipitato un ini-r
scuglio di glutine e di fosfato di calce: il quale mi-
scuglio è stato disciolto dall' acido acetico posto ^
bollire sopra il grano carbone.
La sperienza che siegue dimostrerà che il grano
carbone contiene decisamente il glutine.
Altra quantità del grano carbone fu messa in in-
fusione coir ammoniaca allungata , ed assoggettato fu
il miscuglio ad un leggero calore. Si è colato il li-
quido per pannolino, quindi per carta cmporctica: ma
siccome detto liquido era alquanto viscoso, passò con
molta difficolta. Sopra questo liquido fu versato a po-
co a poco dell' acido acetico , e quando il liquido fu
prossimo ad essere neutralizzato si separarono molti fioc-
chi bianchi, che vennero a soprannotare sul liquido-
Se sopra questi si aggiungeva un eccesso di acido ,
in parte si discioglievauo , ed il liquido si rendeva
di nuovo viscoso e torbido. Coli' eccesso di ammo-
niaca questi fiocchi si discioglievano quasi interamen-
te. Ridotto il liquido allo stato neutro , rimontavano
alla superficie i medesimi fiocchi. Furono questi sepa-
rati per mezzo di un filtro di carta , quindi lavati, e
disseccati , poi messi in una storta al fuoco : essi si
rigonfiarono senza fondersi , si carbonizzarono traman-
dando vapori ammoniacali empireumatici , e sommini-
strando una quantità di picciole gocce d'olio empi-
reumatico.
Il residuo carbonsoso, dopo essere stato incineri-
lo in una capsula di platino , trattato coli' acido ace-
tico ha lasciato sviluppare dell' idrogeno solforato :
indizio che nel miscuglio eravi un solfalo , ridotto in
solfuro per il carinone della sostanza vcgeto-aniraale
218 Scienze
abbruciata : la quale sostanza , considerando Tazione
che ha esercitato il fuoco sopra la medesima , quel-
la dell' ammoniaca , e dell' acido acetico, può dichia-
rarsi essere il glutine. (1)
(i) Sull'andamento cieli' operazione antecedente, un'osser-
vazione ha luogo di fare. Il grano carbone messo coli' am-
moniaca ha somministralo un liquido viscoso , il quale satu-
rato con acido acetico ha lasciato separare abbondanti fiocchi
bianchi, che venivano disciolti in parte con un eccesso d'acido
acetico e quasi in totale con un' eccesso d'ammoniaca. Ora se
questi fossero il puro glutine separato dal grano carbone do-
vevano ridisciogliersi tutti nell' acido acetico messo in eccesso:
ma siccome questo non è successo , si può sospettare non
essere i sudetti tutti composti di glutine. Per pormi al sicuro
di questo mio sospetto, ho trattato il grano carbone coll'idra-
to di potassa al fuoco: filtrata la soluzione l'ho saturata coU'
acido acetico, da dove molti fiocchi bianco-grigiastri si sono sepa-
rati. Questi, dopo essere stati lavati, gli ho disciolti nell'ammo-
niaca allungata; ho aggiunta alla soluzione dell' alcool, e sopra
ho versato un poco d'acido acetico: immantinente si è formata
una gelatina. Sopra altra porzione della soluzione ammoniacale
ho versata una soluzione d'idroclorato di calce : una eguale gela-
tina si è formata; dal che mi assicurai, che i fiocchi in qui-
stlone potevano essere composti d'acido pectico, e di glutine:
il primo verificato dalle sopra esposte sperienze, il secondo dall'
olio empireumatico ammoniacale sviluppato per l'azione del fuo-
co , e dalla sperienza che verrà in appresso descritta.
Una porzione del liquido ottenuto colla potassa idrata ed
il grano carbone fu prima saturato coli' acido idroclorico. I
fiocchi separati dal liquido furono posti in un' acqua acidula-
ta dal medesimo acido: questi si sono dissiohi in parte. Fu
filtrata la soluzione, e saturala coli' ammoniaca ; il glutine si è
precipitato. Trattato questo al fuoco, ha somministrato vapori
ammoniacali.
GRAl>fO CARBONE 219
Il solfato ritrovato nel miscuglio sark sicuramen-
te quello (li calce , come risulterà dal trattamento del-
le ceneri in appresso descritto. (1)
Il residuo del grano carbone, già antecedentemen-
te trattato coli' acido acetico , fu fatto disseccare , e
posto dentro una capsula di porcellana fu fatto in-
€Ìnerire. Le ceneri furono prima trattate colf acido
acetico allungato , dal quale trattamento si sviluppa-
rono dei vapori di gas idrogeno solforato. Fu filtra-
to il liquido , e sopra si e versala dell' ammoniaca :
si formò un debole precipitato a flocchi di fosfato di
calce. Il residuo, non disciolto nell' acido acetico, fu
trattato col carbonato di potassa , e ne risultò del
carbonato di calce rimasto al fondo della capsula, e
del solfato di potassa in soluzione nel liquido. Esi-
stevano ancora in queste ceneri del solfato di calce
non decomposto dall' azione del carbone , e del fo-
sfato di calce non disciolto dall' acido acetico, e non
decomposto dal carbone , richiedendo maggiore tem-
peratura.
Da queste mie indicate spcrìenze si rileverà che
il grano carbone polverizzato contiene
(i) Ritrovandosi il solfato di calce a contatto coirammo-
niaca allungata , oltre di quella quantità che l'acqua poteva
sciogliere, la presenza dell' ammoniaca formando un sale a ba-
se doppia colla calce, può averne facilitata la soluzione : ma
che saturando l'ammoniaca coli' acido acetico , il solfato di cal-
ce si è separato dal liquido, ed è entrato in miscela con il
glutine.
Ho fatto riscaldare un miscuglio di solfato di calce ed
ammoniaca : il liquido ha fatto vedere di contenere una cer-
ta quantità di solfato di calce, maggiore di quella che pu»
ritenere la semplice acqua.
220 S e I E ?( Z B
Della resina unita ad una sostanza vegeto animai.
Della gomma
Deir acido malico libero
Del malato di calce
Della fecula (1)
Del fosfato di calce
Del solfato di calce
Del glutine
Dell' acido pectico.
Una sostanza vegeto animale solubile nell' alcool
e neir acqua , già rinvenuta dal sig. Taddei nella buo-i
na farina , e chiamata dal medesimo zimome.
Dell' olio essenziale
Delle sostanze coloranti, gialla falsa, e gialla solida.
Ora vedute le sostanze che racchiude il grano
carbone , si potrà supporre che veruna di queste pos-r
sa nuocere alla salute. Il vero danno che il grano
carbone potrà produrre alla farina , sarà quello già
di renderla scura , di darle un disgustoso odore , e
di renderla mancante della fecula , e di una parte
del suo glutine, in conseguenza di minor nutriniento.
Secondo la mia opinione le parti coloranti so^
pra descritte, e l'acido pectico, sono subentrate nel gra-
no carbone invece della fecula.
(i) Colle sperienze indicate non ho potuto scorgei-c che
piccolissime quantità di fecula. Già avevo scolta l'analisi: ma
venendomi un dubbio che la quantità della parte colorante
falsa che ritrovasi nel grano carbone avesse impedita la solu-
zione della fecula nell' acqua, ho voluto ripetere qualche spe-
rienza sul grano carbone decolorato dal cloro, facendolo bol-
lire nell'acqua, per espellervi il cloro, e trattando la soluzio-
ne colla tintura di jodo ; ed infatti non mi sono ingannato.
Questa soluzione conteneva quantità raguardevoli di fecula, nien-r
tre con la detta tintura è divenuta di uu blu densjssinio.
221
Sópra una lettera riguardante le quantità immagina-^
rie , indiritta al sig. Francesco Ainaltec^ da Giu-^
seppe Grones P. O. di mat. pure nelV I. li. Liceo
convitto in J^enezia 1831. Dalla tipografia di Ahi-^
sopoli in A° di pag. 71*
n
ia J)reso argomento il sig. prof. Grones da uno scrit-
to del sig. Giusto Bellavitis - SuU' uso delle quantità,
immaginarie specialmente nell' algebra elementare - in-
serito nel tom. 65 del giornale della italiana lette-
ratura , per pubblicare certe sue riflessioni sulla na-
tura delle quantità medesime » dirigendosi perciò con
Una lettera al sig. Francesco Araalteo.
In matematica , come nelle altre scienze , non
mancano argomenti ^ che solo enunciaci , indispongo-
no alla lettura di essi , tanto perchè molto ne scris-
sero moltissimi, con poco o niun van-aggio della scien-
za , quanto perchè a conseguirne <lea distinta , val-
gono meglio poche riflessioni , eh' ognuno può fare
dietro rigorose definizioni , di qiello sieno i lunghi
sermoni de' trattatisti ex profeso , per lo più svan-
taggiosi ai principianti , serape poi nojosi ai dotti.
Uno di siffatti argomenti è ajjmnto quello in propo-
sito , sul quale si è detto e scritto assaissimo , e che
per verità il nostro autore tatta con tanta erudizio-
he , modestia , ed originali^ , che non potrebbe mai
bastevolmente di ciò lodars. Se non che sembra aver
(Egli trascurato alquanto qiel metodo , e quella niti-
dezza di concetti , che dc'c sempre formare il carat-
tere distintivo delle magmatiche disamine. In que-
222 Scienze
sta lettera , lunga per ben 71 pagine , le digressio-
ni sono ne rade ne brevi : i concetti stessi si ripro-
ducono senza parsimonia : gli argomenti sono il più
delle volte fondati sulla induzione , sulla congruen-
za, e suir altrui autorità ; ed in vano si cerca in es-
sa la guida del calcolo , a rinfrancar la mente , per
sublimarla coli' autore nelle sue speculazioni. Non
mancano però tratto tratto dei brani, pe'quali si scor-
ge il merito non comune di esso nelle matematiche
discipline. Seguire da vicino il sig. Grones in questa
sua trattazione , sarebbe cosa malagevole a farsi e a
udirsi, perciò basterà toccare i principli capi di essa ,
per chi voglia saperne.
Dice il nostro autore nel suo bel principio: „ Mio
,, divisamento è quello unicamente di considerare il
„ calcolo delle quantità immaginarie sotto un punto
„ generale di vista , vale a dire di esaminare siffat-
„ te quantità in se stesse : lo che , che io mi sappia,
„ non sì tentò per anche da alcuno. „ Non pertanto
gli autori mocerni , cosi francesi come italiani , non
mancano di notizie adeguate sul proposito. Certo con-
sultando su tali naterie le antiche istituzioni, forse s'in-
contreranno delle idee stravaganti ed inesatte , come
appunto è quella riferita poco appresso dall'autore,
cioè che ,, il prod(tto reale di due quantità, immagi-
„ narie fu considerato qual mistero , ed anche quale
„ assurdo dai matemitici eziandio di gran nome. „ A
questa sentenza non fa-ebbero certamente eco Newton,
Eulero , Bernoulli , Bmnacci , Lagrange e Laplace ,
senza dire dei viventi. '!^uesti con pochi altri sono i
fonti ai quali deve attingersi , per evitare i misteri in
in una scienza , che non ne accoglie per sua indole.
Però alla citata sentenza 'autore nostro non fa plau-
so nel seguito del suo discorso , nel quale si adope-
ra in sostenere che la denooinazione d'impossibile, da-
Quantità' immaginarie 223
ta alle quantità immaginarie , non è giusta, e che deb-
ba la impossibilita medesima riguardarsi come rela-
tiva, perchè le operazioni che si eseguiscono sulle quan-
tità immaginarie , possono cambiare la condizione lo-
ro immaginario: ,, vale a dire (pag. 13) farle passare
,, da uno stato ad un altro , senza che cangi la lo-
„ ro esistenza , che è immutabile. Difatti la impossi-
„ bilita relativa suppone uno stato condizionato , il
,, quale si toglie tosto che tolgasi la condizione. Ed
„ è per questo che spessissimo volte certi artifizi ana-
,, litici non valgono a far passare alcune espressio-
,, ni dallo stato immaginario allo stato reale , perchè
„ non sono atti di per se a togliere quella condizio-
„ ne , che li mantiene nello stato d'impossibilita re-
„ lativa. Siccome altre volte i medesimi giungono a
,, rendere in particolar senso reale una espressione ,
,, che generalmente considerata è immaginaria. „ Du-
bitando quindi l'autore, forse per eccesso di modestia,
che questa sua metafisica, vero nocciolo della sua lun-
ga epistola, non possa a tutti parer chiara, soggiunge:
,, Affinchè poi si renda più manifesta la mia mente
„ nella nozione che mi sono formato delle quantità
„ immaginarie , attribuendo loro una impossibilità re-
,, lativa , e non assoluta , ponete di avere due vasi
,, conici di differente grandezza. Se voi vorrete inchiu-
,, dere il minore nel maggiore , non troverete in ciò
,, fare difficolta veruna. Ma se pretendeste che il mi-
,, nore contenesse il maggiore , pretendereste l'impos-
,, sibile : vale a dire sitìatta coesistenza sarebbe as-
,, surda, quantunque i due corpi separatamente pre-
„ si esistano in fatto , ed abbiano una reale esisten-
,, za. Chiamando io reale la prima coesistenza, chia-
„ rao immaginaria la seconda , e la nozione raedesi-
„ ma mi formo delle quantità reali ed immaginarie
„ algebriche. La quantità immaginaria algebrica non
S24 S e I K N r É
^^ è lilla qùantìLa assurda in se stessa , è solo aSsuf*
i,^ da la sua maniera di esistere sotto quella data for-
,) ma : ella non è ne un nulla , ne un semplice no-^
„ me , siccome non è un nulla ne un semplice nome
^, il vaso maggiore che si vorreLbe contenuto nel va-
,, so minore. ,^
Dopo questo schiarimento Fautore passa a render
conto della essenza delle formule immaginarie , che
non mancano di parti reali, E qui per procedere col-
la solita originalità , lasciando stare i vasi conici, met-
te mono ai cilindrici : e giovandosi di questi, istitui-
sce un' argomentazione sul proposito, dalla quale con-
chiude non essere giusto il pensamento di coloro, che
sostengono non solo non essere quantità gl'immagina-
ri , ma neppure come tali potersi riguardare dagli ana-
listi. Ed in prova di questi suoi pensamenti l'autore
considera la equazione alla ipcrhola , tradotta al suo
semiasse minore : si ferma sulla relazione fra la cor-
da , il diametro , ed il segmento di questo, adiacente
alla corda stessa , e considera il caso in cui la cor-
ila divenendo secante , supera il diametro : passa final-
mente in rivista le formule solutive delle equazioni di
terzo grado , discorrendo sul caso irreducibile. Da tut-
to ciò egli per vie obblique , svariate , e lunghe si
studia dedurre la conferma de' citati suoi pensamen-
ti , e che il calcolo degl' immaginari serve mir^ibil-
mente all' analisi del matematico , e perciò non deb-
Le sbandirsi dall' algebra come inutile , e tale da far
tiriare di continuo in uno scoglio , da non sapersene
facilmente liberare , secondo quello che molti ne di-
cono ; ma che invece un tal calcolo deve riguardar-
si come ,, necessario (pag. 31) per avvertire il ma-
,, tematico che le vie che ei siegue nel suo viaggio,
,, non sono sempre le più adatte a guidarlo a sal-
>, vamento, e che ben lontano il calcolo stesso dal no-
Quantità' immaginarie 225
„ tare una imperfezione noli' algebra, ne conferma an-
,, zi che no la sua perfetta natura „ Ne una sola vol-
ta, ma spesso l'autore indirizza i suoi rimproveri con-
tra gì' irapugnatori del calcolo degl' immaginari, i qua-
li se esistano o no, se abbiano autorità o non l'abbia-
no, poco importa ; ma è da notare lo zelo di chi pri-
ma del bisogno, accorre in difesa della scienza.
Più oltre il sig. Grones , internandosi maggior-
mente nella sua metafìsica degl' immaginari , conside-
ra questi ,, quali quantità (pag. 33) appartenenti ad
„ un altr' ordine di quantità affatto distinte dai nu-
,, meri. La x della equazione x* -j- 1 == o ( dice a
,, pag. 35) esprime in generale una quantità , vale a
„ dire ciò che e suscettivo in generale di aumento e
„ di diminuzione. Ora l'aumento di una quantità non
„ solo può farsi per gradi insensibili della medesima
„ specie , ma astrattamente parlando per qual si sia
,, apposizione di parti omog^enee , od eterogenee. Ciò
,, posto, fino a tanto che considero la x della raede-
„ sima specie della unita a cui è riferita , e questa
„ unità la prendo aritmeticamente , accordo anch' io
„ non poter ella essere nell' equazione x^ -{- 1 = o
,, una quantità aritmetica. Ma se considero la unita
„ in un modo più astratto, vale a dire in senso asso-
„ lutamente metafisico , non trovo ripugnare che si
,, consideri x come una quantità sui generis ^ diffe-
„ rente dalla natura della unita aritmeticamente con-
„ sidcrata ; anzi sospetto che sì la x che l'unita, non
,, deggiano considerarsi in tal caso nell' ordine co-
„ mune delle quantità , ma in un altr' ordine di quan-
„ titk indeterminate. „ Taluni sospetteranno invece che
l'autore, sublimandosi troppo sul proposito, abbia tra-
veduto in queste sue teoriche ; ma non potranno a me-
no di notarne la franchezza.
G.A.T.LIII. iù
226 Scienze
Quello che egli soggiunge a giustificazione di sif-
fatte idee, non è da trasandare, per la osservazione che
sopra vi cade. „ Questo mio concetto (cosi a pag. 37)
„ parrà a certuni un cavillo, e forse tale ei sarà. Mi
„ rincora però il pensiero , che uomini dottissimi
„ ricorsero talvolta a simili speculazioni , per ispie-
„ gare ciò che avendo tutta l'apparenza di parados-
„ so , non si poteva in veruna guisa negare. Infatti
,, rinovellatasi dal p. Guido Grandi la questione se
„ nella serie
1
(1 ) . . . - = 1 — JcArX^ — X^-{- ... 00
,, ponendo X = 1, abbiasi veramente
1
- = 1 14-1 1-1- .... 00,
„ il dottissimo Wolf chiese a Leibnitz spiegazione dell'
,, enigma. Questi dopo avere osservato, che il secondo
„ membro della (1) diviene zero, o la unita, secondo che
„ pari od impari è il numero de'suoi termini, rispose
,, che in questo caso considerandosi il numero auraeuta-
„ to air infinito , svaniva perciò la sua natura di nu-
,, mero , e non poteva pivi regnare la equazione in pro-
,, posito , e che sebbene questo modo di argomentare
„ (pag. 59) sembri più metafisico che matematico ,
,, tuttavia è certo che nella matematica , nell' anali-
,, si , nella stessa geometria , se ne fa maggior uso di
„ quello volgarmente si creda. ,,
Quindi l'autore ( pag. 39 ) replica dicendo ,, se
„ Leibnitz pone, che svanisca la natura di numero ,
,, il quale è senza dubbio di natura sua finito , quan-
„ do si consideri aumentarsi all' infinito , (|ual ma-
,, raviglia che io asserisca avvenire il medesimo, quan-
,, do si concepisce decrescere il numero stesso fino
,, allo stalo infinitissimo ? ,,
Quantità' im.iiaginarie 227
Tempo già fu nel quale siffatte argomentazioni era-
no di moda , oggi non lianno più quella influenza sul-
lo spirito; il quale si appaga più de' fatti, e della
evidenza , che delle autorità e induzioni. Ma lascian-
do ciò dall' un de' lati , uè cercando quale sia il nes-
so delle proposizioni riferite , meglio sarà ed a pro-
posito dimostrare al sig. Grones che la (1) non è al-
trimenti assurda nel caso di x = 1 , purché esattamen-
te si analizzi , e che in questo caso non sono le spie-
gazioni date (secondo l'autore) da Leibnitz e da Va-
rignon quelle che tolgono ogni dubbio sul proposito;
ma che tutto altramente deve ragionarsi per dichiara-
re il caso medesimo , cioè non deve trascurarsi quel
residuo , che in tal caso ha luogo nella serie citata.
Infatti eseguendo la divisione di 1 pel binomio 1 -\- x
avremo :
1 X
^-\-x l-f-x
= 1 — x-f
l-j-x 1-{-x
ì x^
= 1 — x-\-x''
i x^
— — - == 1 — j:4-x^ — ^3+ ,—
1-}-x * 1+^
quindi generalmente potremo stabilire
1 , _ x"^
^ ' 1 + X ^ » _L- l ^_j_^
in cui vale il segno superiore quando n è impari; l'in-
feriore quando n è pari. Inoltre si vede che se sarà
x< 1, crescendo n decresce il termine . - — , cosicché
l-j-o.-
15
K*
228 Scienze
quanti più termini si prendono nel secondo membro del-
la (a), tanto più il citato termine si avvicina allo zero,
col quale si confonderà , se il numero de' termini stes-
si sia indefinitamente grande , ed allora potrà omet-
tersi. In questo caso adunque potik riguardarsi vera la
seguente equazione
4
V ^ i^j^^ -r -r -r
Ma se X sarà •= ovvero >• 1, certamente che il ter-
mine ,— al crescere di zì, o rimarra costante, o
crescerà anch' esso ; e perciò non potrà questo termi-
ne obliarsi : ne la (Z>) potrà valere in questo caso ,
ma bensì la («).
In ciò consiste la soluzione dell' enigma di cui
l'autore discorre. Poiché essendo x = \ dovremo va-
lerci della (rt), ed avremo perciò
1 1
— .— = 1 —1+1 . . . .+ 14 r-
1+1 ^ ^ ^1+1
cioè è = 2 . E si osservi che nulla influisce sulla ve-
rità di questo risultamento prendere un numero piut-
tosto pari che impari , o viceversa , di termini nel se-
condo membro della (ci). Infatti prendendone un nu-
mero pari sarà n impari , e perciò valendo il segno
superiore avremo
1 _ 1 1
~'2~'^ "~ 1 + l"" 2
Prendendone un numero impari sarà n pari, e per-
ciò valendo il segno inferiore sarà
1 _ 1 _ 1
"^2 ~1+1 ""2'
Dunque non un enigma, non un paradosso è da
reputarsi il caso in questione ; e per dichiararlo ba-
sto il solo calcolo della divisione , seuz' altro di me-
Quantità' immaginarie 229
lafislco e speculativo. Perciò il nostro autore fomla
male su tal caso le giustificazioni alle conghictture
sue sulla natura degl' immaginari.
Il resto della lettera in proposito , più o meno,
è una ripetizione continua delle cose notate , e forma-
no la parte erudita di tutta questa operetta le auto-
rità dei Veuìni, Wolf , Reyneau, Salimbeni, Cardano,
Rorahelli , Cessali, Saladini, Lorgna, Varigiion, Ka-
stner , non che di Nicolai , e moltissimi altri, coi qua-
li a ogni pie sospinto t'incontri. Le digressioni che
in essa tratto tratto sbucciano , sono di un genere
tutto proprio dell' autore. Infatti entrato esso a par-
lare del calcolo infinitesimale, ecco come si esprime:
„ Io paragonerei il calcolo infinitesimale (pag. 45) ad
„ una chiave composta di un singolare metallo, restio
,» alle più squisite indagini dell'analisi chimica, e do-
„ tato di una sorprendente pieghevolezza, onde si pos-
„ sa mediante alcune inflessioni studiosamente varia-
„ te, schiudere prontamente qualsivoglia serrarmc, col
„ più alto magistero eseguito. Questa chiave mara-
,, vigliosa però non è da credersi che si potesse ma-
„ neggiare utilmente da tutti; essa addimanderebhe uno
„ sperto artiere, alla cui mente si offerisse il maggior
„ numero possibile delle combinazioni , onde si può
ff variare un ordigno della natura di quello di cui
„ si ragiona , affinchè quelle tali inflessioni le desse,
,, che sono atte ad aprirlo. Ponete una tal chiave tra
„ le mani di un Leibnitz, dei BernouUi, di un New-
„ ton , di un Eulero, di un D'Alembert , d'un La-
„ grange , e di cent' altri ingegni superiori , e vedre-
,, te aprirvisi innanzi i più grandi tesori , coli' arte
,, maggiore rinserrati. ,, Male che tal chiave non sia
da tutti , e peggio che si pieghi presto !
La comune de'matematici reputati e moderni non
è certo in perfetto accordo colle idee del nostro au-
230 Scienze
tore sulla natura , e sul significato degl' immaginari,
i quali non sono altro che formule in cui e indicata
una operazione impossibile ad eseguirsi; cioè la estra-
zione di una radice di ordine pari , da una grandezza
negativa.
Se gì' immaginari hanno tal forma , che operan-
do convenientemente sulla medesima , si riesca a spo-
gliarli del simbolo della immaginarieta , allora sono
apparenti, e si distinguono con questo nome. Se poi
qualunque mezzo non vale a realizzarli , sono e di-
consi effettivi.
GÌ' immaginari apparenti , per lo più, sono il ri-
sul lamento di un metodo indiretto, praticato nella so-
luzione delle questioni a cui gì' immaginari stessi ap-
partengono ; e non altrimenti debbonsi riguardare dal
calcolatore. GÌ' immaginari effettivi sono sempre con-
seguenze e indizi certi di qualche assurdo, incluso nel-
la questione , dalla quale essi derivano ; quindi è che
questi tengono luogo di soluzioni , e sono utilissimi
nelle matematiche, perchè manifestano quei difetti, che
la mente non può in taluni argomenti discernere di
per se. Sembra che su questi pochi, semplici, e faci-
li principii debba senz'altro consistere la teorica tut-
ta degl'immaginari tanto per la natura, quanto pel si-
gnificato dei medesimi.
P. V.
231
Ètudes statistiques sur Rome ec. Studi statistici su Ro-
ma e la parte occidentale degli stati romani ec. del
conte di Tournon prefetto del dipartimento di Ro-
ma negli anni 18 'IO- 14. Parigi 1831. Due volumi
di testo in 8.° con un terzo volume di piante.
ARTICOLO II.»
v^uanti viaggiatori gittarono Io sguardo sulle cam-
pagne che di Acquapendente si distendono fin presso
i colli albani , dissero cotesto immenso paese essere
senza produzione. Il sig. Matbeus incominciò il pri-
mo a dubitar che ciò non fosse un invecchiato pre-
giudizio passato di bocca in hocca, finche M. Lullin
de Chatcuvieux lo scoperse e preselo a combattere colle
armi invincibili delle osservazioni e de' fatti. Al lato
di questo difensore della romana agricoltura sover-
chiamente vilipesa, noi porremo il valente sig. di Tour-
non che nel secondo libro de' suoi studi statistici in
poche pagine raccolse quanto concerne questa branca
importantissima di ricchezza: e, paragonandola ad al-
tre Provincie che sono in grido di coltivatrici, mostrò
quanto leggermente gli stranieri giudicano le cose no-
stre- Egli schiettamente confessa che mietendo in un
campo pressoché intatto , sarà caduto in più errori ,
specialmente ove trattasi determinare il prodotto net-
to de' campi e della pastorizia; e domanda con l)clla
modestia che gli sieno indicati. Noi per ora ci con-
tenteremo , come già adoperammo del primo , di far
conoscere ai nostri lettori le cose più importunati di
cotesto secondo libro.
232 Scienze
La cultura d'un paese dipende principalmente da
due cagioni : natura del suolo e stato della popola-
zione : questa aumenta o sminuisse in ragion della sa-
lubrità dell'aere che respira. Le provincie che c'inter-
tengono, siccome abbiamo mostrato, compongonsi qua-
si per egual proporzione di pianure e montagne : su
queste , poiché salubri, evvi una popolazione spessa e
robusta; in quelle, d'aria maligna, radi e malaticci abi-
tatori. Quindi naturalmente il suolo de' monti culto e
fecondo, i piani abbandonati in gran pascoli e poderi.
Questa cagion fisica di cultura è stata rafforzata,
non che secondata , da un' altra cagion tutta morale.
Ne' primi tempi di Roma un cittadino non potea pos-
seder per legge più che due jugeri di terra, i qua-
li nel 268 s'accrebbero fino a sette. I costumi segui-
tarono le leggi : dappoiché Cincinnato e Fabrizio non
possedev^ano più patrimonio di quello che esse per-
mettevano, e M. Curio vincitore di Pirro ricusava cin-
quanta jugeri che gli offeriva il popolo, dicendo : eh*
egli sarebbe stato pessimo cittadino se non si fosse
accontentato al legai patrimonio di sette jugeri. Ma
allorché le conquiste allargarono il dominio romano e
le ricchezze accumularonsi nella citta regina : si ab-
bandonò la cultura delle terre agli schiavi, i quali non
mai tengon lungo di cittadini ; e la pastorizia pre-
valse alla semenza delle biade. Ai romani vinti ten-
nero dietro i capitani barbarici , i quali adottarono la
medesima maniera d'agricoltura e quindi il dritto feu-
dale e i fidecomraissi , che la rendettero durevole am-
massando in poche mani vastissimi poderi. Arroge a
tutto ciò che cotesto provincie han terre attissime ai
pascoli , i quali non abbisognano d'alcuna cura : lad-
dove rotte e seminate non sempre corrispondono ai su-
dori dell' agricoltore , eh' è costretto impiegarvi mol-
ate braccia , molto tempo e molti capitali.
Statistica di Roma 233
Lo spazio della cultura a gran pascoli e pode-
li è quelle de'tre bacini del lago di Bolsena, del Te-
vere e delle paludi pontine , in che noverasi una po-
polazion d'agricoltori di soli 15 a 'i8 mila abitanti.
La piccola cultura ha luogo nelle due catene vulca-
niche e nelle vallate del Sacco , dell' Aniene e del
Velino. Ecco , secondo il catasto , com' è compartita
la cultura in queste contrade.
Terre suscettive d'esser coltivate a grano: rubbia 242,000
destinate al nutrimento del bestiame 162,000
destinate alla vigna 14,600
alle ortaglie ed ai pomari 1,400
Boschi cedui e d'alto fusto e castagneti 170,000
Totale delle terre produttive R. 590,000
Terreni fabbricati, fiumi, ruscelli, stagni, spiag-
ge, burroni, roccie, strade, terre sterili 146,000
Totale 7,36.000
Le terre suscettive d'esser coltivate a grano dividon-
si nel modo seguente :
Ne' paesi malsani rubbia 160,000
Ne' salubri 82.000
Totale rubbia 242.000
Premesse queste osservazioni generali, procede il
sìg. di Tournon a trattare partitamente della cultura
de' paesi malsani e quindi de' salubri.
La campagna romana occupa un vastissimo trat-
to de' primi, distendendosi per 111,400 rubbia. Essa
secondo l'illustre monsig. Nicolai autor d'un' opera pre-
gevolissima sull'agro romano, dividasi così
234 Scienze
Terre arabili rubbia 55,000
Praterie 10,295
Pascoli 5,595
Boschi 21,245
Vigne ed oJiycti 817
Spiagge . 1,997
Paludi e stagni 1,563
Rocce, burroni, terre sterili, fabbricati, stra-
de , corsi di acqua 1 4,788
Totale rubbia 111,300
I terreni coltivati a grano si riposano ogni due ,
tre o quattr'anni, secondo la loro forza. Essi, come si
è accennato , principalmente nella campagna romana
sono accumulati in poche mani. In questo territorio i
proprietarii giungono appena ai dugento, e almeno un
terzo di lot-o son pubblici stabilimenti. Il principe
Borghese , l'arciospedal di s. Spirito e il capitolo va-
ticano hanno possidenze sterminate. Tutti cotesti por-
prietarii, tranne pochissimi, affittano per una data cor-
risposta i loro fondi. Quindi al lato de'proprietarii sor-
ge un' altra classe di persone che appeilansi mercanti
di campagna , i quali esercitano, pressoché esclusiva-
mente , l'agricoltura. Quattrocento affitti noveravansi
nella campagna romana : dugento nelle altre provin-
cie. Però convien riflettere, che sebbene i proprietarii
non sogliano locare i lor poderi ad un sol mercante
di campagna : nuUadimeno avvenendo che un sol
mercante tolgasi più affitti da diversi proprietarii, il
commercio agrario riman sempre fra pochi. Imperoc-
ché ad esercitar la professione del mercante di cam-
pagna , vi vogliono capitali vistosi ed infinite brighe
e sollecitudini. Ne sempre avviene che le fatiche sie-
no coronate da esito felice. Quindi la più parte de'
Statistica di Roma 235
capitalisti non si arrisica e cerca al suo danaro un più
sicuro collocamento: che se qualche inconsiderato pon-
gasi in quel mestiere senza capitali sufficenti, cade ne-
cessai'iaraente in man degli usuraj e fallisce. Ed infat-
ti , de' cinquantaquattro mercadanti che noveravansi in
Roma a tempo del sig. di Tournon , pochissimi son
tuttora in fortuna. Alle volte gli affittuari o i proprie-
tarii medesimi danno i poderi ad enfiteusi. Questa ma-
niera, che sarebbe utilissima se si restringesse a picco-
le porzioni di terreno, poiché sminuirebbe in qualche
modo il danno delle grandi proprietà , applicata ai
gran poderi non genera alcun bene, e nuli' altro fa
che sostituire un proprietario ad un altro. Così la ca-
mera apostolica ha alienato le più belle tenute a suo
gran detrimento.
Se vi recate a percorrere una tenuta , voi tosto
vedrete com'essa manchi di fabbricati. Pochi casali, per
lo più cavati da qualche antico monumento, apprestano
ricovero al fittaiuolo, quando vi si rechi, ai ministri,
ai famigli ed ai cavalli. Per gli operai, che vi vanno
a torme pe'lavori campestri, non iscorgete che picco-
le capanne sparse qua e Ih. Anche i bestiami d'ogni
maniera vivono comunemente a ciel sereno ; dappoi-
ché la scuderia è serbata pe' cavalli del fittaiuolo e
momentaneamente per le vacche pregnanti. A cagion
d'esempio Campo-morto che ha 4309 rubbia d'esten-
sione , tantoché è più grande del territorio d'un gran
villaggio , non ha fabbriche più che un podere de'
mcu vasti del settentrione. Questo difetto d'abitazio-
ni è immensamente nocevole a que'poveri campagnuo-
li costretti a dormir più volte al sereno , d'onde trag-
gono malattie e morti. 1 papi molto si adoperarono
(e l'amministrazion francese seguitò il loro esempio)
perchè moltiplicassero le fabbriche ne' poderi : ma ri-
man molto a fare.
\
236 Se I E N Z E
Ogni tenuta lia due classi di persone : altre an-
nualmente salariate : altre tolte a giornata o a stagio-
ne. Fra quelle ha il primo luogo quegli che dicesi mi-
nistro di campagna^ il quale tien le veci del fittai no-
lo ed ha a se soggetti i ministri inferiori capo vac-
caro , capo vergavo ec. Vien quindi lo stuolo de'vac-
cari , vergari , barrozzari e altrettali , che han tutti
un mestiere a se , ne lavorano il campo, ne si aiutano
Fun l'altro nelle proprie faccende, cosicché il gran prin-
cipio di Smith della division del lavoro è affatto a lo-
ro sconosciuto. Se non vi fossero che costoro, il terre-
no non produrrebbe : v'ha dunque mestieri di molti
operai o presi a stagione, come i bifolchi , o alla gior-
nata , come i mietitori. Ma poiché la popolazione agri-
cola delle province non somma che a 15 o 18 mila abi-
tanti , fa d'uopo altronde cercar de' coltivatori.
Degli uomini chiamati caporali radunano nelle val-
li del Sacco, dell' Aniene e del Velino , nelle provin-
cie limitrofe dell'Abruzzo e della Terra di lavoro, nel*
le Marche di Fermo e d'Ancona più centinaia d'agri-
coltori. Formata la caravana, pongonsi in viaggio alla
volta delle campagne, ove il caporale ha pattuito lo-
car la loro opera. Gli aquilani sono particolarmente
impiegati a far fossi e riparar vie : gli amatriciani a
piantar alberi e capanne, i marcheggiani ed i ciocia-
ri ( che cosi chiama usi que' delle provinole napoleta-
ne e di Campagna ) a mietere e falciare. Vengono al-
tresì de' lucchesi pe'lavori degli olivi, e perfin qualche
modenese a porre le lacciuole pe' lupi. Il caporale ri-
ceve dal fittaiuolo l'intero salario della compagnia ,
che poi ripartisce per teste , prelevando a se buona
parte. Non è facile determinar cotesta popolazione am-
bulante» Può approssimativamente calcolarsi che pe'la-
vori campestri dall' ottobre al maggio s'impieghino 20
mila operai , de' quali 1 1 mila delle provincie pon-
Statistica di Roma 237
tificie , 9 mila del regno di Napoli. Por la falciatu-
ra , mietitura e tritura dal maggio al luglio se ne
adoperano Leu 30 mila, che vengono nella stessa pro-
porzione dalle stesse provincie. La sorte di questi po-
veri operai, che vengono dal cielo salubre delle 'na-
tive montagne al grave aere de' nostri campi è ben
misera , segnatamente allorché la state vada umida e
sieno sorpresi da pioggia nell'atto della mietitura. La
mancanza di ricovero , di buon nutrimento e di qua-
lunque precauzione fa che la maggior parte di quest'
infelici venga a popolare i nostri ospedali, ed avven-
ne qualche volta che perirono di loro intere compagnie.
Quando sarà mai che l'interesse de' proprietarii e de*
jfìttaiuoli, accordandosi coli' umanità e colle leggi, mi-
gliorerà, la sorte di quest' infelici e con loro quella
de' nostri campi ! Questo è il voto , questo e il desi-
derio di quanti amano davvero il pubblico bene.
L'aria malvagia , la mancanza di popolazione , la
qualità stessa delle terre fa che al bestiame piuttosto-
chè ai grani si consacrino le prime cure. Fra le va-
rie specie d'armenti i buoi e per la loro bellezza e per
la loro utilità meritano peculiar considerazione. Di 1 60
mila rubbia arabili ne' paesi malsani , può stimarsi che
si coltivino nelle circostanze favorevoli 82,280. Pren-
dendo la proporzion media fra i diversi riposi , cui
van soggetti questi terreni , si trova che per 22 rub-
bia , tutto compreso , richiedesi un aratro. Per 82,820
rubbia voglionsi dunque 3740 aratri : e poiché a
ciascuno convien dare cinque buoi , cioè quattro sotto
il giogo ed uno in serbo : il numero de' buoi aratori
ne' paesi malsani sarà 18,700. Ne' paesi salubri la cul-
tura si fa a braccio a cagion della declività del suo-
lo : e dove usasi dell'aratio, vi si attaccano solo due
buoi. Variando in essi il riposo de' terreni all' inlini-
to, non può farsi uu computo molto preciso : pur non-
238 Scienze
dimeno sembra che almen 10 mila buoi saranno im-
piegati in queste terre. Quindi il totale de' buoi ara-
tori in ambedue i paesi sarà di 28,700. Roma consu-
ma annualmente 12 mila buoi e 3 mila la provincia:
cosicché si ha una somma di 1 5 mila buoi che servono
al nutrimento.
Di questi 6 mila vengono dal perugino, 9 mila
son forniti dal paese. Ma perchè almen 4 mila d'essi
han già servito al lavoro , rimangono solo 5 mila da
aggiungersi ai 28,700: locchè darà un insieme di 33,700
buoi. Le vacche, secondo TA., sommano a 30 mila ed
a 35 mila i vitelli d'ogni età. Per la qnal cosa può
valutarsi a 100 mila capi il bestiame cornuto, ossia un
capo ogni rubbia 2 'i^/j^jo di suolo arabile , o un capo
ogni 7 36/,oo della totale superficie, o finalmente un ca-
po ogni 6 abitanti : cli'è la proporzione che Moreau
de Jonnès ha nelle sue ricerche su i pascoli dell'Eu-
ropa , trovato essere nelle altre parti d'Italia più ric-
che. Arrogo a quest' armento 3 a 4 mila bufoli , ani-
mali di gran forza , utilmente impiegati a trar le bar-
che rimontanti il Tevere ed a purgare i canali delle
paludi.
I cavalli, sebben non usati come i buoi per la
cultura , recan però grandissimi servigi , adoperati pe'
trasporti. Essi dividonsi in razza nobile e razza co-
mune. Que' della prima sono alti , belli e membruti:
i secondi meno appariscenti, ma robusti ed agilissimi.
Nel 1813 coutaronsi 35 mila cavalli : ma l'A. pensa
che questo novero dato in tempo di diffidenza sia sot-
to il vero.
Nel 1813 noveravansi 710 mila pecore, fra le qua-
li 10 mila merinos : ossia 4 pecore ogni 3 abitanti:
proporzione simile a quella che si ha in Sassonia, la
quale in ciò è sorpassala da pochi paesi. I merinos
furono dalla Spagna tradotti nel territorio di Montai-
Statistica di Roma 239
to per cura del pontefice Pio VI. I francesi ne rim-
piazzarono le perdite con 230 capi scelti fra le greg-
gi di Perpignano. Questa razza dovea meglio alligna-
re in Italia che non in Francia , poiché l'Italia ha
il medesimo clima della Spagna. La razza indigena
non è senza pregio : e di Leila forme, alta e di lun-
ga lana. Le pecore a mandra , secondo i tempi , tra-
slocansi dalla pianura alla montagna. Il consumo di
Roma nel 1813 fu di 70 mila capi : altrettanto fu nel-
le Provincie.
Le razze de' maiali è aneli* essa considerabile. In
Roma se ne consumano 14 mila ciascun anno : nelle
Provincie però se ne fa maggior uso, non vi essendo
famiglia che non ne abbia. Sebbene i paesi prossimi
alla capitale ne nutriscano molti : ciononostante trag-
gonsi ancora dal perugino e dallo spoletino. Presso Ci-
sterna qualche podere ne contiene fino a 3 mila. Cotesto
bestiame è escluso dai comuni pascoli , poiché assai
li danneggia.
Quantunque non minor danno rechino le capre ,
massiraamente ai boschi ^ pur tuttavia sono esse fre-
quentissime in ispecial modo sulle montagne , dove il
bove e la vacca non potrebbero pascolare, e porgono
il vivere a que' montanari. Questo bestiame però ap-
partiene piuttosto ai paesi della piccola cultura.
Poiché FA. ha trattato delle principali specie d'ar-
menti , tocca degl' istru.menti campestri , degl' ingras-
si , e delle praterie, e quindi procede a dire de' ce-
rcali. La storia , egli dice , de' cereali e parte impor-
tantissima della storia generale di questo paese. Non
è a dirsi quanto i papi si travagliassero onde ritor-
nasse a queste belle provincie quella cultura che n'era
stata sbandita dal lusso romano , dalle guerre e dalle
devastazioni. Gregorio XII con motuproprio del 15 no-
vembre I'i()7 iiicoragg\ il meglio che seppe la colli-
240 Scienze
vazione eie* grani. Sisto IV nel 1460 fece un editto che
concedeva facoltà a qualsivoglia persona di seminare
a proprio conto il terzo de' terreni rimasti incolti. Que-
sta legge, certamente acerba, pur sortì qualche buon
effetto. Giulio II e Clemente VII seguitarono con pre-
scrizioni diverse a promovere la cultura, e quest' ul-
timo permise Testrazion de'grani ; finche essi non ol-
trepassassero un certo prezzo. Questo principio di pub-
blica economia, del quale si fa onore agi' inglesi , fu
dunque proposto ed eseguito da un papa del secolo de-
cimosesto. Pio V con una costituzione del 1 566 ri-
chiamò in vigore le leggi di Clemente VII, proibì ai
baroni di costringere i vassalli a vender loro i grani,
ed ordinò più cose utili ai coltivatori. Fossero queste
cure , fosse l'accresciuta popolazione , la cultura pro-
sperò, e pili che 100 mila rubbia di grano si espor-
tarono dal romano territorio ; dopo aver nutrito la ca-
pitale che allor conteneva 60 mila abitanti. Però que-
sti fortunati successi furono ben tosto arrestati dal
timor della carestia , che si mise nell' animo de' go-
vernanti, e fecegli ritornare al sistema di proibizione.
Sisto V immaginò una nuova maniera per accertare
la provvisione di Roma. Fondò una cassa di presti-
to per soccorrere gli agricoltori, e dotolla di 220 mi-
la scudi. Questa istituzione non ebbe l'effetto che de-
sideravasi, e frequenti carestie afflissero gli stati ro-
mani. Paolo V con sua costituzione del Ib ottobre 1611
stimò rimediarvi proibendo la vendita de' buoi da la-
voro e medesimamente vietando ai baroni, sotto pena
della confisca de' feudi e della scomunica, d'impedire
ai loro vassalli che coltivassero le terre. Contuttociò
l'agricoltura seguitò a languire oppressa da quelle me-
desime leggi che voleano favorirla. Dovea accordarsi
lui poco più di liberta , e pensar meno al pane che
mangiavano i romani, E ciò inlese al fine Alcssan-
Statistica di Roma 241
dro VII che ruppe pressoché tutti i lacci che impe-
divano la coltivazione. Che però ? Il timore delle se-
dizioni pel prezzo del pane indusse i governanti a fis-
sarlo invariabile, e le semenze ben tosto diminuirono.
Ed invano i due Benedetti XIII e XIV si adoperaro-
no a porre rimedio a tanto male; ogni lor cura tor-
nò infruttuosa. Sol quando Pio VI dichiarò che l'espor-
tazion sarebbe libera , e ridusse in più stretti limiti
il magistrato dell'annona, ed ordinò il catasto nel 1T83
per distribuir le imposte con eguaglianza , l'agricultu-
ra tornò alquanto a ringiovanire. Si videro allora nel-
le sole campagne romane coltivate 16,430 rubbia, e la
popolazione sali a 165 mila abitanti, eh' è stato il
maggior numero che abbia mai contato la Roma mo-
derna. Pio VII insistendo sulle orme del suo prede-
cessore distrusse quasi interamente la giurisdizione del
tribunal dell' annona , abolì la fissazion del prezzo ai
grani e ne confermò la libera esportazione. Ma egli
di più volle opporsi alla tendenza di restringere la cul-
tura, ed immaginò un sistema di raigliorazione basa-
to e su la pena e sul premio, che continuò la lotta
fra i proprietarii e l'amministrazione e non ebbe al-
cun esito felice. Questo breve sunto isterico della ro-
mana agricoltura, che il sig. di Tournon molto a pro-
posito rapporta , mostra a mio avviso quel vero: che
i governi debbono piuttosto aver cura di togliere gli
ostacoli , di quello che puntellare con leggi l'industria
de' popoli qualunque essa sia. Imperocché o in essa
trovano i privati il loro conto, e vi si gettano senza
che ve gli spronino i premi o ve gli costringano le
pene : o la stimano disutile , e non vi si lasceranno
trarre giammai sia per minacce , sia per alleltainenti.
Più generi di cultura si tentarono sotto l'ammi-
nistrazion francese. Fra questi fu notabile la soda, sco-
nosciuta affatto nelle campagne romane avanti il 1 808,
G.A.T.LIII. 16
242 Scienze
la cui cultura, che rapidamente si estese, si reca dal
nostro A. a provare quanto sieno attivi e solleciti i
nostri agricoltori in quello da che sperar possono gua-
dagno. Ancor nelle campagne di Roma il 1810 ten-
tossi la piantagion del cotone che da principio ebbe
buon esito ; ma poi conobbesi non esser molto adat-
to al nostro clima , ne tornare a conto quando sia
libera la navlgazion del mare. Videsi che meglio del
cotone , sotto la latitudine di Roma , nasceva l'inda-
co, la cui coltivazione s'intraprese da un francese con
de' semi venuti dal Bengala. Il riso era piantato da
pochi anni ne' dintorni di Viterbo, Ronciglione e Por-
to d'Anzo. L'amministrazione francese cercò ristringe-
re quanto più seppe la cultura, e quindi la papale tol-
sela affatto ; perchè non si aggiungessero novelli ger-
mi d'infezione all' aria già tanto maligna. Il tabac-
co vegeta mirabilmente ne'piani : e noi potremmo far-
ne un oggetto importantissimo di coltivazione e di com-
mercio.
Fin qui ha l'A. trattato di quant' avviene in fat-
to d'agricoltura ne' paesi d'aria malsana. Vien quin-
di a parhire de'paesi salubri : ciocche egli fa rapida-
mente non porgendo essi alcuna singolarità. Già ac-
cennammo che in essi si hanno 82 mila rubbia ara-
bili, oltre le vigne , gli oliveti , i boschi , le ortaglie,
i pomari ed altre culture molliplici e varie che s'in-
tramezzano fra loro in cento guise ; dappoiché vi so-
no ben divise le proprietà. Non parleremo per non es-
ser soverchi delle vigne , la cui cultura potrebbe no-
tabilmente migliorare, ne degli olivi molto accresciuti
dietro gì' incoraggimenti compartiti dai pontefici» Il
principale alimento di questi paesi formasi dal grano
e dal granturco, d'onde traesi la polenta cibo ai con-
tadini gratissimo. Nelle valli coltivansl ancor con suc-
cesso tutte le specie di legumi : fave , fagiuoli , leu-
Statistica di Roma 243
ticchie, ceci, e dove abbiasi dell' acqua i carciofìl, i
meloni , i cavoli , le fragole ed altre erbp uiaugerec-
ce. Il lino e la canape sono l'oggetto di molte cure
e il loro prodotto è tantopiù importante , quantochè
queste materie prime lavoransi in que' luoghi medesi-
mi. La canna cresce in piccole foreste presso le vi-
gne e porge un guadagno notabile e sicuro. Il mo-
ro-gelso , albero meritevole de' primi onori , ha gran-
di piantagioni presso Roma, Palestrina, Zagarolo, Ana-
gni e Rieti. Gli alberi fruttiferi , tranne il fico e il
persico , potrebbero coltivarsi con maggior cura , ed
allora si avrebbero migliori pomi , pera, prugne e ci-
riegie. Di cedri ed aranci sebbene ve ne abbiano mas-
simamente alle paludi pontine, non è però il loro nu-
mero bastevole alla consumazione, e potrebbe accre-
scersi utilmente. L'araministrazion francese avea divi-
sato di moltiplicar gli alberi fruttiferi: ed a ciò ave-
va istituito un giardino negli orti farnesiani al pala-
tino, ove furono riunite tutte le piante coltivate nel
giardino di Luxembourg a Parigi e nelle proviocie me-
ridionali della Francia. Questo nuovo giardino nel 1813
contava 80 mila piante, e volevasi ampliarlo traspor-
tandolo fuori la porta di s. Giovanni in un vasto po-
dere. Nelle ville romane, cosi ricche di marmi e co-
lonne, vi desideri quella varietà di piante che fan bel-
li i parchi del settentrione, dappoiché nuli' altro vi
trovi se non che pini , qucrcie e laureti. Una so-
cietà di agricoltura era stata fondata per moltiplicare
e perfezionare ogni maniera di cultura, e pensavasi ad
introdurre pili semi, che bene allignerebbero ne'nostri
paesi, quali sono : il grano Saracino, il topinambur,
il carturao , il zafFrano , il phorraium tenax , l'agave
americana , l'ortica bianca , lo spartium , il cardo ,
l'arachis hypegrea , il serarao , la regolizia , il pa-
16*
244 Scienze
pavere , il ricino , l'holcus sorgo , l'holcus eli Cafre-
ria ed altre di simil natura.
Ultimamente 1' A. cerca di determinare le spese
della coltivazione e il valor de' prodotti , onde otte-
ner la rendita netta dell' agricultura e pastorizia del
paese , oggetto de' suoi studi. Noi non lo seguiremo
ne' lunghi ma importantissimi calcoli ch'egli istituisce
a questo scopo ; tanto più eh' esso medesimo diffida
della loro esattezza: e ci staremo contenti a rappor-
tarne l'ultimo risultaraento. Egli dunque fa ammon-
tare il prodotto netto a 40 milioni di franchi ; cioè
dalla cultura 15 milioni, dal bestiame 12 milioni-»
dalle vigne e dagli oli veti 10 milioni , dai mori-gel-
si , boschi ed altre spezie di piantagioni 3 milioni.
Per compir questo computo della nostra ricchezza con-
verrebbe valutatare eziandio i fondi urbani: ma noi ora
non ci occupiamo che de' prodotti dell' agricultura ;
e questa ricerca, peraltro utilissima, non è del nostro
proponimento. La rendita de' prodotti dell' agricultu-
ra paragonata alla superficie da 54 franchi per rub-
bio , paragonata alla popolazione dà 75 per ciascuno
individuo. Ora il dipartimento della Francia che ha
più relazione all' antico dipartimento di Roma è quel-
lo della Gironda, che confa 520 mila anime di po-
polazione. I computi più esatti danno ad esso 40 mi-
lioni di prodotto ossia 77 fr. per testa. Prendendo la
rendita media di tutti i dipartimenti del regno di Fran-
cia si ha una proporzione ancor minore: cosicché l'in-
dustria agricola romana nel 1813 era già eguale se
non maggiore della francese. Gotest'industria si accreb-
be coli accrescersi della popolazione negli anni che
corsero da quel tempo ; e noi vorremmo corrisponde-
re al desiderio che significa l'A. facendo pubblico a
qiial grado siasi ora innalzata. Ecco come scrivono
di noi quegli stranieri, i quali non ci giudicano ad
Statistica di Roma 245
uà solo girai di sguardo, ma raccolgono i fatti, os-
servano , paragonano.
Non già però che molto non rimanga a fare. L'A.
poiché ha numerato gli ostacoli che si frappongono all'
incremento dell' agricnltura , non tralascia noverare le
maniere onde sien tolti. Pone per la prima il miglio-
rare la sorte degli operai con fabbricar loro de ri-
coveri , abbeverarli di acque salubri e preservarli il
più che sia possibile dai colpi dell'aria malvagia. Po-
ne quindi la riduzione de' grandi i piccoli affitti (non
ostante la contraria opiiione del nostro Gioja); ciocché,
dice egli, riuscirebbe utilissimo ai medesimi proprietarii,
i quali si toglierebbero dal monopolio di pochi spe-
culatori ed accrescerebbero le loro rendite, accrescendo-
si naturalmente gli affitti in ragione de' concorrenti. Il
governo che ha sempre mostrato tanto furore per l'agri-
cultura potrebbe darne l'esempio , spicciolando cosi i
gran poderi de' pubblici istituti con loro immenso van-
taggioi Tuttociò dovrebbe aver luogo quando conser-
var si volessero le grandi proprietà mantenute dal-
le sostituzioni e dai fidecommissi. A questi mezzi pro-
posti dall' A. noi aggiungeremo lo scolamento delle
acque, ch'è stato tanto turbato dalla cultura delle mon-
tagne, e la buona raanuten zione de' boschi ; le quali
cose diminuirebbero notabilmente gli effetti della mal'
aria : la liberta del commercio che incoraggiando l'espor-
tazione , favorisce mirabilmente ia cultura : l'aumento
della popolazione col render la pi bblica vaccinazione e
coir usar degli altri mezzi sanitari : l'educazione della
massima parte de'faciuUi, che si alimentano negli ospi-
zi, alla vita agricola e segnatamente a quc'lavori che or
si compiono dagli stranieri: la formazione di una so-
cietà agraria simile a quella recentemente formata iu
Pesaro, che gik tanto ha onorato lo Stato e l'Italia.
246 Scienze
Ma crescendo i prodotti non si avviliranno i prez-
zi e non isvauiranno cotesti vantaggi ? Questo timore
sarebbe fondato in un paese che manca de'mezzi di co-
municazione, non gii nella provincia romana termina-
ta per una parte dal mare , attraversata da un bel fiu-
me , prossima a contrade mancanti di grano. Che i
romani non temano di produr troppo, e rammentino
ciò che inculcava il nostro Genovesi ; che un popo-
lo abbondante in grano, vigne ed olivi è da natura
costituito creditore degli altri.
Ab. C. L. MoRiCHiNi-
Intorno alle nozioni istoriche , o terapeutiche , ed
istruzioni sanitarie del celebre doti. Giacomo Toni'
masini sul cholèra morbus , ossermzioni del doti.
Gregorio Riccardi.
K
el numero infinito di memorie ed opere sul cho-
lèra morbus uscite fino ad ora alla luce , a riserva di
quelle che scrissero due dottissimi medici , il nostro
sig. dotti Ottaviani , ed il francese dott. Fodere, nes-
suna avvene che abbia meritato la pubblica attenzio-
ne , perchè tutte scritte senza la menoma ombra di
medico criterio. Sembrò particolarmente che nella no-
stra Roma nel decorso anno la pubblicazione di me-
morie e cenni di tal tenore al cholèra relativi , fosse
divenuto epidemica , e quasi direi contagiosa ; poiché
e da medici , e da non medici ancora si pretese di
poter parlare di una malattia , e con tanta certezza di
risultati , che quasi saresti stato indotto a credere, per
CriuT-ERA MORBUS 247
parte di clil scriveva , a cui ti fosti afTulato , di non
aver più nulla a temere di un tanto malore. Intanto
però tutto il pregio di queste miserabili produzio-
ni in ultima analisi in altro non si aggirava , che
in una mal combinata raccolta di sintomi al morbo
cliolèra relativi, ed ad un noioso afUistellamento di ri-
medi , quasi tutti di opposta e contraria azione. Ne
solo fra quelli che in Roma e memorie e cenni ed
opere pubblicarono fuvvi alcuno che fosse stato da spi-
rito filosofico condotto , o da mediocre ed ordinario
medico criterio : ma neppure fra gli esteri un solo
si ebbe , che con un certo buon senso del cholèra
morbus trattasse, quantunque molti avessero di già me-
nalo gran roraore , e fama di lor medesimi. Era pe-
rò riserbato al genio sublime della nostra Italia , ma-
dre sempre feconda di ogni umano sapere , al gran
Toraraasini, di fissare l'attenzione di tutti sopra un
argomento di tanta importanza, e di dileguar tanti dub-
bi sopra un male, che spaventa l'Europa ed il mon-
do intero , e che minaccia ovunque distruzione e ro-
vina. Gik i dotti tutti e deli' Italia e di oltremon-
ti e mari stavano impazienti aspettando di conosce-
re qual cosa su di ciò pensava il nostro italiano Escu-
lapio. Ne la generale aspettazione fu dal risultato dell'
opera, da esso pubblicata , in alcun modo delusa ;
poiché nulla avvi di più insigne , a nostro avviso, fra
le infinite istorie di malattie da celebri autori compilate,
quanto le ,, Nozioni istoriche, o terapeutiche, ed istru-
zioni sanitarie sul cholèra morbus ,, rese di diritto
pubblico nel anno 1831 dal nostro A.
La celebrità di una tale opera e stata di già li-
conosciuta e dalla Francia , e dalla Germania , e
dall' Inghilterra : che dai piti dotti e colti medici
di quelle nazioni , secondo relazioni di cola avute ,
più non si parla e ragiona , se non a seconda dei
248 S e I R N Z E
sublimi pensamenti del celebre nostro autore. Non
è nostra mente di far presentemente l'analisi dell'ope-
ra medesima. Solo ci limiteremo a dar qualche cen-
no intorno al più classico di essa. Questo classico ,
oltre a rinvenirsi in tutta intera la sua opera , mol-
to pii!i apparisce nel quarto capitolo di questo lavo-
ro , in cui , dopo di aver magistralmente , e coli*
ingegno di un uomo veramente sommo nelT arte sa-
lutare, conciliate tutte le contraddizioni di metodo cu-
rative e dottrinali , stabilisce con profondita di dot-
trina, quello che, secondo inconcussi principii , da
puri fatti desunti , emerge spontaneo da' suoi filosofici
ragionamenti , e certo e sicuro si offre al medico os-
servatore , per la cura della malattia. Questo certo
e sicuro lo ricava dall'analisi di diciannove metodi cu-
rativi al cholèra morbus applicati. Ma prima di entra-
re su tal materia , crediamo pregio dell' opera il far
conoscere l'ordine che il nostro A. ha tenuto nel trat-
tare il suo difficile argomento.
Dopo un preliminare avvertimento divide la sua
opera in cinque capitoli. Nel primo descrivere la pro-
pagazione del cholèra morbus dal centro dell' Asia sia
quasi al mezzo d'Europa. Nel secondo accenna i sin-
tomi tanto precursori, quanto caratteristici della malat-
tia : il corso della medesima : e le alterazioni trovate
nei cadaveri. Nel terzo osserva i rimedi ed i meto-
di diversi adoperati , e fin qui commendati per la cu-
ra del cholèra morbus. Nel quarto fa delle considera-
zioni sui fatti esposti nei precedenti capitoli , intorno
l'andamento e cura del cholèra morbus , e su' tentativi
per trarne qualche luce, che diriga nella scelta dei
rimedi più adattati alle circostanze. Nel quinto discorre
sulle ragioni , che si hanno per credere contagioso il
cholèra morbus pestilenziale, e sui mezzi di precauzio-
ne , o disposizioni sanitarie , tendenti ad impedirne la
Cholera. morbus 249
propagazione. L'opera è di un sol volume in 8.° di
pagine 248, edizione di Parma.
Onde farsi strada il nostro autore nella pili diffi-
cile impresa del suo lavoro , che è appunto il quar-
to capitolo dell' opera , e che noi reputiamo pel
più classico dell' opera medesima , parte egli da una
coraunissima pratica osservazione , che sotto la sua
penna diviene fertile sorgente di grandissime e fera-
cissime utili conseguenze. Quello stato , egli dice, di
minacciosa vitale depressione , o di avvilimento , che
è il primo ed immediato effetto della commozione
cerebrale , del terrore , o di altra qualsiasi cagione,
che abbia agito violentemente sul sistema nervoso ;
quello stato , dissi , può in alcuni temperamenti es-
sere più forte , e più durevole che in altri. Può in
alcuni arrivare a tal grado da sopprimere esso stes-
so , ed estinguere la vita , e ciò in breve tempo ,
in poche ore , e senza alcun cambiamento di mor-
bose condizioni : in altri può mantenersi per tem-
po più lungo , e se non si apprestino i convenien-
ti soccorsi , togliere anche in questo caso la vita ,
meno sollecitamente sì , ma senza cambiamenti pa-
tologici , osservabili nel cadavere . Per lo contra-
rio in altri casi lo stato di depressione vitale , o
di avvilimento, a cui alludo, può esser breve , suc-
cedendovi sollecita la reazione e la flogosi , della qua-
le (ove non sia curata qual si conviene , e con suc-
cesso) rimarranno più o meno rimarchevoli nei cada-
veri gì' indizi ed i risultamenti : ed in altri cotesto
stato di vital depressione può essere anche protratto
a più lungo tempo , e prima di toglier le vita la-
sciar luog^o ad una tarda reazione, che alteri comun-
que la condizione dei visceri , che furono lungamen-
te tormentati.
250 Scienze
Da queste semplici osservazioni intera dìscencle
tutta la dottrina del morbo cholèra da esso lui stabi-
lita con una quadrupla condizione della malattia me-
desima
Prima condizione. Di avvilimento , angoscia, de-
pressione di azioni vitali: effetto immediato della pri-
ma tormentosa impressione del contagioso principio.
Seconda condizione. Di reazione flogistica abba-
stanza manifesta , per sintomi corrispondenti.
Terza condizione. Reazione flogistica occulta, sub-
dola, clandestina, come la nominarono gli antichi.
Quarta condizione. Abbattimento estremo morta-
le insanabile.
Onde comprendere una tale dottrina , non sarà
inutile di meglio dilucidarla. Il nostro autore ammet-
tendo un principio peculiar contagioso , per la pro-
duzione del cholèra morbus , assegna al medesimo
la sua azione irritante nel senso inteso da Guani ,
Rubini , e Fansago , cioè d'inquietante , e distur-
bante le fibre colle quali viene all' immediato con-
tatto. Questo principio per la di lui prima azione pro-
duce avvilimento , e questo può essere di corta o
lunga durata : e ciò forma la prima condizione del
male. All' avvilimento può succedere reazione flogisti-
ca , manifesta per sintomi corrispondenti : e questa
reazione è il soggetto della seconda condizione. Se
similmente succede subdola , occulta , e clandestina ,
in tal caso costituisce la terza condizione. Infine se
air avvilimento succede rapida la morte , ciò forma
la quarta condizione della malattia dal nostro autore
stabilita.
Secondo tali speculative vedute , dai fatti e dal-
le osservazioni desunte, ne seguono le qui appresso con-
seguenze.
ClIOT.ERA MORBUS 251
Che alla prima condizione conviene assolutamente il
metodo eccitante. Alla seconda, il metodo decisivamen-
te debilitante. Alla terza , il metodo debilitante con-
veniente allo stato depresso dell' eccitamento in gene-
rale. Ed alla quarta , se vi fosse luogo a cura (che
non vi è, perchè è istantaneamente mortale la ma-
lattiif), il metodo eccitante. Ora ognun vede da siffatta
mahiera di riguardare la malattia , di cui trattiamo,
quanta chiarezza emerga , quanta utilità si ricavi ,
quanta semplicità di principii si stabilisca per ispie-
gare il misterioso ed incomprensibile del morbo cho-
lèra. Con ciò tutto il contraddittorio si concilia. Vm
non apparisce la differenza delle quistioni dei diver-
si scrittori, riguardo al fondo e alla cura della medesi-
ma. Facile si spiega perchè da taluni si credè di na-
tura eminentemente controstimolante , da altri di op-
posta ragione, cioè infiammatoria. Tutti gli scrittori con
tal dottrina dal nostro autoi'e stabilita possono nella
cura del morbo avere avuto ragione , chi di adopera-
re il metodo eccitante , chi il debilitante. Trattava-
si soltanto di determinare il tempo, in cui lo stimolo
o controstimolo conveniva. Ma ciò non era riserbato
che al sommo ingegno del nostro autore. La Fran-
cia , la Germania , l'Inghilterra di già hanno applau-
cìiio ad una tal dottrina : ed il mondo intero offre i
suoi più vivi ringraziamenti al sapere sommo di un
tanto uomo.
Ne si creda che il nostro autore nel dare a tut-
ti ragione , non abbia poi assegnato i limiti dello sti-
molare e controstiraolare. Che si possa impunemente
adoperare 1' un metodo o l'altro , o di questi far uso
promiscuamente? No sicuramente. Se il metodo ecci-
tante deve aver luogo , lo deve avere entro i limiti
dell' oppressione. Subentrata una volta la reazion vi-
tale , e che abbia prodotto una flogosi nel sistema ga-
252 Scienze
Siro -enterico , o gastro-epatico , cane peius et angue ^
si dichiara contro del medesimo. Non piiì all'oppio ,
ai liquori stimolanti, al cinnamomo , ma si bene alle
sanguigne (secondo lo stato di tolleranza delTinfermo),
al calomelano , all' olio di ricino , all' acido tartari-
co ec. Coir assegnare le quattro condizioni , di cui su-
periormente abbiara parlato , finisce ogni controversia,
e subentrano dei canoni pratici per dirigere con si-
curezza il metodo curativo , a seconda degli stadi del-
la malattia.
Sia lode eterna ad un tanto uomo , ed il cie-
lo ci conservi pel decoro della nostra scienza, e per
la salute dei poveri malati i suoi preziosi giorni. Noi
facciamo fervidi voti al sommo Iddio che ci tenga
lontani dal flagello del cholera: ma se nella sua men-
te infinita fosse decretato in pena de' nostri pecca-
ti di averlo nella nostra cara patria , i più fervidi
voti facciamo , che i supremi magistrati, a cui fu da
Iddio affidata la sorte dei popoli, sentano la forza di
ciò che il nostro autore scrisse , e relativamente alla
cura di si terribile malattia , ed ai mezzi sanitari per
preservarsi dalla medesima.
Elogio di Teodoro Bonati ferrarese. Scritto da monsignor
C. E. Muzzarelli uditore della s. rota. -
JLJello esempio di virtù cittadina fu quello mai sem-
pre con che i magnati doviziosi onorarono gli studi
e le opere di que' magnanimi, che ricchi di molto in-
gegno e di amor patrio ardenti , ma privi a un trat-
to di agi e de' Leni della fortuna , forse tratta avreb-
Elogio del Bonati 253
bero ima vita travagliata e inoperosa , e per man-
canza di mezzi non avrebbero forse potuto toccare la me-
ta , cui il loro genio , l'amor delia gloria li sospin-
geva. A questa classe pertenne l'illustre e benemeri-
to mio concittadino Teodoro Bonati, di cui tesser mi
è a grado brevemente Felogio , se in me tanto di for-
ze , se in voi tanto di sofferenza si ritrovi , onde
adempiere possa il propostomi divisamento.
Mentre la natura sempre nuova, sempre grande,
sempre unica nelle sue opere, immaginava di dare all'
Italia un emulo di Fidia e di Prasitele nella gi'a
pria sconosciuta terra di Possagno, nella non più no-
ta di Bondeno aveva già condotto a termine il fisico
sviluppo di quel Bonati , di cui non so se più sia
stata la longevità o le opere , se più le virtù morali,
o lo slancio fortunatissimo dell' ingegno.
Nacque Teodoro Bonati l'anno di redenzione 1724
il dì 8 novembre da onesta , e se non ridussi ma, ab-
bastanza comoda famiglia : e conoscendo dalla pri-
ma adolescenza come il vero merito derivar debba
dalle proprie azioni, e cbe a nulla vale quello qua-
lunque che si abbia a ripetere dalle immagini degli avi,
diede opera con tutta l'alacrità dell'animo suo a quegli
studi che aprono poi un campo vastissimo , onde per-
correre una carriera ed utile e luminosa : o mejjlio
piacciano i clamori del foro o le dottrine d'Ippocra-
te , o SI piuttosto quelle scienze, che per la loro in-
dole col nome di esatte si vogliono denominare.
Sebbene per impulso del proprio cuore si sen-
tisse il Bonati chiamato alle matematiche, tultavol-
ta per aderire alle brame paterne , alla classe degl'
interpreti dell' arte salutare si ascrisse ; e com2 multi
me ne fecero testimonianza , non ultimo certamente
sarebbe egli slato fra loro , se a tal genere di coi^ni-
2Ìoni di buon animo si fosse dedicato. iVIa vir,»- ' •
25-* Scienze
la propria inclinazione , e superati gli ostacoli che ad
essa si opponevano , potè in processo di tempo ab-
bandonarsi a suo grado a quegli studi , cui Io invi-
tavano il proprio genio, e l'amor santo della patria;
dappoiché egli fin d'allora sperava forse pe' medesi-
mi , ne s'ingannò , di poter meglio servirla. E certo
ninno avvi sì ignaro delle cose di questa Italia , che
non iscorga a colpo d' occhio la necessita somma ,
che ha Ferrara di professori ottimi nella idraulica ,
che quella citta per ogni maniera di studi e di col-
tura nobilissima difendano co' loro lumi , col loro
ingegno , colla loro attività da quel fiume regale ,
di cui sorprende la maestà nella calma , spaventa la
possanza ed il furore nelle ianondazioni.
Fatto animoso il Bonati pe' conforti e per le sol-
lecitudini del marchese Guido Benti voglio, sorto emu-
lo dell' autore delle storie di Fiandra , e dell' altro
non men celebre porporato che donò all'Italia la ter-
sissima versione di Stazio , si dedicò interamente al-
le matematiche , e rapidi e precoci furono i di lai
progressi.
Trovavasi in quell' epoca a pubblico professore
della università ferrarese il rinomato Romualdo Ber-
taglia , che accorto com' era , vista l'indole pieghe-
vole del nuovo alunno , e que' grandi talenti pe'
quali fin d'allora otteneva sugli altri il primato, som-
mamente avendolo a cuore , fra gli altri il prediles-
se , e sovenne di presidio e di consigli , onde toccar
potesse la meta prefissasi : quella della immortalità
del proprio nome , e della utilità del proprio paese.
Nel tempo che le cure veramente paterne del già
lodato marchese Guido Bentivoglio erano una cer-
ta speranza di esito fortunatissimo nella nuova car-
riera al giovinetto Bonati , il Bertaglia men suo pre-
cettore che amico, dalla cattedra e dal proprio ga-
Elogio del Bonati 255
binetto gli veniva aditando il come divenire ec-
cellente nelle matematiche discipline. Il Po, che ha
purtroppo sempre bisogno della vigilanza e delle co-
gnizioni di coloro che a guardarlo si scelsero ,
era un campo vastissimo all' applicazione delle teo-
rie , che pel Bertaglia si spiegavano al suo nuo-
vo discepolo : e da quelle rive beate, ove i cigni piiì
grandi di questa Italia accrebbero la gloria naziona-
le colla soavità de' loro versi , apprendeva il Bo-
nati a guardarne i sacri monumenti e le case, alla teo-
rica la pratica felicemente accompagnando. E bramo-
so coni' egli era di giungere all' apice della perfezio-
ne , ben sapendo che la compagnia degli uomini
dotti l'ingegno di nuove cognizioni arrichisce , ed
è dirò quasi uno specchio parlante di quelle azioni
che a ben meritare ci conducono della società , in
moltissima amicizia si congiunse a quel Malfatti , i
cui lumi e la cui consuetudine poi tanto gli giovaro-
no , eh' egli medesimo in processo di tempo ebbe a
dire aver più da quel sommo apparato , che se una
intera biblioteca avesse pure svolta, e fissatasi in capo.
A questi ajuti , di che maggiori non avrebbero
abbisognato ingegni ancor meno felici del Bonati , ag-
giungasi lo studio intensissimo, a cui egli si diede del-
la non men rara che pregevolissima opera dell' Agne-
si, la quale mentre accrebbe un nuovo lustro al sesso
gentile, e mostrò come le donne pur esse venir pos-
sano in grido di eccellenti per ogni maniera di ot-
timi studi , quando la educazione ve le volgesse ,
utilissima divenne a coloro tutti , che alla severa ma-
tesi il loro ingegno e la loro vita consacrano : e di
questa opera , come di tanti altri favori , aveva de-
bito il Bonati al non mai abbastanza commendato suo
mecenate, il Bentivoglio.
256 Scienze
Nutrito fia da' prìtni amii alla virtù , dotato di
acuto e profondo impegno , stimato dall' universale ,
che rare volte s'inganna ne suoi giudizi , laborioso e
paziente , era ornai tempo che il Donati facesse pul>-
Llica mostra delle acquistate cognizioni e desuoi va-
sti talenti , e chiarisse co' fatti , che fin d'allora me-
ritamente la sua Ferrara gli assegnava un seggio tra
i suoi figli piiì illustri : seggio da cui non verrà ri-
mosso finche si abbiano in pregio l'amor santo della
patria, le opere d'ingegno, e le scienze finalmente che
più delle altre hanno per iscopo il vero bene e il van-
taggio delle intere popolazioni.
Venuto pertanto in fama il Bonnati di eccellen-
te oltre i ristretti confini della sua provincia , a se
con molta bontà e amorevolezza invitavalo e il du-
ca di Piombino , che de' suoi lumi si valeva in cose
alla idraulica appartenenti , e Mantova lo richiedeva
per regolare i sostegni del lago , e Piacenza lo pre-
gava onde difenderla colla costruzione de'raoli, e in
questo mezzo più di ogni altro l'onorava della sua fidu-
cia quel Pio , cui, mercè pure dell'opera del sommo
matematico , si deve l'attuale asciugamento delle pa-
ludi pontine : e la caduta delle marmore , e il la-
go di Bracciano e le saline d'Ostia sentivano i van-
taggi della di lui presenza : e agli abitanti di que-
sta eterna città , e agli altri de' recitati paesi sarà
perenne e carissima mai sempre la memoria di un
tant' uomo.
E mentre il pontefice sommo il voleva consul-
tore pe' lavori idraulici della provincia ferrarese , il
decorava a un tempo dell' ordine equestre dello spe-
ron d'oro , ordine al pari d'ogni altro insigne , quan-
do spontaneo si offre da un principe illuminato al
merito, o al coraggio di un letterato, o di un guerriero.
Elocjio del Donati 257
Ferrara intanto gelosa ili quel sommo , e prov-
vidamente bramosa di eternarne il nome e le opere
col procurarne degli allievi , gli a (Fidava e la catle-
clra di meccanica , e quella d'idrostatica , clie poi per
la vicenda de'tempi e dc'pervenuti mutamenti in quel-
la si tramutò d'idraulica da lui tenuta fino agli ul-
tirai della sua vita non con minor suo piacere , che
utile e profitto universale.
Succeduto nel pacifico reggimento delle legazioni
al governo pontificale quello di Francia , mentre
era la provincia ferrarese distinta col nome di di-
dipartimento del basso Po, il governo italiano, o il
viceré piuttosto che alla somma delle cose presiede-
va , volle il mio illustre concittadino insignito dell*
onorevole incarico di generale ispcttor onorano per
le acque e strade. Ne inoperoso ei restava : che an-
zi nelle maggiori bisogne della patria , era come nu-
me tutelare consultato, e seguito il più delle volte nel-
le sue opinioni ; e quel governo, che molto si giova-
va delle vaste di lui cognizioni , il voleva sempre
a far parte delle più importanti commissioni , delle
quali par luogo l'accennare precipuamente quella in
ciie doveva recare il suo parere sulla immissione del
Reno in Po.
L'illustre idraulico , che era amantissimo del be-
ne del suo paese , e sì pure della verità , che unica
comandava al di lui cuore, tenne la opinione di que'
moltissimi , che sommo nocumento credevano derivar
dovesse alla ferrarese provincia , se l'ideato proget-
to a compimento si recasse. E qui mi giova ripe-
tere coir illustre di lui biografo , che l'opinione da
lui difesa non rimase vittoriosa al tribunale poten-
te dinanzi a cui venne agitata tale questione ; ma se
le mutate circostanze non avessero sospeso i comin-
ciati lavori , avrebbe egli al certo avuto il doloroso
G.A.T.LIII. 17
258 Scienze
trionfo di vederla approvata dal giudizio inappella-
bile dell' esperienza. Ed oh ! quali furono le di lui
pene, quale il di lui rammarico, quando intimamen-
te persuaso de' muli che sovrastavano alla sua patria,
pili non vedea modo , onde allontanarli , o render-
li almeno minori.
Mentre il Bonati intendeva con tutto l'animo al-
le pubbliche bisogne , dava opera non meno ad il-
lustrare alcune cose alla propria professione apparte-
nenti : onde andavano per le mani de'dotti , fatti di
pubblica ragione, e il memoriale idrometrico alla s. con-
gregazione delle acque per la citta e ducato di Fer-
rara , e il progetto di divertire le acque di Burana
in Po alla Stellata , e le ore italiane del mezzo dì
calcolate per la latitudine della citta di Ferrara dall'
anno 1 T80 al 99 di quel secolo ; e l'opuscolo che ha
per titolo - Esperimento proposto per iscoprire se real-
mente la teri-a sia quieta, oppure si muova. - E ne-
gli opuscoli scientifici e letterari impressi dal Co-
letti , quello intitolato - La nuova curva isocrona. -
Siccome e lodevole costumanza de' corpi scien-
tifici di accrescerne il lustro con lo ascrivere ai
medesimi que' sommi che più onorano co' loro lu-
mi la umana natura , così e l'istituto di Francia , e
la società reale di Londra , e la patria Ariostea di
scienze e lettere , e pressoché tutte le principali d'Ita-
lia si onoravano e facevano a gara di aver fra loro
l'uomo celebratissimo. E dal primo nascere della so-
cietà italiana, composta da quaranta dotti , si ebbe un
seggio distinto : e già lo aveva annoverato fra i suoi
membri ordinarli l'italiano istituto di scienze , lettere,
ed arti.
Quindi il Bonati usò molto familiarmente sì co'
nostrali, e sì insioniomenle cogli stranieri i)iù insigni di
quelle società e di que'lcmpi, e da tali vincoli ne nacque-
Elogio del Bonati 259
10 quelle diverse opere, una parte delle quali si legge
in varie dissertazioni distinte ne' volumi della società
italiana. E tali mi si presentano quella delle aste ri-
trometriclie , e di un nuovo pendolo per trovare la
scala della velocita di un' acqua corrente , e l'altra
sulla natura delle radici delle equazioni literali di
quinto e sesto grado , e sul nuovo metodo per le radi-
ci prossime delle equazioni numeriche di qualunque
grado ; e alcune riflessioni critiche su i nuovi princi-
pii d'idraulica del sig. Bernard : e finalmente della
velocita dell' acqua per un foro di un vaso , che ab-
bia uno o più diaframmi , e del soffio che si pro-
cura nelle fornaci di alcune ferriere col mezzo dell'
acqua. E memore de'beneficii ricevuti dal Bertaglia,
e della dimestichezza che in ogni tempo usò col me-
desimo , in significazione di grato animo a lui inti-
tolò una lettera , intorno al problema del Caictard
De Clos inserito nel primo volume degli annali d'Ita-
lia del chiarissimo Zaccaria.
È poi prezzo dell' opera il ricordare le di lui
esperienze in confutazione del sig. Geneté intorno al
corso de' fiumi ; opera che rese di pubblico diritto
nel 1776, dappoicliè tornato, nell'antecedente alla do-
minante , dovè render conto degli ottenuti risulta-
menti dalle osservaaioni fatte nella patria, e nella bo-
lognese provincia.
Siccome il sistema del sig. Geneté poteva ren-
der maggiore il pericolo , e la probabilità dall' un
lato, dall'altro minori i riguardi di porsi in ope-
ra il progetto di missione del fiume bolognese nel
Po ; così egli si diede a difendere di tutta forza le
proprie opinioni, postosi a fronte del rinomato fiam-
mingo , di cui era opera il dimostrare che l'altez-
za delle acque in un recipiente qualunque, posta una
data inclinazione e portata , non può essere altcra-
17*
260 Scienze
ta dal volume di un nuovo influente , acquistando
in vece una somma velocità che può divenir pari a
quella de' luibini e delle procelle.
Mentre per tante opere il sommo idraulico sa-
peva ben meditare dell' universale , i governi fran-
cese e italiano volti con molto accorgimento ad in-
coraggiare e proteggere i dotti di ogni classe ( da
che a questi devono le nazioni e la loro gloria e il
loro incremento ) , della decorazione della legion di
onore , e di quella della corona di ferro volevano
fregiato il petto dell' uomo illustre, e lui gridavano
di que' due ordini cavaliere.
Tra tutte le opere del Donati , quella , a mio
credere , tiene il primo luogo , che ha per oggetto
le aste ritrometriche : e su ciò non mi sembra inuti-
le il qui riportare quello che ne dettava il chiaris-
simo autore del di lui elogio , il mio concittadino
ed amico Giulio avvocato Felisi.
„ Se la caduta di un pomo , e le oscillazioni di
,, una lampada sospesa , fissando l'attenzione di Newton
,, e di Galileo, formarono il primo anello della qua-
,, si immensa catena di cognizioni di scoperte e di
,, leggi , di che sono state inriccliite la fisica, l'astro-
„ noniia , la mecanica , e la nautica , ed ogni altra
,, più difficil parte delle scienze naturali , onde al
,, primo posto fra i massimi que' due prodigiosi in-
,, gegni furono elevati dal voto universale de' dotti;
„ io son ben certo di non essere troppo ardito , o
„ non giusto conoscitore del vero merito delle cose,
,, «se tra i fasti più memorabili delle filosofiche di-
„ scipline dimando che al fianco di Newton , e del
„ Galileo il nome sia posto del Bonati , la di cui
,, asta ritrometrica (della quale siamo forse debitori ad
,, una accidentale osservazione, simile ne'suoi princi-
,, pii a quelle che scossero que' due massimi ingegni)
Elocio dst, Bu:^ati 201
>,, (letormiiia il corso tifile acque , ne calcola la ve-
„ lecita ed il volume, ne accenna i caratleri e le
„ proprietà , e presenta così un mezzo prodigioso ne'
,, suoi efi'etti per fissare i dati , co' quali conoscere
^, la natura e la capacità de' fiumi, onde non ne ven-
„ ga alterato il sistema , e ne sieno rispettati i con-
„ fini e le naturali portate a salvezza de' territorii,
„ a tranquillità delle popolazioni , ad ingrandimeaJo
„ degli stati. ,,
Ma gi'a il Bonati toltosi da giovanetto alle inse-
gne d'Ippocrate , e seguendo le matematiche , aveva
in quel difficilissimo arringo percorsi, e sempre con
zelo e col voto dell' universale, i diversi gradi d'in-
gegnere , d'ispettor generale , di pubblico cattedrati-
co, ed era all'anno pervenuto cui pochi giungono ,
novantesimo sesto dell' etk sua.
Amato in patria , venerato e cercato in Italia e
fuori , ammesso nelle prime società letterarie e scien-
tifiche , insignito di più ordini equestri, mancò a'buo-
ni , alla patria , alle scienze , all' Europa intera, il
giorno di sempre funesta ricordanza , secondo dall'an-
no 1820. La patria, il che non suole avvenire di fre-
quente , si mostrò ed espresse nel volto di tutti i fer-
raresi come fosse altamente dogliosa di tal morte, ri-
guardata siccome pubblico ed irreparabile danno. Se
non che riceveva forse qualche conforto ne' più il-
lustri fra i suoi allievi, chi attualmente generale ispet-
tore , chi pubblico professore : e due fra questi già.
conobbe e conosce pur Roma , l'uno Gio. Batt. Bo-
nati Senni, ora al culto divino interamante dedicato :
l'altro tuttora pubblico professore con lode universale,
dico Carlo Sensi, amendue miei concittadini : e il secon-
do mio amicissimo, che a causa di onore mi gode l'ani-
mo di qui ricordare.
262 Scienze
Furono con raocleslia , ma a un tempo con de-
corosa pompa celebrate le esequie dell' illustre mate-
matico nella chiesa del cimiterio comunale : e vi si
lesse pubblicamente il di lui elogio dal riferito av-
vocato Pelisi. Fu poi dalla munificenza , o più dalla
gratitudine , del comune di Ferrara statuito , che una
cella degli antichi cenobiti della Certosa venisse de-
stinata al monumento di uno de' più illustri de' suoi
cittadini. E l'accademia de' concordi tenne pubblica
ragunanza per celebrare pur essa le lodi dell' uomo
immortale.
Pio senza ostentazione , saggio e costumato, vis-
se celibe; unito di cuore e di fama ai dotti dell'età,
sua , sapeva ad un tempo conversare con ogni clas-
se di persone , ond' era ricercato universalmente.
Con tali prerogative ebbe amici quanti lo conob-
bero. Certo delle verità santissime di nostra religio-
ne, visse in questa per ogni maniera commendabile,
ed in questa morì tranquillamente per rinascere più
felice alla vita immortale.
Manuale di legge organica , ossia istruzione elemen-
tare , ad uso degV impiegati delle dogane del-
lo stato ecclesiastico. Del cav. Gioacchino Mon-
ti , direttore generale delle fiere , e della dogana
di Ripa in Roma. Roma nella stamperia della
R. a A. 1832, in 8.° di 175 pag. con ta^>ole di
rapporti.
v^uclli che amano portare la filosofia e la esattez-
za matematica sopra le pubbliche aziende, il più
Leggi delle dogane 203
tìclle volte ne sono impediti , per mancanza o didì-
cilc conseguimento dei dati necessari ad istituire i
ragionamenti e le analisi sopra oggetti di tal natu-
ra. Vogliam dire che spesso l'economista in taluni
luoghi si trova impossibilitato alle sue utili spe-
culazioni , per mancanza di notizie positive , dalle
quali dipendono le sue conseguenze , come dai dati
di un proLleraa la risoluzione del medesimo.
L'opera che oggi ne presenta il sig. cav. Gioacchi-
no Monti col titolo di - Manuale di legge organica -
ovvia molto bene a questo inconveniente nel ramo di
finanza , che fra i fatti pubblici tiene il primo seg-
gio. Giacche in essa è riportata per ordine e con bre-
vità la forma dell'amministrazione finanziera, come
oggi è in vigore nei domini pontifici ; perciò mentre
il nostro autore con questo suo lavoro giova all' im-
piegato doganiere, facendogli conoscere a parte a par-
te la forma e Tandaraento del sistema amministrativo
al quale esso appartiene , si rende utile eziandio all'
economista , presentandogli in quasto libro tutte quel-
le notizie che riguardano lo stato delle dogane fra
noi , e il regolamento delle medesime.
Nel tom. XXXVIII di questo giornale , quando
parlammo della operetta sull'origine delle fiere nello sta-
to pontificio, produzione anch'essa utile di questo au-
tore, ci augurammo con voto espresso, che il medesimo
non avrebbe desistito dal giovare sempre più il pubbli-
co dei suoi lumi finanzieri , conseguiti per lunga pra-
tica , ed esercizio non materiale degl' impieghi rag-
guardevoli e de' molti plici incarichi , de' quali fu in
vari tempi dal governo provvidamente onorato. Ne sif-
fatto voto ci venne fallito : che oggi lo prova il ma-
nuale in discorso.
In quast' opera si comincia dal far parola sulla
direzione generale delle dogane e dazi di consumo, sta-
204 Scienze
bilita in Roma , dalla quale tulle le disposizioni e
tutto il moto ricevono gli altri offici finanzieri del-
lo stato ecclesiastico , che con essa corrispondono in
ogni caso. E dopo che si è toccato de'principali im-
pieghi della direzione medesima , non che delle sette
sezioni in cui è divisa , si mostra come le dogane pon-
tificie sono ripartite in quattordici Soprintendenze ,
e due Regolatone , oltre alle dogane poste in Roma,
delle quali si tiene poi distinto proposito.
Principiando dalla soprintendenza di Bologna, si
prosiegue con ordine a parlare delle altre, esaminan-
dosi in ogni soprintendenza il numero delle dogane
da essa dipendenti ; la specie delle medesime , cioè
se sieno di riscossione semi-riscossione o hollettone^
la loro classe ; la importanza che hanno nel commer-
cio ; la condizione topografica ; e la distanza di ognu-
na da Roma, dalla rispettiva soprintendenza , e dal
confine. Similmente sono discorse, nel luogo dove spet-
ta, le due regolatorie l'una di Civitavecchia , l'altra
di Porto d'Anzio. Quindi si dice delle dogane di Roma,
e principalmente di quelle di Terra e di Ripagrande.
Terminata cos'i la descrizione dalle dogane , il
nostro autore espone brevemente la disciplina delle me-
desime, secondo i vigenti regolamenti , mostrando qua-
li sieno gì' impieghi che compongono questi dicasteri,
quali gli obblighi e le attribuzioni in ognuno di essi,
come debbansi esercitare , e tutt' altro che riguarda
la pratica e il disimpegno delle operazioni doganali.
Finisce l'autore coli' aggiunta di tre tavole di rappor-
ti fra misure e pesi mercantili. Questi rapporti nelle
due prime tavole sono di libbre romane colle capa-
cità cereali , e coi pesi di molte piazze commercian-
ti estere : nella terza tavola sono di canne e palmi ro-
mani , non che di braccia e palmi romani architet-
tonici , colle misure lineari di molte piazze di com-
mercio straniere.
265
Rendiconto del denaro raccolto per Vospizio
di Tatagiovanni.
^^uando sul finire del 1830 feci di pubblica ra-
gione una memoria sopra l'istitutore e l'istituto de-
gli orfani abbandonati, chiamato Tatagiovanni^ di cui
rendetti conto anche in questo giornale nel volu-
me 48 p. 66, promisi solennemente al pubblico di ero-
gare tutto il guadagno che avessi dedotto dalla ven-
dita del libretto, trattene innanzi le spese, 1.** in un
quadro che rappresentasse Giovanni Borgi da porsi
nella sala dell' istituto : 2." in una lapide da locar-
si ove riposano le sue ceneri : 3.° in beneficio dell*
istituto medesimo. Ora avendo, la Dio merc^, potuto
eseguire con piccolo mio scapito tutto quanto avea
divisato , reputo mio dovere ragguagliarne il pubbli-
co e liberar la mia promessa, massimamente con quei
generosi , che mi furono larghi di soccorso. Dell'opu-
scolo , composto di circa quattro fogli di stampa coli*
incisione litografica, furono stampati cinquecento esem-
plari , de' quali venduti 240
Dati e non pagati 175
Rimasti non venduti , 85
Totale 500
Ogni esemplare vendevasi a venti baiocchi, e si ri-
cevevano altresì le ofìerte di danaro da erogarsi per
266 Scienze
gli oggetti medesimi. La vendila de' dugentoquaran-
ta esemplali ha dato Se. 48
Le offerte 57 77
Totale del danaro incassato Se. 105 77
Ragion vorrebbe che io ponessi qui la nota di
questi generosi obblatori parte romani parte stranie-
ri : ma non comportando ciò la modestia di molti
tra loro , io mi tacerò su tutti, protestando ad essi
la mia più sincera riconoseenza, e pregando Lui, cui
è nota la loro opera, onde sieno degnamente rimeritati.
Le spese occorse sommano come appresso :
Stampa , incisione e legatura 60
Quadro . 21 67
Lapide 7 50
Anniversario 7
Imbiancatura dell'ospizio 14
Ricreazione agli alunni 2 60
Totale Se. 112 77
Riassumendo pertanto il tutto si ha un introi-
to di Se. 105 77
Un esito di. . . -. Se. 112 77
e quindi un deficit di ..... Se. 7
Il quadro fu lavorato in legno, perchè fosse più
durevole, dal sig. cavalier Giuseppe Manno, e fu trat-
to dalla incisione che accompagna il volumetto. Es-
so è alto cinque palmi , largo quattro, tranne l'iscri-
zione sottoposta. Tatagiovanni è collocato nel mez-
zo , col suo viso bronzino , gli occhi alquanto lo-
Rendiconto ec. 2CT
scili , la bianca parrucca e la veste di colore cene-
rino. A destra evvi un fanciullo vestito a saio ros-
so , come appunto fu da principio , il quale ha pen-
dente dal braccio un canestro con uve ed altre co-
se mangerecce : a manca avvene altro tutto cencioso
e sparuto , che in quel momento Tatagiovanni to-
gliesi dal trivio , per condurselo all' istituto : nell'al-
to del quadro in bella prospettiva è dipinto l'ospi-
zio in via Giulia, e tre o quattro, fanciulli in alto
d'entrarvi- Sotto il quadro è una tavola ove leggesi:
,, Giovanni Borgl nacque in Roma il XVIII febbra-
„ io del MDGGXXXII. Non apprese lettere , ma si
„ educò alle opere di carità nell' arciospedale di
„ s. Spirito in Sassia. Visse povero, reggendo se e la
„ sua famigliuola coi lavori da mastrorauratore. Nel
„ MDCGLXXXIV aperse la sua casuccia nella via de'
„ Cartari a ricovero ed istruzione de' fanciulli roma-
„ ni orfani ed abbandonati , dai quali ebbe il tene-
,, ro nome di Tatagiovanni. Fu caro a più perso-
„ naggi ragguardevoli , segnatamente al pontefice Pio
„ VI, che protesse il novello orfanotrofio aggrandi-
„ to nel palazzo Ruggia in via Giulia. Fu uomo di
„ antica semplicità e religione , di costumi piuttosto
,, ruvidi, schietto prudente infaticabile. Mancò al de-
„ siderio de' suoi figliuoli spento di appoplessia il
„ XXVIII giugno MDCCLXXXVIII, e fu sepolto col
„ pianto di tutti i buoni in s. Niccola degl' Incoro-
„ nati. Nel MDCCCXXXII gli orfani fecero al pa-
,, drc loro amatissimo questa tavola. ,,
Il quadro fu recato all' ospizio la prima dome-
nica di giugno, giorno in che i fanciulli sogliono
celebrare il compimento del mese mariano: ed accol-
to con festive grida, fu collocato alla parete prin-
cipale della sala chiamata delle Classi , frammezzo
le tavole del Cervelli e del Guidi uomini beneme-
268 Scienze
riti deir istituto. Onde gli alunni in questo gicrtio
stessero ancor piiì lieti, aggiunsi a loro ricreazione uà
piattellino di fragole, frutto che la parca mensa dell*
ospizio non avea mai loro conceduto.
Avea divisato di trtusporfare le ceneri di Tata-
giovanni da s. Niccolà degl' Incoronati a s. Anna de'
Falegnami , perchè il padre riposasse presso i suoi
figliuoli. Persone che lo aveano veduto tumulare at-
testavano, esser lui stato posto in luogo appartato a
corno del vangelo presso l'altare del Crocifisso. Ri-
cercai diligentemente questa e tutte le altre sepoltu-
re della piccola chiesa : ma indarno , perchè appa-
rivano già da molto tempo nettate. Feci anche ca-
var nel presbiterio fino a due e tre palmi , assicu-
rando alcuno eh' era stato ivi collocato, ma conob-
bi esser ciò al tutto falso. Disperato pertanto di po-
terlo più ritrovare, posi alla parete destra in s. Nic-
cola un marmo di circa tre palmi quadrati, coronato
da bardiglio, ove è scolpita la seguente iscrizione:
QVI . DORME . IN . PACE
IL . PADRE . DEGLI .ORFANI
GIOVANNI . BORGI . ROMANO
DETTO . TATAGIOVANNI
NATO . IL 18 FEB. 1732
MORTO . IL 28 GIVGNO 1798
I . SVOI . FIGLIVOLI . P. Q. M.
NEL . XXXIII . ANNIVERSARIO
Il 28 giugno del 1831 si alzò in s. Anna de*
Falegnami un catafalco, e si celebrò con modesta pom-
pa il trigcslmoterzo anno dalla morte di Giovanni.
Si videro la prima volta quei buoni figliuoli cantar
pace al loro padre, poiché non mai innanzi non s'era
fatta si pietosa ceremonla. Dieci messe, oltre la solen-
ne , si offersero per quell' anima benedetta.
Rendiconto ec. 269
Avea significato nella mia memoria il desiderio
che l'ospizio fosse un pò meglio nettato. Una pic-
cola somma che ho potuto consecrare a questo og-
getto, unita ad altre limosino di benefattori già date
in man del superiore monsignor Giuseppe Vespignani
mio rispettabile amico , ha fatto che tutto l'ospizio
sia stato politamente imbiancato. E più altre cose avea
in animo di fare a benefizio di si bella istituzione,
e forse i miei onorevoli concittadini mi sarebbero sta-
ti ancor più generosi, se i tempi fossero andati me-
no infelici. Ad ogni modo io sono lieto d'aver po-
tuto adempiere quanto avea promesso, e renderne a chi
ne diede i mezzi questa solenne testimonianza di gra-
titudine.
Finalmente, poiché lo scarico d'un mio dovere ha
fatto che io dovessi parlar la terza volta del mio Ta-
tagiovanni , farò conoscere agli amatori di quest* uo-
mo singolare un tratto del celeberrimo alemanno Goe-
the comunicatomi dopo la pubblicazione del mio scrit-
to dal mio dottissimo amico sig. consigliere cav. Koelle
incaricato di affari del regno di Wurtemberg presso
la santa sede. La seconda volta che il Goethe sog-
giornò in Roma nel marzo del 1788 vide Tatagio-
vanni , ed ecco come ne scrisse (tom. 29 ediz. in 12
di Stuttgard 1830.)
,, Vedemmo venire una processione di fanciulli
„ tra i dieci e i dodici anni, non già in abito ec-
,, clesìastico , ma vestiti tutti d'un colore e d'una me-
„ desima forma, come userebbero gli alunni in giorno
„ festivo : andavano a due a due, e parevano esser qua-
„ ranta. Cantavano le loro litanie devotamente senza
„ volgere la testa, e camminavano senza strepito e di-
,, sordine. Un uomo vecchio, dell' aspetto d'un ope-
„ rajo energico, accompagnava la processione e som-
„ brava dirigere il tutto. Recava sorpresa il veder
2T0 Scienze
„ chiuJeisi ìix schiera ben vestita da una mezza doz-
„ zina di ragazzi cenciosi e scalzi : essi però proce-
„ devano colla stessa modestia. Chiedemmo inforraa-
„ zione, e ci fu detto che qnest' uomo di mestier cal-
„ zolaio (doveano dire muratore) e senza figli aves-
„ se anni indietro preso un povero ragazzo nella sua
„ casa o bottega, e col soccorso di benefattori lo
„ avesse fatto rivestire. Un tale esempio indusse al-
„ tri maestri a prendersi di simili ragazzi, pei qua-
,, li egli ebbe la medesima cura. In questo modo rac'^
„ colse un piccolo drappello , che da lui fu di con-
„ tiuuo esercitato in atti di divozione, massimamente
„ ne' dì festivi per fuggir l'ozio perniziosissimo. Usò
„ in un medesimo giorno visitare le basiliche tanto
,, distanti fra loro. Il suo istituto pio crebbe a ma-
„ no a mano. Seguitò le sue processioni divote; e sic-
„ come il concorso ad un istituto tant' utile era sera-
„ pre maggiore della possibilità di ammettere, usò per
„ eccitare la carità di aggiungere alla sua processio-
„ ne gli aspiranti non ancor provveduti e vestiti , e
„ riuscì ad ottenere per loro il bastevole. Mentre ci
„ narravano queste cose, un giovanetto de' piià matu-
„ ri venne verso di noi , ci presentò un piatto e
„ chiese modestamente e in buone parole limosina per
„ gli scalzi e cenciosi. La ricevette non solo larga-
„ mente da noi stranieri , tutti commossi da quella
,, vista , ma ancora dai vicini romani , altrimenti
„ parchi nel dar limosina. Non tralasciavano di ag-
,, aggiungere ad un' obblazione modica molte paro-
„ le di stima e di riconoscenza. Questo pietoso pa-
„ dre distribuiva la limosina a quei suoi pupilli, e
,, non gli era mancata mai entrata sufficiente al loro
„ mantenimento. „
Fin qui il Goethe , il quale ci dispiace che giu-
dicasse sì malamente de' romani dicendoli parcJii nel
Rendiconto kc. 271
dar limosina. I molti poveri ancor validi che formi-
colano ora, come nel passato secolo, per le vie della
citta, mostrano esservi larghissime le limosiue , dap-
poiché nessuno piìi ignora che il numero degli ac-
cattoni cresce in ragion de' soccorsi. Avrebbe detto
assai meglio l'illustre viaggiatore, se in cambio di vo-
ler pili larghezza avesse desiderato più intelligenza
nel dar liraosine.
Ab. G. L. Morichini.
di Fuligno. Del sig. Antonio Rutili Gentili. Fu-
Nuove riflessioni sulle cause naturali dei terremoti
di Fuligno. Del sig. Antonio Ri,
Ugno tipografia Tomassini 1832.
ESTRATTO
iproduce l'autore in qucst' opuscolo la sua ipo-
tesi sulla causa fisica dei terremoti , che nel gcnnajo
del 1 832 afflissero Fuligno, e cerca di convalidare con
nuovi raziocini le sue congetture su questo fenome-
no , che riguarda unicamente prodotto della elettrici-
tà atmosferica , come apparisce dall'estratto delia sua
prima relazione inserita nel tom. LI di questo gior-
nale pag. 200. Intitola egli questa sua produzione al
degnissimo vescovo di Fuligno monsignor Cadolini ,
a cui meritamente tributa i più larghi encomj , per
lo zelo straordinario , e per la carità che in si lut-
tuosa catastrofe mostrò a sollievo del prediletto suo
•gregge , soccorre|ido gl'indigenti col suo proprio pe-
culio , e confortando i più timidi colla divina parola.
Passa quindi ad enunciare i fenomeni che lian pre-
ceduto i terremoti. Esistono presso Ganarra due poa^-
2^2 Scienze
zi, uno (li aulica origine, e Faltro apertosi due an-
ni indietro. Dopo essersi sentito qualche roraore sot-
terraneo nei giorni precedenti il terremoto , si riem-
pirono improvvisamente di acqua, che versando dall'
orlo , formò due piccioli ruscelli , che lasciarono un
sedimento ocraceo. Ciò sembra indicare, secondo il
sentimento dell' autore , esistere sotto quel suolo de-
gli ampj ricettacoli di acqua che tiene in dissoluzio-
ne del sopracarbonato di ferro , ma non mai pro-
fonde caverne pregne di gas idrogeno solforato , co-
me ha potuto far credere la sotterranea esplosione ,
eh egli suppone favolosa e chimerica. Si son pur giu-
dicati come segni di terribili esplosioni le varie scre-
polature avvenute negl' inferiori terreni di quella vai ■
le che si sono decantati in dimensioni , ed in forme
assai diverse dal vero. Tali screpolature, che non ec-
cedono i tre centimetri nella massima larghezza, so-
no comparse nella regione piiì bassa della valle, nei
luoghi cioè anticamente occupati dalla palude del
Clitunno, e dall' alveo stesso della Tinna, ove il ter-
reno è costituito dai sedimenti e dal limo delle ac-
que che anticamente ricoprirono quei luoghi : ne dee
recar perciò meraviglia, che detto terreno, qual cro-
sta leggera , screpolandosi nelle scosse dei terremoti,
ne sortissero dalle fenditure quelle acque che al di-
sotto vi soggiornano. Quindi egli conchiude, che per
quanto si studi sugli efi'etti del terremoto del 13 gen-
najo , non si trovano segni che possano far credere,
eh' esistano al disotto di quel suolo delle stermina-
te caverne , pregne di gas violentemente compressi,
ed infiammabili tendenti a squarciarne le volte o pa-
reti sovrastanti. Egli poi crede impossibile , che sotto
le pianure, e le valli possano esistere delle caverne,
giacche le volte delle medesime formate da un ter-
reno sciolto, e sparso di sostanze rotolate , e di ghiajc.
Terremoti di Fuligno 273
hon potrebbe sostenersi con materiali cosi poco re-
sistenti, E certamente la cosa andrebbe così se si vo-
lessero ammettere queste cavita quasi immediatamente
sotto la crosta del suolo sottile e cedente , non mai
però se si supponessero collocate a considerabili pro-
fondita , come ci confermano le osservazioni di La
Condamine , Blumenbac , Ritter , Kant , e dei più
accreditati geologi e naturalisti sulla struttura inter-
na del nostro globo.
Tuttociò è dall'autore premesso in appoggio del-
la sua ipotesi sulla superficialità dei terremoti. Pas-
sa poi nella seconda parte della sua memoria pag. 17
nota 8 a sviluppar le sue idee. „ Forse alcuno , egli
,, asserisce , durerà fatica a concepire come le vibra*
„ zioni di uno strato di pochi palmi di spessore, pos-
„ sano propagarsi a qualche centinajo di miglia di
„ distanza , a traverso di enormi masse, quali sono
,, quelle che costituiscono la corteccia della nostra
„ terra. Ma si rifletta , che questo strato è almeno di
,, cento cinquanta miglia quadrate di estensione, e che
,, attualmente è teso per così dire come la pelle di
„ un tamburo per la rigidezza in esso prodotta dal
,, repentino inaridimento. „ Quindi è di avviso, che
come si propagano le vibrazioni dei corpi sonori ed
elastici a grandi distanze , a dalle picciolo alle gran-
di masse, così possa seguire negli scuotimenti del ter-
remoto. Ma anche volendosi limitare questo fenomeno
alla sola valle dell' Umbria , come saria possibile con
tale divisamento spiegare i terribili effetti da esso pro-
dotti , che rovesciarono gli edifìcj i più solidi , e ne
furono scossi i più gran massi che formano le cate-
ne dei monti che circondano quella valle ? Il para-
gone ci sembra inverisiraile sotto tutti gli aspetti.
Se gli effetti debbono essere proporzionati alle cause
che li producono , come sarà possibile di non am-
G.A.T.LIII. i8
274 Scienze
mettere anche nel terremoto parziale dell' Umbria il
centro di azione di questo fcnoniono a considerabili
profondita sotto la superfìcie del suolo ? Ma lo stes-^
50 autore riconosce poi k difRcolta di applicare i suoi
concetti a render ragione dei terrestri scuotimenti, e
specialmente delle catastrofi a cui andò soggetto il
nostro globo , asserendo nello stesso articolo , eh' è
cosa ben nota e naturale , che „ l'effetto dei terre-
„ moti giunge a maggior distanza , come piiì prò-*
,, fonda è la loro origine t ,, che il terremoto di Li-
sbona si estese dalla Groenlandia fino all'Affrica: ond'è
da credersi che immensa ne fosse la forza , e profon-
dissima la sede. In quanto poi al terremoto dell'Um-
bria , egli asserisce , che si estese ad una trentina di
miglia verso gli appennini , e ad un centinajo di mi*
glia verso le inferiori maremme , e che perciò non è
d'uopo di ammettere una profondita di origine tanto
grande per ispiegarne gli effetti.
Che la origine ed i centri di azione dei terremo-
ti possano aver luogo a diverse profondità , è general-
mente ammesso da tutti i fisici ; ma niuno potrà cer-
tamente persuadersi , che il terremoto in quistione sia
stato un fenomeno circoscritto alla semplice crosta o
superficie di quella valle ; e molto meno, che il terre-
no che costituisce la valle dell' Umbria, perennemente
umido , smosso , fdabile , e formato da terre sciolte ,
e sparso di ciottoli e di ghiaje, secondo le osserva-
zioni dello stesso autore, possa paragonarsi nella esten-
sione di centocinquanta miglia quadrate alla membra-
na tesa di un tamburo , che fu poi scossa dal flusso
della elettricità atmosferica.
liigli crede pertanto non potersi conciliare colle
idee comunemente ammesse dal fisici di sotterranee com-
bustioni i, detonazioni dì gas infiammabili altamente
compressi ^ congiunte colla forza esplosiva dei fluidi
Terremoti di Fuliono 275
clastici, le cause che diedero origine ai terremoli dell'
Umbria : perchè limita gli effetti di questa catastrofe
a piccola estensione e profondita , ne sa concepire che
potendosi riguardare il nostro globo qual vastissimo
elaboratorio , è pronto a fornire in abbondanza , e
con rapida successione gli agenti che influiscono alla
produzione di queste catastrofi. Riguardando perciò il
fenomeno come puramente elettrico , considera il suo-
lo dell' Umbria come costituito da tre strati , due
deferenti , e l'altro intermedio coibente , rassomiglian-
dolo air armatura di una boccia di Leida o di un
quadro magico frankliniano. Caricandosi questo di po-
sitiva elettricità nella superiore armatura , e venendone
favorito l'afflusso dall'addensamento dei nembi, che ri-
stagnarono nel cratere dell' Umbria nei giorni prece-
denti il terremoto , esercitò la sua influenza nell' in-
feriore strato deferente , per determinare cosi in detto
strato una contraria elettricità. Ma ne avvenne in se-
guito , che aumentandosi soverchiamente la carica , la
elettricità positiva vinse la resistenza dello strato coi-
bente per invadere la inferiore armatura. Così accade
quando la elettricità troppo ridondante sopra la su-
perficie armata di un quadro magico , o di una boc-
cia di Leida , si fa strada perforando il vetro all' op-
posta superficie , e ne segue una spontanea esplosio-
ne. Ma se il terremoto fosse provenuto da queste cau-
se, l'atmosfera sovrastante alla pianura dell'Umbria
avrebbe dovuto apparire solcata da fulmini nel mo-
mento del terremoto, ed il terreno squarciato ed a-
perto dalle scariche elettriche ci avrebbe dovuto of-
ferire lo stesso aspetto degli apparati elettrici perfo-
rati dalla elettricità. Furon però ben diverse le cir-
costanze concomitanti questo avvenimento. Un sotter-
raneo muggito prodotto da profonde detonazioni pre-
cedette ed accompagnò il terremoto: lo scuotimento si
48^
3tO ^ S e I É N ^ E
propygni a considerevole distanzi» , e fu sensibile aii*
die ili Koma ; rovesciando in quella valle fino dai fon-
damenti gli edifici i più solidi, non risparmiando nep-'
pur quelli posti sul dorso delle roccie le piìi cora*
patte.
Fissato nelle sue idée, cerca il nostro autore di
Suggerir dei rimedj onde guarentire quelle località, dà
tali disastri ; quindi ricorre alle spranghe elettriche
per dissipare e disperdere la elettricità , ai pozzi pli*
niani , e finalmente agli artificiali allagamenti. Sbi-*
gettito da tali disastri , sembra poi invidiare quei tem-»
pi di rozzezza e di barbarie in cui la valle dell'Um-
bria era ancor ricoperta da paludi e da boscaglie ;
o almeno quell' epoca di sua gioventiì, in cui esiste-
vano ancora in quelle vallate gli avanzi delle anti-'
che paludi, e degli stagni, bonificati poi coli' opera del
benemerito idraulico Jacobilli , ove si deliziava alla
caccia degli uccelli palustri. Anzi riguarda come cau-
sa dei presenti flagelli del terremoto il totale boni-
ficamento di quei terreni , accagionandone la mano
industriosa dell'uomo, che seppe ridurre una regione
selvaggia , paludosa , ed insalubre , in fertili e ri-
denti praterie , ricche di rigogliosa vegetazione.
Ma noi qui non ci fermeremo a ribattere questa
epinione , perchè troppo manifestamente si oppone ai
principi della sana filosofia, ed ai lumi della moderna
fisica. Richiameremo soltanto quello che gik venne sul-
lo stesso proposito esposto ncll' estratto dell' altra me-
moria dello stesso autore inserita;, come si disse, nel
toro. LI di questo giornale a pag. 200 sulla ineffi-
cacia dei rimedj proposti per allontanare i terremoti,
già esclusi dalle più eulte accademie di Europa; trat-
tandosi di combattere centra un nemico incognito , di
tniè indomabili , e latente nelle interne viscere della
ttastra terra. Niuno poi , conoscendo la sLoria dell'
TEnREMOTI DI FuLlGNO 277
Umbria , può ignorare che , ad onta della esistenza
delle paludi e delle artificiali irrigazioni , furono in
varie epoche que' peasi afflitti e sconvolti dai terre-
moti. Lo stesso autore si propone questa difficoltà ,
e per eluderla vi contrappone il riflesso , che detti ter^r
remoti provenivano da lontane parli o almeno dai so-
vrapposti appcnnini. Sarebbe dunque, anche nel caso
che volesse ammettersi la utilità degli allagamenti ,
ben limitata e circoscritta la loro influenza'; ed irir
capace perfino a garantir quella valle dai terremoti
che potessero avere origine dalla catena dei monti ,
che tutt'air intorno la ricingono. Dal che si deduce
che non ostante gli albigaraenti, sarebbe sempre la vaile
dell' Umbria sottoposta ai terremoti suscitati fuori dei
suo perimetro.
Nell'appendice che sìegue la detta Memoria «i stu.
dia l'autore di assegnare le varie combinazioni atmo^
efefiche e teriestri che possono produrre i terremoti.
Queste combinazioni atmosfericlie consistono in una
certa alternazione di strati umidi e secchi <li aria , e
producono tanto maggiore effetto, quanto sono più vi^
Cini alla superficie del suolo. Quindi è , che se i va-
pori umidi eMdondanti di elettricisaio scenderanno al
contatto della superficie del suolo arido e secco , che
fa ili questo caso, secondo l'autore, le veci xlel piano
isolante di un quadro magico, vi s'indurrà una carica»
se questi vapori verranno scacciati dai venti asciutti ,
la carica rimarra nella sua integrità , e ne attenderà
una seconda , una terza ec. sinché seguirà poi la e-
splosione. Da questi accidenti ebbero origine, secondo
il suo modo di vedere, le prime scosse che seguirono
in quella valle tanto in ottobre quanto in novem-f
bre, e che si ripeterono i di 27 gennajo e 13 myrzu
1832. Cosi assumendo il principio del Volta sulh; at-r
piosfere elettriche attuanti , e sulla loro azione , es^--
278 Scienze
mina i diversi casi in cui, secondo la diversa dispo-
sizione degli strati umidi e secchi dell'aria, e lo stato
elettrico e non elettrico dell'aria e del suolo , pos-
sono o non possono seguire i fenomeni elettrici, che
danno origine ai terremoti.
Similmente egli congettura , che una massa di ter-
reno in cui s'accumula l'elettricismo, nell'atto che s*
inaridisce , può dividersi in una colonna di strati al-
ternativamente più secchi e piìi umidi , vale a dire
più o meno conduttori , prendendo in certo modo il
carattere delle così dette pile secondarie. Da ciò de-
duce la ragione , per cui le grandi scosse sono state
ordinariamente seguite da altre più piccole.
Ma tuttociò che l'autore si figura nella sua im-
maginazione , è ben difficile che possa seguire e rea-
lizzarsi in natura , e specialmente nel seno dell' at-
mosfera, che attesa la somma mobilità delle sue parti-
cole mai non persiste in un riposo assoluto, ma in uno
stato continuo di agitazione e di movimento : per cui
le diverse masse di aria fra loro mescendosi , non pos-
sono ammettere quella divisione di strati , e quei li-
miti di demarcazione fra 1' umido e il secco , fra lo
stato elettrico e il non elettrico, su cui il nostro au-
tore ha basato le sue congetture e le sue ipotesi.
Buono è peraltro, che prima di dar termine alla
sua memoria, dichiara non essere sua opinione,, che
,, la terra non possa essere scossa da altre forze, che da
„ quelle dell'elettricismo: pensando anzi, che la natura
„ abbondi di mezzi onde operare siffatti fenomeni '•'',
Quindi è che il calore , la espansione dei fluidi ela-
stici compressi capaci a vincere le più valide resisten-
ze , l'acqua , la infiammazione dei gas detonanti , l'e-
lettricismo , il fuoco centrale , debbono riguardarsi co-
me gli agenti principali dei terrestri scuotimenti. Su
ciò siamo pienamente di accordo j anxi ci facciamo
Terremoti di Filigj^o 279
lecito eli aggiungervi , che se si fosse attenuto a que-
sti principj, avrebbe il nostro autore potuto rendere più
plausibile ragione delle uttuose vicende cui fu soggetta
la sua patria , non potendo le cause dei terremoti dell*
Umbria essere state di carattere e d' indole diversa
da quelle , che in varie epoche sconvolsero la super-
ficie della nostra terra.
Sulla scintillazione elettrica prodotta dall' azione
della calamita,
I '
J-^ elettricismo ha esteso il suo dominio e la sua in-
fluenza su tutt'i fenomeni della natura. Questo terri-
bile agente eh' ebbe gran parte nelle rivoluzioni fi-
siche del nostro globo, e che sovente si appalesa ai
nostri occhi nella variatissima scena delle atmosferiche
vicende , esiste anche latente in tutti gli esseri del tri-
plice regno ^ ed esercita il suo potere sull' azione mo-
lecolare dei corpi. Chi avria mai creduto , che i fe-
nomeni magnetici, sulla cui causa tanto disputarono le
antiche scuole , altro non fossero che fenomeni elet-
trici ? A questo risultamento sono giunte le scoperte
fisiche dei giorni nostri. Epino aveva già dai tempi
suoi preveduta la uniformità della legge con cui agi-
scono ]e forze elettriche e magnetiche in distanza; Cou-
lomb l'aveva confermata col fatto per mezzo della sua
bilancia di torsione , e s'erano talmente moltiplicate
le analogie, da far credere che gli effetti elettrici e
magnetici provenissero dalla stessa identifica causa. Ma
non erano i fisici ancor giunti ad ottenere le scia-'
lille elettriche dalle calamite.
280 Scienze
Questa importante scoperta h dovuta al famoso
chimico inglese sig. Faraday, e fu presentata Tanno
scorso alla società reale di Londra. Quindi fu co-
municata dal sig. Hachette all'accademia reale delle
scienze di Parigi nel 26 dicembre dello stesso anno.
I rinomati fisici italiani V. Antinori direttore del mu-
seo di Firenze , e L. Nobili di Reggio , non tarda-
rono a ripetere quest' esperienza con felice successo,
e l'avvalorarono ed ampliarono colle loro osservazioni.
Altro non si ha a fare , per convincersi del fatto,
che prendere una vigorosa magnete artificiale a ferro
di cavallo , e circondarla di un elica metallica for-
mata di filo di rame ricoperto di seta. Si lasciano
denudate e scoperte le due estremità di questa spi-
ra , che debbono sopravanzare i due gambi della
calamita. Si applica l'ancora (detta da noi portapeso)
ai due poli della magnete , e portando le due punte
metalliche della spira a contatto del mercurio nel mo-
mento stesso in cui si applica l'ancora ai due poli,
si scarica fra le due punte metalliche ed il mercurio
una scintilla elettrica. Similmente sollevando le due
punte metalliche dal mercurio , nello stesso istante
in cui si stacca l'ancora dai poli, scocca, fra dette due
punte ed il mercurio , la scintilla. Lo scintillamento
si ha dunque nei due istanti dell' attacco e del di-
stacco ; e si suscita in questi una corrente elettrica
che scorre momentaneamente per le volute dell' elica
prima in un senso , e poi in un senso opposto.
Per facilitare il modo di sperimentare , che col
suddetto metodo esige una certa attitudine e destrezza
per parte dell' operatore , sono giunti i lodati due
fisici, con filosofico raziocinio, ad ideare una macchi-
netta , che soddisfa a tutte le condizioni richieste , e
da la scintilla al momento tanto dell'attacco , quanto
del distacco , come si rileva dalla descrizione resa
Scintillazione elettrica 281
^ì puLLlico diritto colle stampe , ed estratta òaìVAn-
tologia di Firenze N". 136 ; ove si da anche la de-
scrizione di un nuovo condensatore elettro-dinamico ^
e di un Termo-moltiplicatore di tale squisitezza, ch'è
sensibile anche a Vsooo di grado di calore della scala
di Reaumur , immaginati ambedue dal menzionato sig.
profes. Nobili.
Essendosi da me tentate le riferite sperienze nel
gabinetto fisico di questa università , mediante una ma-
gnete artificiale , che fu armata e disposta secondo i
suggerimenti e le norme prescritte dai sudetti autori,
ì risultamenti che io ne ottenni furono pienamente
conformi ai fatti annunziati , e la scintillazione fu
visibile nei due istanti dell' attacco e del distacco dell'
ancora dai poli della calamita.
Il sig. professore Salvatore Dal Negro di Padova,
profittando di quella singolare azione che le magneti
esercitano sulle spirali metalliche , per isvolgere in
esse le correnti elettriche , immaginò una nuova bat-
teria elettro-motrice , di cui diede parte al suo ami-
co sig. dottor Fusinieri io una lettera stampata in
Padova li 20 aprile 1832. Collocò egli sopra un ta-
volino l'una dopo l'altra quattro coppie di spirali co-
gli assi orizzontali , ed in modo che i perimetri dei
cilindri di cartone, a cui erano avvolte , avessero per
comune tangente la stessa orizzontale e parallela ad
uno dei lati del tavolino. Sopra un secondo tavolino
contiguo al primo , ma non in contatto , collocò un
carretto consistente in una tavola rettangolare , mu-
nita di quattro ruote , mediante le quali può facil-
mente ricevere un moto di va e vieni. Sovrappose al
detto carretto le quattro calamite , disponendole in
modo , che i poli di ciascheduna , movendosi orizzon-
talmente contro le coppie di spirali , le infilassero
per l'asse. 9^* movendo il carro condizionato in mo-
282 Scienze
do da non poter prendere altro moto che quello di
va e vieni , le gambe delle calamite infilano contem-
poraneamente tutte le spirali , e si possono fare usci-
re e rientrare con quella celerità che si desidera. Per-
chè la batteria dia una corrente elettrica eguale ìu
somma alla somma di tutte le correnti eccitate dalle
coppie elementari , convien far comunicare fra loro
tutte le spirali piegate a dritta, in modo che risultino
come se fossero formate da un solo filo metallico ;
e lo stesso convien fare di tutte le spirali piegate a
sinistra. Quindi si fanno comunicare i due capi di que-
st'eliche, nel modo già conosciuto, con un galvano-
metro posto a conveniente distanza , perchè non ri-
senta l'azione delle magneti. Quantunque queste cor-
renti , come s'è detto, non siano che istantanee, tut-
tavia con tal metodo possono eccitarsi con tanta ce-
lerità , che divengano quasi continue : e potendosi som-
mare le azioni simultanee di un numero infinito di
correnti elettriche , questa batteria potrà riuscire ful-
minante.
Ecco dunque con queste nuove scoperte esaurite tutte
le analogie fra la elettricità e il magnetismo , com-
provanti che tutti i fenomeni magnetici altro non sono
che fenomeni elettrici. Le ingegnose ricerche di Am-
pere e di Arago su quella maravigliosa azione, che fra
loro esercitano le correnti elettriche , restano sempre
più confermate e convalidate da questi nuovi fatti : i
quali sembra che non lascino più luogo a dubitare,
che i fenomeni che risultano dall'azione, di una ma-
gnete sull'altra , derivino da correnti elettriche circo-
lanti dall'est all'ovest intorno agli assi delle calamite,
e quelli che ci offre il magnetismo terrestre da cor-
renti che volgonsi nella stessa direzione intorno all'
asse del mondo.
Saverio BAnLOcci
prof, di fisica.
283
LETTERATURA
Osservazioni sul bello
ARTICOLO IH.
f^edi il tomo L pag. 190 e segg.^ ed il LI pag. 261
e segg.
Q
uanli mai sono in Italia , che studiano oggidì alle
cose della bellezza , pare che tengansi sulle traccie di
Dante, che a vederla e a dipingerla da natura non fu
secondo ad alcuno de' greci , non che de' latini. Ma
tutti quanti mai sono, o la più parte, mirano in lui
il poeta , ninno o pochi il filosofo : il che quanto
sia fuor di ragione lo prova singolarmente l'opera del
Convito piena di tanto senno , che il più non si tro-
va non pure ne' libri di quel beato trecento ; ma ne
in quelli per avventura de'secoli più addottrinati: Sen-
za discostarci dal proposito nostro , recheremo qui a
conforto di tale giudizio , che ad alcuno parrà forse
ardito , due o tre passi del Convito dove quel mae-
stro di rettitudine toccò , benché solo per incidenza,
alcuna cosa della bellezza , Prima leggiamo (1) :
lY Quella cosa dice l'uomo essere bella , cui le par'
(i) Tralt. 1 cap. V pag. 22, ediz. di PadoVd 1827.
284 Letteratura
„ ti debitamente rispoiulono , perchè dalla loro ar-
„ monia resulta piacimento : onde pare l'uomo essere
,, bello, quando le sue membra debitamente rispondono:
„ e diciamo bello il canto, quando le voci di quello
„ secondo debito dell'arte sono intra se rispondenti. „
Ancora leggiamo (1): „ La bellezza d'una donna {non.
„ si può bene manifestare ) quando gli adornamenti
,, dell' azziniare e delle vestiraenta la fanno piìi am-
„ mirare che essa medesima : onde chi vuole bene
„ giudicare d'una donna , guardi quella quando solo
„ sua naturai bellezza si sta con lei da tutto acci-
„ dentale adornamento discompagnata. ,, E finalraen-
,, te (2) : ,, ... Quando egli ( il corpo ) è bene or-
„ dinato e disposto , allora è bello per tutto e per
„ le parti ; che l'ordine debito delle nostre membra
,, rende un piacere , non so di che armonia mirabi-
,, le : e la buona disposizione, cioè la sanità, getta
,, sopra quelle uno colore dolce a riguardare. E così
„ dicere che la nobile natura lo suo corpo abbellisca,
,, e faccia compto e accorto , non è altro dire , se
,, non che l'acconcia a perfezione d'ordine. ,, A rin-
contro della opinione di Dante ( la quale riposa
tutta neir ordine e nella perfezione di quello ) cre-
diamo v&nire accennando, dopo le già. riferite, le sen-
tenze de' filosofi più riputati : onde chi ha squisito
giudizio s'accorga quanto innanzi vedesse il poeta filo-
sofo in quel mistero della bellezza. Platone nell'Ip-
pia disse difficili le cose belle : e ( maraviglia! ) ne* !
due dialoghi , dove tolse a discorrere del bello, non
trovi che ne assegnasse i caratteri. Volfio e Crouzas
definirono il bello dagli effetti meglio che dalle cau-
li) Ivi Gap. X pag. 4».
(2) Ivi cap. XXV pag. 333.
OssérVA&iOni sòl BfeLtO 285
«e i Collocandolo nelle cose che piacciono. Hutcheson
ripose il hello in ciò che è visibile , e che si sente
per tale : Andres ne distingue le specie in bello as-
soluto, esseniiiale e independente da volubilità di uma-
ni giudizj , ile questo sa ben definire : v'ha chi ne pa-
ne ( appena è credibile ) l'unico fondamento nell' uti-
le (1). Gli enciclopedisti dicono bello tutto che ha
propieta di destare l'idea de' rapporti riposta nella fa-
cilita di sentirli ; essendo il bello per essi tutta cosa
di sentimento. Feder fa consistere il bello nella verità
per l'unita combinate quasi sempre con associaraento
d'idea. Zelli viene notando, in tutti gli oggetti della
natura una certa disposizione di parti piiì o meno ac-
concia ad indicare i rapporti , le analogie , le con-
venienze riguardo all' uomo ed agli altri oggetti nel
sistema dell'universo : e fa consistere la vera conoscen-
za del bello nel giudizio de' rapporti fisici e morali
delle cose relativamente al piacere , che producono.
Alcun altfo sta contento a dire , che il bello è ciò
che eccita l'ammirazione die ci rapisce pel sentimen-
to della perfezione. La più parte poi de' filosofi è in
questa sentenza , che il bello dipenda sempre da rap-
presentazioni piacevoli ; ne sanno poi bene spiegarlo
negli oggetti partinenti al bello morale. Il sommo au-
tore delle cose con quell' alto disegno , che mira mai
Sempre al nostro futuro destino in una vita migliore,
(i) Non diremo (COSÌ la riv. enciclop, agosto 1S26 pag. 607)
con uno scrittore assai commendabile, che il bello sia sinoni»
mo di Utile. Egl' intende in sostanza per utile ciò che è con-
forme alla convenienza generale degli esseri , all' ordine uni-
versale. Ma la parola utile, secondo è accettata generalmente,
importa l'idea di personalità , di egoismo : e in questo senso
è precisamente l'opposto di bello.
2S0 Letteratura
forse ha voluto che sentiamo il bello quaggiù , ne lo
intendiamo. Ma se l'intendere che sia il bello in se
stesso non fu conceduto per avventura all'umano in-
telletto nel suo carcere terreno : non può niegarsi pe-
rò che noi mancheremmo a noi stessi , se contenti a
giacere in una beata ignoranza lasciassimo di occu-
parci a tutt'uomo della ricerca del bello ; almeno per
quello che e rispetto a noi , guardandone le specie e
gli oggetti che lo producono. In questa ricerca si è
posto (egli è buon tempo) quell' acuto giudizio del
prof. Gio. Batista T'alia nel suo saggio , che amplia-
to chiamò poi Principj d'Estetica (I). Ci è dolce ve-
nire accennando de' pensamenti di lui quello e non
più che bastar possa a' leggitori di acuto intelletto : i
quali ben sanno, che il dar sunto di tali opere è cosa
tanto difficile , che tocca quasi i confini dell* impos-
sibile (2).
Dimandare che sia bellezza ^ e dimandare : Quali
oggetti dai primi uomini furono detti belli ? Quelli
che recano diletto , e tra gli altri i sensibili , o a dir
meglio rappresentativi o pressoché rappresentativi. Ma
tali oggetti non dilettano tutti i sensi , ne in egual
modo i però altri furono detti buoni , come sapori ed
odori , che sono fonti di piaceri per l'odorato e pel
gusto. Altri ritennero il nome proprio a seconda di
loro fisiche qualità ; onde i duri o molli , i caldi o
freddi, i cedevoli o resistenti, giusta l'impressione sul-
organo del tatto. Altri in fine , in quanto recano le
più grate sensazioni alla vista ed all' udito , fu-
rono denominati belli ; traslativamente però riguardo
a quelli dell' udito ; onde bello il canto , bella la sta-
(i) Venezia 1822-1827-28.
(2) iSeguiumo la bibliol. ilal. del 1822-20 n. 84 85.
Osservazioni sul Bello 287
laa , bello il ilore , Lello il suono , e bello il qua-
dro. La qual distinzione di belli e di buoni si h in
eausa della maniera diversa , onde per essi vengono
esercitati gli organi e portato all' anima il diletto :
quelli del gusto, dell* odoralo, del tatto si pascono di
vile piacere e eli grossolane sensazioni : in vece quelli
dell' udito e della vista producono una voluttà tutta
spirituale , più squisita ed intensa , per la delicatezza
delle impressioni quasi inavvertibili , sempre leggiere
e sfuggevoli ., e per la facilita che ha l'anima di sea-
tirne tutte le relazioni , ì gradi , le proporzioni.
La bellezza naturale^ come opera immediata dì
natura , è sparsa e diffusa con leggi mirabili in tutti
gli oggetti inorganici ed oi-ganici , animati ed inani-
mati dell' universo. Tra gì' inorganici , belli gli a-
stri , l'atmosfera , i monti , le acque , il cielo , la
luna ed il sole: tra gli organici (inanimali) le piante,
gli arbusti, i boschi, le erbe, le frutta, i fiori e le
biade t tra gli organici (animati) i volatili, gì' insetti,
i quadrupedi e tutte le altre specie e famiglie di ani-
mali , tra i quali hanno il primato gli esseri umani.
Gli organici ti sembrano piìi belli degl'inorganici, per-
chè in quelli vedi crescer per una forza misteriosa di vita
e mantenersi la bellezza , col presentarti ad ogni mo-
mento nuove gradevoli impressioni mediante le loro
combinazioni, varietà, contrasti e differenze. Ma la bel-
lezza negli oggetti animati moltiplica all' infinito i
suoi pregi per la liberta del moto , per l'espressione
della vita che ad ogni atto si manifesta e si ren-
de sensibile , e per l'attitudine a sempre variate a-
zioni : quella poi degli esseri umani e veramente ini-
mitabili , ed anche superiore per la vita eh' essi co-
municano a tutti gli altri , pel costante diletto che
porgono all' animo, per l'atteggiamento della persona ,
per la flessibilità delle membra , per le forme ed i
288 liETTERATunA
contorni del corpo , per la vaghezaa del colorito , e
per l'anima che hanno in tutte le azioni.
La naturale bellezza altra è sensibile ^ in quanto
le qualità degli oggetti che la formano sono mate-
riali ed esterne: altra espressiva^ che è la media, m
quanto le qualità interne agli oggetti che la posseg-
gono si rappresentano esternamente : altra morale in
quanto il diletto ne deriva da oggetti interni.
La bellezza sensibile è prodotta dai colori, dalle
forme, dai movimenti, dai suoni e dalla loro disposi-
zione in uno o più oggetti. 'V espressiva ha per ca-
ratteri la sublimita e la grazia. La morale ha la forza.
I colori^ e tra essi il verde e l'azzurro, furono i pri-
mi a dirsi belli : il rosso non è preferibile per la
più forte impressione : i colori più chiari riescono più
lieti; i più oscuri poi malinconici e tristi. Le super-
ficie sono belle, se piane, pei loro modi di apparenza
nel tralucente, nel lustro e nell'opaco, con cui assor-
bono, rimbalzano o rifrangono variamente i raggi di lu-
ce; ma piacciono altresì le scabre per la varietà delle
prominenze e pel moto continuo , onde non lascia-
no mai posar l'occhio e lo spirito. Le forme sono
il risultamento dei limiti, per cui si determinano e
circoscrivono gli oggetti : comunque curve , rotonde
e sferiche , serpeggianti ed angolose, hanno tutte un
genere proprio di bellezza , secondo che meglio si
affanno agli oggetti medesimi. La cristallizzazione de'
minerali , l'organica struttura de' vegetabili , l'ordine
fisico dell' universo , ed i naturali fenomeni che am-
miriamo sono dovuti al moto , che nelle azioni de-
gli esseri animati si fa più mirabile. I suoni , og-
getti di piacere all' udito , diconsi belli per analogia;
tanto più se imitante la voce umana , e se la mu-
sica sia accompagnata al canto. Gli anzidetti elemen-
ti da se gradevoli , molto più lo sono combinati in-
OijsERvAiiotii SUL Belio ^89
sìerae convenientemente , come negli animali e nell'
uomo. E Io sono allora pel congiungimento dell'uni-
tà e della varietà sì di numero , sì di qualità , si
di disposizione che occupano con diletto lo spinto.
Distinta dalla sensibile (benché si manifesti in
oggetti sensibili) e dalla morale si è la bellezza espres-
siva. E creata per una parte dall' analogia tra i sen-
timenti interni dell' animo e gli oggetti sensibili che
ponno raffigurarla 5 e per l'altra dall'associazione del-
le idee , ed anche dalla tendenza reciproca di col-
locare in altrui i nostri sentimenti. È fonte per l'uo-
mo di vita novella , riproducendo ad ogni istante i
suoi affetti , comunicando agli esseri circostanti le
parti più care di sua esistenza , ed estendendo la
morale sensibilità creatrice di nuove bellezze anche
negli esseri che ne sono privi. Alla bellezza espres-
siva concorre la sublimità coli' esorbitanza dei limiti
tanto neir estensione , quanto nella massa e nelle for-
ze degli oggetti : causa di diletto si è la brevità del-
le impressioni coU'impossibilita di raggiungere gli og-
getti che le producono. La grazia concorre alla bel-
lezza espressiva per la natura sua e per gli effetti
che ne risultano : è dono naturale, e può ricevere ac-
crescimento dall' arte. Si trova ancora negli oggetti
non belli ; serve ad esprimere gli affetti dell' animo,
ed ogni suo atto di gioia o mestizia , di pace o sde-
gno, di facilita o ritrosia; spira amore, soavità, pudo-
re, ingenuità e semplicità , ond' è sempre eguale a
se stessa.
Non dipende dai sensi , ne da oggetti sensibili
si produce il diletto che viene da bellezza morale:
che consiste nel piacere che ha l'anima dalle azioni
magnanime e virtuose degli uomini , dal loro carat-
tere morale amabile ed onesto, dalle doti del cuo-
re , ed anche disile scoperte del vero. Il suo carat-
' G.A.T.LIII. 19
396 L e t t 1 ft 4 T V A A
ler« , (lice il Talia , à la t'ui'zu riposta Dell' attiviti
ed energia dell' animo, per cui siamo mossi ad agi-
re con tutte le potenze nostre. Una tal forza può es-
ser fisica o morale, secondo che muove le potenze del
corpo , o della mente e dell' anima. La sua diver-
sa applicazione e qualità, da ragione della bellezza
delle azioni sempre pregiate t la forza fisica ne'tem-
pi di barbarie e di ferocia fa parer belle la violen-
»2a , la rapina , l'usurpazione , e tutti gli atti dimo-
stranti coraggio o valore. AH' incontro la forza mo-
rale nel ringentilirsi i costumi fa apprezzare come
belle (quali sono veramente) le più miti virtù del
cuore, come l'amicizia, l'umani fa, la beneficenza , nel
cui esercizio si esige forza morale. Questa, associata
all'immaginazione od altrimenti modificata, fa parer bel-
le anche le azioni possibili , e quasi negative nel ca-
rattere onesto e virtuoso , e nelle doti della mode-
stia e della contentezza.
La bellezza artificiale ha orig^ìne dallo svolger-
si le facoltà dell' uomo e le sue naturali disposizio*
ti) , e dal grado d'incivilimento com' essere socievo-
le. Produccsi dall' operosa attività umana , e da vi-
ta alle arti belle. Tale origine è graduata e progres-
siva per l'ingenita perfettibilità delle umane facoltà:
perfetta ed intera non può trovarsi che presso popo-
li colti ed ingentiliti : ammette epoche diverse d'in-
fanzia , d* età adulta , di virilità , e decadimento. E
qui si fa luogo a due quistioni. Come col mezzo del-
le sue facoltà ed industria procede l'uomo nella for-
mazione dell' artificiale bellezza .'* Esiste forse in lui
innata la sua idea , o seguendo un tipo di perfetta
bellezza , che nel creato si ammiri, riesce felicemen-
te a riprodurla , imitarla ?
E si rispondei 1.* idea di bellezza non può es-
sere innata ^ per non premettere alle sensazioni Tidea»
Osservazioni sul Bello 2di
cui essa tien dietro negli oggetti , nelle forme e pro-
porzioni ; per no'n supporre unica ed universale una
norma variabile, secondo la specie degli esseri e mi-
glioramenti successivi ; e per non ammettere cose su-
perflue , essendo bastante a sentire e concepire l'idea
della bellezza l'indefinibile e certa disposizione , che
è un primitivo fatto inesplicabile dell' esser nostro :
2." ne vi ha in natura assoluta e perfetta bellezza ,
essendo per cosi dire l'infinito repugnante alle cose
umane naturali o a bella posta create , e non poten-
dosi avere quaggiiì bellezza , anche la pii!i lodata e
compita , che non sia manchevole ed imperfetta o per
non essere contemporanea ma successiva , o labile e
caduca nelle fuggitive sue apparenze : sicché ne è ben
d'uopo convenire, anzi che una perfetta ed assoluta
bellezza , rinvenirsi soltanto una naturale perfezione
nel creato per l'eccellenza di ogni essere ad ottene-
re il suo fine.
Seguitando diciamo , che „ bellezza artificiale h
,, quella che ha per oggetto di rappresentare in ope-
„ re diverse o nella più compita loro condizione le
„ qualità sensibili , espressive o morali degli ogget-
„ ti che ne circondano. ,, Ma se e semplice in sb
stessa e in ciò che essenzialmente la costituisce , è
però varia e composta nello scopo , elementi e mez-
zi onde si manifesta e si produce ; consistendo sem-
pre nella rappresentazione bella e convenevole degli
oggetti naturali ; mentre abbia per iscopo finale il di-
letto , e per iscopo più immediato e vicino l'imita-
zione ed il miglioramento della natura, sia costitui-
ta dagli elementi di un bello ideale e dall' unith per
la varietà , e tutte concorrano a formarla le arti bel-
le. E mira al diletto od imiti perfettamente natura,
o la riduca a più gentilezza di forme : il diletto è
fine comune alle arti belle : e tutto proprio e par-
19*
29Ì L f t t È fi 4 f u ft A
ticoUU'c della bellezza arliticiaic , perchè nelle ope-
re ia, cui natura h migliorata ne piace vederla vin-
ta e superata dall' arte .' ed in quelle che solamente
la imitano piace infinitamente il libero e sciolto eser-
cizio dell' intelletto nei confrontare l'originale e la
copia, e nel dolce illuderci ora sopra l'uno ora so-
pra l'altro. Lo scopo più vicino ed immediato di ar-
tificiale bellezza si è d'imitare o perfezionare natu-
ra ; onde il grado diverso del suo merito e della sua
eccellenza, secondo che le arti sono imitatrici o per-
fezionatrici. Il primo riproduce gli oggetti naturali,
cogliendo natura nel suo vero aspetto ; il secondo del*
le pili belle e più perfette parti di natura crea un
tutto che non esiste , e che ha l'impronta di quello
che ella stessa avrebbe fatto nel tnondo se tult' altro
fine, che della perfezione, si fosse proposto nel crearlo.
Primo elemento di bellezza artificiale h il bel-
lo ideale : cioè un assortimento di qualità ed una tale
Unione che se ne forma tra una moltitudine di og-
getti consimili per produrre l'idea perfetta di quel-
lo che si vuole rappresentare. Va adorno sempre di
una bellezza perfetta, o di una bella perfezione : è
concepito e creato dalla mente dell' artista : dee sot-
tomettersi a regole e principii, onde non trascorra co*
suoi concetti ad irregolarità ed inverosimiglianze , da
cui ogni idea di bello verrebbe distrutta. Secondo ele-
mento di bellezza artificiale è l'unita per varietà ; at-
teso il maggior diletto che nasce da varietà di con-
fronti I, E^iudizi , illazioni, senza che la mente od i
sensi si distraggano od affatichino : al che contribui-
sce poi l'unita. Né si può già tenere coli' autore ,
che tal carattere della naturale bellezza resti escluso
per la magnifica negligenza ^ con cui opera la yibl-
tUfa , e per essere bellissimi molti oggetti naturali
S^H«a eigàei'e per se vari ; giacché in ogni supposta
OiSERVAZioNi siiL Bello 293
la varietà e runita si combinano miiabilmeute con
tale magnifica negligenza : ne v'ha oggetto in natu-
ra per se stesso semplice ed imo , il (juale non pos-
sa riguardarsi anche vario in relazione con tutti gli
altri.
Mezzi, strumenti, o parti della bellezza artificia-
le , sono tutte le arti belle : esterna rappresentazio-
ne di que' concetti belli e perfetti che si ritraggono
dalla bellezza naturale , e che l'umano ingegno ha
in se concepita e raffigurata : onde per esse la bel-
lezza artificiale diviene varia e moltiforme. Le arti bel-
le 1.° de' giardini, 2." mimica, 3.** musica, 4.** scul-
tura, 5.* pittura, 6." architettura, 7." arte del dire , so-
no rappresentate da una scala di gradazione sempre
crescente ; procedendo dall' infima nel merito , che h
l'arte de' giardini , sino alla più sublime ed elevata,
che è l'arte del dire : ossia eloquenza e poesia.
L'arte de' giardini imita oggetti inorganici , od
organici inanimati: manca di mezzi propri, non aven-
do che la natura in soccorso de' suoi lavori : h li-
mitata nel diletto , anche perchè le risorse del suo
bello consistono nel solo ordine e nella simmetria de-
gli oggetti campestri.
La mimica, fondata sulle relazioni dell' esterno
coir interno dell' uomo, rappresenta l'esterna ed in-
terna sua bellezza , onde perfezionarla col gesto, col
volta, co' movimenti del corpo tendenti ad esprimere
anche i sentimenti e gli affetti. Ha comuni le regole
colla drammatica , musica , e danza , ridotta che sia
a composizione od al ballo pantomimico : è però li-
mitata per manco di novità ne' suoi oggetti e per
imperfezione di linguaggio.
La musica è prima di ogni altra , se guardisi
al diletto che genera ed agli affetti che suscita : ma
che ? ha un bello sempre interrotto e successivo che
294 Letteeratura
alletta l'udito (non cosi fino e pregevole come la vi-
sta), che scuote Tanimo ciecamente: e le sue emo-
zioni sono vive e variate ; ma involontarie e irragio-
nevoli.
La scultura è più sublime e più nobile pel con-
cetto ed ingegno di sue produzioni ; per la perma-
nenza di bellezze inalterabili , costanti incontro al
tempo ; per la materia diversa dagli oggetti che raf-
figura ; e per la maggior perfezione , cui ponno es-
sere ridotti i suoi lavori.
La pittura gareggia in merito colla poesia , che
pur la vince : essa però supera la scultura per la
varietà delle rappresentazioni, naturalezza, vivacità di
colori , varietà contemporanea di ogni sua parte ed
efficacia di espressione. Abbisogna dell' estetica e del
bello ideale , non bastandole la semplice imitazione
della natura : il suo bello sta nel disegno, nel colo-
rito, e più nella composizione.
L'architettura , arte di applicare alla costruzio-
ne degli edifici la più bella e convenevole simmetria
per mezzo dell' ordine e della convenienza, è più in-
tellettuale che sensibile , massime in costruzioni da
guerra o da nave ; tende più direttamente all' utile
che al diletto per la solidità e per la comodità, che
devono sempre in lei congiutigersi. Si tiene fra le
arti belle atteso il modello mentale , che concepisce
e forma di una bellezza artificiale ; pel grado di per-
fezione che da agli oggetti naturali ed informi colla
giusta disposizione, collocamento , proporzione , e pel
piacere che reca insieme ai sensi ed alla mente al
presentarsi del bello coli' utile. Quest' arte , la prima
forse usata , fu la più difficile a progredire ; non veg-
gendosi propriamente compita e perfetta che nel mas-
simo incivilimento degli uomini , e quando studiati i
diversi caratteri di lei , anche per l'effetto visìbile ed
0;$SERVÀZiOHi SUL BeLLU 29^
esterno , seppero ridurla a' suoi ordini ora semplici
ora composti.
L'arte del dire é la più bella, la piiì generale e
la più magnifica ed eccellente di tutte per la sua na-
tura, origine, generi principali ; come per gli strumen-
ti di cui si serve , per lo scopo dell' imitazione del
bello morale clie si propone , per la parte ideale eh*
entra nelle sue composizioni , e pe' vantaggi che ne
derivano agli uomini ed alla loro società. Consiste
neir esprimere altrui ordinatamente e chiaramente i
nostri affetti e sentimenti : ha la primitiva origine dal
linguaggio naturale , e f u perfezionata coll'invenzione
de' suoni articolati e delle lingue. Sono suoi generi
eloquenza e poesia , l'una diretta all' utile, l'altra al
piacere e al diletto : sono strumenti i vocaboli varia-
bilissimi , ed atti a trasmettere le cose all' intelletto
per ritornarle ai sensi , e capaci d'infinite combina-
zioni e composizioni anche ideali. Non mira a bel"
lezza sensibile, come tutte l'altre ; ma alla morale (che
e la più cara e pregiata di tutte), non facendo in-»
tervenire la sensibile che a sussidio e compimento ;
il merito altresì di sua composizione h superiore ad
ogni altra per varietà di modi , estensione di con-
cetti , e disposizione che può darsi agli uni ed agli
altrii Sono vantaggi di lei il diletto che se ne trae
nel coltivarla , l'utile che ne viene al miglioramen-
to de' costumi ; alla persuasione degli uomini ; agl'ini^
pulsi per la virtù ; alla comunicazione de' nostri af-
fetti, pensieri e sentimenti , che è il più saldo vin-
colo del vivere sociale.
Detto della bellezza naturale e dell' artificiale ,
si viene a parlare del gusto : vocabolo metaforico e
traslato nel senso materiale ; ma nel senso filosofico
facoltà composta di altre , per cui sentiamo il di-
letto della bellezza naturale ed artificiale , in noi o
296 LlTTTEnATunA
fuori di noi osservata e conosciuta. Non si conside-
ra dall'autore qual senso puramente interno (come
parve al dottor Gerard e ad Hume , veggendolo co-
mune in certe cose al filosofo e all' idiota ) ; ma co-
me un risultamento anche della ragione , per le fa-
colta onde viene costituito. Rozzo ed imperfetto seguì
il genio d'Omero e Shakespeare , di Dante e Miche-
langiolo : si ridusse ad ordinati precetti per Aristo-
tele, Longino ed Orazio per rendere più care ed ini-
mitabili le bellezze di Virgilio, Tasso, Raffaele, e
Canova. Al presente non può farsene a meno nelle
produzioni del bello, senza far retrocedere le arti dal
punto di loro perfezione. Considerato come facoltà ra-
gionatrice del bello risulta da sensitività^ imaginazio-
ne , giudizio sempre concordi ed uniti ora in più ,
ora in meno; onde la sua prodigiosa varietà, carat-
teri, difetti, i quali o lo distinguono o lo corrompo-
np. La sensitività, accompagnando le impressioni de-
gli oggetti col sentimento di piacere o di dolore, por-
ta il bello all'anima: l'imaginazione, imprimendone più
fortemente l'iraagine, ne accoglie anche più vivamen-
te la sensazione : il giudizio sia che quale scintilla si
mostri immediato al minimo tocco della sensitività ,
o formisi sulla qualità degli oggetti maturo e perfet-
to per gustarne tutti i pregi e le bellezze , sori-egge
e conduce le altre due facoltà si che non trascor-
rano ad estremi sempre viziosi.
Caratteri generali del gusto sono purità, correzio-
ne, finezza e delicatezza : i particolari traggono origi-
ne dalla qualità del soggetto , del luogo e delle cir-
costanze ; come la forza, la gentilezza , la facilità e
dignità. I suoi difetti nascono da mancanza od im-
perfezione di tali caratteri : infatti se il gusto non sia
puro , le idee non dilettevoli e mal associate sviano
ed intorbidano le attuali impressioni ; se non ha cor-
Osservazioni sul Bello 297
rezione , il giudizio rimane offeso da inverosimiglian-
za ed impossibilita : se tolgansi finezza e delicatezza
(riposte i'una nel sentire, l'altra nel giudicare), i la-
vori del bello appaiono sempre insufficienti e difet-
tosi : siccome, tolta la forza, la gentilezza la facilita e
la dignità, ogn'idea in lui svanisce di perfetta bellezza-
li gusto nella sua applicazione o è di soggetto
o di stile : e per l'uno e per l'altro è comune a tut-
te le arti belle, formandone l'essenza ed il magistero.
Il soggetto riguarda la composizione e l'imitazione ,
che in esse tutte è sempre eguale per ciò che è ne-
cessario all' armonia e corrispondenza di ogni parte
col tutto , colla natura delle cose, ed anche col con-
cetto dell' artista. Lo stile, che costituisce i vari stru-
menti delle belle arti , non può essere sempre il me-
desimo senza divenire vizioso e monotono : talvolta
dee mostrarsi affettuoso, tal altra immaginoso ed an-
che giudizioso ; proprietà che non può acquistare sen-
za sfuggire i nostri difetti.
Tutto ciò , che abbiamo detto fin qui , è poco
al bisogno : troppo alla brevità , che ci è imposta.
Cocludiamo adunque con un egregio scrittore (1): che
è meno difficile rilevare il bello studiandolo, che dar-
ne una definizione soddisfacente :,, la più parte del-
,, le nostre espressioni (dice Droz) rassembrano que*
„ rotoli di moneta , che circolano senza essere con-
„ tati mai. „ E conveniamo con quest' ultimo , che
le impressioni riunite di grandezza, d'ordine, d'armo-
nia ; tutte quelle che elevano l'animo , che lo inte-
neriscono , che lo esaltano , producono in noi il sen-
timento dei bello : onde risulta che „ la bellezza per
,, eccellenza è quella della virtiì. ,,
DoMKNlCO VacCOLINI.
(i) Iliv. Enciclop. agosto 1826 pag. 507.
29S
La poetica di Geronimo l'Aida tradotta da Baldassa-
re Romano. Palermo dalla tipografìa di Filippo
Scili. 1832.
TV
ulla diremo del merito di questa traduzione , poi-
ché a lungo ne ha parlato in questi fogli medesi-
mi 7 in una sua eruditissima lettera, il chiarissimo
letterato palermitano sig. barone Ferdinando Malvica.
Diremo bensì cosa ignota al traduttore , cioè , che
nella pubblica biblioteca di Ferrara si conservano va-
ri autografi inediti del dottissimo Giovanni Andrea
Barotti , uno de' quali è appunto il volgarizzamento
delia poetica di Geronimo Vida : e siccome noi cono-
scevamo quel prezioso lavoro, cosi riferiremo le parole
Stesse dell'attuale bibliotecario, Tillustre nostro concit-
tadino ed amico conte Vincenzo Cicognara , dal quale
provocammo una risposta intorno quel volgarizzamento ,
ed i primi versi del medesimo , di che intendiamo far do-
no ai nostri leggitori.,. Con quella sollecitudine, che mi
„ è stata possibile, le rimetto trascritti i primi cinquanta
„ versi della traduzione della poetica di Marco Geroni-
„ mo Vida fatta dal nostro Barotti. Quantunque essa sia
„ inedita, com'ella ben sa, ciononostante da un mani-
„ festo a stampa pubblicato li 5 febbrajo 177T da certo
„ Domenico de Regni librajo e stampator veneto ve-
„ desi , che prendeva il progetto di stamparla assieme
„ colle copiose e sceltissime annotazioni, di cui e ar-
,, ricchita dal traduttore. Non risulta però se il proget-
„ to restasse sospeso , perchè il traduttore si ricredesse ,
„ perchè lo stampatore morisse , o perchè mancassero
Traduzione del Vida 299
„ gli associati. Certo però si hj che ilpoemetto, divìso
,, in tre libri o canti, non oltrepassa gli 820 versi : 1^
,, copiosissime illustrazioni però, di cui è fornito, t'orma-
,, no in totale un ampio volume in quarto. „
Luigi Ughi, nel suo dizionario storico degli uo-
mini illustri ferraresi, e la biografia universale nell*
articolo che riguarda il Barotti , il quale fu scritto
dal Ginguenè, sembrano avere ignorato del tutto l'esi-
stenza di quella inedita traduzione : non cosi il Lom-
bardi , il quale ne fa cenno, sebben di passaggio,
nella sua storia della letteratura italiana del secolo
XVIII; e precisamente nel 4." volume a carte 250.
Il sig. Baldassare Romano, nel suo breve proe-
mio ai giovani studiosi delle belle lettere, dice di
avere spezialmente tradotto , e quindi di essersi de-
terminato a pubblicare la poetica del Vida , perchè ,
sono sue parole ,, Per quante ricerche furono da me
„ fatte , e da altri a mia richiesta in Sicilia e fuo-
„ ri , non m'era stato possibile trovare ne venirmi
,, indicata alcuna traduzione , o nome di traduttore
,, della poetica di Geronimo Vida. ,, E seguita a dire:
„ Erano già sparsi i manifesti della prossima stam-
,, pa , quando m'avvenni in un libro (1) ove lessi
,, il nome di un traduttore della poetica di Vida (Ni-
„ colò Mutoni) senz'anno, ne luogo, in cui la ver-
,, sione fu data in luce. Fatte nuove indagini, e non
„ avendo potuto rinvenire cotal versione, niè ritrarre
„ alcuna notizia intorno ad essa (2), e considerando
„ poscia la dimenticanza in cui giace , stimai non
,, desistere dal pubblicare la mia. „
(i) la catalogo bibliothecae musei regii napolitani,
(a) Solo ho saputo , che il Mutoni visse sulla fine del 9c-
eolo XVI.
300 Letteratura
Noi dopo molte indagini in queste pubfjliche bi-
blioteche di Roma per vedere la versione del rife-
rito Mutoni , le quali tutte riescirono inutili , avera»
rao ricorso all'amicizia di un illustre napolitano, il
quale cortese , siccome e , non mancò di spedirci il
titolo del libro e i primi versi di quella tradu-
zione: la quale sebbene a nostro avviso sia cosa pes-
sima, pure crediamo di far conoscere ai letterati ita-
liani, certi che la più parte di essi mai non la vi-
dero, divenute rarissime le copie, per la dimentican-
za stessa, in cui cadde meritamente quel lavoro. Ne
ciò facciamo con altra intenzione, se non perchè dal
confronto di queste tre versioni si decida dai nostri leg-
gitori , quale dei volgarizzatori abbia meglio vestito
di abito italiano l'opera dell'illustre prelato cremonese.
Premettiamo pertanto i primi versi latini di lui, e quindi
il volgarizzamento del Mutoni, siccome il più anti-
co: da poi quello del Romano, perchè edito anche
esso : e finalmente quello del letterato ferrarese , il
quale si per la celebrità, del nome del suo autore,
SI per il merito intrinseco che vi si rinviene, me-
rita di vedere esso pure la pubblica luce.
Nella versione del Mutoni abbiamo osservata la
stessa di lui ortografia : e , come potranno vedere i
lettori, v'è più d'un verso mancante di una sillaba:
il che non sappiamo se debba attribuirsi ad imperi-
zia del traduttore, o piuttosto a negligenza dello
stampatore.
Sit fas vestra raihi vulgare arcana per orbem,
Pierides , penitùsque sacros recludere fontes ,
Bum vatem cgregium teneris educere abannis,
Heroum qui facta canat , laudesve deorum ,
• Mente agito , vestrique in vertice sistere montis.
Ecquis erit iuvenum, segni qui plebe relieta
Traduzione de! Vida 30f
Sub petlibus pulcluac lauiUs succeiisiis amore
Ausit inaccessae meum se credere rupi ,
Laelae ubi picrides , cithara dum pulclier Apollo
Porsuiiat, indulgeiit choreis,et carmina dicunt?
' Primus ades , Fraucisce, sacras ne despice musas,
Regia progenies , cui regum debita sceptra
Gallorura , cum firma annis accesserit aetas.
Haec tibi parva ferunt jara nunc solatia dulces,
Dum procul a patria raptum, amplexuque tuorum,
Ah dolor ! hispanis sors impia detinet oris
Henrico cum fratre : patris sic fata tulerunt
Magnanimi dum fortuna luctatur iniqua.
Farce tamen, puer, a lacrymis , fata aspera forsan
Mitescent, aderitque dies laetissima tandem ,
Post triste exiliura patriis cura redditus oris
Laetitiam ingentem populorum, omneisque per urbes
Accipies plausus , et laetas undique voces,
Votaque prò reditu persolvent debita matres.
Interea te pierides comitcntur: in altos
Jam te Parnassi mecuni aude attollere lucos.
Jamque adeò in primis ne te non carminis unum
Praetereat genus esse : licct celebranda reperti
Ad sacra sint tantum versus , laudesve deorum
Dicendas, ne relligio sine honore jaceret.
Nani traxere etiam paulatim ad caetera musas ^
Versibus et variis cecinerunt omnia vates.
Poetica del dìvinìss. poeta Marco Hieronjmo Vi"
da ^ d'heroici latini in versi toschi sciolti tras-
portata da M. Nicolò Mutoni. Al reverendiss.
monsig. decano M. Sih'estro Gigli nobile lucchese.
Col rametto della samaritana, intorno al quale
b scritto
302 lilTTKRATCRA
Chi berrà di quest' acqua
Non bark sete in eterno.
Col privil. del S. P. Paolo III e dell' illustris.
senato veneto per anni X; 8.** piccolo senza data ,
ed anno.
La lettera dedicatoria a monsig. Silvestro Gi-
gli nobile lucchese è scritta con uno stile molto
enfatico ed ampolloso; il che indica, che comincia-
va a battere le lubriche vie del secento. L'istesso
Nicolò Mutoni tradusse Polieno -Stratagemmi dell' ar-
te della guerra in 8. - nominato dal Paltoni bibliot.
tom. 3. pag. 181, e dal Crevenna catal. tora. 2.
pag. 232. Nel breve ed inesatto articolo biografico ,
che del Mutoni si legge nel nuovo dizionario sto-
rico di Bassano, si dice che fu veneziano, e che in
Venezia fu impressa questa sua versione. E ciò mi
inducono a ritenere per vero tre forti presunzioni ,
cioè l'ottenuto privilegio dal senato della sua pa-
tria, il vedere che le altre sue opere, e fra que-
ste le latine, furono tutte pubblicate in quella città,
e ciò negli anni 1551 e 52, e finalmente la stes-
sa insegna, ch'è preposta a questo volgarizzamento,
esserlo ugualmente nell'opera del Mocenigo, che ha
per titolo La guerra di Cambrai^ impressa in Vine-
gia nel 1544 per Giovanni Padovano, in caratteri
corsivi alquanto rassomiglianti a quelli della tradu-
zione del Vida ed in 8. piccolo.
LlB. I.
Siami lecito i vostri almi secreti
Muse sparger pel mondo d'ogn' intorno
E al tutto aprir i sacrosanti Fonti.
Mentre nutrir dai vaghi teneri anni
Traduzione del Vida 303
Un gran poeta, il qual i gesti canti
D' illustri Heroi , e degli Dei le lodi
Nella mente rivolgo, e 'n l'alta cima
Formarlo dell'ombroso vostro monte.
Qual fia dei Giovin, che l'indotta turba
Lasciata sotto ai pie, d'amor acceso
Della famosa lode , ardisca meco
Fidarsi all'aspra inaccessibil Rupe
Ove le muse allegre, mentr' in mezzo
Il bell'Apollo con la cetra suona
Menan vezzosi balli, e dican versi?
Primo tu sei Francesco , non sprezzare
Le sacre muse, degna Regia prole
A cui si devan sol gli ornati scettri
De gli Gallici re, quando fia insieme
La ferma Etade ancor con gli anni aggiunta
Questi picciol piacer dannoti hor liete ,
Lontan rapito dalla patria essendo ,
E dagl'amplessi dei più cari tuoi.
Ah lasso l'empia sorte ti ritiene
Nei campi Hispani col fratel Henrico.
Gli fati si del magnanimo Padre
Volendo , mentre con l' iniqua , e ria
Fortuna alteramente egli contrasta.
Alle lacryme pur fanciul perdona.
Forsa miti faransi gl'aspri fati
E al fin vedrassi un più lieto giorno
Doppo r borrendo Esilio ai patri lochi
Reso un estrema popolar letitia
Havrai , e 'n tutte le citta gran plausi ,
E d' ogn' intorno ancor allegre voci ,
Sciorran le madri pel ritorno ì voti.
Le muse intanto compagnia faranti.
Negli alti boschi hormai del bel Parnaso
Ar di'sde (cosi) insieme d'innalzarti meco.
304 Letteratura
Imprima ailuiique non ti asconda
Non esser una sol sorte di versi
Quantunque a celebrar sian sol trovati
I sacri culti , e degli Dei le lodi.
La religion divina acciò lassata
Non fosse senza alcun pregiato Iionore
Havendo ad altre cose a poco a poco
Le muse tratte , e con diversi carmi
Cantato il tutto i già primi poeti ,
Ma non è verso alcun piìi celebrato
Tra tanti , qual sia quel con cui gli fatti
Cantan d' alteri heroi doppo i divini ,
Ond' ai versi i minori il nome fero
Concesso per mercè sol di Pliemonoe
D' Apollo eterno venerabil dono ,
La qual prima (se vero è il secol prisco)
Con altri carmi mai pel mondo intorno
Risposte diede dai sacrati tempii
Ma agi' horaeri tuoi ben pria riguardi
E accorto scegli alle pesate forze
Mai sempre un' atto accomodato metro.
Traduzione di B. Romano.
Divulgar sulla terra i vostri arcani ,
E dischiudere a pieno i sacri fonti
Siami concesso, alme pierie dive ,
Mentre die d'educar da' teneri anni
Un vate egregio nel pensier rivolgo ,
Che degli eroi canti le gesta , o lodi
Gli eccelsi numi , e sia da me locato
In sulla cima dell' aonio monte.
E chi il giovin sarà , che la vii plebe
Sotto i piedi lasciando , acceso il petto
Di vago amor di lode all' inaccessa
Rupe oserà meco affidarsi, u' liete.
Tradl'ziuìs'e del Vida 305
Mentre tocca la cetra il biondo Apollo ,
Godoa le caste dive carolando ,
E in dolci carmi sciolgono la voce?
Tu sci primo , o Francesco: ah ! non sprezzare
Le sacre muse , o tu regal progenie ,
Che avrai de' galli un dì lo scettro , quando
La ferma etade a te verrà cogli anni.
Qualche sollievo ad arrecarti or elle
Vengon gioconde, mentre (ahi duoli) si lungi
Alla patria rapito , ed agli amplessi
De' tuoi , rattienti nel ' ispana terra
Malvagia sorte col fratello Enrico.
Volle così rinevitahil fato
Del magnanimo padre , il quale or lotta
Coir iniqua furluna. Eppur da tregua
Al tuo pianto , o fanciul; forse l'acerbo
Destin si placherà ; forse tra poco
Il lietissimo giorno alfin vedrai
Che dopo il tristo ed affannoso esigUo
Tu , ridonato al patrio suol, sereno
Accoglierai de' popoli l' immensa
Gioja , e per tutte le cittadi e ovunque
I lieti plausi , e l'echeggiar de l'alte
Festanti voci ; e per lo tuo ritorno
Debiti voti scioglieran le madri.
Sien or le muse a te compagne , ed osa
Poggiar meco di Pindo a' sorami boschi.
E pria d' ogni altro è da saper che i carmi
Non d'un genere son , benché trovati
Fur solo a celebrar le sacre cose ,
E ad esaltar gli dei , si che non fosse
Mai senz'onor religion lasciata.
Però che i vati a poco a poco ad altro
Anco rivolser le camene , e quindi
Prescr lutto a cantar con vario metro.
G.A.T.LIIL 20
306 LETTERATirRA
Versione di Giovanni Andrea Barotti.
Muse , che i vostri arcani al mondo noti
Io faccia , e i sacri fonti affatto schiuda
Non mi si vieti , or che da' suoi verd'anni
Vò un chiaro vate di formar pensando ,
E sul giogo posar del vostro monte ,
Che degli eroi le imprese e degli dei
Le lodi canti. E qual sarà, fanciullo
Che la torpita plebe a pie si lasci ,
E da desio di bella gloria acceso
Abbia di meco accingersi coraggio
E superar la malagevol rupe ,
Dove liete le muse , e danze , e carmi
Tessono al suon dell'apollinea cetra?
Tu alle mie voci ti presenti il primo,
Francesco -. o regal seme , a cui riserba.
Quando con gli anni a più robusta etade
Giunto sarai, de' franchi re lo scettro.
Deh! non aver le sacre muse a vile.
Che questo a tuo piacer , piccol, tributo
T' ofFion di dolci carmi , or che lontano
Dalla patria rapito , e dagli amplessi
De'tuoi , ne' lidi iberi iniqua sorta
Con Arrigo il fratello , ahimè , ti arresta.
Tal fu il destìn del generoso padre ,
Con ingiusta fortuna a fiera lotta.
Ma pur frena , o regal fanciullo , il pianto :
Forse avverrà , che de'nemici fati
Si plachi l'ira, e '1 fortunato giorno
Spunti una volta , che il funesto esiglio
Giunto al fin , rivedrai le patrie rive ,
E de' popoli il giubilo , e gii applausi
Incontrerai delle citta soggette,
Traduzione del Vida 307
E da ogni parte allegre voci; e a sciorre
Le madri andran pel tuo ritorno i voti.
Sien frattanto compagne a te le muse ,
E ardisci meco fin là su levarti
Dove innalza Parnasso i Loschi suoi.
Dei pria saper che il verso d'una sola
Spezie non è, Lenchè i misteri sacri
Fosse già sfol per celebrar trovato,
E degli dei le lodi, onde negletto
Il divin culto , e senza onor non fosse :
Che a cantar l'altre cose a poco a poco
Tratte furon le muse , e tutto ai vati
Fu materia di canto in vario metro.
C. E. M.
Due canti di Caterina Franceschi Ferrucci.
Bologna 1831,
J-Jcco due fiori di poesia. La poetessa piange nel
primo canto, intitolato la sera^ la morte de'suoi ge-
nitori : e quel pianto è si dolce che scende fino al
fondo del cuore. Fu con buon senno che ella scel-
se la sera , perchè in quell' ora appunto si risve-
gliano i pensieri malinconici , e la tristezza più for-
te batte alle porte dell'anima. Ella in mezzo il si-
lenzio della notte solleva a Dio i suoi pensieri, si
spazia nel paradiso , ed ivi desidera presto volare , e
bearsi negli amplessi della cara sorella e de' parenti.
E neir idea della vita vissa con loro fermandosi ,
rammenta il bel tempo felice quando il padre di lei
tornava a casa la sera. Eccone la strofa intera.
20*
SOS L É t T É R A t t Vy A
Ahimè ! perchè si ratta
L'allegrezza quaggiìi sen fugge e vola ?
Ben io rimembro il bel tempo felice i
Quando al cader del giorno
Ritornavi alla mesta famiglinola ,
Che pendea tutta ai casti baci intorno.-
L'uu colle bianche tenerelle mani
Tue ginocchia cingea ,
L'altra vezzi facea
Alla tua cara veneranda faccia ,
E questi al collo ti stringea le braccia*
Grate spargendo lacrime segrete
La madre nostra intanto
Vedea de' figli le accoglienze liete «
E largo le scendea
Di gioja un fiume nel tacito petto
Alla festa innocente, a tanto alletto.
Chi non sente la dolcezza di questi versi non fu mai
guardato dalle muse con occhio benigno , ne merita
stare fra gli uomini civili. Segue il canto col mostra-
re al padre le deserta famiglia, e coll'iraplorarne aita. Io
certo non ho potuto giungere a fine del canto senza
bagnarlo di lacrime : anch' io perdei i miei genitori,
anch'io vidi deserta e desolata la mia famiglia !
Il Secondo idilio ha per titolo l' orfanello. E
questi il figliuolo della sorella della poetessa alla tonT-
ba della madi'e. Se dirò che questa è cosa tutta gre-
ca ^ se dirò che non è verso che non ti suoni grato si-
tio air [ànima, non dirò che il vero. Al veder quel
fanciulletto coronare il materno sepolcro di fiori , al-
l'udirne le parole, tutto trema nelle vene il sangue.
to Ile arreco alcun brano.
Versi della Ferrucci 3t>y
Se un vago fanciiillino
Odo chiamar la madre ,
Se colle man leggiadre
Lo miro ad essa vezzeggiare il volto ,
Dico : Ahi! quante dolcezze , ahi ! quanto amore,
Cruda morte , mi hai tolto.
Quando il dolor rai preme,
Ohimè! chi fia , che riconforti il core
Piaggiando un riso di pietà , di speme ?
Chi guida ai passi infermi
Fia nella vita lacrimosa e trista
Or che volata sei ,
Ddetta madre , fuor della mia vista ?
Se cosi di repente
Tu non andavi a far con Dio dimora ,
Ben sento a que' pensicr eh' ho nella mente
Che adorata ti avrei
Pii^i di quanto fra noi si ama e si adora ,
Pili della luce ancor degli occhi miei.
Poi segue e chiude il canto così:
Venticello gentile ,
Che con si molle fiato
Mi scuoti il crine , e mi carezzi il viso ,
Forse tu vieni a noi dal paradiso.
Se per quell'odorato
Sempiterno giardino aleggi e spiri ,
Deh ! a lei , che mesto io vò cercando in vano ,
Porta il flebile suon de' mici sospiri.
Dille, che dentro il core
Altamente di lei mi parla amore.
Se lo studio de' classici, e 1' arte può vestire con tan-
ta eloquenza e leggiadrìa tali concetti, l'amoj' solo
310 Letteratura
di madre può trovarli, e farli con tanta vivezza altrui
sentire. Io mi rallegro qui con la gentile poetessa ,
e a nome di tutta l'Italia la prego a non cessare di
confortarne di sì bei doni.
G. I. Montanari.
Cenni sulla vita di un benemerito letterato italiano.
I
1 celebre dottor Pasquale Amati di Savignano do-
vette certamente fare in patria sua grandi e lunghi
studi su gli antichi autori ; poiché non altramente
giungesi a quella eccellenza di sapere , a cui lo ve-
dremo arrivare. Da carte trovate in casa io so, quan-
to mai fosse ammirata ed applaudita una società, di
amici sì dotti, quali furono Pietro Borghesi, l'Ama-
ti , Girolamo Ferri , Gian Cristofano Amaduzzi no-
stro affine , ed altri ; alla qual società , dal vicino
Santarcangiolo , accorrea Gaetano Marini , divenuto
poscia maestro nella scienza delle antiche iscrizioni ,
e nella paleografia de'papiri latini. Dopo le serie oc-
cupazioni , gl'indivisibili amici , mai sempre in qui-
stioni e ricerclie di antichità , scorreano quelle ame-
nissirae compagne ; ora sulle collinette di Longiano,
presso il Ferri ^ ora su quelle di Montiano; ora al
Ribano, dove l'estate e l'autunno villeggiavano dottis-
simi monaci camaldolesi di Classe in Ravenna ; ora
al Gualdo de* Fantuzzi , signori scienziati anch' essi ,
e protettori degli scienziati ; ora finalmente in Rimi-
no , presso l'esimio abate Garampi , poscia cardinale
amplissimo di santa chiesa. L'Amati però volle recar-
Vita del dott. Amati 311
si in Roma, dove per parecchi anni attese allo stu-
dio della giurisprudenza teorica , e della pratica fo-
rense , sotto l'ancora famoso Costantini. Venuto quin-
di a Pesaro , in casa il dottissimo e splendido mar-
chese Carlo Mosca Barzi , fondò e diresse una ti-
pografia , detta da) suo cognome Amatina ; dalla
quale usci la CoUectio omnium poetarum latinorum
appellata per ciò Pisaurensis , una delle più piene
e corrette che si abbiano. Dopo alcun tempo, il gran-
de numismatico Borghesi volle restituire alla patria,
ed alla sua compagnia , un si bravo giurisconsulto
e filologo espertissimo. Condiscese l'Amati al volere
del principale amico suo ; e divenne il direttore de-
gli affari della comunità , di quelli delle singole ca-
se , il pubblico precettore , giudice e notajo , a cui
accorreasi da tutti i paesi , e dalle citta vicine. Pre-
se in moglie Paola Massani , figlia di Tommaso Mas-
sani , e di Angiola Pristini , erede unica degli ultimi
Guidoai , la più antica e nobil famiglia di Savigna-
no , di cui un ramo si trapiantò in Rimino , ma do-
po non lungo tempo si estinse ; ond' io ho veduto ,
ne' libri manoscritti e miniati delle romane bibliote-
che , l'arma de' Guidoni fra le primarie di quella
splendidissima citta.
Pubblicò in sua gioventù varie Dissertazioni sul
Rubicone , che per gì' itinerari antichi , per dotte os-
servazioni sue , per moltissime carte del medio evo ,
dimostrò essere onninamente il fiume di Savignano ;
sul Castro Aiutilo degli antichi Galli ; e sul pas~
saggio di Annibale per VJ pennino ; che difese con
altra dissertazione , mandata posteriormente alla I. e
R. accademia di Mantova , di cui era socio. Tenne
carteggio (ed io ne vedea le lettere) con gli uomini
più eruditi ed illustri d'Italia , e con alcuni d'oltra-
monti , che il consultavano come un oracolo. Cele-
312 L L T T E R A T U R A
bratissinia è l'opera sua De restitutione purpurarum^
di cui hannosi tre edizioni (e queste a tempo mio e-
sistean tutte nella pubblica biblioteca del paese). Ne
avea già preparata una quarta edizione , assai più
ampia ; in cui confutava gli errori di un antiquario,
e di un naturalista dello stato veneto. Dovea stam-
parsi in Venezia : ma tutto andò a monte , per le a-
mare vicende piombate sull' Italia nel 1797. É trop-
po noto , che l'anzidetta opera fu confermata dall'al-
tra dell' eruditissimo medico , il cav. Michele Rosa ,
Delle porpore e materie vestiarie. Il dottor Amati,
fra tante cure , occupavasi ancora in Savignano nella
istruzion privata della gioventù ; tanto nell' elegante
latino , quanto nel diritto civile e canonico. Basti
mentovare tra' suoi allievi un Lorenzo Vallicelli , ed
un Giacomo Turchi ; ciascuno de' quali avrebbe po-
tuto far comparsa fra' letterati maggiori , se il primo
non fosse stato impedito dal suo temperamento e ca-
rattere , ed il secondo dall' essersi dato ad ammini-
strazioni civili , prima in Roma , e poscia nel regno
italico.
Inoltre l'Amati avea incominciato , e prodotto
ad alcuni grossi tomi , un vasto giornale di scienze
e lettere generale , arricchito con annotazioni sue di
sana ciitica e filosofia , intitolato : Bibliografìa uni-
versale corrente di Europa , che stampavasi in Ce-
sena pel Biasini : ed una impresa sì utile , sebben
paresse troppo ardita per un uomo solo , avrebbe me-
ritato certamente maggiori sostegni , e miglior situa-
zione dell' autore.
Assistito l'Amati dal grido che l'accompagnava
d'uomo dottissimo e di sommo giurisconsulto , l'an-
no 1785 ottenne la cattedra primaria di giuspubbli-
co e di pandette nella pontificia università di Fer-
rara ; e la ottenne contro altri famosi leggisti di al-
Vita del dott. Amati 313
lora , che ad essa concorrevano. La esercitò per un-
dici anni , con immense fatiche , zelo , ed applauso,
e con numero ognor crescente di scolari , che mossi
dalla fama di un tanto professore , venivano persino
da Pavia e da Padova. Ebbe il noLil coraggio d'in-
segnare il giuspuLblico secondo la dottrina cattolica
e la verità ; confutando le fiabe dello stato di natu-
ra , e del patto sociale. Bello era il sentire gì' inge-
gni migliori della scuola combattere da principio col
maestro , e poi vederneli vinti e persuasi dalla for-
za del raziocinio , dalle antiche dottrine , e dai fatti
che il maestro adducea , con l'immensa erudizione sua.
Teneansi quindi ogni anno pubbliche dispute , nella
gran sala dell' archiginnasio , dirette ed assistite dal
professore, che talvolta alzavasi egli stesso, onde ri-
spondere agli obbjettanti , se mai il giovane fossesi
smarrito. Le tesi erano distribuite prima , stampate per
gli eredi Piinaldi. Nello spiegare le pandette , in due
anni alternati con quello del gìuspublico , era il pro-
fessore Amati a comun giudizio veramente singolare;
per congiungere ad una somma perizia nelle antichi-
tà , la miglior cognizione della teoria delle leggi , e
della pratica forense ; sulle quali spaziava particolar-
mente nelle private lezioni , che secondo gli statuti,
egli dovea dare in propria casa.
Pili che stanco dalle fatiche , afflitto da' funesti
avvenimenti del 1797, in una vecchiezza robusta che
facea sperare altri anni di vita , dopo breve malat-
tia non ben curata da principio , rese il suo spirito
a Dio , che l'avrà nella pace degli eletti. Adoratore
sincero , e difensore invitto de' dogmi e della disci-
plina di nostra religione santissima , egli ne osser-
vava i precetti rigorosamente. Nel passeggio, che pren-
deasi , o in casa , o in campagna , l'orazione sua era
continua ; sapendo egli a mente l'uffizio della Bea-
314 Letteratura
tissima Vergine , il salterio , e le preci tutte di san-
ta chiesa. Al tempo della sua morte , Girolamo il
maggior de' figli trovavasi in Roma da parecchi me-
si , e Basilio era troppo fanciullo ed astratto , per
pensare a salvar le carte , in quella sciagura estrema,
o piuttosto distruzion totale della famiglia. Il profes-
sore Amati fu sepolto nella chiesa di S, Matteo , sua
parrocchia. Se ivi non ha iscrizione o monumento ,
egli stesso fece a se stesso un monumento assai più
degno e durevole, con le opere e le virtù sue. Quan-
tunqe lo stipendio della sua cattedra primaria fosse
vistoso , in Ferrara gli si accrebbero gì' intacchi pe-
cuniarii ; particolarmente per dover tenere casa bene
ammobiliata ; e camera con ampio tavolino e seggio-
le convenienti , onde accogliere i molti giovani , che
frequentavano le private lezioni. Cedette quindi a'suoi
creditori di Savignano il bel poderetto di Gaggio. Co-
si provò nel mondo la sorte de' giusti , eh' è quella
di esser poveri , e lasciolla in retaggio a'numerosi
suoi figli , che dovettero procacciarsi il vitto con le-
proprie fatiche.
Era dotato di memoria prodigiosa ; talmente che,
pregato di alcuna erudita notizia, solea rispondere: Ciò
che si cerca è nel classico e nel libro tale, numero tale,
verso la metà. Dopo trenta e più anni , che per gì' im-
pieghi suoi civili non potè rivedere i classici autori,
alzatosi un giorno d'estate dal breve riposo pomeri-
diano; e trovato il figlio che leggea Tito Livio , egli
passeggiando disse : Leggimene un pezzetto ; poi vol-
tosi : Fermati ; e prosegui ad alta voce il testo per
due buone pagine , senza sbagliar sillaba. Interroga-
to dal figlio , come mai potesse ciò fare , rispose :
Perchè trenta e più anni sono lessi Tito Livio più
volte attentamente. Non era quindi a chiedersi , se il
dottor Amati scrivesse con eleganza in latino. Egli
Vita del dott. Amati 315
scrivea con ugual eleganza iu italiana poesia; poiché
conoscea ugualmente tutti i classici nostri.
Dispregiatore delle mondane vanita , non fece
alcun conto degli esercizj e delle produzioni sue ac-
cademiche o giovanili ; ne mai ne parlava. Sebbene
taciturno e pensieroso abitualmente , in patria per gli
affari pubblici e privati , ed in Ferrara per quelli
della cattedra e della famiglia ; al comparir di un
amico , di un discepolo , di una persona conoscente,
mostrava la fronte serena ed ilare ; e co' modi più
cortesi entrava in discorso , condito di grazia , e di
piacevoli proverbj : spiegava una eloquenza dolce, ri-
spettosa , e persuasiva in sommo grado. Il nome suo
fu in benedizione presso i buoni ferraresi di allora ,
che videro com' egli aveva fatto fiorire l'università, co-
me avea istruito i figliuoli loro ; sarà in benedizio-
ne presso gli scolari suoi , tanto in Ferrara , quan-
to ne' paesi e nelle citta vicine; de' quali so che mol-
ti , nelle passate mutazioni , dette politiche, non mai
proprie dell' Italia , tennero la piiì illibata ed irre-
prensibile condotta. Contanto valgono l'esempio e le
insinuazioni di un saggio precettore ! Il nome suo non
dovrebbe essere dimenticato nemmeno in Savignano
presso alcune di quelle famiglie , delle quali l'uomo
integerrimo co' suoi consigli sostenne ed aumentò le
fortune. E certamente in gioventù nostra ricordava-
si ancora da' vecchi del paese il nome di un Giro-
lamo Amati seniore , come quello di un altro padre
della patria
Lo scrivente deplora la perdita dell' opera sulle
porpore amplissima in italiano , che nel 1796 era
stata mandata al cav. Rosa, acciocché facesse aggiugner-
vi dal suo nipote una parte di chimica moderna; co-
me l'istesso scrivente aveavf aggiunto una parte di cri-
tica lapidaria , dimostrando falsa una iscrizione, reca-
316 LettekatvrA
ta per leggittitna dall' antiquario veneto. Ma sovra
tutto è da deplorarsi la perdita degli scritti cattedra-
tic , che l'uomo indefesso accresceva ogni anno e per-
fezionava ; non che qnelh della intera serie delle
tesi laureali, e degli opuscoli polemici bellissimi , che
a nome del discepolo difendente dovette pubblicare
contro alcuni teologi ( chi '1 crederebbe ? ) , i quali
tener voleano insieme le due oppostissime scuole ; quel- i
la della verità con quella del falso ; quella della te-
si pili salda ed inconcussa con quella delle vacillan-
ti ed erronee ipotesi ; quella del fatto con quella di
un sognato patto. Se in Europa ottengono si largo
campo le male dottrine , avervi pur dee alcuno spa-
zio per le buone. Quegli scritti potrebbonsi pubblica-
re , fiancheggiati da tutt'i luoghi originali della sagra
e della profana istoria , che il professore solo accen-
nava. Non altra guida sicura può avervi al mondo ,
pel regolamento de' cittadineschi doveri e de' pubbli-
ci diritti , se non se l'autorità , che incominciando da
Mese , prosieguo conforme per tutti gli scrittori greci
e latini. Questa è la ragione , formata da tante ragio-
ni di gran lunga superiori alla nostra , le quali in
conseguenza debbono vincerla ; posciaccliè hominum
commenta delet dies , e la verità , opera di Dio, sta-
ra in eterno e fra gli uomini , finche ve n'abbiano
alcuni ( e sien pur pochi ) , de' quali l'ingegno ed il
cuore non sia viziato dalla corrotta e perversa filo-
sofia moderna.
G. A.
317
^ISìtìltétauiiBi'iissmmiammmiaimmaiimmtmaiimmatmmmimiBrmiai iiKii 'i i i l 'iB^aa^
lìinw (li Maria Giuseppa Guacci napolitann. Napoli
dalla stamperia e cartiera del Fibreno 1832.
I
biioui versi in confronto de' mediocri e de' pessimi
sono così pochi , che quando alcun illustre si toglie
dalla schiera volgare per dispiegare un volo pili al-
to , è debito di giustizia l'onorarlo di bella e meri-
tata lode. Il perchè noi non sappiamo ammirare ab-
bastanza la poetessa napolitana Maria Giuseppa Guac-
ci , che nel fior degli anni non solo occupa un di-
stinto seggio nel nostro parnaso , ma emula anzi e vin-
ce non pochi di coloro , che hanno nome di eleganti
e distinti poeti. Una indefessa lettura de' classici , sen-
za divenire pedante , un beneiutcso amore della lin-
gua e dello stile , molto afl'etto , pensieri o sempre
nuovi , o almeno che sembrano tali , abbondanza di
fantasia ^ dignità di espressione , armonia di numero «
e felicita di rime , sono le molte doti che formano
della nostra poetessa uno de' più belli ornamenti del
sesso gentile. E che sieno giusti questi nostri elogi,
basta leggere i varii giornali, che ne hanno parlato :
basta chiederlo alla patria , che si gloria di esserle
madre : basta scorrere queste pagine, poche di nume-
ro , molte per le belle cose , di che son piene. E per-
chè il vero risponda alle nostre parole , offriamo ai
letterati italiani un sonetto , cui ha dato argomento
la primavera , ed una canzone intitolata alle donne
sebczie , dove alla lingua ed allo stile rispondono la
nobiltà delle frasi , e la dignità de' concetti.
318 Letteratura
Zefiro spira , ed asserena il giorno
E fa pii!i chiare fiammeggiar le stelle ,
Apre le verdi frondi tenerelle
E desta mille fiori intorno intorno.
Eppur fia Breve il suo dolce soggiorno
Del Tirreno alle sponde apriche e belle ;
Ch' ei volerà fiorendo erbe novelle
Sin del vasto universo all' altro corno.
Ahi mentre spira e subito va via
Par che m'adombri , come il tempo vole
E se ne porti ancor la vita mia !
E forse allor eh' ei tornerà , qual suole ,
Da questo corpo, che sotterra fia.
Desterà qualche cespo di viole.
Canzone alle donne sebezie.
Oh compagne , oh sorelle ,
Che di vostre bellezze innamorate
Questa del mondo piìi serena parte ,
Poiché natura al nostro suol comparte
Tranquille aure odorate
Ed amoroso fiammeggiar di stelle ,
Dritto ben è che d'opre chiare e belle
Suoni il fiorito nido ,
Il qual ne accolse dal materno grembo
E i nostri anni nudrì sì dolcemente ;
E il ciel puro e lucente
Cui rado turba procelloso nembo ,
E il quieto mare , e l'ospitai suo lido
Che , per antico grido ,
Già di sirene albergo il mondo chiama.
Or si rallegri di novella fama.
Rime della GuAcci 319
Dell se canto soave
Vien che per suo trionfo amor vi spiri
Facendo Taer di dolcezza pieno ,
Non sia dolce veneno
Che incauto peregria lusinghi e tiri
Ove di sua virtù franga la nave ,
Ma sia gentile ed onorata chiave
Che gì' italici petti
Apra , e sprigioni quel valore antico
Che lungo spazio catenato giacque ;
Onde di noi si tacque ,
E questo suol di grazia fu mendico ,
E far vinte le forze , e gì' intelletti ,
E i nostri cari tetti
Dallo stranier contaminati furo
Che l'alpe trapassò baldo e securo.
Cosi quest' aureo sole ,
Che viva luce a noi largo diffonde ,
D'armi estrane traea lucidi lampi ,
E i nostri colli e i nostri dolci campi
Lieti d'acque e di fronde
Risuonar di Larhariche parole ,
E le vermiglie rose , e le viole ,
E i fiori azzurri e gialli ,
E le ridenti apriche e verdi piaggie ,
Amor di verginelle e di garzoni
Cui virtù scaldi e sproni ,
Guastate fur da genti aspre e selvagge ,
E calpeste da carri e da cavalli :
Nudi i monti e le valli
Del lauro onde si cinse Italia e Roma,
Per coronarne allo stranier la chioma.
E crebher tanti danni
Le nostre menti incontra al ben si losche
Che fur devote alle nimiche spade ;
320 Lktteuatura
E non pur (jueste placide contrade
Ma le romane e losche
Vestir ne' propri mali allegri panni ;
E come tal die se niedesrao inganni ,
Con pompa ed ostro ed oro
Cangiò virtudc ogni anima gentile.
E voi, cortesi e venerande donne
D'ogni valor colonne ,
Il materno serraon teneste a vile :
Sparso di gentilezza il bel tesoro ,
E il poetico alloro
Venne inculto e negletto , e le camene
Sospirando lasciar l'onde tirrene.
E ben forse lor tarda
Di riveder questa beata riva ,
Donne , se voi lor sorridete un poco ;
Per Dio , vi stringa amor del natio loco,
E vostra voce viva
Le più gelide menti infiammi ed arda.
E l'Asia molle e l'Affrica bugiarda,
E quelle sponde estreme
Che rimirali le stelle all' altro polo,
Odan le glorie nostre e cessin l'onte ;
E rilevi sua fronte
La morta fama e spieghi un largo volo.
Certo quando ùona l'antico seme.
Che spénto Italia or geme ,
Dolci carrai s'udirò e chiare imprese ,
Perchè voi foste in santo foco accese.
Dunque il sereno viso
Levate al cielo , e gli amorosi labri
Ogni estinta virtù tragga n di Lete ;
E poiché aprire e governar potete
I cor più rozzi e scabri
Col volger de' begli occhi o col bel riso
Rime della Guacci 32i
E far di questa terra un paradiso ,
Ove a grado vi sia ,
La vostra mente al ben far si converta ,
E non ricchezza ma virtnte onori ;
E in ira avendo i fiori
Della strada al mal far piana ed aperta ,
Prendete alfin della dritta via :
Che vostra leggiadrìa
(Se onesta fama al mondo non l'adombra)
Tostamente verrà polvere ed ombra.
Se per lungo costume
Deserte fur le vie sublimi e sante
Cli' a' secoli futuri aprono il varco ,
Ove , spregiando ogni terreno incarco ,
Voi moverete innante ,
Chi rimarra fra le oziose piume ?
E dove d'eloquenza un vivo fiume
D'un bel labbro fuor esca :
Per invogliarne alle celesti cose ,
Qual petto fia cotanto acerbo e fiero ,
Qual selvaggio pensiero
Che non dia frutto d'opre gloriose ?
Sì amor l'alme trionfi , e gloria cresca
Porgendo nobil esca ,
E ben fé' qual amò con dritto zelo ,
Che senz' amor non avria stelle il cielo.
Queir altissimo amore
Che infiamma e gira le bellezze eterne
E di mirabil nodo il tutto lega ,
In voi discende, e le sue leggi spiega
Dalle rote superne ;
Negli occhi vostri avanza ogni valore ;
E così Dio largì del suo splendore
Alcuna parte in terra
Che allumi e guidi le terrene menti.
G.A.T.LIII. 21
322 Letteratura.
Però tessendo voi corone e palme
Desterete nell' alme
Mille disiri più ciie fiamme ardenti.
Deh per voi quelT onor che g\o sotterra
Rifulga in pace e in guerra ,
Ne sol ricca di fior quest' alta sponda
Ma sia di chiari figli anche feconda !
Cortesemente , o mia canzon , saluta
Quante donne vedrai ,
E di lor tua ragione e l'esser mio :
E s'odi che tuo voi poco alto sale ,
Di', che t'impiuma l'ale
La sola carità del suol natio ,
E che la patria con pietosi lai
Lor s'accomanda ornai.
Perchè il nemico del suo mal non rida ,
E tutta sua speranza a lor confida.
Intorno ad alcune operette italiane
nuovamente pubblicate.
A SUA ECCELLEiVZA MONSIGNOR
CARLO EMMANUELE DE' CONTI MUZZARELLI
Uditore della S. R. R. ec. ec.
GiusEPx^E Ignazio Montanari
■M—JÌ\a mi ha fatto dono di tante belle operette, che
io non so come degnamente ringraziarla. Le basti so-
lo che mi sono giunte come la rugiada ai fiori appas-
siti : perchè mentre io era spossato dagli ardori del-
la stagione, e non sento quasi di quegli studi stessi che
Operette italiane 323
pure sono il primo conforto della mia vita , questi libret-
tini mi hanno rifatto un poco , e con tanta avidità li
ho letti e gustati, che l'appetito mi si è ridestato più
di quello che potessi aspettarmi. E perchè l'È. V. Rina
abbia un piccolo argomento della gratitudine mia , le
verrò sponendo quale giudizio io porti di ognuna di
queste opericciuole. E cominciando dagl'inni sacri del
sig. canonico Borghi (1 ) , le dirò che mi pare aver e-
gli presa una via di mezzo tra l'epico e il lirico,
e avere felicemente usato di questo modernissimo ge-
nere di poesia. Dico modernissimo , non perchè ai no-
stri antichi italiani fosse o sconosciuto o disusato, poi-
ché le laudi spirituali de' trecentisti e de' quattrocen-
tisti, e gì* inni sacri del Ghiabrera( e del Menzini ne*
secoli apresso , o sono essa stessa ^isa di componi-
mento , o di poco differiscono: ma perchè i moderni
diversamente usano Vinnodia, e ad altro fine l'indi-
rizzano. Il quale fine non è a dire quanto sia più u-
tile: perchè mentre gli antichi si contentavano di quel-
la unzione che potesse far piegare gli uomini a de-
vozione , questa oltre i sentimenti di pietà inspira al-
to concetto dell' umana dignità, dei debiti dell' uom
religioso , del uomo civile , e mostra i beni grandi
che derivano dalla vera religione. Aggiungasi che gli
antichi volgarmente trattavano l' innodia lirica , e i
moderni 1' hanno sollevata al rango più elevato della
poesia, e ponendovi entro forti pensieri, cercano che
ella serva pur anche all'incivilimento del popolo ispi-
randogli sensi d' umanità , e mostrandogli quegli in-
ganni ne'quali ciecamente si ravvolgeva. E in que-
sta si distingue assai il sig. ab. Borghi, il quale lun-
(i) Inni di Giuseppe lìorglii. Firenze presio Ricordi e
compagui i83i.
324 L E T T E n A T L n À
gi dalla oscurità del Manzuni^si conduce con chia-
rezza e semplicità. La filosofia vi regna del pari
che la pietk. A quando a quando Imagini grandi e
sublimi : gli aflfetfci a quando a quando tentati e eoa
Luon successo : i metri Lea appropriati al subietto e
Lene trascelti. La poesia sempre nobile , le frasi , i
modi quasi sempre essi pure eleganti , facili , e pia-
ni , senza sapere ne di borealismo ne di pedan-
teria. Hannomi in modo speciale ferito la fantasia
alcuni luoghi che io qui le sporrò. Neil' inno al
divin paracielo , egli si slancia con estro fuor del
soffsetto , ma senza abbandonarlo. Tocca i danni del-
la società presente , ne mostra i desideri ma senza
offesa d' alcuno , ma senza studio di parte. Divini per
me sono questi versi.
Spira , sovvieni al povero
Per r itale contrade ,
Spezza , gran Dio, le spade
Che vanno alla tenzon.
Fa dritto alle querele
Del popolo fedele ,
io sdegno dell'indocile
Fa muto col perdon,
K poco appresso :
Placa gli sdegni , guidane
Piena d' onor la pace ;
La libertà verace
Al volgo insegna e al re.
Fa che tra lor si agguagli
Il carco de' tra vagli,
ColUì speranza invitali
Dell' irainorlal mercè.
Operette italiane 305
L inno della speranza è per me un vei*o capo lavo-
ro in questo genere ; ne io dubito porlo innanzi a
quanti inni sono stati scritti fin qui. ii' condótto con
una delicatezza ed unita pindarica da capo a fondo ,
che ne più nò meglio si potrebbe.
Immagini bellissime rapidamente toccate , senlen •
ze nobilissime. Ti pare di vedere il Dio creatore di
Raffaello in quella strofe :
La dove ancor do' secoli
Non apparia la traccia,
Immense si distesero
Del creator le braccia :
Ed ecco l'universo
Dal sen del nulla emerso ,
Ecco dall'ime tenebre
Balzar ridente il di.
Ne men felicemente ci tentato il patetico. Descrive l'ani-
ma che desiosa si drizza al suo creatore :
Quale assetato immemo''e
Per lunga landa e strana
Drizzasi il cervo al subito
Piomor della fontana ,
Tale al fatai comando
Volendo , palpitando
S'erge la candid' anima
Suir ali al creator.
E le son vanto i fervidi
Voti , e i rigori oceulèi ,
E la soccorsa inopia +
E i perdonati insulti ,
E le vegliate notti ,
E i gemili dirotti ,
326 Letteratura
E il combattuto genio ,
E il ben localo amor.
Deh ! se per noi depongasi
La faticosa veste ,
Quando vedreni l'unanime
Gerusalera celeste ;
Quando di coro in coro
Sulle beir arpe d'oro
Intuonerem la splendida
Canzon di liberta !
L* inno della carità dichiara i beni che la legge di
Cristo , che nuli' altro è che carità, ha recato al ge-
nere umano. Veda l'È. V. Rma con che franca volata il
poeta entra a dir cose , cui forse mediocre verseg-
giatore non avrebbe pensato.
Dessa l'umil tugurio
Non aspettata entrando.
Salvò la bella vergine
Dal comprator nefando :
Seppe con man discreta
Del ver che l'alma acqueta
I santuari aprir.
Dolce possente balsamo
Trasfuse in petto all'egro ;
Spense il livor; del giudice
Mantenne il voto integro ;
Ne invan per l'ampie sale
Spiegò le timide ale
Dell' orfano il sospir.
Trovò neir imo carcere
Qual fu ribaldo astretto ,
E ne asciugò le lacrime ,
E se lo strinse al petto ,
Operette italiane 327
Versando la parola
Che calma , che consola ,
Se risanar non può.
Oh al ciel diletta e agli uomini
La terra generosa
Che cittadini a civiche
Stragi educar non osa ;
Che rimandar detesta
Un' alma ancor non chiesta
A lui che creò !
Pur cola dove apprestasi
La micidial bipenne.
Se intorno dal patibolo
Regna il dolor solenne,
Se nell'angoscia estrema
La vittima non trema ,
Se più coU'uom non è:
Tu parli , o dea , la misera
Tu reggi air arduo passo «
Tu raccogliendo i laceri
Membri , le poni un sasso ;
E qui , gli sdegni vinti ,
La pace degli estinti
Prega il fedel con te.
Ne posso qui contenermi dal non recare anche un
brano dell'inno della notte. In mezzo a belle imma-
gini, eccoti il poeta filosofando perorare la causa del-
l'umanità. E' volo degno di Pindaro , è sentenza de-
gna di savio giurista , è voto degno di un cuore
benfatto , e amico della civiltà.
Ma tu che infesto agli uomini
Movi per l'aer cupo,
Com'cscc dalle tacile
328 Letteratura
Selve per fame il lupo ,
Arresta , insano , arresta !
Col voi della tempesta ,
Col grido del terror
Vendetta inesorabile
T'è sopra , e il crin t'afferra.»
Ahi vista ! Ecco il patibolo ,
Rosseggia oh Dio ! la terra . . .
Scrivete sugli avelli,
O crudi : Eran fratelli
L'ucciso e l'uccisor.
Quando sarà che vincasi
Sì barbaro costume !
Per mezzo Europa scorrere
Veggo di sangue un fiume ;
Veggo chi muor , chi langue ,
Ma germogliar dal sangue
Non veggo la virtù.
Tu che di pace mediti
Consigli e non di affanno ,
Signor, quel giorno affrettane
Che immacolati andranno
Di fredda strage i regni ,
Che miti fìen gì' ingegni
Come nel ciel sei tu.
Manda per l'atre carceri
Questa beata spene,
E sonno almen benefico
Fra i ceppi e le catene
Que' miseri addormenti,
Che forse de' potenti
L'asprezza traviò.
Reggi per l'onde instabili
L'affaticata prora.
D'ospizio salutevole
Operette italiane 329
Il peregrin ristora ;
Ogni dolor fa stanco
In chi coll'cgro fianco
Le piume travagliò.
Questo luogo, senza che io m'inganni, ha lutto lo spi-
rito del bellissimo- La battaglia di Maclodio-che per
me è il più bello del Manzoni. Quantunque potreb-
be dirsi che quelle alle sentenze d'italico valore era-
no quivi chiamate dalla stessa natura dell'argomento,
e qui sono condotte dall'arte e dall'ingegno dell'autore.
Ma comechè tante e tali bellezze io avvisi in que-
sti inni, non è però che io non vi scorga alcun che
di non perfetto e di basso. Alcuna volta la sintassi
è forzata: ond'è che duro ne viene e difficile a rile-
varsi il concetto , alcune frasi son fuor del buon uso
o almeno non abastanza chiare, come ad es,cw])ìo - ver-
sar parole -dolor solenne^ per pubblico -parlare V ac-
cento del perdono - lo spettro del naufragio che si
prende gigante sul mare -il chirografo della moiie-la
congrega degli iniqui -Vaiato stuolo insano, ^er gli cn-
geli che furono ribelli -il lucido sentiero, ^ev lo ce-
leste sentiero -il fiore del cimitero che germoglia suW
estinto colla bruna foglia e col leggiero alito facon-
do - il peregrino della cenere obliata- n me non san-
no di buon gu'^to : e dirò più, mi tengono dello stra-
niero , e non possono fare buona lega collo stile degli
inni che per tutto è italiano. Vi ha pure alcun luogo
dove il sermone è pedestre, e potrebbe con poco sol-
levarsi : e r K. V. R, sei può di per se stessa vedere,
specialmente negli ultimi tre inni.
Tutte queste iraperfczioncelle però poco o nulla
tolgono al merito del poeta, il quale forse gentile co-
m'è spero non sapra olTendersi di queste mie osserva-
zioni. E qual uomo può egli pretendere che gli esca-
no perfette dalle mani le opere sue?
330 Letteratura
De' versi poi del Gargalio (1) non k a dire qua-
to siano belli , e quanto si raccomandino per se stes-
si ad ogni buon italiano. In essi piangesi la morte del
Delbene, del Pindemonte , del Cesari lumi e desiderio
dell'italiana lettratura, e si rinnovella il doloroso pi-
anto della morte di Giulietta e Romeo. Non nasconde-
rò, colla riverenza dovuta al buon traduttore d'Orazio ,
che lo stile è sovente intralciato , e la sintassi talvol-
ta troppo aspra ed irregolare: e dirò ancora che in
molti luogi è oscurità , o almeno difficolta non lieve.
Questo scrittore per vero ha una foggia di scrivere tut-
ta sua , sicché darne giudizio è opus periculosae
plenum aleae; ma il verseggiar sonoro e franco, ma i
concetti sempre trascelti , i voli arditi e sicuri, ad on-
ta di piccole mende, lo faranno avere nel novero de'gen-
tili scrittori dell'età nostra. Bello sopramodo mi pare
il luogo seguente dalla epistola in morte del Pinde"
monte.
Volgeran gli anni, e que'ch*entran le tombe
De' cari estinti a confortar di pianto
Pietosamente dolenti e solinghi ,
Te al fioco raggio di pallente lume ,
O Ippolito vagante ombra canora,
Rammenteranno , e i tuoi sepolcri. Il tocco
Udito apena da l'aerea torre ,
Mesto ricordator all'Adria ancella
Di sua cangiata sorte, oh come acuto
Echeggerà nell' alma , che delusa
Crede stabil soggiorno un breve albergo !
Volgeran gli anni, e ancor di te l'immago
(i) Le Veronesi, epistole IV di Tommaso Gargalio. Na-
poli i83i.
Operette italiane 331
Vedrà notturno chi passeggia i tristi
Campi di Libitina. Egli a le scarne
Guancie , ed al muover lento , ed al soave
Girar degli occhi; io lo ravviso , è questi
Ippolito , dirà , signor de'carmi
Malinconia spiranti , a virtìi sacri.
Ne meno belli e forti sono i versi dell'epistola ìa
morte del Cesari, in cui parla con voce di sdegno del-
la scuola iperborea, che tenta cacciare del luogo lo-
ro gli antichi maestri della civiltà italiana per col-
locarvi immagini che non esistettero mai che fra i ghiac-
ci le nevi e le tempeste , e non ebbero altra coro-
na che nebbie fumose, ne altro altare che monti e lan-
de deserte , e banchi di sabbia. Gentile poi è il fine
della quarta epistola , in cui invita la celebre Teresa
Vordoni Albarelli, poetessa italiana e delle prime, a
cantare gl'infelici amori di Giulietta e Romeo.
Que'che già d'Isabella e di Clorinda
Il fato deplorar flebili modi
Tenta dunque , o Teresa ; o tu di Saffo
Men dotta forse , ma di lei più bella ,
Di Giulietta o tu forse men bella
Ma più dotta e più saggia , e le lor ombre
Di pianto avide entrambe a te d'intorno
Vagoleranno ; lacrime soavi
Dagl'itali suggendo occhi amorosi;
Ch'anzi ad entrambe rifiorir sul labbro
Tu vedrai forse involontario riso ,
Qual rapido balen , e di Ciprigna
11 figlio di sottili arti maestro
Esulteik della gentil sua frode.
332 L E T T Ti 11 A T u ;i A
E questo basti deVersi del Gargallo, leggiadri e artifi-
ciosi in vero e degni d'essere letti. A me però die
lettura più cara il libretto de' versi del cav. Ricci ,
i quali mi parvero cosa tutta greca e tutta classica.
Spontaneità di frase e di verso , delicatezza di con-*
cetti, grazia e leggiadria distinguono, a senso mio, que*
sto Anacreonte novello (1), del quale direi più, se non
mi piacesse ripetere ciò die ho scritto per un altro
giornale italiano. Ma questo io dirò , che non poteva
il celebre scultore di Danimarca sortire più nobile poe-
ta, ne questi avere più degno subbietto a'suoi versi »
che lo scalpello di quel nuovo padre delle grazie e
maestro delle belle arti.
Ora resta che io dica alcun che delle prose : delle
quali è prima un'orazione in morte di Marietta Rossi Scu-
tellari (2), donna la più gentile che mai fosse, per cui ben
disse chidisse-che nel suo partir parti del mondo amore
e cortesia. -Autore di questa orazioncella è il dott. Giu-
seppe Petrucci. Egli fa un quadro bellissimo della bon-
tà, della cortesia, della liberalità di questa donna, tan-
to che a ragione può dire che la morte di lei e pub-
blico danno. E afferma che le virtù sue furono così
certe e manifeste a tutti , che non vi ebbe persona
di merito la quale anche poche ore si fermasse in
Ferrara, che a casa di lei non avesse ospitalità, e
non fiorisse nella sua amicizia. ,, E uomini di let-
,, tere e di scienze non solo di Ferrara , la quale in
„ gran copia ne possedea , ma d'Italia tutta , e mol-
(i) Anacreante novissimo del commendatore Alljerto Thor-
valdsen in 3o bassorilievi anacreontici , tradotti dal cav. An-
gelo Maria Ricci. Roma i832.
(2) In morte di Marietta Rossi Sculellari , discorso del
dott. Giuseppe Petrucci. Bologna iSoa.
Operette italiane 333
„ ti di oltremonti la tennero in pregio , e furono lieti
,, d'averla per amica. Noi tutti conosciamo la schiet-
,, ta intrinsichezza che ebbe con lei il divino scul*
„ tore, che al nostro secolo dà il nome; e come la
„ presentava sovente delle copie de'suoi lavori , che
,, si divulgavano per mezzo del bulino ; e come nel
,, transitare che faceva per rpiesta citta, prendeva ri-
,, poso nelle stanze ospitali di lei, laonde fu (non so
,, se buona od avversa ventura ) che nel mese di set-
„ tenibre del 1822 qui si fermasse più di una notte;
„ dappoiché nel breve tragitto da Ferrara a Venezia
,, fu colto dal male, che in pochi dì lo trasportò co-
,, là dove si può le ciò che si vuole. Noi abbiamo
,, veduto Vincenzo Monti , già antico conoscente di
,, lei, e Giulio Perticari, novello suo estimatore, per
,, le raccomandazioni che in persona gliene faceva
„ l'insigne suocero, di qui passando e soggiornando nel
,, 1821, a prendere diletto della giojosa esquisita sua
„ conversazione .,..,. Noi abbiamo saputo che lord
,, Byron, nella breve dimora che fece fra noi, rao-
,, strò desiderio di conoscerla , e come ne fu pago. E
j, noi sappiamo ancora , e tutti vedemmo più volte
„ l'affettuosa dimestichezza di che seco usava il con-
,, le Leopoldo Cicognara, per lignaggio e per natali
,, nostro concittadino (ferrarese), per fama e nelle
,, lettere nelle arti cittadino del mondo. E coloro poi
,, che sono stati compagni di giovinezza furono te-
„ stimonio degl'intimi rapporti che per amistà la strin-
„ gevano con Varano , Stratico , Savioli , i due Pin-
„ demonte, Gciretti, Foscolo , la Bandettini , Giorda-
„ ni. Compagnoni , e con tanti altri sommi. ,, In tal
guisa il sig. dottor Petrucci, rammemorando i pregi
e le doti di quella donna illustre, chiama ogni cuo-
re bennato a piangerne la perdita , e lei pone in e-
serapio al più delle donne italiane omai troppo im-
334" Letteratura
inerse nella mollezza del secolo , Io credo che ogni
gentile persona sapra buon grado al sig. Petrucci, tanto
più che egli parla col cuore, e con quell'ingenuità
che di leggieri si acquista fede : il che vai più che i
fiori deirdoquenza e i colori del bel favellare, che
almeno si potrebbero desiderare in questo discorso.
Ma che dirò io all' E. V. di quella lezione ac-
cademica se il verso di Dante - Poscia pia che il do-
lor potè il digiuno (1) - meriti lode di sublime , o tac-
cia d'inetto ? A confessarle schiettamente, il primo ef-
fetto che ha fatto in me quel frontispizio , non pos-
so tacerle, che mi è venuto uno sdegno, un dispetto
de' più grandi. E ingegni sommi si perderanno in
queste fanfaluche? Or via, un po' scioglietemi la que-
stione, nobilissimi estetici^ se nel giudizio di Michelan-
gelo quel diavol sannuto che sta per arroncigliare un
povero cristiano meriti lode di concetto sublime od
inetto. Ditemi un pò . . . Ma tant'è : Dante ha messo
air inferno mezzo mondo ; ed è egli ora messo a' tor-
menli da una folla di commentatori che l'han fatto
dire, disdire, e che ora dubitano se alcuni concetti,
che la veneranda antichità ha tenuti per sublimi, ab-
biano a dirsi inetti. Povero Dante ! Te ne l'altezza de'
carmi , né la grandezza dell' animo , ne la venerazio-
ne delle eulte nazioni possono difendere dalle uma-
ne stravaganze. Pur veggendo un nome rispettabilis-
simo nelle lettere, qual è quello del traduttore di Fiac-
co , di Tommaso Gargallo , ho frenato il dispetto ed
ho letto. Molta erudizione, molto buon senso, e giu-
diziose opinioni : nulladimeno dopo letto mi sono tro-
(1) Se il verso di Dante, Poscia ec, meriti lode di subli-
me o taccia d'inetto. Lezione accademica di Tomm.iso Gargal-
lo. Palermo 1802.
Operette italiane 335
vato neir imbarazzo qual prima. L'opinione che il eh.
Gargallo propone per accordare le opinioni, è assai
ingegnosa. Dice egli : - A Pisa fu ed è voce presso il
volgo che il conte Ugolino addentasse le membra de*
figliuoli ; air epoca del fatto ne fu vario il grido ,
e forse fu chi disse il conte antropofago per crescer
odio sopra chi l'aveva ridotto a tale : d'altronde la
storia , la natura del fatto , le circostanze mostrano
che egli morì d'inedia (poiché digiuno in istretto sen-
so vuol dire inedia e non fame , che è l'effetto dell'
inedia , sino però eh' ella non è all' estremo, perchè
allora cessa l'istinto del mangiare], e sottentra un sen-
so di debolezza mortale per cui a poco a poco 1 uom
n)anca) , e non morì per aver posto il dente all'ese-
crato pasto. Dante adunque, per non contraddire ad al-
cune di queste opinioni , troncò la narrazione in gui-
sa che ognuno potesse secondo gli piaceva o crede-
re Ugolino morto d'inedia, o morto et incontinenza, -
Siami permesso dire però che l'Alighieri non aveva
duopo ricorrere a eerti modi bassi per sottrarsi al
giudizio del volgo. Il poeta divino tratteggiò tutta la
scena in modo , che non dovesse rimaner dubbio il
fine ; e se non l'avesse fatto, sarebbe stato manco nell'
arte, ne avrebbe ottenuto quel pronto effetto che pur
egli cercava. E poi alla fine dicanmi questi signori
maestri di estetica, non è egli vero che per avere il
bello nel terribile, conviene che non vachino certe li-
nee , oltre cui le umane fantasie non possono spazia-
re che con pena e con angoscia ? Non è egli princi-
pio dell' arte la decenza ? E questa non importa ella
che le commozioni non siano troppo violente per non
essere tormentose ? Sinché vedrò Ugolino cadere di
fame sui cadaveii de' figliuoli , che egli fatto cieco
brancolando abbracciava : pietà, orrore, spavento dol-
cemente mi stringeranno il cuore. Ma se vedrò lui
336 Lbttekrtura
gìttarsi coi denti sulle membra de' figliuoli (che do-
vevan forte patire e cos'i accrescere la pena del pa-
dre), l'orrore lo spavento mi faranno ritorcere gli oc-
chi dal tristo spettacolo , e mi porranno l'animo in
troppo forte ed insopportabile agitazione. Quest' os-
servazione non poteva sfuggire all' Mighieri. Aggiun-
gasi che volendo egli mettere in obbrobrio la parte
guelfa, valendo che l'indignazione di tutti su lei ca-
desse , doveva fare che la pietà fosse in proporzio-
nato accordo coli' orrore, ne soverchias.se quest'ultimo.
Finche miro Ugolino morire cieco in misero amples-
so co' trapassati figliuoli, la pietà e l'orrore vanno dei
pari : e Ugolino move sugli altri più di compassio-
ne , perchè il suo supplizio è protratto più a lungo,
e maggiore ira si accende contro l'infame oppressore,
che a tal croce lo mise ; ma se egli si fa pasto de*
figli , il senso di pietà che si aveva per Ugolino sce-
ma , e su lui ricade assai d'odio , perchè men forte
de' figliuoli a sì indegno atto si è piegato. Tolto è
adunque cosi quell' effetto che pure è il fine della nar-
raziofic. Dante ha voluto che Ugolino veda prima ca-
dérsi a' piedi i figliuoli , poi divenga cieco , poi li
chiami e brancolando sopr essi manchi e moja , per-
chè Ugolino come figura principale del quadro de-
sti la maggior commozione : il che non sarebbe se
egli sbramasse la fame. Perchè quell' atto di atrocità
e di debolezza toglierebbe a lui tutto il merito della
primiera fortezza , e lui pure renderebbe odioso agli
spettatori , poiché essi giudicano a tenore delle im-
pressioni più forti che lor vengono da' sensi.
E Dante non vedeva egli queste cose? Oli si usi
a meglio lo studio di quel primo maestro di civiltà,
ne si faccia che quelle dottrine che valsero prima
ad ingentilire gli animi incruditi dalle fazioni , ora
siano semplice oggetto di questioni logodedalee , e foi-
Operette italiane 337
se in tutto vane. Miriamo al fine degli sforzi di quel
signor deir altissimo canto, e sia lo spirito di lui
che informi gli animi e le menti , non altro. Ne per
desiderio di novità o per brama d'essere inserito ne'
cataloghi de' libra] fra i commentatori di Dante ci con-
duciamo a strani commenti , e a movere questioni , e
a spargere oscurità sopra cose piane e chiare agli uo-
mini che in tre secoli ci precedettero. Ma , monsignor
mio , se io ho disviato mei perdoni : non ho saputo
per nulla contenermi. E forse lo stesso chiarissimo
sig, Gargallo ha sentito ciò che io sentiva quando
scrisse quella sua lezione , poiché egli stesso confes-
sa che a mal in cuore vi si h indotto, e fino dal
frontispizio ci avverte che un comando altresì lo fa par-
lare - ?ion inj'ussa cano. - La conclusione poi è ; che
questo verso è sublime perchè oscuro - U oscurità in-
gegnosa lungi di recarsi a vizio, sovente tra le mag~
giori bellezze va annoverata , e fra le più vicine al
sublime. Cosi egli. Io però, se è lecito che io inter-r
ponga il mio giudizio , terrò contraria sentenza e di-
rò , che questo verso è sublime perchè inchiude un
elevato concetto, il quale è evidente; ne si può ren-
dere oscuro che coli' usarvi tutto l'ingegno e le sot-
tigliezze.
Dopo questa lezione accademica ho letto con pia-
cere la lettera di S. Gio. Damasceno degli obblighi
de' coniugati (1), tradotta dal sig. prof. Pietro Ver-
miglioli per le nozze della sua Ester. Certo le sono
poche righe, ma pesano assai, e più anche poi le
dotte e gravi note che lo stesso sig. prof, vi ha ap-
(i) Delle obbligazioni dei conjugi ec. di S. Giovanni Da--
masceno lettera V lit. IV; versione di Pietro Vcrniitjlioli. Pe-
rugia i85'2.
G.A.T.LIII. 22
338 Letteratura
poste. Se tutti i padri nel dar marito a lor figliuole
le presentassero di tali ammonimenti , sarebbe con uti-
le grande. Cosi pure vorrei si facesse da coloro, che
pdr applaudire alle nozze de' parenti o de' congiunti
non sanno clie strimpellare un chitarrino che non ha
altro scopo che di movere il sonno più presto agli
sposi. L'esempio del eh, Verraiglioli merita di essere
«eguito da tutti.
Ultima di queste mie picciole letture è stata quel-
la di un comentarietto italiano molto succoso, e scrit-
to COR tutta la grazia dello stile italiano, E intor-
no la vita e gli studii di don Ignazio Guglielmo Ora-
ziani da Bagnacavallo (1), ed è offerto al eh, monsig,
Folicaldi pur egli bagnacavallese. Incomincia dalle
lodi della famiglia Oraziani si benemerita della re-
ligione e degli studii fino da' tempi di san France-
sco d'Assisi. Scorre con brevità i fatti principali della
sua vita , poi chiude con dire a proposito degli stu-
dii ; ,, Sono molte di numero e piiÀ di valore le poe-
„ sie del Oraziani , che in italiano fecesi manifesta-
„ mente ad emulare quello squisito giudizio di Eu-
„ stachio Manfredi ; in latino accostossi quanto altri
„ mai a Tibullo nelle elegie , a Catullo negli epi-
„ grammi , a Virgilio negli esametri , ad Orazio stes-
,, so nelle odi : ed è lume chiarissimo alla scuola
,, faentina , la quale conserva ancora ali* Italia , la
„ Dio mercè , incontaminato l'onore della lingua del
„ Lazio. „ Cosi egli , e bene. A me però pare che
quantunque il Oraziani sia gentile poeta italiano , pu-
re alcuna volta anziché avere la grazia del Manfre-
di , risenta della freddezza de' petrarchisti : e in la-
tino sebbene sia sempre sicuro in fatto di lingua, pu-
re nelle odi specialmente manchi di quello slancio
(i) Della vita e degli studi d'Ignazio Guglieliuo Graziani,
cvromenlario di Domcuico Vacculiai« Lugo pel Melandri i832.
Operette italiane 539
che è la prima lode de* lirici. Le sue elegie però e
i suoi endecasillabi mi pajono sopra ogni elogio. Sa-
rebbe lodevole pensiero il farne una scelta, ed unir-
vi alcuni bei versi di altri pur belli poeti italiani,
che ebbero culla in quel felice terreno d'Emilia.
Io credo , monsignor mio , che per arrivare a
capo di questa lunga cantafera ella avrà avuto a fa-
re il segno di croce più che dieci volte , ne avrk
terminato senza sentire d'avere esercitata la sua pa-
zienza. E me ne spiace : perchè ella merita tutl'altro
che noje da me.
Terminerò col darle una novella che assai le
giacerà. Don Cesare Montalti nostro , con quella sua
penna d'oro, ha alcuni sonetti di vario argomento ,
colla version latina , e li stamperà quanto prima. Egli
me lo ha promesso , e mi terra la parola. Cospetto
me la terrà ! o io ad ogni corso di posta lo verrò
stimolando finche mi sciolga la promessa. Le presen-
to anche una lettera latina diretta a me anni sono,
quando dalla cattedra di belle lettere di Solarolo pas-
sava a quella di Savignano. Ella parla di molte co-
se , e in ispecie della falsa lapide posta al fiume di
Cesena, onde da' raen dotti sia avuto per l'antico Ru-
Licone. E per le grazie della lingua latina , e per-
chè nulla esce di quelle mani che non sia oro , mi
par bello donarlo a lei , ond' ella , se converrà con
me della bellezza di quella scrittura , ne faccia do-
no al nostro giornale arcadico.
Piaccia all'È. V. Rina aggradire il presente che
le fo , ed avere me nel novero de' suoi servitori ve-
ri. Io le bacio le mani.
Dell' E. V. Rma
Di Pesaro il 16 agosto 1832.
Urho difio ed obmo scrv.
Giuseppe Ignazio Montanari.
22^
340
De veterum Rubicone^ Caesaris Moìitaltii epistola,
JQSEPHO IGNATIO MONTANARIO
sabmianensium rhetori designato
CaESAR MoNTALTIua
S, P. D.
amdiu acceperam , rumore nuncio , humaniorlbos
tlisciplinis excolere te ingenium tuum ; nuiic autem,
clatis ad me litteris , quam de te mihi expectationem
moveras , egregie sustines : suiit enim elegantissime
politeqiie scriptae , teque pervolutandis purioris lati-
nitatis aiictoribus jara proLe subactum , bonasque fe-
rentem fruges ostendunt. Non est proinde cur admi-
reris , si de tuis laudibus exirniaque indole multus
mihi cum clariss. Batliolomaeo Burghesio , qui litte-
ratorum hominum apud nos ordinem ducit , fuerit ser-
mo. Ilac ego praestantia viros praccipua quadam ob-
servantia prosequor , ncque quidquam jucundius mila
accidife, qnara si cum iisdera necessitudine et fami-
liarilate conjungai' : cum itaque ad tuam aditum cx-
pedieris , amo te plurimum. Sed vide , ne ad ipsara
ineundam falsa te illexerit virtulis species. Nulla in
me quippe ornamenta sunt , quibus conciliari amici-
tia solet ì; et scientiarum amor , quo teneor , habet
adumbratara solum , non expressam humanitatis ima-
ginem , unde capi animus possit, Obsequar tamen vo-
luntati tuae : et cum primum apud sanmarinenses me
recepcro (nunc enim omni foencre solulus autumna-
libus fcriis rtui iudulgeo) quantum publicae luivatae-
De veteiìlm Rubicone 341
tpie oCCupatìones , quibus in urbe omnium beatissima
assidue destineor, pati potcriint , commercio, ut li-
bi lubet , litterarum conglutinatam modo consucludi-
uem conferebo. Quod mens lucubratinuculas laudas ,1
facis lU quidem abuiidantia quadam amoiis , ut quas
adspergi maculis accidat , splcadidae libi esse vide-
antur : quamquam et tuas laudes eam in partcm ac-
ci pio ., ut in. iis coiiferendis humauitatis , non soler-
tissimi judicii tui, rationem habere te voluissc intel-
ligara. Ago tameu , habeoque tibi giatias quammaxi-
mas : video enira, aemmna tua me in lucro esse. Tu
interim urge, quod coepisti , bonarum litterarum scien-
tiarumquc praeclarum iter , in iisque adipisccndis col-
itica ingenium tuum : fructus ubcrrimos referes : raio
siquidem ., sin minus fortuna , gloria , quae praccipuum
externorum bonorum est ^ virtutera deserit.
Veiiio nunc ad celebrem illam S. P. Q, R. jus-
siouem , qua vetitura , ne quis ad urbem redieas ,
Rubiconcm armatus trajiccret , quae insculpla lajiidi
legitur in agro cacsonati. Ex iis , quae me iitlerrogas,
opes ingenii tui facile cogiioscoj pracseferunt eusm
peracre judicium, et in enodandis rerum dillìcultati-
Lus sagacitatem. Satius mihi foret, ea practcrii-e; cuni
quia esse tibi notissima prò certo habco , tum quod
nibil te dignum proferre possim: aliqua lamen adsuam,
ne meo magis pudori, quam tuo, videar satis desi-
derio fecisse. De Rubicone, veteri ac perillustri Gal-
Ijae Gisalpinae Italiacque olim limite , magna mo-
do obscuritas est ; et quaravis in hac Sparta adornan-
da praeclari nominis scriptores saeculo proxime elapso
insudaverint , adhuG sub judicc Iis est. Ariminenses,
dato pignore, contendunt , Riibiconem unum eumdem-
que esse cum Luso , qui prope se fluit. Cticsenatcs
mei non alium agnoscunt , quam qui parum dislat
ab suis moenibus , reliuclquc ibi hactenus priscuiu
342 Letteratura
nomen , elsi paullo infra cum Visatello , ut incìige-
nae euni vocitant , commutet. Pro iis Svetonius alii-
que facere videntur , adscripto ad ariminensem agruiu
Rubicone. Verum liaec ad coarctandos nostros fines,
non ad eum, ubi Lusus est, collocandum valènt. Ma-
gnum profecto adversarium Pliniura habent lib. Ili
cap. XVIII. Is Aemiliani ingressus viara , interfluen-
tes amnes ordine sic digerit: Ariminum\ Aprusa^ Ru-
bicon, Sapis. Ab ea igitur urbe Aprusa , ut nunc Lu-
sus , propius abest ; quin et in hujus corrupta voce,
veteris illius vestigia norainis dignoscuntur. Succedit
Aprusae Rubicon , ut modo aranis alter , qui prope
Caesenara ad ortura subit. Haec mihi tanti sunt , ut
in bisce vetustatis tenebris secundum caesenates pro-
nunciarem. Inscriptio , quara refers , aliena mihi pror-
sus videtur a castitate et splendore latinae linguae,
qua per id temporis , cura scse inscuiptam ostendit,
in publicis raonumentis romani utebantur ; veluti illa
sunt : Vexillum sinito : nec citra hunc amnem Ru-
biconem : hujus jussionis ergo adversus ierit. Prae-
tereo , quod et ipse per te faclllirae animadvertes ,
vocem comilito hic perperam usurpatam. Quid autem
tautologia illa: miles^ tjr^o ^ comilito^ maniputarius,
centuriae, turmae ? Quid illa repetitio : ultra hos fi-
nes arma prof erre ? Quid denique facta cura eo sce-
lere comparatio : ac si sacros penates e penetralihus
asportaverit ? Nunquara id in publicis tabulis exaratura
vidi : quo fit , ut judicio , quod illa de inscriptione
sane perhonorificura tulerunt Petrus Crinltus, Flavius
Blondus Aldusque Manutius , non modo non acqtiie-
scam , sed illud oranino iraprobera. Huc adde , per-
petuo legiones e Gallia in Apuliara Brutiosque trans-
ductas , supeiato Rubicone : proinde ex occasione pro-
dendi posteris celeberrimi seuatus consulti , quo Cae-
sar inter provinciae suae fincs retiuebatur , factum fuis-
ÌDe VETÉRtM RuiJICONÉ 3A3
se ^ dutn jam i-otnanus seimo a sua dignltate tcce?;*
serat , nullus dubito. Haec citrsim, relque potius ve-
haticae >, quam litterarìae in praesentia studiosus i quad-
re , uti cruda immaturaque iii iguetn , sì me amas ,
conjicito . Quod si majorem pleiiioremquc liuic ai-
gumento lucem suffundere forte velis , consulcndus libi
in primis Barth. Burghesius <, quem iterum honoris caus-
Sa iiorainabo ,» quippe qui possit uniis necessaria tibi
suppeditare sivc ab Iiistoria -, sive ab artis crìticae pe-
hU in rem tuam adjumcnta , teque ad ipsammet ve-
t-itatcm tot Inter dissidentiuni inter se opinlonura am-
bages manti , ut ita dlcam , facillime ducere : quod
qui eum antecessere ^ irrito hactenus labore conatos
fuisse, Unum si excipias Paschalem Amatium , qui rem
altigisse propius vìdetur, cordatus quisque , vel invi-
lus ^ fateatur necesse est. Vale interea , meque nulli
tmquam officio ^ quod in te colendo ornandoque ad-
hiberi oporteat , dcfuturum scilo.
Ex yillula mea ad Isapim idìbus octobris aiiJ827.
344
ARTI
BELLE- ARTI.
Memoria sopra Prospero Clementi
scultore reggiano
M. rospero Clementi è uno di quei pochi che ai suoi
dì neir arte dello scolpire per semplicità di stile pre-
se ad istudiare gli antichi, e gli imitò senza riu-
scire freddo e stentato copista. A ciò fare venne egli
incoraggiato dallo esempio dello zio Bartolomeo Span-
ni Clementi. Questi ebbe fanja di valente , laddove
pel snnnominato Prospero il suono della lode fu as-
sai minore del merito, e restò quasi sepolto con es-
so. Era riserbato al eh. Tiraboschi (1) il farla rivivere
neir opera in che sparge molta luce su la vita e in
sulle opere degli artisti degli stati estensi. Aveva-
lo , è vero , preceduto in tesserne V elogio il cav.
Francesco Fontanesi : ma questo elogio giacevasi ine-
dito , e ne dobbiamo la pubblicazione ad un egie-
gio profesore della beli' arte del dire. Dopo queste
due memorie sarebbe un perdere il tempo l'aggiun-
gervene una terza, se a questa non fosse dato il por-
re in luce alcune notizie a mio avviso non isprege-
voli della famiglia Clementi.
Da Bernadiuo di Clemente Spani cremonese , cui
toccò in sorte di porre il cognome alla casata de' Cle-
Belle-Arti 345
mentì , venne al mondo Prospero , non già in Mo-
dena come scrisse il biografo de' pittori italiani, ma
in Reggio di Lombardia. Imparò l'arte dallo zio Bar-
tolommeo , il quale , sebbene in essa spartissimo ,
fu poi dal discepolo superato. Dopo d'averla appresa
a dovere, venne a Roma per acquistar cognizioni ed a
perfezionarsi. Di qui tornò in patria a dovizia arric-
chito d' artistiche idee. Fu adoperato a Parma (2) in due
superbi depositi esistenti ancora nella confessione o
vogliara dire sotterraneo di questa cattedrale. L' uno
si è quello del santo vescovo Bernardo degli liberti,
ed è la prima opera che ivi entro travagliò. Dui vello
delli due putti , disegnatigli da Girolamo IVIazzola , Ira-
spira un' aria correggesca. Stanno essi in atto di so-
stenere la mitra ed il pastorale del prelato , la cui
statua è assai commendata. Vieppiù risplonde il suo
sapere nell' altro deposito. Su d'esso ammirasi l'effigie
di Bartolommeo Prati giureconsulto di gran nome. So-
novi due prefiche o neomenie, lodatissime dagli scrit-
tori delle cose parmensi per la bella maniera di pie-
gare maestrevolmente le vesti e per la mestizia che
loro traspare dal volto : nel che fare andò vicino agli
antichi , se pure non vogliara dire che li raggiunse.
Questi sono i lavori che gli dier nome in Parma. Nulla
dirò di altre sei statue di marmo che gli furono com-'
messe dai fabbricieri di quella cattedrale, perchè, come
ho fatto altrove vedere , hanno sofFerta la consueta di-
sgrazia di tanti bei monumenti di mano maestra, d'es-
sere andati a male. Ad altri lavori di minor conto ivi
parimenti die mano, avendo a compagni Bartolommeo
e Girolamo scultore non conosciuto dal Tiraboschi. La-
vorò Girolamo anche in Reggio da se , e nel pubbli-
co archivio è registrata la convenzione fra il suddetto
ed i rappresentanti il comune di Reggio per gli orna-
menti in marmo da farsi da lui per la torre dell'
346 Belle-Ar Ti
oriuolo. Torniamo a Prospero , che dopo di avere man*
dato ad effetto le obbligazioni contratte in Parma »
tornò a Reggio dove fece e lasciò opere insigni di
gusto greco. Prima di parlarne fo un cenno de* lavori
da luì bravamente eseguiti fuori della patria sua. Car-»
pi ha di lui due statue in marmo, in una delle quali
si raffigura la Fede » nell' altra la Carità tenute in
pregio entro d'una cappella di quel duomo , ov' è la
statua del Redentore in terra Cotta di mano del Regarelli
plastico famoso. E stato detto è si è creduto senza prò»
va sicura, che il Begarelli fece ì modelli ad Antonio
Allegri per la cupola del duomo di Parma: e si è ciò
detto e ripetuto da più d'uno a gran torto del som-
mo Allegri che tutto debbe alk sola solissinta sua
forza d'ingegno. Correggio, patria di questo pittore delle
grazie , potrebbe vantarsi ancor di presente di posse-
dere un' opera di Prospero Clementi , cioè a dire il
busto del medico Giambattista Lombardi , se per im-
prevvéduto disastro non fosse rimasto tra gli incom-
piuti e dimenticati. Mantova possiede il sarcofago del
vescovo marchese Giorgio Andreasi, che oggidì si àiii-*
mira in quel tempio di santo Andrea , una delle più
l^randi opere di architettura di Leon-Battista Alberti*
Potrei qui dire che anche in Bologna gli fu dato a
fare un san Procolo in marmo da porsi nell' atrio la-
terale della chiesa di san Domenico , ma mi asten-
go dall* affermarlo per essere riputato , ad onta dell
autorità del Masini , di Lazzaro Casario scultore bo*
lognese. Oltre a ciò la figura del martire avente in
mano la raanaja del manigoldo , tranne la testa di bel
carattere (3)', per detto degli intelligenti e molto lon-
tana dalla buona maniera de' grandi esemplari.
Per iscrivere a pie di quella statua t ,, Opus Pro-
speri di Cleraentibus t ,, converebbe supporre che vi met-
tesse poco studio e minor diligenza , il che non par
Belle-Arti 3^i7
Verosimile di un artista cui slava assaissimo a cuore
la propria riputazione. Avrebbe potuto avere impor-
tanti commcssioni in altre citta , e cosi propagare il
suo nome nelT alta Lombavtlia, se l'amor della pa-
tria non lo avesse ricondotto al nido natio e non gli
avesse inibito di pivi allontanarsene. Molte sono le ope-
re eh' egli fece in patria, se non tutte dell' istesso me-
rito, ninna però in opposizione ai sani principj dell*
arte. Merita di essere annoverato tra le prime il de-
posito di Ugo Rangone vescovo di Reggio , lavoro in-
signe degno di essere per mezzo dell' intaglio pub-
blicato fra ì monumenti piiì celebri dell'Italia nostra.
Non fu esalto il Vasari nel dirne la statua del pre-
Iato grande quanto il naturale, gingnendo essa a quin-
dici palmi di altezza. Poteva dire di statura non or-
dinaria^ quale sappiamo dalle relazioni di viaggiatori
niente visionari essere quella de' patagoni. Ben e vero
quanto egli aggiungne intorno ai due putti ottima-
mente condotti e dell* ultima vaghezza. 1 capitoli re-
lativi (4) air esecuzione del monumento sepolcrale fu-
rono stesi per mano di notajo, e firmati da' procu-
ratori del conte Ercole Rangoni e dallo scultore Cle-
menti. Una ^ anzi la più stretta delle obbligazioni che
gli furono imposte , si è questa di dovere eseguire ap-
puntino il disegno, lasciando roIo in arbitrio suo il
porre a lato dell' urna i due patti nell' attitudine che
più gli fosse a grado. Uno di questi due putti gra-
ziosi sostiene la mitra ed il pastorale , l'altro soreg-
ge Telmo e la spada. Il ben ideato mausoleo essere
doveva interamente ultimato entro lo spazio di anni cin-
que. Compiuta l'opera, ambe le parti dovevano scegliere
due periti per fissarne il prezzo : e in caso ^ non infre-
quente , che si mostraselo eglino di parere contrario,
il giudizio di un terzo stimatore aver dovevasi per
inappellabile. Frattanto si assegnano allo scultore per
348 B E L L E - A R T t
arra anticipata d'anno in anno alcune piccole monete
correnti in Modena a quei di. Indi tratto a buon fine
il lavoro, ne consegui l'intero agamento di scudi mille
ducente cinquanta d'oro in oro. Quanta non mal com-
pra gloria gli partorisce il fatto, tult' ora ai veggenti
per se lo addimostra chiarissimamente. Altra onori-
fica incombenza egli ebbe di poi dall' insigne capi-
tolo di quella cattedrale, e fu il dar mano (5) a cinque
statue belle e lodevoli di marmo di Carrara. I pat*
ti furono di passargli in tre rate scudi trecento
end' egli ir potesse a Carrara a provedere i massi del
marmo che gli [abbisognavano , e eh' entro il ter-
mine di otto anni esser dovevano finite di bella e
lodevole esecuzione. Qui pure, dopo l'ulliraa pulitura
delle statue, si li rappresentanti del capitolo suddetto
come l'artefice star dovevano al giudizio di persona
dell'arte: e il giudizio fu questo: Le cinque statue
per farsi comprare hanno pieno diritto di chiedere
e di volere scudi ducento per cadauna. Quello che
potrebbe farne maravigliare si e come i canonici gli
potessero imporre una si rigorosa obbligazione , men-
tre avevano dinanzi agli occhi una viva testimonian-
za del come l'arte di Fidia non gemeva altrimenti
sotto lo scalpello del loro concittadino. Ma non credo
di errare pensando che con verbale convenzione pre-
cedente il contratto gli avessero permesso di servir-
si in gran parte dell' ajuto degli scolari. Or dando al
mio pensiero quel peso che può meritare, non e a stu-
pirsi se i canonici strettamente obbligaronlo a dar loro
a suo tempo sculture ben fatte , e se queste sculture
a chi intende l'arte a fondo non pajono , tranne la
santa Caterina , da contarsi fra le opere migliori di
un artefice egregio. Lodato è a ciclo ed è degno di
lui il ciborio tutt' ora conservato in quel duomo da
lui stesso ridotto a perfetto finimento. Il Redentore in
B E L L E- A R T I 349
bronzo sovraslanne al ciborio con in mano il vessillo
dell' umano riscatto , a dirlo in poco, h un prodigio.
Scolpi un altra effigie del Salvatore per la confra-
ternita de' crocessegnati, con questo divario che il pri-
mo , se credi al senso della vista, ti sembra librato
in aria , e questo secondo adossatosi il peso incom-
prensivamente gravoso (6) della croce par che si di-
ca „ Osserva quanto mi costì!,, Di quest* ultimo se
ne hanno più copie in medaglie coniate in oro e in
argento. Graziosissirae sono pure le forme d'una sta*
tuetta avente in sulle spalle una conca ad uso di ba--
ciao , ritratto , se non mente la fama , della serva
del Clementi. Non mi fo qui a ragionare delle sta-
tue colle quali decorò egli la rappresentazione (7) dell*
Alidoro , perchè non ne rimane che la nuda descri-
zione in istampa : ne farò altrimenti parola d'altri
due depositi , uno del canonico Girolamo Fossi, l'a-
tro di Cherubino Sforziauo protonotario apostolico ,
maestro di oriuoli eccellentissimo a detta di Benve-
nuto Cellino. Il primo deposito è ancora in essere
come usc\ di mano all' artefice : non è così del se-
condo. Ttasportato in luogo dove si è voluto adat-
tare il deposito al sito e non il sito al deposito , co-
me far si doveva , è rimasto privo del basamento di
marmo e di due vasi. Malamente si è creduto di po-
ter rimediare al mal fatto con sostituirvene altri due,
che non istanno in corrispondenza coli' assieme , come
scrisse il sulodato cav. Fontanesi, attissimo a giudi-
care dell' esatta simetria delle parti col tutto.
Allorché Alfonso secondo (8) da Este fece in Reggio
la sua entrata solenne, quo' cittadini per onorarlo addos-
sarono il carico al Clementi di fare in breve una sta-
tua gigantesca rappresentante M. Emilio Lepido. È a
dolersi che detta statua fosse costrutta di materia
fragile in guisa , che appena passati que' giorni di
330 Belle-Arti
splendido festeggiamento venne atterrata e ridotta in
frantumi. Più nobile lavoro gli fu poscia allogato,
fjual era il modello della citta di Reggio , modello
che i deputati mandarono a Milano ond' ivi fosse la-
vorato in oro da presentarsi al nuovo duca in omaggio.
Non fu il Clementi soltanto scultore di grande
perizia , ma fu insieme architetto: ed anche per que-
sta parte i suoi talenti sarebbono più noti, se fosse
slato impiegato in cose grandi. N' è prova il suo di-
segno della facciata di quel duomo non ha guari (9)
dair ab. Giambattista Ventura , uomo nelle scien-
ze fisiche d' alto intendimento , fatto intagliare in
rame. Di quanto avrebbe cresciuto di ornamento la
patria sua se quasi sul nascere di tanta impresa non
r avessero abbandonata ! Ne ignoro il motivo, e so
che talvolta ben ideati edificj in sul cominciare ti
dismettono a cagione di sinistri avvenimenti. L'interno
solo dell' atrio venne ultimato sino presso ai capitelli e
non più. Il portico , che Vitruvio appella pronaum,
aver doveva , stando al succitato disegno , cinque gran-
di arcate , due laterali e tre di faccia corrispondenti
alle interne navi del tempio. La cornice maggiore do-
veva essere sostenuta da sei colonne e due pilastri,
coji quattro statue negli intercolunnj ed otto in ded'»
tro al vestibolo « delle quali solamente quattro ora
si veggono entro alle nicchie loro. Sul frontespizio
della porta di mezzo di assai bel garbo si ammira-
no Adamo ed Eva , due statue che se non uguaglia-
no per dir poco si avvicinano all' antica eleganza.
È tradizione che più d'un colto viaggiatore atbia af-
fermato doversi scrivere sotto di esse : Michel Agno-
lo fece : ma non è a farsi gran caso ne di questa
tradizione, ne di questi giudizj che non di rado pog-
giano sul falso. E meglio perciò riparlar del dise-
gno. Al di sopra dell' accennata cornice sorger do-
Belle-Arti 351
veva una balaustrata con quattro statue e due pira-
midi. Fra l'una e l'altra piramide sopra di sei co-
lonne poggiar dovevano rarchitrave ed il frontespi-
zio avente il timpano senza verun ornamento. Quat-
tro piedestallelti sulle pendenze laterali avrebbono do-
vuto servire di base ad altrettante statue. Lo spa-
zio interposto fra Tuna e Taltra delle sei colonne avreb-
be messo in una galleria adorna pur essa di «tatue,
A tutto questa dovevasi sovrapporre un' altra piccola
balaustrata, ed una nicchia di buon gusto nel mezzo
con entro l'immagine della Madonna. Forse parrà a ta-
luno soverchio il numero delle statue, e gli accessori
non appieno conformi alla greca semplicità. Che che
ne sia non voglio ne posso Decaparmi in critico esa-
me , sendo mio impegno il riferire e nulla piìi. Per-
ciò fo qui punto , e passo a dire d'altre due statue
rappresentanti Ercole (10) e Lepido. Se desse egli
mano alle medesime per ordine altrui, o se le abbia
fatte per genio di far vedere ciò che può la scol-
tura non solo nel tenero e delicato , ma ancora nel
maschio e nel robusto , non m'è noto.
Queste non sono le sole opere principali da lui
magistramente condotte a buon fine , mentre sappia-
mo che a pili altre rivolse l'ingegno e la mano ; al-
cune delle quali sussistono ancora , e di varie altre
non 8Ì conserva che la memoria. Nel numero di que-
ste ultime dobbiara porre il Mosè, il Sansone, ed ot-
to virtù. Facevano per cosi dire corteggio alla Ver-
gine scolpita in marmo rosso col divin Pargoletto in
grembo sostenente colla sinistra la croce , intorno del-
la quale è avviticchiata la serpe. Queste figure esiste-
vano nell'oratorio dell'Immacolata : oia però, a riser-
va della Madonna e del Bambino , le altre perirono
miseramente. Gotico cenno allo ingrandirsi di quclT
oratorio nel 1762 fé si che dal martello di mura»
352 lÌELT-E-AllTI
tore spieiato ridotto (osse in pezzi informi quanto eravi
di etfiggiato in istucco o in creta. E tanto più è a
dolersene, in quanto che dall' opinione comune si ri-
tenevano due di quelle statue pe' ritratti di Pros-
pero e della moglie sua. Per sifatti abusi , non rari
ancora oggidì , ad onta delle giuste ed alte lagnante
degli amatori delle italiche bellezze, si smarrirono cin-
que busti di marmo gelosamente guardati sino ai gior-
ni di snaturato delirio d'uomini plaudenti al duro ser-
vaggio d'Italia. Ai sunnominati monumenti sepolcrali
si debbono aggiungere quello di raonsig. Filippo Zo-
boli col busto rapprescntantelo al vivo , unitamente
all'altro in che riposano le ossa dell' autore del li-
foro che ha scritto in fronte - lunioris Ludovici
Pariseti regiensis de immortalitate animae. - E no-
to che l'arte dello scolpire comprende la plastica , i
getti in bronzo , i lavori in avorio. Egli seppe im-
piegarsi maestrevolmente nel modellare colPargilla, nel
fare come bronzista busti e martelli da porta di gra-
2Ìo«issime invenzioni, in uno de'quali è ancora oggct-
lo di meraviglia un saliretto o genio alato con grappolo
d'uva ia sulla destra, poggiando la sinistra al tralcio
della vite ubertosa , nel lavorare crocefissi in avorio,
delle quali opere non ho lumi che bastino a dare una
minuta descrizione. Oltre a ciò non è ne può essere
mio assunto il dire il ninnerò e la squisitezza de'suoi
lavori , se non tutti di ugual succeso, tutti però sem-
])re al di sopra della mezzanità. Gravato il nostro
Prospero dagli anni, e più degli anni dalle lunghe
fatiche di mano e di pensiero sin quasi agli ul-
timi periodi della vita , part\ da questo mondo mu-
nito di tutti gli aiuti spirituali alli 2G di maggio
del 1584 per irsene dove non si torna più indietro.
iNon so se di sua partita maggior fosse il dolore o
il danno della patria e de'cougiuuti suoi. Era ben giù-
Belle-Arti 353
sto il risentirsi delia perdita di un eccellente artista.
Noi dirò peraltro col chiarissimo autore della Bliblio-
techa Modenese- scultore di cui in Italia non sorse
mai poscia per avventura il maggiore ,- ne detto l'av-
rebbe egli stesso, se avesse messo piede entro il duomo
d'Orvieto dove esistono capi d'opera di que'dì d'Ippoli-
to Scalza orvietano scultore ed architetto celebratissi-
rao. A giudizio di un caldo amatore delle arti belle
campeggiano nel gruppo della Pietà le grazie del Cor-
regio. Ma i di lui giudizj talvolta soverchiamente azzar-
dati aver non si possono per sempre infallibili. Ciò sia
detto senza pretesa di menomare l'alta stima in che ave-
I e si debbono le opere e il nome dello scultore reggia-
no. Dalla sua scuola uscirono Nicola Sanpolo e Fran-
cesco Pacchioni amendue scultori di qualche abilita.
Compiuti i funerali nella chiesa del Carmine dell'
insigne maestro , che splendidi furono a commoventi ,
fu ivi sepolto con epigrafe fattagli apporre dal figlio
riconoscente per assicurargli perpetua ricordanza (1 2).
Quattro anni dopo a canto alla prima venne posta una
seconda lapida, alla spesa della quale concorsero a ga-
ra il detto Flaminio e Francesco Pacchioni, l'uno e l'al-
tro a perenne testimonianza d'animo riconoscente.
Questi contrassegni della pubblica ammirazione
verso chi meritò titolo di valoroso magnificano la pa-
tria, ed accendono negli animi ben nati un forte de-
siderio di emularlo.
Bartolomeo figlio di Clemente Spani cremonese,
cognominato de' Clementi a cagione del nome del pa-
dre , fu ancor esso bravo architetto e valente scul-
tose , sebbene non abbia pareggiato il nipote. Più
della statuaria possedè le affini figlie del disegno , e
il Tiraborchi , scrittore di chiarissima memoria , ne
ha parlato con quella lode che gli è dovuta. Tro-
vasi pure segnato con lode il suo nome nell' isto-
ria dell'italica scoltura del celebre conte Cicognara ,
G.A.T.LIII. 23
35A Belle-Arti
dove al cciLo non vi si doveva oiueltere quello del
nipote egregio. Tale omissione giustifica (juel detto
di Giusto Lipsio „ Quidam merentur famam, quidam
liabent. „ Venne meno il nome d'alcuni uomini vera-
mente grandi perche mancarono di lodatori. Di quan-
ti artisti di molta bravura nou si tenue conto fra noi,
come potrei far vedere se non volessi aver discorso che
de' soli Clementi! Se fosse vero quanto narra il P. ab.
Affarosi, sarebbe opera della mano di Bartolomraco il
deposito d'Orazio Maleguzzi: ma per essere Bartolom-
meo premorto al Maleguzzi e per non vedervisi quella
venusta che forma il carattere delli due Clementi, nin-
no vorrà soscriversi al parere doli' AlTarosi. Il busto
di Orazio parne che ne additi una mano piii esperta
di quella che fece le due statue e tutto il restante della
mole grandiosa : ma non m'è noto qual fosse , ne so
se il figlio di Bartolomeo Giovanni Andrea scultore
egli pure a tanto valesse. Rimane memoria di un S. Tom-
maso dello stesso Bartolomeo di tutto rilievo di mar-
mo di Carrara, del quale non e a mia notizia che siane
avvenuto. Fra i numerosi lavori suoi si citano ancora
gli ornamenti della porta della casa Donelli, ora dall'
intemperie delle stagioni ridotti a pessimo stalo , co-
me guasto nel cornicione è il fregio di Giovanni Gia-
rola natio di Correggio, le quarantotto colonne di mar-
mo del primo chiostro già de' monaci cassinensi , il
dcjiosito di Andrea Zoboli ora , a riserva del jbusto,
inlcrameule demolito, e più altre opere delle quali uu
amantissimo delle patrie cose ha partitamente parlato.
Ma ciò che maggior onore recogli e glielo reca tutt'
ora si è il vanto di orafo e di fonditore singola-
rissimo che gli fu dato a'suoi di. Le opere di fon-
deria , e specialmente quelle eseguite pel monistero di
santa Giustina in Padova, giustificano la lode che di
piesc'ute ancora vicngli accordala. Dcdicobsi insieme 1
Belle- Arti 355
all' architettura; e se fossero in essere i suoi disegui
e quello particolarmente della facciata d'una chiesa
nella sua terra natale , ne farebbono sicura testimo-
nianza della sua bravura ove avesse avuto favorevoli
mezzi d'occuparvisi di proposito. Morì in patria iu
età avanzata, lasciando tre figli eredi dell' asse , ma non
del valore paterno.
NOTE
(1) Cav. Girolamo Tiraboschi bibl. mod. Gav. Pro-
spero Fontanesi discorso accademico. Reggio 1826.
Nel duodecimo volume della biografia univ. ant. e
moderna, Ven. 1823, evvi un articolo sul Clementi
copiato dal diz. storico impresso in Bassano, che nul-
la contiene di non detto e ridetto.
(2) Alle memorie intorno al Correggio tom. 1
pag. 171 tom. 2 pag. 54 e 200 si debbono aggiu*
gncre le seguenti parole tratte dalla Guida di Par-
ma del prof. Paolo Donati. Parma 1824. -Così pu-
re i bassi rilievi sono opere dello scalpello di Pro-
spero Clementi eseguite sul disegno di Girolamo Maz-
zola. - Infatti dai libri della fabbrica della cattedrale
di Parma trascrissi quanto segue : - Pagate il dì 18 sett.
1544 a Girolamo Mazzola detto Bedolo pittore perii
molti disegni fatti per la sepoltura de s. Bernardo e per
haver cura de la sepoltura e per essere andato a Re-
zo dalli mastri taia pietra lir. 50 - Il suddetto scrit-
tore propende a credere ultimata da Giabattista Forna-
ri la statua del martire s. Agapito, Dal P. Isidoro Gras-
si (Notizie varie mss. di Parma 1732) diccsi fatta da
Prospero Clementi. Io so che per la fattura di quella
statua ì fabbricieri pagarono in diverse rate a Giam-
]>atista Barbieri centoscttanta scudi d'oro ; so di piiì
che i cronisti parmigiani da Erba e P. Zappata prc-
35G Belle- Arti
sero un granchio attribuciulo a Gianibatllsta Fornari
il deposito del conte Guido, riconosciuto dal slg. Do-
nati per lavoro - di Giambattista Barbieri scultore na-
to a Correggio. - Qell' equivoco loro eccone una pi4
certa prova estratta da un documento autentico in
che si legge: - I sindici ed i fab])ricieri della B. V.
della Steccata danno all' egregio sig. Giovanni Bat-
tista de' Barbieri scultore q. Pellegrino da fare il se-
polcro di marmo dell' Illmo bo. me. conte Guidone
da Correggio secondo il disegno del detto Gio. Bat-
tista ec. ec. - Serva questa breve digressione a mostra-
re che un si bravo artista non meritava al certo d'es-
sere obbliato.
(3) So dalla gentilezza del eh. prof. Francesco
Rosaspina e dall' egregio sig. Gaetano Giordani, che
la detta figura - è piuttosto di gofFe proporzioni di
grandezza meno del naturale. - L'autore della Bologna
perlustrata ed il cav. Francesco Fontanesi l'ascrivo-
no al Clementi , ma il Malvasia, lo Zanotti nel Pas-
saggero disingannato , il Marescalchi Descrizione del-
la chiesa di s. Domenico Bologna 1823 pag. 53, rav-
visonla scolpita da Lazzaro Casario bolognese, e lo
stesso ripetesi nelle guide di quella dotta citta del 1 782
e 182G. E' incontro alla sepoltura del famoso dotto-
re Alessandro Tartagni.
(4) Ho copia esatta sott' occhio degF accennati
capitoli firmati nel 1562, 30 luglio, in un mss. del
fu sig. Prospero Fontanesi , da lui stesso offertomi in
dono , intitolato - Aggiunte alle vite dei pittori reg-
giani del Tiraboschi. - Sotto de' medesimi non v'è so-
scrizion di notaio. Bastine un sunto. * M. Prospero sia
obbligato far detta sepoltura a tutte sue spese e fa-
tiche secondo il disegno . . . i due putti o in piedi
o assentati come più parerà a lui ... le tre statue
di maiiuore di Carrara ... la cassa di marmorc di
Belle-Arti 357
Verona . . . l'epitafio di paragone . . . tìue scultori
periti abbiano da estimare detta sepoltura fra il ter-
mine di sei mesi dopo sarà finita ... in caso fos-
sero discordi fra loro ne possano eleggere un terzo
perito ... alla cui stima sieno obbligati di stare . . -
pagamento scudi railleducento cinquanta d'oro in oro ec.
(5) Squarcio di capitoli rogati dal notajo Carlo
Buggeri fra i dui canonici del duomo Prospero Pre-
videlli e Gabrielle Lippi e lo scultore Clementi 1572
luglio 10 . . . - M. Prospero sia obbligato far cin-
que statoe di marmore di Carrara sotto il nome di
ciascuna che più piacerà alli SS. Canonici a tutte
sue spese et siano di altezza di B. quattro e non
meno et abbia bavere scuti ducento per cadauna . . .
farle belle e laudabili e finite che saranno far sti-
mare che vagliano il prezzo convenuto et non valen-
do detto prezzo sia defalcato quel tanto manco delli
ducento scuti . . . finiti li otto anni . . . caso che
il m. morisse, che Dio non voglia, sia obbligato il ca-
pitolo pigliare in se li sassi condotti et pagarli quel-
lo che saranno stimati , non mettendo esso m. mano
però se non in una figura per volta ec. -
N, B. Le quattro statue che saranno nella fac-
ciata del duomo rimasa in tronco rappresentano i
ss. Grisanto , Daria , Venerio e Gioconda. Quelle del
presbiterio i due santi Prospero e Massimo e santa
Caterina.
(6) Il conte proposto Gaetano Rocca, di sempre
acerba e cara memoria e pel suo sapere e per la sua
pietà, alla pagina l22 del suo diario sacro istorio-
grafo reggiano per l'anno 1827, ove tratta delle con-
fraternite di Reggio accennarido quella della visitazio-
ne di M. V. ne fa sapere che - esisteva in essa la
famosa coppa per l'acqua santa, detta volgarmente la
serva, del nostro sculloie Piospero Clementi, che ora
358 Belle-Arti
sì vede in s. Spiiidione • . . Merita d'essere veduta
nella sagrestia dell' oratorio della immacolata Conce-
zione una scultura della B. V. col bambino in brac-
cio opera del nostro Prospero Clementi ... All'ai-
tar maggiore dell' oratorio de' Crocesegnati, stava iso-^
lata la bella statua del Redentore di Prospero Clemen-
ti, che ora si vede nell' insigne basilica di s. Prospero. *
(7) Nel sesto volume della biografia universale
che si ristampa in Venezia evvi inserito un artico-
lo del sig. Ginguenè «ul citato nobile scrittore reggiano
da cui trascrivo : - Bombario, che Mazzucchelli chiama
pure Borabace , ma che si nomina Bombario in un
dizionario storico, assisteva nel 1596 ad una rappre-
sentazione del pastor fido del cav. Guarini suo ami-
co .. . compose un Alidoro che fu rappresentato a
Reggio davanti alla regina Barbara d'Austria duches-
sa di Ferrara; se ne trova una descrizione stampata a
Reggio 1568 in A.'*, ma la tragedia stessa non lo fu
mai. - Conobbe l'Ariosto e fu intrinseco di Prospero
Clementi, pel quale scrisse al Vasari per di lui com-
missione nel 1 572 : - Prospero Clementi ha molto ob-
bligo a V. S. Ma , per quanto pare a me, ne ha d'ave-
re molto poco chi l'ha informata di lui. -
(8) Negli inediti annali reggiani del celebre Gui-
do Panciroli si legge , che per l'andata del duca Al-
fonso a Reggio - In foro Marci Aerailii Lepidi instau-
ratoris elTigies stabat a Prospero Cltmente admiranda
fama longitudinis decem ulnarum afFecta, in cujus ba-
si scriptum erat :
„ M. Aemilius Lepidus urbis instaurator, in maxima
Iffititia adveniente Alphonso II duce V, hujus V. con-
servatore , a S. P. Q. R. erectus ,,
In quella stessa occasione formò il modello della
citta di Reggio, poscia il disegno della facciata sullodata,
come narra il cav. Fontancsi, fatto secondo il parere
Beli. E- Arti 359
tìl Vltruvlo e del Vignola. Ora è inciso ili fianco alla
pianta o mappa di quella città, per cura del tinoraafo
filosofo Giambattista Venturi. Le opere del Fonlanesi
non meritano di essere dimenticate. Nel tomo secon-
do per le belle arti pag. 43, Roma 178G, si legge - Le
scene qui dipinte dal Fontanesi pel teatro A liberti
per mancan/.a de'lumi, e perchè preparate con inesat-
to meccanismo, non ebbero felice incontro . . . Nel-
la seconda opera avendo cambiato maniera produsse-
ro migliore effetto. - Importantissimo avvertimento, ben-
ché assai trascurato, dice il severo Milizia - del teatro. -
Roma 1T72,- e quello della disposizione de'lumi. - Per-
ciò forse le scene teatrali del Fontanesi non ebbero in
Roma quel plauso che ottonerò in varie altre citta d'Ita-
lia. Della bravura sua in questo genere di prospettici
lavori hassene un saggio per mezzo del buliuo del con-
te Giovanni lìocca professore d'intaglio nel patrio li-
ceo. Alla di lui amabile cortesia debbo l'avere potuto
trascrivere le seguenti lettere del Fontanesi al conte
Luigi Rocca, buon paesista ed ottimo padre del suddet-
to padrone ed amico conte Giovanni.
,, Milano li 31 gennaio.
„ Io non vi ho risposto prima : in verità che non
è stato per pigrizia , è stato per impotenza. Era im-
merso giorno e notte nell' applicazione e nella fatica.
Io mi era proposto di volere piacere per forza ed a
dispetto di chi non voleva. Vi sono riuscito , e l'ap-
plauso e stato clamoroso. Voi avete abbastanza tli co-
gnizioni per immaginarvi qual fatica mi deve aver co-
stato a pensare e ad eseguire tutto al rovescio di quello
che ero solito. Qui amano le crudezze i capricci e
le caricature , perche cosi sono, avvezzi ,' e per loro ba-
sta una scena frappi l'occhio : del resto non ba'dano
ne a castigatezza di disegno , ne ad armonia , ne a
tante cose che rendono la pittura cara ed espressiva.
3G0 Belle-A rti
Partirò al più presto che potrò. Comaiulatemi e cre-
detemi sempre di cuore.
Il povero re di Francia e stato decapitato. „
„ Venezia 4 decembre.
„ Sono in un caos di lavori. Quindici scene per il
giorno di santo Stefano . . . comandatemi ec. ,,
Non fu egli pittore soltanto di cose teatrali , ma in
sua prima età dipinse in patria tutta la chiesa di S. Naz-
zario, e capricciosamente una cameretta di un casino
a monte Caulo. Cresciuto negli anni dipinse la cu-
pola del duomo , la cappella Calcagni , diversi paesi
ad olio, de' quali se ne trovano in più cose di f^eg-
gio. Né volendo dir tutto ricorderò due prospettive ,
una nel palazzo Torelli , l'altra per la famiglia Roc-
ca , ultimo tocco del suo pennello.
(9) Ercole Rubini cronista di Reggio scrive, es-
sersi dato principio alla facciata del duomo con or-
dine corintio sul disegno del Clementi : disegno , pro-
segue , diverso ossai , benché dell' istesso ordine, da
quello di Sebastiano Sorina architetto asolano , col quale
si cominciò la nuova chiesa de monaci negri di S. Be-
nedetto sotto il titolo di S. Pietro alli 49 aprile 1586.
Notizia tratta dalla pagina 29 del nuovo diario sacro
reggiano.
(10) Alessandro Miarì , cosi trovo nel ms. del di-
ligentissimo Prospero Fontanesi lodato dal Tiraboschi co-
piatore di antiche carte del patrio archivio in una sua
relazione, prodotta dal Tacoli tom.IIT. pag. 286, afferma
che le due statue di M. Emilio Lepido e di Èrcole furono
collocate lateralmente alla porta del palazzo Scaruffi.
l'anno 4622 li 17 marzo dai fratelli Gio. Maria Gi-
rolamo e Marcello di questa famiglia. „ Ho fatto ve-
dere, alla faccia 56 dal tomo II delle memorie sul
Correggio, che nel 1721 la contessa Claudia ScaruIIi
de' marchesi Prati di Parma fece al duca di Mode-
Belle-Arti 36!
na una spontanea offerta delle due enunciate statue gi-
gantesche, e donò a raonsig. Prospero ScarufH vie. gen.
in segno di gratitudine un crocefisso d'avorio dello
stesso Clementi.
Errò chi gli attribuì il deposito di Girolaitio Fon-
tanelli in S. Domenico: e di tale errore ne convince
la convenzione a rogito di Claudio Vedriani 1 585
7 giugno, seguita tra i Fontanelli ,, con maestro Fran-
chino Sanpolo tagliapietre di Reggio per la fattura
del deposito „ che è sicuramente quello di Girola-
mo Fontanelli che esisteva in S. Domenico da ese-
guirsi nel termine di un anno per scudi 58 d'oro dalla
Lalla. Mss. Fontanesi.
(11) A rogito di Marco Martelli 25 feLbr. 1562, cosi
pure il detto manoscritto, Prospero Clementi confes-
sa d'aver ricevuto un acconto di 40 scudi d'oro per
la fattura dell' altare maggiore dai confratelli della Con-
cezione presso S. Francesco per la fattura di un al-
tare di marmo per la loro chiesa . . . Alle opere sue
devonsi aggiungere una B. Vergine col bambino ia
braccio esistente nella sagrestia della confraternita sud-
detta , un Redentore che abbraccia la croce, di mar-
mo bianco di Carrara di un sol pezzo, di altezza di
quattro palmi romani, rammentato da Bernardino Pra-
tisoli nelle sue considerazioni sopra l'Alitinonfo di
Gaspare Scaruffi, il quale però ora non sappiamo dove
esista, e cinque busti di marmo esistenti in una ca-
mera presso i minori conventuali di S. Francesco. -
(Ì2) Dal registico de'traspassati all'altra vita, par-
rocchia di S. Prospero , rilevasi aver egli cessato di
vivere quaggiù alli 20 di maggio 1584. Fu seppel-
lito nel Carmine con le inscrizioni riportate dal Ti-
raboschi, ed ora esistono in duomo, cui intorno il cav.
Fontanesi dipinse il fregio, come fece intorno alla la-
pide sepolcrale del conte Agostino Paradisi in S. Do-
362 Belle-A rti
menico. Brano di lettera del rinomato sig. Gaetano Gior-
dani „ L'altro jeri mi capitò per le mani un opusco-
letto di circa venti pagioe con questo titolo ,, Ode
pel sepolcro di Prospero Clementi reggiano, con or-
namenti pittoreschi condecorato dall' egregio giovane
architetto sig. Francesco Fontanesi accademico de-
mentino. Reggio pel Davolio stampatore ducale. „ Que-
st' ode è dedicata al Fontanesi dall' ab. Gaetano Be-
senza il quale nella dedica , che è in prosa , lodando
il Clemente lo chiama coU'Algarotti il Correggio (Jella
scoltura. ,,
(13) Il conte Cicognara, storia della scoltura tom. 4
pag. 339 seconda ediz. ,, Bartolomeo Spanno da Reggio
insigne statuario . , . ma più che il merito di statuario
insigne pei marmi , parie che avesse la fama di esi-
mio fonditore ed orefice. Nella lapide sepolcrale è chia-
Imato, Bartholoraaeus Spanus exiraius aurifex ac scul-
ptor ec. - ,,
Cesare Cesariano, cemento a Vitruvio pag. 98 a
tergo. ,, Il nostro Cristoforo dicto il goto con Augu-
stino Busto racdiolanensi , Tulio Lombardo in Vene-
tia , elemento in Reggio di Lombardia . . . sono di-
gni di essere comandati cum maxima laude. „
Anche nel Comento a Vitruvio del Caporali si tro-
va ricordato : „ Clemento in Reggio di Lombardia. „
Historiarum caenobii D. Justinae . . . autore D. Ja-
cobo Cavaccio ... ,,Ignatius abbas jusserat Bartholomaco
Spanno regiensi statuario insigni ut simulacrum san-
ctae Justinae argenteum conflaret . . . Spanni item ope-
ra sunt tabulae argenteae minirais quibusdam historiis
sculptae et ca etera ormamento sacrorum librorum ec.
Gio. Battista Rossetti, Descrizione delle pitture di
Padova ivi 4TS0 pag. 198.-,, Statue d'argento rappre-
sentanti S. Prosdocirao e S. Giustina in mezze figu-
re .. . di Bartolomeo Spannoda Reggio insigne sta-
tuario de* suoi tempi ec. ,,
Belle-Arti 3G3
Pietro Brandolese. Pitture di Padova. Ivi 1795
pag. 95.
,, Due statue d'argento rappresentanti 9. Prosdo-
cimo e S. Giustina, che hanno ne' basamenti loro al-
cune azioni di questi santi in minutissimi basso -ri-
lievi, opere egregie di Bartolomeo Spanno ce.
(14) Metto in luce un brano di lettera del P. Resta.
„ Dissi al tedesco: Sete stato voi a Reggio di Mo-
dena in una strada larga, dove è un buon casamento
dipinto d'un fregio bellissimo a chiar' oscuro giallo ? . -
Io mi fermai con straordinario gusto come a qualche
correggesco ce. „
(15) Alle opere (ms. Fontanesi) di Bartolomeo de-
vonsi aggiungere: il deposito di Andrea Zoboli che
esisteva nella chiesa di s. Marco, di cui si è conser-
vato il solo busto che è stato trasportato insieme coli*
iscrizione in S. Giorgio ... un altro di Gasparino Lan-
zi, che vedevasi nella cattedrale di Reggio a destra
dell' ingresso della piccola porta verso il vescovado ,
ma demolito in occasione della restaurazione della me-
desima cattedrale insiem cogli altri due del Fratoneri
e del Castelli accenati nella biblioteca. ,,
(16) Il sunnominato conte Prospero Rocca, Diario
sacro ec. 1825 pag. 97: „ Sappiamo da istromento ro-
gato da Tommaso Pittori, che il priore Lodovico Tao-
coli fece fabbricare la facciata di S. Giacomo Mag-
giore a Bartolomeo Spanni ... il quale . . „ Promisit
construere faciatam dictae ecclesiae ... de lapidibus
marmoreis albis rubeis et nigris , accipicndis in terri-
torio veronensi ... et facere dictani faciatam bene et
laudabiliter ita quod non sit deterior dicto dcssigno ,
cum tribus figuris in medio medii relevii cum dco Pa-
tre omnibus et singulis expensis ipsius ratri Bartolomei,
et cum scalinis ncccssariis portae . . . aliac vero figli-
364 B E L L E - A R^T I
rae videlicet domina sancta|Maria et angelus tondae et
totìus relevii ec. „
Lavorò due simulacri in argento unitamente a Gio.
Andrea. Più altre cose avrà fatto che il tempo ha di-
strutte.
P. Luigi Pungileoni min. conv.
PITTURA.
Francesco Podesti dr Ancona,
1* .
*-^ egregio pittore sig. Francesco Podesti condusse non
ha guari a fine una tela esprimente il morto Reden-
tore , che si giace fra le ginocchia della | sua genitri-
ce , avvolto ai lombi da candido lino. Trapela dal vi-
so e dalla nudità , con maestrevole intendimento di
notomia trattata, una santa e venerabile dolcezza, poi-
ché quelle divine tempre esser non potevano diffigu-
rate da morte : e pare che non a morta , ma a brie-
ve sonno abbia le palpebre serrate in guisa , che sen-
za meno il direi lo sposo di Engaddi a tutta placi-
dezza sopito. Le azioni dei soggetti di questa tela adem-
piono perfettamente le regole di una ragionata e be-
ne intesa euritmia , perchè si conciliano col sogget-
to principale. Però il dolore espresso variamente nei
volti e nella compostezza del gesto, in che il Win-
ckelraan ebbe collocata una parte delle grazie antiche,
rimeria con mirabile consonanza , benché l'occhio ne
sia sviato, al protagonista della tela medesima. Dan-
no indizio di cordoglio e di compunzione le due Ma-
rie , che stcìnnosi ritte in sogguardare la sacra spo-
glia , 0 il Giuseppe d'Arimatea avente le mani con-
Belle-Arti 365
serte al petto , e un iufula ricinta dintorno al capo.
La genuflessa Maddalena , le cui divise e bionde
ciocche in parte si rit^ersano per l'omero diritto , in
parte con vaga negligenza ricadono per lo innanzi
nella spalla sinistra , avvinghia dolentemente la destra
del Redentore , e ti sembra udire il suo genito. Ma
pieno di carattere sovrannaturale , e di veemente do-
lore , che ogni altro dolore avanza di gran fatta, è
il volto di Maria Vergine , la quale siede sul se-
polcro , e mira con atto pietoso al cielo mostrando un
chiovo da una delle allargate mani ; ed in quel vol-
to stesso , cui riflette un bel raggio di luce , e vie-
più ne appalesa la forza , si legge il cuor suo tra-
fìtto a un tempo e rassegnato all' ovazione sublime.
Gli angioli bellissimi, intorno ai quali olezza un'au-
ra di paradiso , non che gli episodj tutti che si ade-
guano air unita dell' azione, sonovi ideati ed ese-
guiti con magistero. E ben mi si acconciano adesso
quelle parole del Malaspina da Sannazaro : Se ad una
ad una volessimo scomporre le belle arti applicate ai
princìpi qui stabiliti del bello^ troveremm o facilmente^
che le bellezze delle opere di ognuna di esse dipende
sempre dall'unione della varietà, unità e convenienza
sì nella scelta delV originale , che nella varietà della
imitazione. Posta mente a simili teorie, vuoisi dare i
meritati elogi al sig. Podesti , perchè ne dimostrò la
fedele osservanza nel suo lodevolissirao dipinto. Po-
scia la disposizione delle figure , la rettitudine delle
movenze, la squisitezza del disegno, l'accordo del co-
lorito sono quei pregi, che veggonsi divisi in altrui
e forse con parsimonia , largamente riuniti nel nostro
dipintore. Lungi egli dallo slanciarsi tropp'alto , e pas-
sando all' eccessivo terzo periodo delle arti stabilito
dal Wiiickelman varcare in confine della ragione e
impaniarsi ricl manierato : lungi dall' essere trop-
36(> Belìe-Arti
pò diligente , e restando infingardo cosi e timido iste-
rilire nel secco della soverchia dipendenza; si è fat-
to uno stile assai nobile , e temperato di sana este-
tica , a tanto che aver si deve per giovane di ga-
gliarda fantasia e di ottima scuola , al disopra di aU
cuni , cbe di molto si elevano ai Llarxdimenti pre-
coci delle vulgari laudazioni , e sono e saranno da quel-
li rimorchiati , che sentono addentro nelle opere , e
nelle varie forme delle nobili arti.
Che se il convincimento dell' animo , e la sim-
patia degli affetti dan prova di una eloquenza opera-
trice , la sua tela ( poiché pittura anch'essa debb'es»
sere eloquente ) ferma l'animo di chi la contempla, e
lo invita subito al dolore; e cosi ricordevole dell' ia-
scgnamento di Orazio :
Si vis me fiere , dolendum est
Primum ipsi tibi ;
egli coir espressione e con ogni artificiosa magia fa
veramente piangere i soggetti del dipinto, e in simil
guisa raccoglie lo spirito alla loro compunzione. Ed
io mi avviso , che abbia in tal genere di argomen-
to le orme battute , che furono di già dagli antichi
segnate , e in signolar maniera distinte , se pur n'è
dato paragonare le sacre alle profane cose, in un qua-
dro , di che parla Filostrato ( lib. 2 Icon. 7 ), rap-
presentante alcuni guerrieri, che intorno al corpo di
Antiloco si lamentano.
Seguiti dunque il sig. Podesti a regalarci di tali
dipinti , e a farne lieta e doviziosa Italia nostra, che
reclama un secolo remotissimo al di Ik della venuta
di Demarato nelle glorie della pittura : alle quali ac-
cordan fede le antiche mitistorie , e i vasi fittili di
lecente scavati nei poderi del P. di Canino , e va-
Belle-Art i 367
da superbo di coltivare uu' arte cosi friittevolmente e
nobilmente , che die nome agli eroi , e al più al-
to fastigio di onore accennava, siccome attesta Giulio
Cesare Bulengero de Pictura , e che a tempi di Pe-
ricle e in quel torno segnò l'epoca la più invidiata
della Grecia.
Serafino d'Altemps.
368
VARIETÀ^
Traduzione dell' epodo yil di Orazio: Quo quo scelesti
ruitis. Esecrazione della guerra civile.
JL/ove, dove correte?
Ed a qua! uso mai nude dal fodero
Le già riposte spade, empi, traete*'
Poco forse a voi pare
Il latin sangue, che a gran rivi bevvero
I campi de la terra, e quei del mare?
Non già perchè romano
Braccio facesse a la rivai Cartagine
Con ferro e foco ir l'ardue torri al piano;
O perchè in ceppi avvinte
Giù per la sacra via tratte venissero
Le britanniche squadre ancor non vinte;
Ma sol perchè, secondo
Ch' è de' parti il desio , per se medesima
Roma de' mali traboccasse al fondo.
Indol cotanto avversa
Lupo non ha, non ha lion, che affrontasi
Solo con belve di genia diversa.
Forse spinti voi siete
Da furor cieco? Od è il destin che sforzavi?
O coscienza rea? su, rispondete.
Tutti mutoli stanno:
Tutti scolora un pallor bianco, e gli animi
Altro che di stupur scuso non huuuo.
Varietà' 369
Ahi! che a risse e ad eccidio
Acerbo fato i roman petti esagita ,
Fato vendica ter del fratricidio.
Si , dal giorno eh' esangue
Giacque Remo innocente, ai chiede ai posteri
Del barbaro fratel sangue per sangue.
Loreto Santdccì.
jilla memoria del canonico Emmanuele de Lubeha, orazione ee.
Pesaro dalla tipografìa Nobili iSSa {in 8. di fac. 3o. )
xl giorno 24 febbraio i832 tornò acerbo ai savignanesi
per la morte avvenuta del canonico Emmanuele de Lubelza ,
uomo di schietti costumi e di vita operosa a bene degli
studi e della religione. Nato in Cadice il 18 gennaio i']So
di Antonio e di Giuseppa Sanchez della Vega , non lasciò
prendersi allo splendore della gloria domestica , quando era-
gli posto innanzi che la famiglia de Lubelza sino dal se-
colo VI fioriva tra le prime della provincia di Guipuscoa :
e quella della madre per la fama di Garcilasso e di Lopez
delia Vega era in gran luce. Sul quindicesimo anno di età,
sendo un ico nato di tale famiglia , entrò alla casa del Gesù
in Cadice. Comeché uoa legato ancora co' voti , nel turbine
del 1767 tolse di venire esulando; e fu a Rimini l'anno
stesso per seguitare il noviziato. Ma infuriando più la tempe-
sta , quel ricovero ancora mancò : pure otto anni si rimase
il Lubelza nella città ospitale , e del 77 ordinato sacerdote
disse la prima messa. A' conforti di Giovanni di Ossuna ,
del 1780 si rendette in Savignano: dove studiando addentro
ne' padri e nelle scritture, meritò tre anni appresso esser
fatto canonico dell'insigne collegiata di s. Lucia. Insorta que-
stione di diritti nel 94 tra l'arciprete ed i canonici, egli stam-
pò una difesa, che valse a questi la vittoria appo la ro-
ta romana. Rivide le Spagne nel gd, e di nuovo nel ^èoo,
G.A.T.LIII. 24
370 Varietà'
che a'prieghi della sorella rimasta vedova e sola sostenne
ancora le difficoltà del lungo viaggio: e quando poteva re-
dare gran copia di beni, si rimase contento a ciò, che o-
gni anno le fosse mandato in Italia dalla sorella. Quan-
to aveva , può dirsi , non era suo, perchè largheggiava ai fa-
miliari e bisognosi non per matta profusione, ma si per im-
pulso di carità cristiana ed a scioglimento di voto. Del i8o5
ristauravasi in Napoli la compagnia ; ed egli, memore de' vo-
ti fatti nel dividersi a forza da essa, vi rientrò il 6 di set-
tembre. I tempi avversi non gli permisero , che un an-
no di quella pace: ed eccolo di nuovo a Savignano. Ivi
l'autorità de' vescovi e del successore di s. Pietro trovò in
lui un retto apologista contro le insorte pericolose dottri-
ne : si occupò sull'opera del Lacunza, della quale (vene-
rando i decreti del Vaticano) diceva giustissima la proibizio-
ne , come di cosa , di cui gì' ignoranti ed i nemici della re-
ligione potevano di leggieri abusare. Dettò sull'usura un trat-
tato , dove concordando e spiegando alcuni luoghi delle scrit-
ture, derivò conseguenze utili alla morale ed alla religione.
Scrisse ancora la Paleo-nomato-logia , dove esaminando l'anti-
ca significanza delle parole, ne tolse equivoci pregiudicievo-
li si alla disciplina della chiesa , sì alla religione. Più al-
tri volumi scritti da lui donò alla biblioteca simpemenica,
che inedili li conserva. Difese pure in istampa la sentenza,
che il sessagenario robusto non sia tenuto al digiuno: nel
i83i stampò prima un opuscolo per infiammare gli eccle-
siastici allo studio delle scritture , e mostrò alcuni luoghi
male intesi dagl' interpreti : poi diede una dissertazione in-
torno alla fede, ch'egli recitava sendo dodecandro de'filopatri-
di rubiconi , ed è come un fiore nell'Antologia di prose u-
scita in Imola pel Benacci. Delie matematiche e della filo-
sofia fece mai sempre le sue delizie , adagiandosi nella sen-
tenza di Platone, che tenne il libro delia sapienza scritto
in caratteri geometrici. Conoscendosi di astronomia lavorò al-
cune sfere armillari; ancora di geografia fu esperto, e co-
piava e faceva delle carte con diligenza. Fece tra l'altre
quella delia diocesi di Rimino , e due globi donò alla Siin-
Varietà' 371
pemenia^ per tacere di due più grandi lasciati in Ispa^na.
La sua casa era una scuola continua agli studiosi, che vi
accorrevano. Vivo ancora donò una bella collezione di libri
alla Simpemenia , perchè fosse a comune utile; talché i sa-
vignanesl riconoscenti hanno il nome di lui con quello dei
Perticari, de' Borghesi , dei Turchi , degli Amatile di altri
dotti e cortesi; come lo hanno altresì tra i dotti banditori
evangelici e gli uomini di chiesa più operosi e perfetti. Pe-
rò non è maraviglia , se come la vita di lui fu confortata
di chiare amicizie; cosi la sua morte fu pianta dall'univer-
sale : indi nella trigesima furono solenni il lutto e le ese-
quie nella chiesa maggiore del comune. Nella pompa delle
quali fu la magnifica orazione del professore G. I. Monta»
nari , ed iscrizioni latine furono sulla porta della chiesa , e
sulla fronte ed ai lati del catafalco. Que' generosi , quanti
mai sono, che studiano alle lettere ed alle scienze, e ne i-
struiscono la gioventù, veggano i bei compensi, che rendon-
si tra noi alla memoria degli ottimi insitutori : e si con-
fortino a durare le fatiche gravissime , ma onorate, della
istruzione. Ognuno , che sente amore per le lettere , ringra-
zi poi grandemente il Montanari : il quale ponendo fuori que-
sta orazione ne ha donato il titolo a S. E. R. monsignor
Gio. Benedetto de' conti Folicaldi di Bagnacavallo , congra-
tulando cosi nell'ingresso di quell'egregio concittadino al ve-
scovato di Faenza, a cui dalla sapienza di N. S. Gregorio Xfl
J?. M. è stato promosso meritamente.
D. V-
J-Je Memorie che l'erainentissimo Pacca pubblicò negli anni
scorsi sul suo ministero dell'immortale pontefice Pio VII, me-
morie che noi a buon dritto chiameremo classiche per l'i-
storia ecclesiastica del secolo XIX , si stanno traducendo in
lingua francese e in Parigi e iu Lione. Il primo volume della
traduzione che se ne fa in Lione , per opera del sig. abate
Queyras , è già escito alla luce presso il librajo Rusand : e
24*
372 Varietà'
cosi pure , secondo V Ami de la Reìiifion n. J 98 1 , dev'essere
uscito il primo volume di quella di Parigi , lavoro del sig.
abate lamet , superiore della casa del Buon -Salvatore ed an-
tico rettore dell'accademia di Caen.
Il lodato sig. ab. Queyras , per ciò che sappiamo, si pro-
pone pure di far conoscere alla Francia per mezzo di' lina tra-
duzione l'altra opera insigne dell' eminentissimo Pacca sulla
sua nunziatura al trailo del Reno ; opera di cui si è parlato
in questo giornale voi. i54-
Dipìnti di argomento sacro del cav. Andrea Pozzi presidente
dell'insigne accademia di s. Luca. 12 Rieti i832 per Salvatore
Trinchi [sono pag. 16).
// genio della pace , statua colossale di Alessandro Massimilia-
no Laboureur descritta dal cav. P. E. Risconti ec. 12 Ro-
ma presso Antonio Boulzaler iSSa. (sono pag. 18.)
JLie pitture insigni di sacro argomento, che rendono cosi chia-
ro fra' professori romani della divina scuola di Rnffaello il
nome del cav. Andrea Pozzi , hanno ispirato all'illustre cav.
Angelo Maria Ricci questa epistola in Versi , dov'egli ha po-
sto assai grazia ed affetto. Cosi pure la statua colossale rap-
presentante il Genio della Pace , opera assai pregiata del va-
lente scultore Alessandro Laboureur (figlio del già professore
e presidente dell'accademia di S. Luca ), ha dato occasione
al eh. sig. cav. Pietro Ennio Visconti di scrivei'e molte cose
dotte e leggiadre sulle belle arti, e di ristampare con due ne-
cessarie emendazioni la celebre lettera di Raffaello a Baldas-
sar Castiglione , e l'altra importantissima del gran Canova
all' ab, Giuseppe Foschi:
Varietà' 373
Storia dei vasi fittili dipinti , che da quattro anni si troi>ano
nello stato ecclesiastico in quella parte che è nella antica
Etruria , colla relazione della colonia lidia che li fece per
più secoli prima del dominio dei romani. Discorso dell'avi), d.
Carlo Fea commissario delle antichità ec. 8.0 lìoma nella
stamperia delle belle arti iSSa (un voi. di pag. yille66).
X ra le tante quistioni , alle quali ha dato origine fra noi
il recentissimo scoprimento di sì bel numero di vasi fittili;
quistioni che meglio d'ogni altro , a parer de'più savi, ha
saputo risolvere quel fino giudizio del principe di Canino :
giunge assai opportuna quest' opera del eh. Faa. Ella ci pa-
re una delie più importanti che uscite sieno dalla penna del
benemerito autore: ninno fin qui avendoci con più salde ra-
gioni mostrato l'incontrastabile vero di quella colonia, che
sotto il comando di Tirreno venne di Lidia a stabilirsi in Etru-
ria, forse quattro secoli prima della fondazione di Roma : ultima
colonia che d'oriente toccato abbia queste provincie d'Italia, e
che perciò non vuol confondersi coli' antecedente de'popoli pe-
lasgi. Tutto ciò che di più pellegrino si ha su questo particolare
negli antichi poeti ed istorici, tutto è dal aig, avv. Fea di-
ligentemente notato , e dottamente discusso.
La Georgica di P. Virgilio Marone tradotta in terza rima dal
marchese Luigi Biondi romano. 8. Torino, tipografia Chirio
e Mina i832. (Un voi. di pag. 192.)
xJì questo nobilissimo e classico volgarizzamento, che tan-
to onora l'insigne autore e l'Italia, parleremo nel volume
avvenire. •' ■
374 Varietà*
Del sale cibario , lettera del dottor Andrea cav. Belli et. 8."
Roma dalla tipografia Marini iSSa [sono pag. iZ.)
n ...
v^peretla assai curiosa , m cui trovi ogni notizia filologica
e fìsica sul sale di che usiamo cibarci.
Catalogo de' quadri appartenenti a Giuseppa Maliardi, dallo
stesso descritti e illustrati con brevi annotazioni. 8° Mi-
lano presso la ditta Pietro e Giuseppe Vallardi i83o.
( sono pag. i54. )
JLi oi non conoscevamo una delle più belle collezioni di qua-
dri che mai aver possa un ricco ed intendente amatore di
belle arti. E vogliamo congratularcene col sig. Vallardi , che
inoltre ce ne ha dato un' accuratissima descrizione. Vedi qui
molti capo-lavori de' primi maestri dell'arte sieno italiani,
sleno stranieri : e fra le altre cose rare ed insigni , il ritrat-
to di Marcantonio Raimondi, opera di Raffaello: due ritrat-
ti sovranamente dipinti da Leonardo da Vinci: ed il carto-
ne fatto dal Rubens delia sacra famiglia , dipinto ad olio a
colori e riportato poi sopra tela.
Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia. 1-2.' Palermo
dalla tipografia di Filippo Solli.
JLioi abbiamo veduto alcuni de' primi fascicoli di questo
giornale della Sicilia : e gli abbiamo trovati pieni di belle cu-
riosità e di dottrina. Vogliamo quindi rallegrarcene cogl' illu-
stri compilatori, cbe sono il fiore della letteratura palermitana.
Varietà* 375
Ellogium Raphaelis Matii S. R. E. cardinalis plumbeo tuba in-
clusum et cum carpare canditum. 4° Romae i832 ex ty-
pographeo salviucciano. (Sono pag. IX.)
Ellagium Marine Aimae Carolinae M. E. D. pergamena inserì-
ptum aerea tubo inclusa, et cum carpare ej'us condilum.
8° Florentiae i832.
Marchionìs Joannis Jacob ìTrioultii ellogium, auctore marchio'
ne Villaerosae. 8.° NeapoU ex tjpographia Fibreni i832.
(Sono pag. i4- )
xxnaunciamo questi tre elogi , che scritti con molto fior di
eleganza, ci narrano la vita di una principessa che tuttora
piangono i popoli di Toscana , di un cardinale dottissimo e
benemerito della santa sede, di un celebre cavaliere lombar-
do che onorò molto l'Italia e le lettere. Autore dell' elogio
della granduchessa di Toscana è il sig. cav. Giambatista Zan-
noni , regio antiquario e segretario dell' accademia della cru-
sca : autore di quello del card. Mazio è il sig. ab. Giacomo
Mazio nipote dell' illustre porporato.
Il catorcio d'Anghiari ; poema eroi-comico in ottava rima, del
proposto Federigo Nomi , con le note dell' ai>v. Cesare Te-
sti. ITol. 2 in S.'' Firenze, dalla tipografia Daddi , i83o.
X^ ederlgo Nomi, la cui famiglia traeva origine dalla cit-
tà di Borgo s. Sepolcro, ebbe i natali in Anghiari. Educato
alle lettere ed alle scienze , professò pubblicamente l'eloquen-
za , le matematiche, l'astronomia, quella in patria, queste
nella università di Pisa. Fu sacerdote , e mori pievano di Mon-
tcrchi il di aS novembre i']o5, pianto e desiderato.
Una lettera più presto bizzarra, che noi possediamo au-
tografa da lui scritta due anni prima della sua morte alla
marchesana Petronilla Paolini Massimi , che fu non ultimo or-
namento del sesso gentile nel secolo XVII, servirà come di
376 Varietà*
appendice a questi brevi cenni biografìci . In essa lettera
appunto parlasi del presente poema : lavoro , che fu ignorato
dal Tiraboschi nella sua storia della letteratura italiana, do-
ve fa parola ben duo volte del Nomi in due note, e preci-
samente alle pag. ySo e seguente del voi. 8." edizione de'
classici, in cui ricorda il di lui poema- Buda liberata, -e a
pag. 737 dello stesso volume dove tiene discorso con lode del-
le di lui satire.
Nel 2.** tomo delle notizie degli arcadi morti v'ha un bre-
ve articolo biografico del nostro poeta , dettato dall' avv. Ja-
copo Magnani fiorentino: ed ivi pure si passa sotto silenzio
il presente poema. Il perchè tributiamo sincere azioni di gra-
zie a chi ne lo trasse dall' oscuro in che giaceva da tanti an-
ni : perchè teniamo per fermo, che questa nuova opera non sia
per diminuire la fama del suo autore, che fu lodato scritto-
re de' tempi in che visse, si del verso italiano, si del latino,
siccome ne fanno ampia fede le satire già ricordate: benché
al dire del Tiraboschi non abbiano quella eleganza di stile ,
per cui meritamente va annoverato fra i più illustri il no-
me di monsig. Sergardi , forse più conosciuto sotto quello di
Quinto Settano.
La lettera del Nomi , che presentiamo ai nostri leggitori,
pare avere avuta occasione da un suo desiderio d' intitolare
. dieci egloghe latine alla Massimi. Esse egloghe, pure autogra-
fe, sono in nostre mani, e niuno scrittore, che ci sia noto, ne
fa menzione.
Non crediamo però di pubblicarne alcun saggio , per-
chè se mal non ci apponiamo esse non aguagliano la fama
dell' autore. Questo nuovo poema è preceduto da un bre-
ve articolo biografico dell' aba»e Alessandro Buratti, col cata-
logo delle opere ; da una lettera del Nomi , con che dedicava
il poema a Ferdinando di Toscana l'anno i6S4: da un breva
avviso al lettore: da una lettera del Redi ad esso Nomi: da
una bravissima prefazione , e finalmente da alcune annotazioni
alla prefazione stessa dell' avv. Cesare Testi d'Anghiari. Il poe-
ma è diviso in quindici cauli, l'ultimo de' quali è seguito da
un avviso dell' editore ai lettori , in cui si riporta l'epigrafe,
Varietà' 3T7
con che Alessandro e Giuseppe Nomi nipoti del poeta gli
collocarono un sepolcro. Il poema è qui e qua fiorito di. non
poche bellezze, e può tanto più piacere anche ai più ritrosi
fra i leggitori, purché si voglia aver riguardo all' epoca in cui
fu scritto, ed alia scelta stessa dell' argomento.
C. E. MnzzÀBULi. i
Alla marchesa Petronilla Paolìni Massimi.
Roma
lUma Sig. M. P- Colflia.
JLia mia curiosità di rintracciare minutamente ogni essere
di V. S. Illma non nasce d'altronde, che da un riverentis.
desiderio di porterne scrivere ; per lo che se non lode , me-
rita almeno perdono nell' erudito e sensato spirito , di cui è
arricchita la di lei generosa persona,
La supplico pertanto con suo comodo a degnarsi di
avvisarmi, di qual famiglia , e di qual luogo fosse la madre,
ch'ebbe fortuna di partorire una si degna figlia, con qual-
che particolarità della di lei forma , e se possiamo dire col
nostro Orazio ,
O matre pulchra filia pulchior.
Parlando con persona di mestiero , anzi con una vivente Po-
linnia , certe minutaglie, parte cavate dalla verità , parte gua-
dagnate dall'esercizio poetico, sono quelle , che danno pondus
et decus alle composizioni , che senza di esse torpent, et ser-
purrt humi. Ella dirà , ridendosi fra se stessa della mia teme-
rità. Che forse la mia penna ha bisogno di un'altra per vo-
lare? Lo so ancor io. Ma forse alcune Iodi, che non risuona-
no bene in ore proprio , riescono pregiabjli riferite da uno
incognito e disinterressato.
Né io, per dirle qualcosa di me, sono affatto novellino in
Parnaso, ritrovandomi sopra settanta anni addosso. Ho letto leg-
ge nello studio di Pisa, e sono anche laureato in teologia e nelle
arti. Sono ascritto in moltissime accademie d'Italia, e fino ad
ora ho dato alle stampe, un libro di poesie liriche, ed altre
coselle in Perugia. La versione di Orazio toscano, ed un al-
tro libro di cauzoni ia Fireaze, un poema eroico di Buda
378 Varietà'
liberata^ in Venezia ; un libro di satire latine, in Leyden: e mi
ritrovo compite la versione di Giovenale in 3 rima, un gros-
so volume d'odi ed epigrafi latini , e qualcuno greco ; due
libri di epistole in versi esametri ad imitazione d'Orazio, e
dieci egloghe latine , come Virgilio ; e di più quattro volumi
di poesie varie. Un volume di tragedie, e drammi in versi;
ed-ira altro di poesie epitalamiche, panegirici, e funebri. Tre
o quattro volumi di prose latine e toscane , contenenti ora-
zioni, panegirici, e lezioni accademiche, ed altro. Sicché s'egli
è lecito il dij-e con Orazio, quaesitam meritis sume superbiam,
appena vi è UQ altro, ch'abbia composto più di me: ed ho
anche in eroicomico un poema intiero , e molt' altre facezie ,
cbe fanno un volume.
Ella mi dirà: Questa mostra di privilegi è una cosa da ciar-
latani. La confesso, e dico mia colpa: ma Cicerone stima il far
ciò necessario, quando alcuno non può meglio persuadere ad
altrui una proposizione.
Fin qui non ho pareggiato la lettera di V. S. Illma al sig.
conte Monte Mellini , a me da lui comunicata, e però non
ricercandola d'esser accomodato in corte , del qual desiderio
procul absum,per empire la carta , la prego se ne son de-
gno, a ricevermi per suo servitore di affetto e di venerazione, e
(quando a lei s'apra il campo) a farmi ammettere fra gli ar-
cadi con nome di Cerijbne Budeo. So che a lei non manche-
rà persuasione, né mezzo; ed ora saprà, perchè le ho fatto
una descrizione esatta de' miei studi.
Le mando annesse le composizioni per s. Stefano di Reg-
gio, e se non le soddisfano, mi avvisi in quel metro più le
vuole; e le fo umilmente riverenza.
Anghiari li 3i marzo 1703.
NIHILOBSTAT
Ab. D. Paulus Delsignore Gens. Theol.
NIHIL OBSTAT
Petrus Lupi Med. CoUeg.
NIHIL OBSTAT
Petrus Odescalchi Gens. Philolog.
IMPRIMATUR
Fr. Jos. Maria VelzI Ord. Prajd. S. P. A. Mag.
IMPRIMATUR
Jo3. Della Porta Patr. Constant. Vicesg.
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE NEL TOMO LUI
DEL GIORNALE ARCADICO.
SCIENZE
379
Chimens^ Nuovo pelvimetro . . , . p. 3 —
De-Angelis , Cholera Morbus negli ani-
mali bruti /7.19 —
Istituto senese de sordo-muti . . . p. 30 —
Tournon , Etudes statistiques sur Rome
( art. 1 e 2 ) . /?. 35 231
Bonaparte principe di Musignano, Saggio
di una distribuzione metodica degli ani-
mali vertebrati a sangue freddo . . p. — 1 29
P eretti , Analisi del grano carbone . p. — 2!0
Grones, Quantità immaginarie . . . p. — 221
Tommasini , Nozioni istoriche e terrapeu-
tiche sul cholera morbus ec. . . p. — 246
Muzzarelli , Elogio di Teodoro Fonati p. — 252
Monti, Manuale delle dogane pontificie p. — 262
Monchini , Rendiconto del denaro raccol-
to per Vospizio di Tatagiovanni . p. — 265
Rutili Gentili , Nuove riflessioni sulle cau-
se naturali de' terremoti di Fuligno p. — 2T1
Barlocci , Scintillazione elettrica prodotta
daW azione della calamita . ■ • P' — 279
LETTERATURA
Folicaldi , Commentario della vita di Pio
mi ^3. 52 —
Fea , Casa aurea di Nerone e torre cartu-
laria /;. 65 —
380
Dante , Convito^ edizione cel Cavazzoni Pe-
derzini /9. 86 —
Tranquilli^ Parnaso mariano . . . p. 89 —
Pacca , Memorie della sua nunziatura al
tratto del Reno ;o. 94 —
Vaccolini^ Osservazioni sul hello {art. 3) p. — 283
f^ida^ La poetica tradotta da B. Romano p. — 298
Franceschi-Ferrucci , Canti due . . p. — 30T
Cenni sulla vita del dott. Pasquale A~
mat'i /?. — - 310
Guacci , Rime p. — 31 T
Montanari , Operette dt autori italiani nuo-
vamente pubblicate p. — 322
Montaltius , De veterum Rubicone ■. p. — 340
BELLE-ARTI
Cenotafio eseguito dal sig. Giuseppe Sarti p. 106 —
Pungileoni , Memoria sopra Prospero Cle-
menti scultore reggiano . . . ^ p. — 344
Pittura. Francesco Podesti di Ancona p. — 364
f^arietà.
Tavole metereologiche.
.^_^^^^
«nei
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Osserva
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Metereologiche. )( Collegio Romano )[ Novembre l83i.
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